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Centromarca: occorre una politica industriale che non penalizzi l’Italia nel mercato globale

Nel corso dell’incontro “Geopolitica, società, innovazione – Scenari e priorità per l’Industria di Marca” promosso alla Triennale di Milano, Centromarca, Associazione Italiana dell’Industria di Marca, ha richiamato l’attenzione del governo su temi come competitività, innovazione, sostenibilità e legalità. “Abbiamo bisogno di una politica industriale che favorisca fusioni e acquisizioni, perché la taglia delle nostre imprese ci penalizza nel mercato globale”, ha sottolineato il Presidente Francesco Mutti. “È inoltre fondamentale finalizzare le risorse pubbliche sui comparti strategici e creare le condizioni migliori per gli investimenti, in particolare quelli destinati alla digitalizzazione e allo sviluppo sostenibile”. Nette pure le considerazioni sulla legalità: “Chi non rispetta le regole, altera la concorrenza e compete in modo sleale. L’illegalità si combatte con leggi chiare e controlli rigorosi, perché il corretto andamento del mercato è elemento d’interesse collettivo”.

Su questo ventaglio di priorità, Centromarca ha quindi concentrato i suoi interventi ai tavoli istituzionali, portando la voce di un settore fondamentale per l’Italia: 200 aziende industriali manifatturiere, alimentari e non food, che commercializzano 2.400 marchi, sviluppano un giro d’affari di 64 miliardi di euro (in un mercato Gdo che vale 94 miliardi) e occupano 97mila persone. Una compagine di realtà eccellenti da cui scaturiscono 70 miliardi di valore condiviso a monte e a valle della loro attività (un quarto del prodotto interno lordo dei soli settori agroalimentare e vitivinicolo). Ogni occupato nell’industria di marca genera sette posti di lavoro nella filiera del largo consumo e dieci complessivi in Italia. L’associazione è impegnata nel contrasto all’introduzione di nuove tasse sui consumi e a qualsiasi ipotesi di rafforzamento di quelle esistenti. “Gli effetti che ne deriverebbero sul potere d’acquisto delle famiglie, sulla dinamica della domanda interna e sui livelli occupazionali sarebbero fortemente negativi”, ha rilevato Mutti. 

“Siamo il comparto responsabile che ha evitato di scaricare a valle istantaneamente i pesanti aumenti esogeni di costo che in questi anni sono piovuti sui nostri conti economici”, ha ricordato ancora Mutti. L’analisi dei bilanci mostra che tra il 2020 e il 2022 l’incidenza dei costi sostenuti, dalle industrie aderenti a Centromarca, per l’acquisto di materie prime è cresciuta dal 54,5% al 57,8%. Energia elettrica, acqua e gas hanno visto il loro peso aumentare dall’1,3% al 2,4%. Gli extracosti sono stati in parte assorbiti nei conti economici e in parte trasferiti a valle con estrema gradualità. Per effetto della crescita dei costi l’utile netto complessivo è calato dal 5,5% al 4,6%. A una fase critica per la congiuntura e i mercati l’industria di marca, nel suo insieme, ha risposto mantenendo o potenziando gli investimenti. Il 6% delle entrate è stato destinato alla ricerca e allo sviluppo. Il 63% delle aziende ha aumentato gli impieghi in tecnologie digitali, come le piattaforme di e-commerce, l’intelligenza artificiale e gli strumenti per la gestione dei big data. Oltre il 70% ha aumentato gli stanziamenti destinati alla sostenibilità, con focus sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e sull’adozione di pratiche di economia circolare. L’industria del largo consumo, complessivamente, rappresenta l’11,6% di tutti i beni manifatturieri nell’Unione europea. Il 61%, pari a 276 miliardi di euro, resta all’interno dei confini; il 39%, pari a 174 miliardi di euro, è esportato. I prodotti di marca europei, particolarmente richiesti in tutto il mondo, rappresentano il 33% del saldo commerciale positivo dell’Ue. Investendo 81 miliardi di euro l’anno nell’Unione Europea, l’industria dei beni di largo consumo contribuisce significativamente alla competitività e all’innovazione.

Alle tavole rotonde di approfondimento che hanno caratterizzato l’incontro hanno preso parte: Paolo Barilla (Vicepresidente Gruppo Barilla), Marco Bentivogli (esperto di politiche industriali e del lavoro Base Italia), Mirja Cartia d’Asero (Amministratrice delegata Gruppo 24 Ore), Roberto Leopardi (Group ceo e general manager Bolton), Paolo Magri (Vicepresidente esecutivo Ispi), Mara Panajia (Presidente e amministratrice delegata Henkel Italia), Corrado Passera (Fondatore e amministratore delegato illimity), Vincenzo Perrone (Professore ordinario Università Bocconi), Cristina Scocchia (Chief executive officer illycaffé), Andrea Scotti Calderini (Fondatore e ceo Freeda), Veronica Squinzi (Amministratrice delegata Gruppo Mapei), Massimiliano Valerii (Direttore generale Censis). Per le conclusioni è intervenuto il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti.

Trimestre anti inflazione: la Mdd sale al 33,1%

Dopo un anno cominciano a crescere nuovamente i volumi per il Largo Consumo Confezionato. Il merito è riconducibile all’iniziativa varata dal Governo del trimestre anti inflazione, che resterà attiva sino al prossimo 31 dicembre, volta a favorire il contenimento dei prezzi e tutelare il potere d’acquisto dei consumatori.

Secondo l’analisi mensile di NielsenIQ, confrontando i mesi di settembre e ottobre, si registra un +1,7% per il mese di ottobre (vs -0,1% di settembre). Analizzando le singole settimane del primo mese del trimestre anti inflazione, il picco dei volumi cade nella seconda settimana con un +2,8%. Inoltre, l’indice dei prezzi varia di 2 p.p. tra settembre ed ottobre, passando da un 7% a un 5%.

In merito ai prodotti dell’Industria di Marca (IDM), nonostante le adesioni in occasione dell’iniziativa, secondo NIQ i volumi restano di segno negativo anche se in risalita. A ottobre infatti, i volumi dell’IDM si attestano al -0,5% rispetto al -1,6% di settembre ma con un indice di crescita dei prezzi sulla categoria in discesa fino a 6,2% (-1,4 p.p. vs settembre). La quota di mercato della IDM ad ottobre cala dello 0,5% attestandosi al 67,1% a totale Italia.

Risultati decisamente più rilevanti per quanto riguarda i prodotti a Marchio del Distributore (Mdd). A livello di volumi, nel primo mese del trimestre anti inflazione NielsenIQ registra un +5,4% rispetto al +2,5% segnalato a settembre ed un indice dei prezzi del 3,4%, valore decisamente in discesa rispetto a settembre (6,5%). Infine, la quota di mercato segna un valore eccezionale con il 32,9% a totale Italia per tutti i canali distributivi e proprio nell’ultima settimana del mese di ottobre, le rilevazioni di NielsenIQ registrano una quota inedita per la Mdd, pari al 33,1%.

Sul fronte delle vendite in promozione a totale Italia, per tutti i canali distributivi della GDO del comparto dei beni di largo consumo, il mese di ottobre segna un aumento delle promozioni del +1,2% rispetto allo 0,9% di settembre. La crescita si conferma anche per la Mdd con +2,9% ad ottobre, più 1,5% rispetto a settembre, mentre per i marchi dell’industria l’indice delle promozioni cala da +0,9 punti di settembre a +0,5 di ottobre.

L’inflazione rema a favore delle private label, il segmento abbraccia il 38% delle vendite totali

Un recentissimo studio di Circana, azienda nata dalla fusione tra IRI e The NPD Group, rivela che i prodotti a marchio del distributore hanno registrato un picco di crescita in quasi tutte le categorie chiave del largo consumo confezionato. Oggi le private label rappresentano infatti il 38% delle vendite totali di beni di largo consumo in Europa, pari a 229 miliardi di euro.

Il rapporto di Circana analizza l’impatto della pandemia, dell’inflazione e della crisi economica su oltre 230 categorie del largo consumo, per oltre 2000 segmenti di prodotti e più di 10 milioni di codici EAN. Il rapporto evidenzia inoltre una crescita complessiva della marca del distributore in tutti i sei maggiori mercati europei (Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Paesi Bassi), con la penetrazione più alta registrata in Spagna (47%) e Germania (41%) e la più bassa nel Regno Unito (37%), dove i consumatori restano più fedeli alle marche industriali che rappresentano un modo veloce per fare scelte di acquisto comode e sicure.

“Le private label hanno fatto molta strada rispetto a quando circa 40 anni fa sono arrivate sugli scaffali. Gli investimenti dei distributori a sostegno dello sviluppo di questi prodotti stanno dando i loro frutti. Oggi queste referenze vengono percepite come buone o addirittura migliori rispetto a molti prodotti di marca con cui competono. I consumatori le considerano innovative. Di conseguenza non sono più l’alternativa “economica” al brand che viene motivata dal fattore prezzo: gli shopper acquistano private label per la loro capacità di offrire qualcosa di nuovo e di buona qualità” ha commentato Ananda Roy, Global SVP, Strategic Growth Insights di Circana.

I consumatori “fedelissimi” al marchio del distributore equivalgono insomma a quelli “fedelissimi” ai prodotti di marca: il 60% dei consumatori intervistati ritiene che le private label siano innovative, di qualità, sostenibili e altrettanto buone rispetto ai marchi industriali; il 25% le considera addirittura migliori. Il 21% dei consumatori – molti dei quali sono in una fascia di reddito media – è indeciso ed acquista entrambe le tipologie di prodotto ma ha affermato che oggi le marche del distributore sono migliori rispetto ai marchi industriali.

Gli shopper scelgono di comprare prodotti a marchio del distributore principalmente per i beni edibili – dal momento che l’inflazione ha colpito maggiormente questo tipo di prodotti. Per quanto riguarda i prodotti non edibili invece, la penetrazione delle marche del distributore è maggiore per i prodotti per la cura della casa, in particolare per i detersivi e gli igienizzanti. La categoria delle bevande alcoliche ed alcuni alimenti per l’infanzia hanno visto una crescita molto parziale delle marche del distributore. Per questi prodotti i consumatori sono rimasti più fedeli ai loro brand di fiducia. I distributori per contrastare questa tendenza, stanno introducendo sugli scaffali prodotti innovativi, come birre analcoliche o prodotti artigianali di alta qualità, realizzati con ingredienti di provenienza locale.

Le marche non stanno perdendo necessariamente fedeltà ma gli shopper hanno ridotto i volumi acquistati. Per continuare ad avere un elevato livello di fedeltà dei consumatori, le marche devono continuare a puntare sull’innovazione. Gli shopper oggi comprano facendo un bilancio tra i loro desideri e il loro reale potere d’acquisto. Per loro vale la pena cambiare o provare nuovi prodotti solo se offrono un buon prezzo e se sono percepiti come maggiormente salutari, pertanto i produttori dovrebbero tenere in considerazione questi elementi quando propongono i loro brand.

“I distributori stanno sviluppando le private label seguendo una strategia incentrata sul consumatore e sulla base di dati concreti. Le marche industriali non possono più ignorare la concorrenza rappresentata da questo tipo di offerta. Il consumatore ha cambiato la sua percezione della marca del distributore e decide di acquistarla in quanto questa scelta rientra perfettamente nel proprio piano di attento e consapevole risparmio, senza dover rinunciare alla qualità. La crescente fedeltà e la quota che i distributori hanno raggiunto potrebbe, in futuro, portare a dei cambiamenti strutturali del mercato del largo consumo” conclude Roy.

Centromarca: gennaio positivo per i prodotti di marca. Evitare gli aumenti dell’Iva

In un mercato che dà segni di ripresa, i prodotti di marca crescono in misura superiore alla media grocery. Lo segnala una nota diffusa da Centromarca puntualizzando che le vendite dei prodotti di marca hanno registrato un +1,2% a valore e +1,3% a volume, in linea con i segnali di ripresa del comparto grocery (+1,2% e +0,4% rispettivamente).

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«Sono segnali positivi, frutto dello straordinario impegno delle nostre imprese a sostegno della domanda», commenta Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, ricordando gli investimenti effettuati dalle Grandi Marche nell’innovazione, nelle iniziative di marketing sui punti di vendita della moderna distribuzione e la crescita del +5% registrata dalla pianificazione pubblicitaria a fronte di un calo complessivo del mercato del -2,5% (fonte: Nielsen 2014).

«Nei prossimi mesi», sottolinea Bordoni, «avremo modo di verificare se la domanda manifesta effettivamente un’inversione di tendenza. Certo continueremo a collaborare con la moderna distribuzione con l’obiettivo di mantenere dinamiche le vendite al dettaglio». Nel 2014 la filiera ha investito in promozioni circa 8 miliardi di euro.

Stando alle rilevazioni relative alle prime settimane di febbraio, infatti, le vendite nella gdo sarebbero in leggera crescita, ma cautela vuole che si attenda almeno fino a marzo-aprile per capire se si tratta di una vera inversione della curva negativa oppure no.

Resta il fatto che se di ripresa dei consumi si dovesse trattare, incombe come un macigno la clausola di salvaguardia che, in mancanza di interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica, aprirebbe la strada a incrementi dell’Iva. Con il rischio di paralizzare ancora una volta i consumi, gli investimenti delle imprese, l’occupazione.

Secondo le elaborazioni di Ref Ricerche per Centromarca, nell’ipotesi di un intervento nella sua dimensione massima l’impatto degli aumenti Iva determinerebbe: incremento aggiuntivo dei prezzi al consumo superiore al 2%; riduzione dei consumi delle famiglie dell’1,8% e contrazione addizionale del Pil pari allo 0,8%.

Per questo Centromarca lancia l’appello al Governo per sterilizzare la clausola di salvaguardia Iva.

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