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Giacenze in cantina e calo export, momento difficile per il vino

Secondo l’analisi Uiv e Vinitaly, la vendemmia 2023 si apre con una giacenza di vino in cantina pari a 45,5 milioni di ettolitri, l’equivalente di oltre 6 miliardi di potenziali bottiglie da 0,75/litri. Il dato riflette un’eccedenza dello 4,5% rispetto al pari periodo dello scorso anno a causa in particolare di un incremento senza precedenti degli stock per i vini di maggior qualità, con le Dop a +9,9% sull’ultima rilevazione pre-vendemmiale del 2022. L’altro indicatore di mercato – aggiunge l’Osservatorio – è anch’esso complicato, con la domanda extra-europea segnalata nel primo semestre in ulteriore contrazione.

Tra i top 10 buyer – che assieme rappresentano circa l’85% del mercato extra comunitario – le esportazioni a volume sono positive solo per la destinazione russa, con cali quantitativi in doppia cifra per Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia, Cina e Corea del Sud. Complessivamente la riduzione tendenziale nella prima metà dell’anno segna un -9% a volume e un -5% a valore, con gli spumanti giù del 13% e i fermi imbottigliati inchiodati a -5%. Per entrambe le tipologie, il trend a valore indica un gap del 4%, ma mentre per gli sparkling l’aumento del prezzo medio è in linea con il surplus dei costi produttivi (+10%), lo stesso non si può dire per i fermi (+1%).

“Sulla prossima vendemmia – la cui paventata forte contrazione è ancora tutta da verificare – pesa una congiuntura che si sta manifestando in tutta la sua complessità” commenta Lamberto Frescobaldi, il Presidente di Unione italiana vini (Uiv). “Comprendiamo la volontà da parte delle nostre imprese di mantenere le quote di mercato, ma abbassare i prezzi – come per esempio con i rossi sfusi in Germania, che stanno scendendo verso le quotazioni spagnole a circa 50 centesimi/litro – rischia di diventare un pericoloso boomerang una volta fuori dalla crisi di potere di acquisto che coinvolge anche i nostri competitor. A tal proposito il fenomeno crescente dei prodotti a private label e gli imbottigliamenti del nostro vino fuori dall’Italia contribuiscono all’erosione del valore aggiunto”.

“L’Osservatorio aveva previsto un 2023 difficile, ciò si sta verificando nonostante l’economia globale abbia per ora tenuto lontano buona parte delle nubi recessive. Ciò che può fare Vinitaly è intensificare la costruzione di ponti commerciali con l’estero, in particolare nelle relazioni con i mercati extra-Ue, a partire da quello americano dove saremo partner della Camera di Commercio di Chicago per l’International Wine Expo. Da settembre a dicembre abbiamo infatti in programma una nuova campagna di internazionalizzazione con 25 appuntamenti in 15 Paesi e 4 Continenti. Da una parte per rifinire ulteriormente l’incoming per la prossima edizione veronese, dall’altra per garantire b2b direttamente sulle piazze estere” aggiunge Maurizio Danese, AD di Veronafiere.

Il 12 settembre Assoenologi, Ismea e Uiv rilasceranno le proprie previsioni vendemmiali in conferenza stampa al ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.

Vino italiano all’estero, i volumi restano piatti

Nel primo semestre di quest’anno sono tornate in linea di galleggiamento le vendite del vino italiano tra gli scaffali della grande distribuzione e retail nei top 3 mercati al mondo. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly che ha elaborato gli ultimi dati di Nielsen-IQ, le vendite tricolori in Usa, Germania e Uk chiudono il semestre con un risultato tendenziale piatto a volume (-0,2%) e con un lieve incremento a valore (+1,3%, a 2,2 miliardi di euro). La performance – rileva l’Osservatorio – è migliore rispetto al primo trimestre (-4% volume e -1% valore) ma ancora insufficiente per dare respiro alle imprese di un settore tuttora fortemente penalizzato da un surplus di costi che incide per circa il 10% sul prezzo medio.

Il totale dei volumi commercializzati di vini fermi e frizzanti segna un +0,7%, complici gli incrementi in Uk (+3,2%) e soprattutto in Germania (+4,2%), sostenuta dalla forte domanda di frizzanti “low cost” tricolori. In controtendenza i fermi negli Usa, che cedono il 7,4%. Gli spumanti accusano invece un decremento del 2,8%, con gli Usa positivi (+2%), controbilanciati in negativo da Regno Unito (-6%) e Germania (-3,8%).

“Occorre fare in modo che le difficoltà congiunturali non si trasformino in strutturali, in queste situazioni diventa fondamentale la presenza e la promozione di bandiera del brand enologico italiano. Per questo, tra settembre e dicembre di quest’anno Vinitaly attiverà una nuova campagna di internazionalizzazione attraverso 25 appuntamenti tra fiere, road show e incoming sulla prossima edizione veronese organizzati in 15 Paesi e 4 continenti” commenta Maurizio Danese, l’Ad di Veronafiere.

“Rispetto al primo trimestre riscontriamo una timida risalita, ancora però troppo debole se consideriamo le tensioni vissute dal settore. Lo scatto in avanti dei volumi commercializzati in Germania è dovuto al raffreddamento dei listini, che nell’ultimo trimestre anziché aumentare sono scesi in media del 4%, con una contrazione anche rispetto al primo semestre del 2022. Variazioni sul prezzo medio che riteniamo essere troppo deboli anche negli Usa e in Uk, rispettivamente del 4% e del 3%” aggiunge Paolo Castelletti, il Segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv).

Dei 2,2 miliardi di euro commercializzati, 960 milioni (-0,3% tendenziale, -4,4% i volumi) sono frutto di acquisti di vino made in Italy nella Gdo statunitense; oltre 840 milioni provengono dalla domanda Uk (+2,4%, con i volumi -0,5%) e 400 milioni dalla Germania (+2,9%, +3,7% i volumi). Il primato dei volumi spetta ai tedeschi (84 milioni di litri venduti su un totale di 231 milioni nei 3 Paesi) ma il prezzo medio allo scaffale di 4,7 euro al litro è 3 volte inferiore a quello degli Stati Uniti (14,3 euro) e meno della metà rispetto al dato Uk (10,5 euro). In generale, è piatta la crescita dei listini per i fermi/frizzanti (+0,3%) mentre per gli spumanti l’aumento è del 4,9%. Il Prosecco, principale denominazione italiana commercializzata nel mondo, segna un -2% nei volumi (bene negli Usa, ancora negativa in Uk anche se in fase di recupero) e un +3,2% nei valori, per un corrispettivo (675 milioni di euro) che incide per il 31% su tutto il vino made in Italy commercializzato sui canali dell’off trade dei 3 Paesi.

Flessione nel comparto del vino nella distribuzione moderna

Il 2022 è stato un anno difficile per il mercato del vino nella distribuzione moderna a causa degli aumenti di costo delle produzioni e dei prezzi al pubblico. Il 2023 potrebbe essere un anno altrettanto complicato per i volumi, a causa del pieno manifestarsi degli effetti legati al prezzo ma potrebbe anche verificarsi un recupero nel secondo semestre, se l’inflazione calerà e se le promozioni diventeranno più incisive.

Questo il quadro che verrà presentato in dettaglio dall’istituto di ricerca Circana (già IRI) a Vinitaly (a Verona dal 2 al 5 aprile), nel corso della 19° tavola rotonda su vino e distribuzione moderna, organizzata da Veronafiere.

Un’anteprima della ricerca presenta i dati generali delle vendite nell’anno 2022, la classifica dei vini e spumanti più venduti (a volume) sugli scaffali della distribuzione moderna e la classifica dei vini “emergenti” (a valore).

Sul podio il Prosecco (Veneto e Friuli V.G.) con 46 milioni di litri venduti, il Chianti (Toscana) con 17 milioni di litri, il Lambrusco (Emilia Romagna) con quasi 17 milioni di litri. Si fanno notare le buone performance del Nero d’Avola (Sicilia) al 10° posto con quasi 8 milioni di litri, il Pignoletto (Emilia Romagna) al 12° posto con 6 milioni di litri, il Primitivo (Puglia) al 13° posto con quasi 6 milioni di litri.

La classifica dei vini “emergenti”, cioè quelli col maggior tasso di crescita rispetto all’anno precedente, elaborata a valore, mostra sul podio: Ribolla (Friuli V.G.) con +12%; Muller Thurgau (Trentino Alto Adige) con +10,0%; Vermentino (Sardegna, Liguria, Toscana) con +9,9%. Da notare i buoni piazzamenti in questa speciale classifica di Vernaccia (Toscana), Orvieto (Umbria, Lazio), Nebbiolo (Piemonte, Lombardia).

I dati dell’intero comparto vino mostrano una flessione, a volume, del vino (-5,4%), dei vini rossi (-7%), degli spumanti (-4,7%) che diventa -0,2% se si esclude il prosecco.

“Lo scenario geo-politico e le conseguenze sui prezzi hanno generato effetti non marginali sulle vendite, che però hanno resistito evitando un tracollo – ha dichiarato Virgilio Romano, Business Insight Director di Circana (già IRI). La fine del Covid potrebbe dare più certezze a tutti. Nel corso della tavola rotonda presenteremo i dati dei primi mesi dell’anno, in modo da approfondire i primi segnali che vengono dai mercati e che potrebbero condizionare il 2023. Senza drammatici ulteriori aumenti dei prezzi, le cantine e la distribuzione potranno tornare a confrontarsi sulla base delle scelte aziendali e delle strategie di medio-lungo periodo”.

Maurizio Danese, amministratore delegato di Veronafiere, ha sottolineato la rilevanza della tavola rotonda promossa con Vinitaly: “Nel tempo è divenuta uno dei luoghi privilegiati del dialogo tra le cantine e le insegne distributive, spesso caratterizzato da posizioni lontane. Per favorire l’incontro, in un periodo non facile per le vendite del vino, abbiamo anche rinnovato la formula, che consentirà ai rappresentanti dei produttori di porre direttamente domande ai distributori, in modo che il confronto sia sempre più costruttivo”.

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