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Federdistribuzione: tra digitalizzazione e nuove tecnologie quattro regole per la buona impresa

Parità di regole tra commercio on line e off line, incentivi alla formazione per gestire l’impatto della quarta rivoluzione industriale sul lavoro, una reale politica che incentivi le azioni finalizzate all’efficienza energetica e la riduzione della tassa sui rifiuti per chi fa donazioni alle persone bisognose: sono i “quattro messaggi chiave”, le quattro regole per fare buona impresa secondo Federdistribuzione, che ha presentato giovedì a Roma la terza edizione del Bilancio di Sostenibilità di Settore della Distribuzione Moderna Organizzata (BSS) realizzato dalla Federazione e le sue aziende associate con la collaborazione di Altis, Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

 

Digitalizzazione e nuove tecnologie al centro della sfida

L’evento di presentazione del BSS è stata l’occasione per riflettere su come il fare impresa secondo criteri di Responsabilità Sociale e sostenibilità si debba confrontare con le nuove sfide e i dirompenti fattori di cambiamento che il settore deve affrontare. Tra questi ultimi, uno su tutti emerge: la digitalizzazione e l’introduzione della tecnologia. Un fil rouge che accompagna e lega ogni aspetto della gestione dell’impresa. In questa logica sono stati approfonditi i quattro grandi temi individuati.

1) Sviluppo dell’ e-commerce e trasformazione digitale nelle imprese.

Nel 2017 gli Italiani hanno acquistato online per oltre 27 miliardi, con una crescita negli ultimi 5 anni dell’87%, che diventa del 285% per beni e prodotti (i servizi sono aumentati “solo” del 36%), arrivati ormai ad assorbire il 52% del mercato on line. Le vendite on line rappresentano il 31% nel turismo, il 22% nell’informatica, il 7% nell’abbigliamento, lo 0,5% nell’alimentare (in fortissima crescita: vedi la video intervista a Valentina Pontiggia Spesa online pronta a decollare ma il punto vendita resta, ci vuole integrazione). «Ma c’è un problema che bisogna affrontare – dichiara Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione – la disparità di regole tra chi opera nell’on line e chi lo fa nell’off line. Le regolamentazioni, nazionali e regionali, su promozioni e sottocosto, valgono per il commercio fisico ma non si applicano all’e-commerce. Sappiamo inoltre come le imprese di puro commercio on line abbiano la possibilità di non pagare le tasse locali ponendo le sedi legali nei cosiddetti paradisi fiscali. Siamo di fronte quindi a una vera e propria concorrenza sleale, che deve essere denunciata e combattuta. Federdistribuzione è in prima linea in questa battaglia, chiedendo anche per il commercio fisico le semplificazioni di cui gode l’on line, come la piena liberalizzazione delle promozioni».

2) Impatto della quarta rivoluzione industriale sul mondo del lavoro

Introdurre innovazione nelle imprese significa anche riflettere sull’evoluzione delle professioni e dell’organizzazione del lavoro e ripensare al contempo alle figure più impattate dal cambiamento. La fotografia del settore fatta da Federdistribuzione parla di un costo del lavoro rappresenta oltre l’11% delle vendite e il 72% del Valore Aggiunto redistribuito sotto forma di remunerazione del lavoro. Un settore in cui il 91% dei contratti sono a tempo indeterminato, con collaboratori per il 58% donne, per il 64% con laurea o diploma superiore, per il 16% con meno di 30 anni, per il 45% con part time. «La formazione ha e avrà un ruolo fondamentale – commenta il Presidente di Federdistribuzione – si rafforzerà l’acquisizione di competenze trasversali quali l’attenzione al cliente, l’efficacia relazionale, la capacità di trasmettere i valori aziendali. Sarà necessario completare le conoscenze tecnologiche di ampie fasce occupazionali. Un’indagine tra le nostre aziende associate ha evidenziato come oltre la metà di loro già svolge una “formazione digitale” e nei prossimi due o tre anni circa l’80% la realizzerà. Per questo incentivare questi percorsi formativi con agevolazioni sarà fondamentale da parte del Governo per scongiurare effetti non voluti sull’occupazione. Energie e risorse dedicate dunque alla formazione, da sempre per le imprese di Federdistribuzione un vero fattore strategico, come dimostra il fatto che negli ultimi 10 anni gli investimenti per addetto sono più che raddoppiati (+137%). Responsabilità Sociale d’Impresa è quindi anche questo: investire per valorizzare il personale”.

3) L’uso efficiente delle risorse

Tutela dell’ambiente, economia circolare e innovazione tecnologica significano uso efficiente delle risorse. “Un processo che non deve essere solo guidato dall’alto ma che deve permeare ogni singolo protagonista della società, sia esso un soggetto economico del settore primario, dell’industria o dei servizi o un singolo individuo. La responsabilità estesa del produttore, l’efficiente gestione dei rifiuti così come la razionalizzazione dei consumi energetici e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento rappresentano la strada obbligata di ogni strategia aziendale che miri ad un’effettiva sostenibilità” secondo Federdistribuzione. Che spiega come le imprese associate hanno diminuito i consumi di energia per metro quadro nel 2016 dell’8% rispetto all’anno precedente. Al tempo stesso stanno aumentando dell’8,3% l’acquisto di energia proveniente da fonti rinnovabili (arrivata nel 2016 al 65% del totale, rispetto a una media nazionale del 45% – dato 2015). «L’economia circolare deve ormai rappresentare il punto di riferimento nell’attività dell’impresa – afferma Cobolli Gigli – e l’attività politica deve promuovere e supportare comportamenti virtuosi e innovazioni aziendali che si muovono in questa direzione. Mi pare che ci siano ancora molti spazi in cui lavorare per definire un approccio ai temi dell’ambiente e dell’energia che sia sempre più efficace e orientato al futuro e alla sostenibilità».

4) Lotta allo spreco e aumento delle donazioni

È un tema di attualità e sensibilità per tutti: cittadini, operatori economici, enti caritativi e autorità. In Italia, secondo i dati del Politecnico di Milano, ogni anno si generano 5,6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari. Di queste meno del 9% viene recuperato per diventare sostegno ai più bisognosi, il resto è spreco. Uno spreco che equivale a 12,6 miliardi di euro, il 15,4% dell’intero consumo alimentare nel Paese. Si può certamente fare meglio, e in questo sono impegnati attori della filiera ed enti caritativi, ad esempio partecipando a progetti come LIFE-Food.Waste.StandUp, co-finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE 2014-2020) che vede come partner Federalimentare (capofila), Federdistribuzione, Unione Nazionale Consumatori e Fondazione Banco Alimentare Onlus. «Una riflessione e uno stimolo: il fatto di fare donazioni da parte di un’impresa è testimonianza di un senso di responsabilità sociale e di etica, andando anche contro ragioni economiche. Tuttavia questa attività di donazioni contribuisce a diminuire i costi della comunità, riducendo le quantità di beni che le amministrazioni locali devono gestire come rifiuti. Sarebbe quindi auspicabile che una parte di questo risparmio venisse convertito in premialità per i soggetti che donano, ad esempio riducendo la tassa sui rifiuti. Ciò potrebbe costituire un impulso per aumentare le donazioni, dando piena attuazione alla recente legge antispreco, la cosiddetta legge Gadda, e rendendo più raggiungibile l’obiettivo indicato dal Ministro Martina di raddoppiare le donazioni arrivando a 1 milione di tonnellate».

 

Il Bilancio di Sostenibilità: verso un impegno concreto

Un percorso avviato da Federdistribuzione nel 2012 con un’iniziativa unica in Italia: un Bilancio di Sostenibilità sviluppato a livello di settore anziché di singola impresa, con l’intento di illustrare agli stakeholder le iniziative delle aziende della Distribuzione Moderna Organizzata (DMO) rilevanti in ambito di Responsabilità Sociale d’Impresa ma scarsamente riconosciute. La seconda edizione, nel 2014, ha garantito continuità nella rendicontazione, dimostrando che l’impegno nei confronti della sostenibilità non era un evento occasionale, ma un processo costante, in crescita e strutturato, con l’obiettivo di “fare buona impresa”, nonostante il difficile contesto economico. Questa terza edizione introduce numerosi elementi di novità, sia dal punto di vista metodologico, con un’impostazione allineata al più riconosciuto standard internazionale di rendicontazione, il Global Reporting Initiative, sia dal punto di vista dei contenuti, ampliati ospitando diversi contributi esterni sul nostro settore, realizzati da partner di prestigio quali Censis, EY e PwC, con l’intento di fornire occhiali nuovi e diversi con i quali provare a leggere la DMO.

Il Presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, ha annunciato un’iniziativa importante. “Abbiamo voluto che il Bilancio di Sostenibilità di Settore 2017 segnasse l’avvio di un cammino di presa in carico, da parte delle aziende associate a Federdistribuzione, di obiettivi in chiave di Responsabilità Sociale d’Impresa, in coerenza con l’Agenda 2030 e i Sustainable Development Goals (SDGs) delle Nazioni Unite. È un cambio di passo significativo, che riflette una ferma consapevolezza dell’impatto dell’attività d’impresa sulla società e che evidenzia la nostra volontà di contribuire concretamente alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile, a vantaggio delle generazioni future. È un cammino che abbiamo deciso di intraprendere e sul quale dovremo lavorare nei prossimi mesi, per definire il punto di partenza, target, tempi di realizzazione e indicatori di misurazione. Vi diamo quindi appuntamento nel 2018, quando avremo maturato il nostro progetto e potremo presentarvi come Federdistribuzione e le sue imprese associate intendono assumersi una responsabilità concreta in chiave di sostenibilità».

Gdo e dotcom: Groupe Casino si accorda con Ocado per mettere i robot in magazzino

Un magazzino robotizzato e, naturalmente, l’accelerazione del canale e-commerce: porterà a questo l’accordo tra Ocado, dot com britannica concentrata sull’e-commerce alimentare, e Groupe Casino, storica insegna francese che opera anche con i marchi Monoprix, Franprix, Leader Price, Spar e Vival in Francia e con punti vendita in vari Paesi. Le alleanze tra insegne “fisiche”, spesso storiche, e operatore online sembrano entrare sempre più nell’agenda della grande distribuzione (vedi Amazon e U2 in Italia e Aldi con Instacart in Germania).

Nella fattispecie Ocado investirà secondo il Financial Times 15 milioni di sterline nello sviluppo della piattaforma Ocado Smart Platform (“OSP”). E in Borsa le azioni di Ocado sono subito salite del 22 per cento: l’accordo segna infatti non solo l’ingresso di Ocado nel “fisico” ma anche quello in un mercato fuori dal Regno Unito.

“La soluzione Osp – si legge in una nota dell’insegna francese – evoluta e modulare, è una risposta unica alle opportunità e alle sfide poste dall’accelerazione delle vendite online nella distribuzione alimentare. Tale piattaforma comprende la costruzione di un deposito automatizzato di ultima generazione (nel quale Ocado inserirà delle cellule di stoccaggio e dei robot), una soluzione logistica integrata, che include un sito Internet con alcune dell migliori funzionalità del mercato, e l’ottimizzazione della consegna nell’ultimo chilometro e la gestione in tempo reale dei dati dei clienti”.

Il primo a utilizzare la piattaforma sarà il sito online, Monoprix.fr Sarà anche messo in servizio un deposito CFC («Customer Fulfilment Centre») nella regione parigina che si occuperà delle consegne verso Parigi, Ile-de-France, Normandia e Hauts de France.

Ma cosa ci guadagna Ocado per mettere a disposizione la sua tecnologia avanzata “Il gruppo Casino verserà ad Ocado delle commissioni alla firma del contratto, durante la fase di installazione e di utilizzo della piattaforma, in proporzione alla capacità effettivamente utilizzata e dei livelli di servizio raggiunti”.

«Questo accordo rappresenta un grande avanzamento in termini di qualità: in un primo tempo saranno proposte 50000 referenze di prodotti alimentari  ai clienti che potranno usufruire di consegne rapide ed efficaci. Il gruppo Casino è fiero di aver concluso questo accordo che contribuirà a rinforzare ancora di più la qualità del servizio ai suoi clienti, al centro dei suoi pensiero da 120 anni» ha commentato il presidente e direttore generale Jean-Charles Naouri.

“Stiamo continuando ad investire per industrializzare la nostra piattaforma brevettata e questo accordo sarà potrebbe essere il primo di una serie di fruttuose collaborazioni con grandi distributori in tutto il mondo” ha detto Tim Steiner, presidente e direttore generale d’Ocado.

Il gruppo Casino ha oltre 12.960 punti vendita in Francia e all’estero in Argentina (insegne Libertad, Mini Libertad), Brasile (Pão de Açúcar, Extra, Assaí), Colombia (Éxito), Oceano Indiano (Jumbo, Score), Uruguay (Disco, Devoto) e in una dozzina di Paesi africani. Conta 227.842 collaboratori, nel 2016 aveva un fatturato consolidato di 36 miliardi di euro ed è la prima insegna in Brasile e Colombia  e la seconda in Francia per l’E-commerce.

 

Autogrill sbarca in Cina con il suo primo Bistrot “fusion”

Autogrill, tramite HMSHost International, approda in Cina con il suo primo Bistrot, il concept realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche (Unisg) di Pollenzo.

Il paese asiatico si rivela oggi un mercato, la Cina, dove l’interesse per il mondo dell’alimentazione è sempre crescente e dove il “mangiare Italiano” e “bere italiano” è diventato uno status symbol, diffuso principalmente nei grandi centri urbani come  Hong Kong, Pechino e, appunto, Shanghai. Ed è proprio nei grandi centri urbani, dove la cucina italiana si adatta ai gusti tipicamente orientali, che nasce il ‘fusion’. In questo scenario si deve collocare l’apertura del Bistrot Century Ave, presso il quartiere degli affari di Pudong dove ai clienti cinesi viene proposta un’offerta di autentici piatti italiani, pizza e pasta fatte a mano, pane appena sfornato, verdure coltivate localmente e prodotti tradizionali accuratamente selezionati; ma anche un’offerta ‘local food’ con ricette che includono ingredienti locali e prevedono una modalità di consumo che possa adattarsi alla clientela di Shangai.

Il risultato? Un menù con molte ricette tipiche della tradizione italiana (ad esempio la pizza) rivisitate secondo le abitudini culinarie cinesi (pasti orizzontali, cibi soffici e digeribili, grande attenzione alla sicurezza del cibo) –  riviste anche le modalità di servizio – ad esempio, sarà previsto solo il servizio al tavolo.

HMSHost International e i fornitori

Così come accade in tutti i Bistrot (più di 20 in tutto il mondo tra aeroporti, stazioni, autostrade e centri urbani) HMSHost International collaborerà con fornitori locali che condividono con Bistrot la stessa passione per il cibo sano, sostenibile ed equo. Uno di questi fornitori è “The Rainbow of Hope”, una piattaforma attraverso la quale sono supportati gli agricoltori locali che adottano pratiche agricoleecologicamente sostenibili, senza l’utilizzo di prodotti chimici. Con questo e altri progetti HMSHost International desidera supportare le comunità locali mantenendo l’autenticità della cucina italiana e al tempo stesso stabilendo un forte radicamento con il territorio. L’intero programma di formazione del personale dello store, esclusivamente cinese, si è svolto in Italia, in parte all’interno dello ‘Spazio Fucina’ di Autogrill – il luogo dedicato alla Ricerca e Sviluppo del Gruppo presso la sua sede di Rozzano – e, in parte, presso il Bistrot del ‘Mercato del Duomo’, a Milano, così da trasferire il prestigioso know-how italiano apprezzato in tutto il mondo.

Black Friday sempre più “big”, cresce ancora negli USA e apre uno shopping da 682 mld USD

Invece che Black Friday si dovrebbe iniziare a chiamare Big Friday, perché i numeri che è in grado di movimentare l’evento più commerciale dell’anno, tra online e offline, sono davvero imponenti: quest’anno per le vendite natalizie saranno fatturati 682 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti secondo Salesforce, il 4% in più dell’anno scorso, nel Paese che il Black Friday ha creato quasi un secolo fa e istituzionalizzato negli anni ’80 del secolo scorso, nei negozi fisici. E la metà sarà spesa nel periodo del Black Friday. 
La giornata di sconti e promozioni che segna l’inizio dello shopping natalizio del resto nel 2016 ha generato una crescita globale del 34% delle vendite. E per i venditori quei pochi giorni che vanno dal Black Friday al Cyber Monday possono rappresentare il 30% delle vendite annuali. Lo stima ancora Salesforce all’interno del suo Holiday Readiness Report, che si basa sugli oltre 500 milioni di consumatori che acquistano sui siti che hanno scelto le soluzioni di Salesforce Commerce Cloud.

Andamento di vendite natalizie dal 2002 (in miliardi di dollari, fonte NFR).

Dopo il successo della scorso anno che ha decretato il Black Friday come la più grande giornata di shopping online dell’anno con un aumento del 19% di fatturato rispetto al Cyber Monday e superandolo, Salesforce prevede un’ulteriore crescita per l’edizione 2017. Nel 2016 infatti, l’incredibile balzo in avanti degli acquisti nel comparto moda (+38% raggiunto solo dall’abbigliamento sportivo) durante la giornata del Black Friday, ha contribuito a sostenere l’espansione del “venerdì nero”, superando così anche le vendite del Cyber Monday sia negli Stati Uniti che in Canada, Francia, Germania e Regno Unito.

Se poi la spesa retail (online e offline)del periodo delle feste nel 2016 negli Stati Uniti è stata di 656 miliardi di dollari (dati NRF), le vendite di quest’anno nei mesi di novembre e dicembre cresceranno di circa il 4%, stimando una spesa totale di 682 miliardi di dollari. Secondo Salesforce, il Black Friday però darà “solo” il via allo shopping natalizio: se il 50% degli acquisti verrà completato entro il 3 dicembre, l’80% della corsa ai regali di Natale proseguirà fino al 15 dicembre, periodo durante il quale i consumatori cercheranno l’offerta migliore sperando che l’articolo non sia già esaurito.

 

Cyber Monday, ulteriori sconti e nove e spedizione gratis per nove articoli su 10

Quanto al Cyber Monday, nato qualche anno com “Black Friday dell’eCommerce” (nella lontana era in cui la multicanalità era lontana e gli acquisti di facevano su Pc al lavoro), l’azienda stima che lunedì 27 novembre gli acquirenti potranno acquistare a prezzi ulteriormente ribassati (29% di sconto sul prezzo di listino) beneficiando del più alto tasso di spedizione gratuita che interesserà ben l’89% degli articoli.

 

Con lo smartphone si compra di più

La corsa verso l’uso dei dispositivi mobili continua senza sosta, soprattutto durante la stagione di picco. Nell’ultimo trimestre il 57% del traffico mobile si è convertito nel 34% degli ordini, dimostrando che l’intenzione di acquisto via smartphone è maggiore rispetto a quella via web (dati Shopping Index), e dunque la stagione dello shopping natalizio sarà indubbiamente caratterizzata da un massiccio utilizzo del mobile. Proprio durante la scorsa campagna natalizia il traffico via smartphone ha per la prima volta in assoluto superato quello via desktop: il 52% di tutte le visite infatti è avvenuto da smartphone. In occasione della Cyber Week, poi, ha catturato il 53% di tutto il traffico (nel 2015 si è fermato al 44%), mentre la quota di ordini è passata dal 25% del 2015 al 31%. Durante il Black Friday, la quota di ordini da dispositivo mobile ha raggiunto il picco negli orari compresi tra le 21 e le 22, rappresentando il 60% di tutte le transazioni in quel momento.

«Ogni giorno dovrebbe essere Black Friday – dice Maurizio Capobianco, Regional Vice President per l’Italia, la Spagna e il Portogallo di Salesforce Commerce Cloud -. Per offrire sempre un’esperienza positiva ai clienti, è importante che ogni retailer sia sempre pronto a sostenere un picco nei volumi di traffico apportando alcune accortezze: adattando i risultati di ricerca del sito, aggiornando l’ottimizzazione per i motori di ricerca, dando vita a campagne e promozioni».
Scarse prestazioni del sito, infatti, equivarrebbero a una perdita di acquisti. «Anche un secondo di ritardo nel caricamento della pagina può nuocere allo shopping – continua Capobianco – pari al 7% in meno di conversioni, l’11% in meno di pagine visualizzate e il 16% in meno di soddisfazione degli acquirenti. L’ottimizzazione dei propri servizi e una corretta strategia sono la base del successo di un retailer, sia durante il Black Friday che in una qualsiasi giornata di shopping».

Alibaba si allea con Auchan in Cina, e punta sulla rete “fisica”

Dall’online all’offline, passando per la sfida con Walmart: segna un altro passo verso la rete fisica il colosso dell’eCommerce cinese Alibaba, grazie all’accordo con Auchan Retail e Ruentex che prevede l’acquisizione da parte di Alibaba Group del 36,16% del capitale di Sun Art, con un investimento di 22,4 miliardi di HK$ (circa 2,44 miliardi di Euro) per l’acquisto delle azioni precedentemente detenute da Ruentex. Anche Auchan Retail rinforza la propria partecipazione al capitale di Sun Art L’alleanza strategica “permetterà di unire le rispettive expertise nel commercio fisico (offline) e nel digitale (online) per costruire il commercio “figitale” alimentare in Cina” si legge in una nota.
Al termine della transazione, Auchan Retail, Alibaba Group e Ruentex deterranno rispettivamente il 36,18%, il 36,16% e il 4,67% del capitale di Sun Art. Auchan Retail continuerà a consolidare la sua filiale Sun Art nei propri dati finanziari.

Sun Art è uno dei leader della distribuzione alimentare multi-format in Cina, dove opera con una superficie totale di circa 12 milioni di metri quadrati (dati al 30 giugno 2017). Presente in 29 province, regioni autonome e comuni sul territorio cinese, Sun Art conta 446 ipermercati di una superficie massima di 17mila metri quadri con insegna RT-Mart (大润发) e Auchan (欧尚).

Sun art è da poco entrata sul mercato con i mini store digitali automatizzati Auchan Minute (vedi: Auchan Minute, il mini supermercato automatico, parte alla conquista della Cina) con una rete che entro fine anno dovrebbe contare centinaia di punti vendita.

L’alleanza collima con la visione “New Retail” di Alibaba che punta a capitalizzare sul proprio approccio online e le nuove tecnologie collaborando con i propri partner commerciali per rispondere alle attese dei consumatori cinesi e con la Visione 2025 di Auchan Retail “Auchan cambia la vita”. L’obiettivo è offrire a 1,3 miliardi di consumatori cinesi una nuova esperienza di acquisto, “figitale” (in convergenza tra fisico e digitale).

«Insieme ai suoi nuovi partner, il Gruppo Alibaba è lieto di essere in grado di ridisegnare il commercio di domani grazie alla trasformazione digitale – ha dichiarato Daniel Zhang, CEO di Alibaba Group -. I negozi fisici sono un must nel percorso del consumatore. Nell’era digitale, devono essere arricchiti da servizi personalizzati grazie alle nuove tecnologie di elaborazione dei dati. Riunendo completamente i nostri canali online e offline e quelli dei nostri partner, non vediamo l’ora di offrire ai consumatori cinesi un’esperienza di acquisto originale e piacevole».

«L’alleanza con Alibaba è stata facilitata dalla nostra visione condivisa per il futuro del commercio in Cina. Riunire i principali partner commerciali globali, leader nel commercio fisico e nel commercio digitale in Cina, ci consentirà di offrire a centinaia di milioni di consumatori cinesi un’esperienza di acquisto integrata di eccellente qualità» ha spiegato Wilhelm Hubner, CEO di Auchan Retail.

Combinando i punti di forza delle tre società, la nuova alleanza consentirà a tutte le attività di Sun Art di beneficiare dell’ecosistema digitale di Alibaba, che si occuperà di digitalizzare e apportare ai negozi Sun Art (RT-Mart e Auchan) soluzioni “figitali”, come per esempio un processo di fulfillment perfetto e un’esperienza clienti sempre più personalizzata. L’idea è quella di offrire sinergie online e offline che cambieranno la vita dei consumatori proponendo loro nuovi prodotti e servizi più efficienti.

«Negli ultimi anni, la domanda dei consumatori è cambiata radicalmente con l’ascesa di Internet mobile e Sun Art sta integrando la dimensione online nel suo commercio offline» ha affermato Peter Huang, vicepresidente di Ruentex Group.

Il mercato della Gdo cinese fisico vale 4mila miliardi di dollari ed è nelle mire anche dell’insegna numero uno la mondo, Walmart che a gennaio 2017 deteneva 424 punti vendita in Cina, solo quattro in più rispetto all’anno precedente. Anche Walmart ha pensato di integrare la rete fisica con i punti forti dell’eCommerce, le consegne veloci e l’analisi dei dati, acquisendo l’operatore online Jet.com (vedi Walmart compra Jet.com e sfida Amazon sull’e-commerce), e la stessa operazione – sebbene inversa, dal digitale al fisico – è stata effettuata da Amazon con l’acquisizione di Whole Foods Market (vedi Amazon nella distribuzione fisica: acquisiti i supermercati Whole Foods Market).

Alibaba comunque non è nuovo alla strategia omnicanale: negli ultimi due anni secondo Forbes aveva già investito 2 miliardi di dollari nell’acquisizione di catene di supermercati in Cina.

Il Gruppo Arcaplanet aggrega la Mondial Pet Distribution, toccando quota 280 pdv

Il Gruppo Arcaplanet, partecipato dai Fondi Permira e dal management, annuncia di aver raggiunto un accordo per l’aggregazione di Mondial Pet Distribution, società di proprietà della famiglia Pautassi e di Edmond de Rothschild Investment Partners, cui fa capo Fortesan, catena specializzata operante nello stesso settore.

Il progetto industriale di integrazione con Fortesan permette di rafforzare a livello nazionale la presenza del Gruppo Arcaplanet che disporrà di circa 280 negozi in 15 regioni italiane e potrà continuare nell’ambizioso percorso di crescita previsto nel proprio piano industriale. L’operazione è soggetta al vaglio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

“Siamo soddisfatti del nostro percorso di sviluppo – ha dichiarato Michele Foppiani, fondatore e Amministratore Delegato di Arcaplanet – e l’importante accordo raggiunto con Fortesan ci permette di rafforzare ulteriormente la nostra presenza sul mercato; siamo la terza forza nel settore a livello europeo”

“Siamo orgogliosi di aver raggiunto un accordo con Arcaplanet – ha commentato Vittorio Pautassi, fondatore e Presidente di Mondial Pet Distribution – e l’integrazione delle due catene darà ulteriore impulso alla crescita, in un mercato nel quale la forza per sostenere gli investimenti per lo sviluppo si rivelerà decisiva”

“Siamo molto fieri di avere contribuito, in partnership con Michele Foppiani ed il team di Arcaplanet, ad accelerare lo sviluppo del Gruppo. Dall’ingresso dei Fondi Permira nel giugno 2016 – ha dichiarato Fabrizio Carretti, Partner e responsabile di Permira in Italia – il Gruppo Arcaplanet ha realizzato tre importanti progetti di crescita esterna: Zoomarketshop (Sardegna), Country Shop (Torino e provincia) e ora Fortesan”

“Crediamo molto in questo progetto di integrazione – hanno commentato Massimo Massari e Luca Ravano, Partner di Edmond de Rothschild Investment Partners – e nelle ulteriori possibilità di sviluppo del Gruppo Arcaplanet. Pertanto, abbiamo deciso di reinvestire nel progetto insieme a Michele Foppiani, al suo team e ai Fondi Permira. Un particolare ringraziamento va a Vittorio Pautassi, alla sua famiglia e al suo team per il grande lavoro svolto fin qui nello sviluppo dell’azienda”.

 

I protagonisti

Il Gruppo Arcaplanet, fondato nel 1995 da Michele Foppiani, che ricopre il ruolo di Amministratore Delegato, gestisce una catena di 210 punti vendita con un assortimento di oltre 10.000 referenze, dal cibo agli accessori fino ai prodotti per la salute degli animali. Il Gruppo ha sviluppato una gamma proprietaria di prodotti, con i seguenti principali brand: Start, Expecial, Next, HiFish e, recentemente, Virtus. Dal 2014, Arcaplanet opera anche attraverso il proprio sito di e-commerce. Il Gruppo ha chiuso il 2016 con un fatturato pari a €169 milioni (+23% rispetto al 2015), con oltre 1.000 dipendenti.

 

Fortesan, fondata alla fine degli anni 90 da parte di Vittorio Pautassi, conta ad oggi, oltre al proprio canale e-commerce, 69 punti vendita, declinati in format adatti a circuiti commerciali diversi. Negli anni, la società ha sviluppato un’ampia offerta di prodotti a marchio proprio, avendo saputo intercettare al meglio le esigenze dei consumatori che dedicano agli animali domestici un trattamento sempre più attento e responsabile. Fortesan ha chiuso il 2016 con un fatturato pari a €50 milioni (+19% rispetto al 2015)

Turisti dello shopping, il nuovo business del retail

110 euro a testa, tale la spesa media effettuata dal milione e mezzo milioni di turisti che si riversa ogni anno nelle principali città italiane come Firenze, Milano, Roma e Venezia.

Abbigliamento (60%), accessori e pelletteria (17,3%) e cosmetica e profumeria (3,6%) sono i settori merceologici più gettonati.

Sono queste alcune delle principali evidenze che emergono dalla nuova edizione di Shopping Tourism Italian Monitor, il rapporto di ricerca curato da Risposte Turismo che sarà presentato a Roma venerdì 24 novembre nell’ambito di Shopping Tourism. Il forum italiano, l’unico evento in Italia sul tema ideato e organizzato dalla stessa Risposte Turismo quest’anno in collaborazione con Confturismo-Confcommercio.

L’indagine è stata realizzata attraverso la somministrazione diretta face to face di questionari a un campione rappresentativo di 2.500 turisti (italiani e stranieri), equamente diviso nelle cinque città oggetto di analisi nel periodo maggio – ottobre 2017.

Shopping, driver dei viaggi

Più in particolare, Milano è risultata essere la città con la maggiore quota di turisti che hanno nello shopping la motivazione principale del viaggio (15,4%), seguita da Firenze (6%) e Roma (3,8%). Staccate Venezia (1,4%) e Torino (1,1%).

La loro spesa media giornaliera sostenuta è risultata pari a 121 euro a Milano, 77,80 euro a Roma e 45,15 euro a Firenze.

Sempre Milano è la destinazione di viaggio per shopping su scala mondiale che ha ricevuto il maggior numero di citazioni (20,3%) tra le oltre 6.000 raccolte (massimo 3 per ogni intervistato), seguita da New York (17,4%), Parigi (16%) e Londra (14,2%).

La nuova edizione del report curato da Risposte Turismo analizza anche altri aspetti dello shopping tourism, un fenomeno in forte crescita su scala internazionale e che vede in alcuni Paesi i governi stessi impegnati nel suo sviluppo, su tutti la Spagna ed il suo Plan de Turismo de Compras.

Anche a livello italiano il fenomeno inizia a mostrare evidenze significative, basti pensare ai 25 outlet village presenti lungo la penisola (per un totale di 700.000 mq di spazi commerciali) o alle vie dello shopping, come via Montenapoleone e via Condotti, entrambe tra le prime 10 vie del mondo per canoni di locazione.

Entità della spesa

Considerando l’intero campione di turisti intervistato e non solo la nicchia di coloro che hanno nello shopping la motivazione principale del viaggio (il 5,7% del totale), la spesa media giornaliera in shopping (che si precisa non include le spese dei turisti per trasporti, vitto, alloggio e ingressi ad intrattenimenti ed attrazioni quali ad esempio musei teatri o parchi) nelle cinque città risulta pari a 28 euro (55,7 euro a Milano, 30,1 a Firenze, 21,9 a Venezia, 18,4 a Torino e 16,8 a Roma).

Una proiezione di tali valori realizzata da Risposte Turismo sul totale delle presenze turistiche nel 2016 (fonte: ISTAT) negli esercizi ricettivi dei cinque comuni oggetto di analisi porterebbe a stimare in 1,6 miliardi di euro la spesa annuale in shopping da parte dei turisti stessi, di cui circa 610 milioni di euro a Milano, 422 milioni di euro a Roma, 281 milioni di euro a Firenze, 230 milioni di euro a Venezia e 67 milioni di euro a Torino. Cifre che non tengono conto degli escursionisti, inclusi coloro che scelgono di soggiornare in strutture ubicate in comuni limitrofi alle grandi destinazioni turistiche dove si recano nel corso della o delle giornate di vacanza.

“La capacità attrattiva di una città per i turisti dello shopping – ha commentato Francesco di Cesare, Presidente di Risposte Turismo – consente di conquistare una domanda dall’alta propensione alla spesa per acquisti di vario genere, con evidenti vantaggi per gli esercizi commerciali e conseguenti ricadute sull’intero territorio e sulla sua industria dell’ospitalità. L’Italia, ed in particolare le cinque città al centro della nostra indagine, è già oggi scelta da molti turisti mossi dal desiderio di trascorrere un soggiorno all’insegna dello shopping, ma molti di più potrebbero farlo se si decidesse con maggior convinzione, tutti insieme, pubblico e privato, operatori del retail e del turismo, di puntare su questo fenomeno”.

L’evento, gli speaker, i partecipanti, gli sponsor

Oltre alla presentazione di Shopping Tourism Italian Monitor il forum del prossimo 24 novembre, in programma a Roma presso la sede di Confcommercio, ospiterà momenti di confronto, dibattito e business networking tra numerosi relatori di realtà operanti in questo segmento della macro industria turistica.

Trai gli speaker attesi figurano, solo per citarne alcuni, Alberto Baldan – Amministratore Delegato Grandi Stazioni Retail, Renato Borghi – Vicepresidente Confcommercio e Presidente Federazione Moda Italia, Francesca D’Ignazio – Vice President Media Partnerships Advisor Sales Mastercard, Luca Patanè – Presidente Confturismo/Confcommercio, Francesco Palumbo – Direttore Generale Turismo MiBACT, Clara Petrone – Regional Marketing Operations Manager McArthurGlen, Stefano Rizzi – Country Manager Global Blue Italia e Lucio Rossetto – CEO Lagardère Travel Retail Italia.

Oltre 200 i partecipanti attesi in rappresentanza dei vari attori di questo segmento della macro industria turistica: dalle diverse realtà che gestiscono i luoghi dello shopping (outlet village, department store, mall, vie dello shopping) alle aziende fornitrici di servizi (es. tax refund), dai tour operator alle aziende turistico-ricettive, fino alle associazioni di categoria, alle amministrazioni pubbliche, agli enti di promozione turistica e alle nuove figure professionali nate grazie allo sviluppo dello shopping tourism.

I main sponsor dell’edizione 2017 di Shopping Tourism. Il forum italiano sono Global Blue e McArthurGlen. Sono sponsor dell’evento Lagardère Travel Retail Italia, Mastercard, Personal Shop e T Fondaco dei Tedeschi by DFS.

La partecipazione al forum è possibile previa iscrizione. Per maggiori informazioni, programma completo e modalità di iscrizione: www.shoppingtourismforum.it. Aggiornamenti sulle pagine Twitter e Linkedin del forum.

 

 

Marco Nocivelli è Imprenditore dell’Anno nella categoria Family Business

Marco Nocivelli, Presidente e Amministratore Delegato di Epta vince la XXI edizione del Premio EY L’Imprenditore dell’Anno® nella categoria Family Business. Si tratta di un prestigioso riconoscimento riservato agli imprenditori italiani alla guida di aziende con un fatturato di almeno 25 milioni di euro, che hanno saputo creare valore, con spirito innovativo e visione strategica, contribuendo alla crescita dell’economia, in Italia e nel mondo.

Le motivazioni del premio

Ad incoronare i vincitori, una Giuria indipendente composta da noti esponenti del mondo delle istituzioni, dell’economia e dell’imprenditoria, che hanno premiato l’AD Epta “per la determinazione e l’ambizione con cui guida quotidianamente il gruppo di famiglia, sempre alla ricerca di opportunità di sviluppo, con l’obiettivo di consolidare il vantaggio competitivo, focalizzandosi su innovazione, design del prodotto e ottimizzazione dei processi, anche in virtù delle sinergie derivanti dalla crescita per linee esterne”.

Marco Nocivelli, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Epta dichiara: “Questo premio rappresenta per la famiglia e per l’azienda un importante traguardo, che attesta l’impegno di tutte le persone che in questi anni hanno contribuito al successo della nostra società.” E continua “È un riconoscimento che voglio condividere con tutti i nostri collaboratori, che hanno lavorato con noi per trasformare Epta in ciò che è oggi: immagine e simbolo della ricchezza del territorio e della “voglia di fare” che caratterizza l’Italia. Il nostro vero successo è la possibilità di contare sui nostri validi collaboratori.”

Temporary store, nuove opportunità per i centri commerciali

Da Bikini Berlin il piano terra è occupato da tante unità in legno fisse dedicate ai temporary store, che ruotano nel corso dell'anno.

Da fenomeno spot per eccellenza nato durante la crisi a elemento caratterizzante e addirittura trainante negli spazi commerciali: sono i Temporary store. Palcoscenico per i marchi, importanti mezzi per instaurare un rapporto esperienziale con i clienti, sempre più raffinati nella progettazione e nell’arredo e in certi casi anche incubatori di impresa, luogo dove nascono e si consolidano iniziative che poi diventano marchi o franchising.

Se ne è parlato a Milano al convegno “Palla al Centro… Commerciale. A proposito di spazi temporanei nei mall” organizzato da Assotemporary e Gallerie Commerciali Italia.

Un fenomeno ormai consolidato tanto che ad esempio Gallerie Commerciali Italia su 48 centri commerciali ha 50 temporary shop, con una trasformazione in definitivo del 40%.

«È cambiato il mondo, oggi rimangono i bravi – ha spiegato Edoardo Favro, Ad di Gallerie Commerciali Italia -. Le gallerie si erano in parte svuotate con la crisi iniziata nel 2008. Ma sempre più persone ci chiedevano spazi. Ci abbiamo pensato e abbiamo capito che era il momento di soddisfare queste richieste, a prezzi politici, per un periodo di tre o quattro mesi. Così un fenomeno nato da una problematica è stato trasformato in un’opportunità. Per noi e per le iniziative imprenditoriali, soprattutto di giovani, cui abbiamo cercato di dare una mano e che poi sono diventati stanziali o che addirittura si sono evolute in piccole catene. Perciò abbiamo deciso di tenere una quota degli spazi dedicata proprio ai Temporary. Sul fenomeno dei Temporary store serve comunque un cambiamento concettuale anche per la base contrattuale. Abbiamo visto che la formula dell’affitto del ramo d’azienda inizia a funzionare e che il 40% di chi lavora con noi poi cerca uno spazio stabile. Servirebbe una base contrattuale più leggera che aiuterebbe tutti».

 

A Milano 7 temporary su 10

Secondo Assotemporary oggi il 62% delle aperture è dedicata ancora alla vendita outlet, solo il 15% è diretto ad azioni di marketing come la profilatura dei clienti o la sperimentazione di negozi monomarca a basso costo, mentre solo il 10% delle aperture è finalizzata alla creazione di eventi. Vendita in periodi particolari dell’anno e per stimolare l’acquisto d’impulso si dividono, in parità, l’ultimo 10%.

La città del Temporary shop è di gran lunga Milano, che detiene il 70% delle aperture, seguita da Roma e Napoli con il 10%. Altri capoluoghi come Firenze, Bologna e Venezia si dividono un altro 10%, e infine un ultimo 10% nelle medie città del Centro-Sud. Per quanto riguarda i settori merceologici, Moda e Design occupano il 58% dei Temporary store, seguito dal 10% del food senza somministrazione, l’8% da gioielleria e bigiotteria, il 7% dall’auto, un 5% dal food con somministrazione e il 12% da settori residuali.

Tra i luoghi scelti per le aperture vincono le location metropolitane e cittadine, con il 77%, seguite dai centri commerciali con il 12%, luoghi di transito come aeroporti e stazioni all’8%, e altri luoghi al 3%.

«La vendita sta prendendo sempre più peso – ha detto Massimo Costa, segretario generale di Assotemporary -, e ci si sposta dalla vendita outlet all’elemento emozionale, che abbia contenuti di comunicazione. Oggi nel retail fisico il negozio deve emozionare e, aggiungo, deve anche correre; visto che il commercio su ruote sta espandendosi ben oltre il food truck. Si deve cioè lavorare sulla cross-canalità, l’online deve avere un rapporto con la strada, come insegna la vendita dell’abbigliamento, e offrire nuovi servizi. Le novità più interessanti arrivano dal co-working che assieme ai temporary office si stanno affacciando nei centri commerciali».

Un segmento di business che insomma sta diventando sempre più interessante per i property manager dei centri commerciali, tanto da richiedere una figura dedicata allo sviluppo e un aggiornamento normativo sugli affitti commerciali che faciliti la permanenza breve delle insegne.

Con l’eCommerce consegne a +69% nel 2021, richiesti più spazi per la logistica urbana

Aumenta l’eCommerce esponenzialmente (si prevede un incremento del 69% del volume di consegne entro il 2021) e cresce il bisogno di consegne nell’ultimo miglio, di conseguenza si registrerà nelle principali città europee un forte incremento della richiesta di spazi per la logistica urbana. Lo riporta una recente ricerca di Cushman & Wakefield, che nel report Urban Logistics utilizza il “Modello di Spazio Urbano” sviluppato in collaborazione con P3 Logistic Parks per quantificare la richiesta totale di spazi urbani per la logistica nei più importanti mercati europei dell’eCommerce, in base ai volumi attuali e futuri delle vendite online.

 

Londra la più richiesta, a Madrid e Barcellona il maggior incremento

In termini di popolazione e potere di acquisto, è senz’altro Londra il più importante e maturo mercato dell’eCommerce in Europa, con una richiesta attuale di spazi urbani per la logistica di 870.000 metri quadri. Si prevede che nel 2021 la richiesta supererà gli 1,2 milioni di metri quadri (+42%). 

RICHIESTA DI SPAZI URBANI PER LA LOGISTICA IN ALCUNI MERCATI EUROPEI
Fonte: P3 Logistic Parks e Cushman & Wakefield.

 

Segue la Germania, secondo mercato chiave dell’eCommerce in Europa, sia per il numero di grandi città sia per il vantaggio acquisito dallo shopping online rispetto al resto del continente. Si prevede che la richiesta di spazi nei mercati tedeschi aumenterà del 77%, ciò nonostante i 370.000 metri quadri di spazi richiesti a Berlino, il mercato più importante tedesco, saranno meno di un terzo di quelli richiesti a Londra.

I mercati europei dell’eCommerce meno maturi beneficeranno dalla forte crescita delle vendite online che faranno aumentare i livelli della domanda entro il 2021. Il più elevato incremento della domanda in termini percentuali è previsto in Spagna, con Madrid e Barcellona che registreranno un incremento del 102% toccando rispettivamente i 360.000 e 167.000 metri quadri. La richiesta di spazi urbani per la logistica a Varsavia, un mercato relativamente piccolo che ha superato le previsioni di crescita dei volumi dell’eCommerce negli ultimi due anni, dovrebbe aumentare del 90% passando dagli attuali 43.000 metri quadri agli 82.000 previsti entro il 2021.

Per Milano, unica città italiana presa in considerazione dalla ricerca, è prevista una crescita del 75,5% nella richiesta di spazi urbani per la logistica, passando dagli attuali 73.000 ai 130.000 metri quadri circa stimati nel 2021.

Il report mostra anche che il costo delle consegne urbane è elevato e rappresenta fino al 50% del costo della supply chain in Europa per un totale di 70 miliardi di euro e con una previsione di crescita del 7-10% nei prossimi cinque anni. Le soluzioni immobiliari sono attualmente offerte nelle zone periferiche e non all’interno delle città, sia per il valore più elevato delle possibili destinazioni alternative, sia per l’opposizione esercitata dagli stakeholder cittadini nei confronti della logistica.

«Considerando che vengono fatti sempre più acquisti online, è fondamentale che le nostre grandi città abbiamo la capacità di gestire l’aumento del volume delle consegne in tutta Europa – dice Lisa Graham, Head of Logistics Research & Insight di Cushman & Wakefield EMEA -. Secondo il nostro Modello di Spazio Urbano ci sarà una crescita sostanziale in tutta Europa. In prospettiva, sarà fondamentale per i retailer online e per gli spedizionieri utilizzare spazi urbani per la logistica per soddisfare le crescenti aspettative dei clienti in termini di rapidità e affidabilità delle consegne, e allo stesso tempo per ridurre i costi al fine di giustificare canoni di locazione più elevati»

 

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