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Chi vince e chi perde nella Gdo mondiale (che comunque cresce)

Cresce la Gdo nel panorama mondiale. Secondo il rapporto Mediobanca l’aggregato di 12 tra i principali gruppi internazionali che operano nel settore ha chiuso il 2015 con ricavi pari a 1.040 miliardi di euro, con una crescita sensibile, pari all’8,3%, rispetto all’anno precedente. Parliamo di giganti: gli statunitensi Walmart, Kroger, Target, i francesi Carrefour, Auchan e Casinò, il britannico Tesco, il giapponese Aeon, il tedesco Rewe, l’olandese Ahold, il belga Delhaize, questi ultimi due poi recentemente fusi, e lo spagnolo Mercadona. Dodici “big” che in totale gestiscono superfici commerciali per 211,7 milioni di metri quadri e occupano 5,5 milioni di dipendenti. Il loro margine operativo è pure in crescita del 9% e rappresenta il 4% del fatturato, mentre il risultato netto ha un saldo di 22,4 miliardi di euro, pari al 2,1% del fatturato. Inoltre la redditività industriale è pari al 12%, mentre quella netta tocca il 16,3%.

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È il gruppo a stelle e strisce Walmart il più grande, con un fatturato pari circa al Pil della Svezia, vale a dire 439,6 miliardi di euro. Il colosso fondato nel 1962 da Sam Walton in Arkansas, vanta 11.528 punti vendita in tutto il mondo, dei quali il 54,6% all’estero, soprattutto in Messico (dove nel 1991 Walmart aprì il primo punto vendita fuori dagli Usa) e nel Regno Unito. La superficie totale è pari a 106,8 milioni di metri quadri, con superficie media del punto vendita attorno a 9.300 mq, più grandi negli Usa e meno all’estero. Si pensi che Walmart è grande oltre quattro volte il secondo operatore, Kroger, che ha un fatturato di 100,9 miliardi, e fattura quanto i successivi sei operativi messi insieme, che sono, oltre a Kroger, i francesi di Carrefour (76,9 miliardi), i britannici di Tesco (74,2 miliardi), gli statunitensi di Target (67,8 miliardi), i giapponesi di Aeon (55,2 miliardi) e gli altri francesi di Auchan (54,2 miliardi). Da notare che la fusione avvenuta nel 2016 dell’olandese Ahold con i belgi di Delhaize porterebbe il gruppo al quinto posto con un fatturato aggregato di 62,6 miliardi. WalMart è peraltro uno dei solo tre gruppi che nel 2015 hanno registrato una contrazione delle vendite (-0,7%) assieme a Tesco (-12,6%) e Casinò (-4,8%).

Lo studio di Mediobanca analizza anche molti altri risvolti delle performance delle grandi catene internazionali. Tra gli aspetti analizzati è la proiezione internazionale, che è mediamente del 27,8% (percentuale di vendite all’estero rispetto a quelle totali) e vede in testa Delhaize con il 79,6%, seguito da Ahold con 66,8% e Auchan con il 64,0.

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Interessante il tempo di rotazione del magazzino, indice precipuo dell’efficienza gestionale. Ebbene, in questo campo primeggia la spagnola Mercadona con 13 giorni davanti a Ahold e Tesco con 16. La media internazionale è di 30 giorni. Ma il dato più importante è probabilmente quello delle vendite per metro quadro, pur se difficile a volta da calcolare. Primeggiano anche qui Ahold, Mercadona e Tesco con rispettivamente 8350, 8070 e 7340 euro per metro quadro. In coda le catene statunitensi Kroger, Walmart e Target, con dati tra i 3 e i 4mila euro per mq, che però spiccano per redditività industriale e quindi per margini, ben sfruttando le maggiori superfici.

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Inevitabile il confronto con la Gdo italiana (analizzata sempre nello stesso rapporto, vedi Rapporto Mediobanca, svetta Esselunga, su i discount, Coop stabile, lottano le francesi). Bene va Esselunga, con 15.730 euro per metro quadro, si conferma come il gruppo più efficiente, precedendo l’olandese Ahold (12.780 ero per mq), la britannica Tesco con 12.050 euro (negozi nello UK e nella Repubblica di Irlanda), la spagnola Mercadona (8.070 euro) e Carrefour con 7.160 euro. Le Coop italiane si posizionano bene con 6.860 euro per metro quadro, precedendo la belga Delhaize (6.350 euro per metro quadro) e superando ampiamente la cooperativa tedesca Rewe a 4.470 euro.

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Interessante, infine, osservare che i gruppi europei con significativa presenza sul mercato USA vi realizzano vendite per metro quadro superiori a quelle delle grandi catene locali: Ahold con 7.830 euro per metro quadro e Delhaize (5.160 euro) distaccano nell’ordine Kroger, Walmart e Target.

Rapporto Mediobanca, svetta Esselunga, su i discount, Coop stabile, lottano le francesi

Una fotografia della Gdo nel periodo 2011-2015 (per i gruppi che operano in Italia) e 2014-2015 (per l’estero, ne parleremo in un articolo successivo): lo propone come di consueto il Centro Studi Mediobanca, che fa un interessante punto della situazione. Niente di nuovissimo, certo, più che altro una conferma di tendenze già ben note. Si scopre così che Esselunga svetta in produttività, gli ex-discount Lidl ed Eurospin godono di ottima salute, molto meno le francesi Auchan e Carrefour con una ripresa però per quest’ultima, mentre la Coop è stabile.

Il report esamina otto tra i maggiori Gruppi italiani della Gdo operanti nella distribuzione alimentare al dettaglio che rappresentano circa il 50% del mercato: Auchan-SMA, Canova 2007, holding della famiglia Brunelli, cui fa capo la Finiper con i marchi Iper e Unes, Carrefour Italia, Eurospin Italia, Lidl Italia s.r.l, Gruppo Pam con i marchi PAM, Panorama e i discount IN’S; Supermarkets Italiani della famiglia Caprotti con il marchio Esselunga; e, infine, l’aggregato delle maggiori cooperative di consumatori operanti a marchio “Coop”. Escluse le principali associazioni di dettaglianti: Conad, Selex, Gruppo VéGé in qaunto “la parcellizzazione dei soci, imprenditori titolari degli esercizi legati a grandi distributori all’ingrosso, o la compresenza di società che svolgono attività al dettaglio e all’ingrosso rendono difficoltosa la produzione di aggregati di bilancio significativi e comparabili”.

 

Fatturato +4,5% in cinque anni

In complesso, il fatturato dei maggiori operatori della Gdo italiana è cresciuto del 4,5% nel periodo 2011-2015 e dell’1,9% nell’ultimo anno. Il record di crescita tra 2011 e 2015 spetta ai discount: Lidl Italia (+43%) ed Eurospin Italia (+42,9%), seguiti da Esselunga (+11,6%) e da Iper-Unes (+7%); le Coop sono rimaste stabili (+0,1%), in arretramento il Gruppo Pam (-4,9%). Gli operatori francesi Auchan-SMA hanno sofferto: Auchan-SMA è in calo del 19,6%, Carrefour del 9,3%, ma con un’importante differenza. Se Auchan-SMA ha perso l’8,9% del fatturato anche nel 2015, Carrefour ha registrato la prima crescita dal 2012, con vendite in ripresa del 6,1%. Anche nel 2015 Lidl Italia (+9,6%) ed Eurospin (+6,7%) hanno confermato la propria leadership di crescita, precedendo Carrefour (+6,1%) ed Esselunga (+4,7%). L’aggregato delle Coop segna ricavi per 10,9 mld., ma Esselunga resta primo operatore individuale per dimensioni, con vendite pari a 7,2 miliardi, seguita da Carrefour a 4,9 miliardi e da Eurospin che con 4,4 miliardi ha scalzato Auchan-SMA, scesa a 4,15 miliardi.

Esselunga è il gruppo più efficiente nel 2015 con 16mila euro di vendite per metro quadro, ma la sua redditività operativa (ROI al 16%) è inferiore a quella di Lidl Italia (23,7%) ed Eurospin Italia (20,6%).

 

Dove vincono i discount

Ma quali sono secondo il rapporto i punti di forza delle insegne che è forse riduttivo definire discount? Per Eurospin: veloce riciclo del magazzino (19 giorni), rapido pagamento dei fornitori (70 giorni), bassa incidenza dei costi del personale (5,8% del fatturato), meno della metà della media degli altri operatori (13%). Simile il quadro di Lidl Italia con veloce rigiro del magazzino (16 giorni) e pagamento dei fornitori (62 giorni), ma un costo del lavoro più elevato (9,6% sul fatturato) avendo una rete commerciale composta esclusivamente da punti di vendita diretti. Per tale motivo il fatturato per addetto di Eurospin (623mila euro) è circa il doppio di Esselunga (328mila) e Lidl Italia (337mila). Eurospin conta 7.100 dipendenti contro i 21.900 di Esselunga e gli 11.000 di Lidl Italia.

Dal 2011 Eurospin ha cumulato utili netti per 635 milioni, circa il triplo di Lidl Italia (206 milioni) ma poco oltre la metà di quanto realizzato da Esselunga che ha toccato 1,1 miliardi. Profondo il rosso di Carrefour (-2,5 miliardi) e Auchan (-559 milioni).

 

 

Un contesto di parcellizzazione e offerta elevata

Nel 2015 le aree di vendita della Gdo italiana sono tornate a crescere (+0,6%), ma il numero dei punti vendita si è contratto del 2,1%. La riduzione è originata dalle attività del libero servizio (<400mq) a minore superficie (-6,4%); stabile il dato degli ipermercati (>2.500mq) mentre hanno realizzato incrementi tutte le altre tipologie: supermercati (tra 400 e 1.499mq) +0,9%, superstore (tra 1.500 e 2.499mq) +1,8% e discount +4,3%. Il superstore si conferma il format più efficiente con vendite mediamente pari a 8.400 euro/mq, seguito dall’iper con 6.000 euro/mq e dal supermercato con 5.400 euro/mq. Le vendite per mq sono in crescita tra il 2007 e il 2015 solo per i superstore (da 7.500 a 8.400 euro) e i discount (da 4.200 a 4.600); gli altri canali hanno perso terreno, in particolare gli iper (da 7.600 a 6.000 euro). Il segmento discount nel 2015 ha rappresentato il 16% della distribuzione organizzata. Al suo interno il Gruppo Eurospin è leader di mercato, con una quota del 32,3%.

L’Italia resta un Paese con aspetti contradditori, con una bassa presenza di grandi superfici (solo l’1,4% degli esercizi, mentre il libero servizio arriva a coprire quasi il 50% del totale); un’offerta complessiva elevata (pari a 289 mq ogni mille abitanti, alle spalle della Germania) e una bassa concentrazione, con i primi cinque operatori della Gdo a coprire il 52% del mercato contro il 62% di Spagna, 68% della Germania, 73% di Francia e 76% del Regno Unito.

Le vendite dell’aggregato sono aumentate nel 2015 dell’1,9%, attestandosi a 40,1 mld di euro. La variazione è originata dal diffuso aumento del fatturato di tutti i gruppi ad eccezione di Auchan-SMA che registra una riduzione dell’8,9%; i maggiori incrementi hanno riguardato Lidl Italia (+9,6%), Eurospin Italia (+6,7%), Carreforur (+6,1%) ed Esselunga (+4,7%). Anche nel periodo 2011-2015, Auchan-SMA ha ridotto il fatturato del 19,6%, seguita da Carrefour (-9,3%) e Gruppo Pam (-4,9%); forti gli incrementi di Lidl Italia (+43%) ed Eurospin Italia (+42,9%), seguite da Esselunga (+11,6%).mediobanca-fatturato-gdo

 

Quanto a numero di punti vendita, il maggiore sviluppo della rete ha interessato Eurospin Italia (+19%) e il Gruppo Pam (+10,1%, di cui +8,6% solo nell’ultimo anno), seguiti da Coop (+7,9%) ed Esselunga (+7,8%). Dal 2011 Carrefour ha ridotto del 15,5% i punti vendita complessivi, passando da 1.303 a 1.101 (la rete in franchising si è contratta di oltre 200 unità mentre quella diretta si è incrementata di circa 30 unità); nel caso di Auchan-SMA si è invece avuto un progresso del 4,3%, da 1.817 a 1.895 (+78). La rete più estesa a fine 2015 è quella di Auchan-SMA con 1.895 punti vendita, dei quali oltre l’81% in franchising/affiliazione, formula cui il gruppo francese fa ricorso più estensivo, seguito da Carrefour con 1.101 punti (56% circa in franchising/affiliazione), Eurospin Italia con 1.048 punti (diretti e franchising) e dalla Coop (866, di cui circa l’1% in franchising). Lidl Italia e Esselunga gestiscono solo punti vendita di proprietà (rispettivamente 568 e 152 unità).

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Esselunga, prima della classe in efficienza

Esselunga ha confermato nel 2015 la leadership d’efficienza con vendite pari a 15.732 mila euro/mq, contro i 7.184 euro medi del panel. Gli altri gruppi si collocano tra i 6.850 euro/mq delle Coop e i 3.500 euro/mq di Gruppo Pam. Nell’ultimo anno solo Carrefour mostra un aumento dei ricavi per mq (+6,1%). Flessioni assai importanti sul 2011 hanno interessato Auchan (-15,5%) e Carrefour (- 11,2%). Solo Unicoop Firenze, all’interno dell’aggregato Coop, ha conseguito vendite unitarie prossime a quelle di Esselunga con 14.247 euro per mq. Anche esaminando il fatturato per punto vendita il quadro non muta: Esselunga realizza quasi 48 milioni (+4,5% sul 2011 e +1,6% sul 2014), il fatturato annuo di una media impresa italiana, davanti a Iper-Unes (15,5 milioni, -0,4% sul 2011 e +5,3% sul 2014), Coop (12,3 milioni, +11,6 e -7%), Auchan-SMA (11,6 milioni, -18,4% e -9,8%), Carrefour (8,3 milioni, -15,7% e +4,8%) e Gruppo Pam (4,2 milioni, -15,8% e -4,9%). I livelli sono influenzati dalla superficie per punto vendita: quasi 3mila mq in media per Esselunga, 2.200 mq per Auchan-SMA, 1.800 mq per le Coop, 1.600 mq per Carrefour e 1.100 mq per Gruppo Pam. I dipendenti per 1.000 mq sono massimi per Esselunga (48 unità), intermedi per l’aggregato delle Coop (31 unità), attorno alle 20 unità per i due Gruppi francesi e 16 unità per la Gruppo Pam.

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Coop su grazie alla gestione finanziaria

Il sistema delle maggiori Coop ha chiuso il 2015 con un fatturato aggregato a 10,9 miliardi, in perdita operativa (-0,7% il mon sul fatturato), ma con un risultato corrente positivo (3,1% del fatturato), grazie al contributo della gestione finanziaria (3,8% del fatturato). Sei delle undici società dell’aggregato Coop hanno chiuso il 2015 con una perdita operativa. La Coop Centro Italia è stata la più performante (mon al 2,9% del fatturato). In cinque anni l’aggregato delle coop ha cumulato utili per 109 milioni, rivenienti da proventi finanziari netti per 1.275 milioni, margini industriali per 4 milioni e proventi non ricorrenti per 234 milioni, a fronte di svalutazioni finanziarie per 948 milioni e imposte per 456 milioni. Unicoop Firenze è la cooperativa di maggiori dimensioni (fatturato di 2,3 miliardi) e quella più efficiente (14.250 euro di vendite per mq). Nel 2016 è stata costituita Coop Alleanza 3.0, fusione di tre precedenti cooperative, con ricavi stimati in 5 miliardi di euro. I finanziamenti da soci sono in diminuzione del 3%, da 11,1 miliardi nel 2014 a 10,7 miliardi nel 2015. Le consistenze maggiori sono raccolte da Coop Adriatica (2.265 milioni) e Unicoop Firenze (2.035 milioni). Il portafoglio degli investimenti finanziari è pari a 10,8 miliardi, composto da titoli non immobilizzati per 7 mld (-4,9% sul 2014; di cui 3 mld in titoli di Stato e 2,6 mld in obbligazioni), partecipazioni per 2,2 miliardi e titoli immobilizzati per 1,6 miliardi. Le disponibilità sono pari a 2 miliardi (-0,5% sul 2014).

Nel periodo 2011-2015 la gestione industriale delle Coop ha prodotto margini cumulati positivi pari a 4 milioni, cui si aggiungono 1.275 milioni rivenienti dalla gestione finanziaria. Il portafoglio di titoli e partecipazioni ha prodotto nello stesso periodo svalutazioni per 948 milioni. Le poste straordinarie hanno comportato introiti per 234 milioni. Tenuto conto delle imposte per 450 milioni, si ottiene un utile netto cumulato di 109 milioni.

I sei trend digitali del 2017 che i Retailer non possono ignorare

Sei: sono sei i trend digitali che nel 2017 varrà la pena seguire con attenzione e sfruttare con lungimiranza. Parola di Oliver Guy, Global Industry Director for Retail di Software AG, che – in proposito – afferma: “I retailer che sfrutteranno al meglio questo ‘retail moment’ saranno veramente capaci di soddisfare le promesse al cliente in quanto disporranno di una visibilità completa delle scorte in tempo reale, introdurranno dispositivi tecnologici nei loro negozi e riusciranno a prevedere i desideri dei consumatori”.

Ma vediamo nel dettaglio cosa ci aspetta per quest’anno:

1)A come “Amazonizzazione”

Ci si troverà di fronte ad un’ulteriore “Amazonizzazione” del settore retail, con nuove realtà entranti sul mercato che – così come i retailer già presenti – troveranno nuovi modi per vendere, soddisfare e consegnare prodotti a clienti esigenti, nonché spesso impazienti.

2) C come (nuovi) Canali

Sempre meno intermediazione: i retailer si connetteranno a nuovi canali per coinvolgere direttamente i clienti, sfruttando anche il “conversational commerce”. Esempi in questa direzione: Amazon Echo, i Bot su Facebook Messenger o Siri della Apple.

3) Nuovi approcci

La completa visibilità del magazzino e delle scorte in tempo reale diventerà concreta: molti retailer realizzeranno che un programma rip-and-replace per i principali sistemi di merchandising, stoccaggio e assortimento dei punti vendita non rappresenta la soluzione migliore né la più rapida. I più intraprendenti cercheranno di ricorrere ad altri approcci, come l’utilizzo dell’in-memory caching insieme al messaging ad alta velocità al fine di fornire in tempo reale i livelli di giacenza lungo ogni sede, canale, negozio e spedizione.

4) Hi tech per attrarre i clienti

Innovazione sempre più spinta per non deludere la clientela che si reca nel negozio fisico. E i retailer si stanno attrezzando in tal senso, ricorrendo ad innovazioni come robot in grado di fornire indicazioni, chioschi per gli ordini in-store e “specchi magici” per provare i vestiti.

5) L’IoT in cucina

L’IoT diventerà parte integrante delle cucine con dispositivi quali Amazon Echo, Hiku e altri ancora che permettono ai clienti di aggiungere prodotti alle loro liste della spesa. Il conversational commerce sarà un precursore dell’Intelligenza Artificiale e del “cognitive commerce”, che si diffonderà negli anni a venire.

6) Anticipare i desideri dei clienti

L’avvento della “customer experience preventiva” permetterà ai retailer di gestire le aspettative dei clienti sempre più all’inizio del processo di vendita. Ciò, a sua volta, potrà aiutare i retailer a consolidare l’attaccamento emotivo al loro marchio, grazie alla possibilità di offrire ai clienti quello che desiderano prima che essi si rendano conto di volerlo.

Sorprese sotto l’albero? Buoni spesa e ricariche telefoniche

Non ci sono più i regali di una volta. O meglio: ci sono ancora, ma i consumatori gradiscono anche altre proposte.

Non solo alcolici, alimentari e profumi: anche i buoni spesa e i vaucher sono sempre più percepiti come veri e propri regali. E, nell’indice di gradimento, stanno scalando rapidamente la vetta. Ecco quanto è emerso dalla nostra indagine che ha intercettato 1.136.578 mood nel web domestico, nei 12 mesi compresi tra il 1° Settembre 2015 ed il 30 Agosto 2016.

 

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Abbiamo inserito le due tipologie di vaucher prepagati / buoni spesa e le ricariche telefoniche perché citate dai netsurfer nazionali insieme alle Confezioni Regalo, confrontate, paragonate, giudicate con esse ed in alternativa (ovviamente sempre acquistate presso la GDO).

La classifica dei pareri riguardanti le varie tipologie Confezioni Regalo per Natale in vendita presso la GDO, può essere interpretata come popolarità e grado di conoscenza che, di tali Confezioni, ha il popolo della rete.

Gradimento alto e basso…

Vediamo adesso il gradimento, ovvero i giudizi positivi riservati all’avere ricevuto in regalo una tale confezione (pareri multipli):

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Si nota subito ed è sorprendente: le quattro Confezioni regalo più popolari, di cui si scrive maggiormente in rete, sono state poco gradite da chi le ha ricevute in regalo (solo la Confezione regalo di alcolici supera appena il 50% di gradimento). Al contrario quelle che non sono le “canoniche e tradizionali” Confezioni Regalo (le due tipologie di Vaucher prepagati / buoni per la spesa e le Ricariche telefoniche), benché meno citate, sono state gradite nella quasi totalità dei casi da chi le ha ricevute in dono a Natale.

Intenzione d’acquisto

Chi non ha ricevuto in regalo una delle tipologie di dono menzionate ha manifestato un’intenzione di acquisto appena inferiore alla popolarità per le 4 Confezioni tradizionali; per le altre 3 tipologie di regalo, molto meno popolari in rete, l’intenzione d’ acquisto e decisamente inferiore:

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Di segno opposto, invece, le intenzioni di acquisto di chi ha ricevuto Confezioni Regalo Natalizie acquistate nella GDO. In questo caso, infatti, chi ha ricevuto in regalo le 4 confezioni tradizionali, che sono state mediamente gradite sotto il 50% dei casi, manifesta una bassa propensione all’acquisto; che ha ricevuto in dono le 3 tipologie innovative di regalo, che sono state gradite nella quasi totalità dei casi, manifesta un’intenzione di acquisto addirittura superiore al gradimento espresso.


Questione di qualità

Abbiamo anche analizzato come è giudicata la qualità delle Confezioni Regalo tradizionali, sia da chi le ha ricevute in dono, sia da chi non le ha ricevute:

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La qualità delle Confezioni Regalo è giudicata più che buona da chi non ha ricevuto e ottima da chi ha ricevuto (leggermente minore rispetto alle altre la qualità delle Confezioni regalo cura persona / profumeria).

Questione di prezzo

Infine abbiamo indagato come sono giudicati i prezzi delle Confezioni Regalo Tradizionali: ne è emerso che è giudicato positivamente sia da chi ha intenzione di acquistarle, sia da chi non ha intenzione (appena più bassi i giudizi di questi ultimi):

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Chi digita di Confezioni regalo

L’ambiente web maggiormente utilizzato è rappresentato dai Social Media (58%), nei Blog e nei Forum sono scritti il restante 42% di pareri.

Sono ascrivibili agli influencer il 23% dei pareri rinvenuti, una quota appena sotto la media la percentuale degli influencer che nel 2015 è stata circa il 25%.

Quanto al profilo socio demografico dei netsurfer nazionali si evidenzia: una maggioranza femminile al 65%. Dal punto di vista anagrafico questa è la ripartizione: 18 – 29 anni, 38%; fascia 40 – 49 anni, 37%; fascia 30 – 39 anni, 16%, over 50, 9% (relativamente polarizzata, dunque, la fascia di età: giovani ed età media le fasce di maggior provenienza dei giudizi). Nel 63% dei casi si registra una formazione culturale media.

La provenienza dei pareri in base alle aree geografiche è la seguente: Nord 39%, Centro 32%, Sud e Isole 29%.

Con le aree metropolitane al 38%, quelle urbane al 32%, le suburbane al 28% e i piccoli insediamenti/zone rurali al 2%.

CONCLUSIONI  

Sorprende che i naviganti della rete domestica considerino i vaucher, i buoni spesa e le ricariche telefoniche prepagate come vere e proprie alternative al cesto di alimentari, alla cassetta di alcolici, al cofanetto di prodotti per la cura della persona.

Chi lo fa è per ora in minoranza rispetto a chi prende ancora in considerazione le Confezioni Regalo tradizionali, ma il gradimento di chi ha ricevuto in dono a Natale vaucher, buoni e ricariche sfiora il 100% e l’intenzione di fare un regalo simile per il prossimo Natale da parte di costoro è addirittura superiore alla percentuale di loro gradimento.

Invece il gradimento di chi ha ricevuto una Confezione Regalo tradizionale e mediamente sotto il 50% e, ovviamente, l’intenzione di fare per il prossimo Natale un regalo simile è ancora più bassa. Decisamente più alta la percentuale di chi è intenzionato a regalare per Natale una Confezione tradizionale e non la ha ricevuta in dono l’ultimo Natale, sfiora quasi la popolarità della Confezione oggetto del chattare.

Comunque qualità e prezzo delle Confezioni Regalo tradizionali non sono minimamente in discussione né per chi ha intenzione di acquistarle, né per chi non ha intenzione di regalarle.

Siamo all’inizio di un cambiamento di abitudini nello scegliere i regali Natalizi presso la GDO ed il futuro sembra sorridere a quei regali che sono monetizzabili a piacimento, si trasformano in spesa quotidiana o comunque personalizzata, effettuata da chi riceve il regalo, in puro risparmio.

 

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Sushi Daily cucina giapponese personalizzata e take away

Sushi Daily (catena del gruppo KellyDeli) è nata nel 2010 in Francia ed è diventata indiscussa leader del settore in Europa in soli sei anni. Oggi conta 500 fully-serviced stand sushi in sette Paesi del Vecchio Continente. Merito della qualità delle materie prime e del concept originale e accattivante: un corner shop di cucina giapponese con un vasto assortimento di box pronti per la vendita e un servizio di show cooking quotidiano che permette di scegliere tra quasi 150 ricette realizzate al momento e personalizzabili a seconda dei propri gusti.
“L’Italia, dove Sushi Daily opera dal 2013, rappresenta il secondo mercato europeo”, spiega a inStore Vincenzo Vicari country manager di Sushi Daily per l’Italia. Che abbiamo incontrato per conoscere le strategie di sviluppo e le opportunità di business di Sushi Daily.sushisoy-13

Cominciamo dello sviluppo di Sushi Daily in Italia.
Siamo presenti all’interno delle catene Carrefour, Il Gigante, Pam Panorama, Iperal, Conad e Iper e La grande i con 136 chioschi, ma l’obiettivo è arrivare a quota 160 nel 2017. Visto che seguiamo da vicino l’avviamento delle attività, ci siamo dedicati al mercato del Sud solo quando la nostra struttura si è rafforzata e consolidata abbastanza da consentirci un servizio puntuale ovunque. All’inizio abbiamo quindi consolidato la nostra presenza nel Nord e Centro Italia. Tra l’altro, queste sono le regioni dove la cucina giapponese da moda è diventata fenomeno culturale e dove, di conseguenza, è più comune l’abitudine al consumo di sushi e affini. Ecco perché abbiamo aperto il primo corner a Milano, capitale italiana del sushi (al Carrefour di Assago, ndr).

Dove le prossime aperture?
A Rivarolo Torinese, Bolzano, Roma e Lecco.

E veniamo alla vostra offerta food.
In menu non mancano classici come sushi, maki, nigiri, temaki e sashimi, ma anche molte proposte con pesce cotto e alternative innovative come il California Maki tartufo e rucola, un bocconcino di riso ripieno di salmone, rucola e un bastoncino di tartufo nero prodotto da Urbani Tartufi. Crediamo nell’importanza della varietà dell’assortimento e in certi periodi dell’anno proponiamo delle ricette temporanee. Per questo Natale, per esempio, abbiamo ideato i Vassoi Bento Sushi Celebration, disponibili fino al 10 gennaio in due tipologie, ciascuna con sei ricette esclusive. Oltre a temari con salmone affumicato e semi di sesamo, sushi ebi e il wakame cali roll, la novità sono i roll al mango, declinati nelle versioni salmone e pollo, come anche gli avocado nigiri. sushisoy-19

Chi sono i clienti di Sushi Daily?
Consumatori dalla capacità di spesa media che amano il prodotto fresco, evitano i cibi troppo grassi, sono curiosi e apprezzano le cucine etniche.

Quali sono le vostre strategie di comunicazione?
Puntiamo su assaggi ed eventi che rendano protagonista il cliente, mentre non proponiamo mai sconti diretti sulla merce.

Perché Sushi Daily è un’opportunità di business per gli imprenditori?
Oltre alla qualità e bontà del cibo, a fare la differenza è il format. I nostri punti vendita offrono una food experience che coinvolge, rassicura e fidelizza. Non solo vendiamo prodotti artigianali, seppur standardizzati, sempre freschi di giornata e preparati in loco, ma cuciniamo davanti ai clienti. La clientela può quindi seguire passo per passo la realizzazione delle ricette: dalla cottura del riso al taglio del pesce e delle verdure, fino all’imballaggio. Last but not least, garantiamo un’igiene rigorosa, la tracciabilità totale su tutti i prodotti che sono sottoposti ad analisi microbiologiche periodiche e a controlli costanti per garantirne l’eccellenza, e una formazione seria e approfondita per i gestori imprenditori affiliati.

A proposito, che tipo formazione garantite?
Prepariamo i futuri imprenditori, nonché il personale del corner, attraverso la nostra accademia di sushi dove offriamo corsi della durata di minimo otto settimane articolati in teoria, pratica, management. In seguito, assicuriamo l’affiancamento nella fase di avviamento del chiosco.

L’identikit del vostro gestore ideale?
Imprenditori di origine giapponese o asiatica, motivati, flessibili e appassionati di cucina orientale, con o senza una pregressa esperienza nel settore del food.

A quanto ammonta l’investimento iniziale?
Dipende, comunque è inferiore ai 50 mila euro.

In quanto tempo si raggiunge il break even?
Ogni realtà è diversa, ma generalmente in 18 mesi.

Regole per i corner?
In genere il chiosco nei supermercati è situato nel reparto del fresco, spesso davanti all’ortofrutta. Quanto alle misure, variano dai 12 ai 17 metri quadrati.

Quante risorse sono necessarie nel chiosco?
Dai 3 ai 5 addetti.

 

Nicole Cavazzuti

Sharing economy, la metà “oscura” dell’economia collaborativa

Sharing economy, svolta positiva o con troppe luci ed ombre? Il tema è caldo e molto discusso.

Quando i fattorini in bicicletta di Foodora hanno proclamato il primo sciopero nella storia delle start up, a molti è sembrato che si stesse infrangendo il più grande sogno dell’ultimo decennio: la sharing economy.

Non è la prima volta che l’incontro tra l’economia tradizionale e la distruzione creativa della tecnologia assume toni conflittuali: negli ultimi mesi abbiamo assistito, solo per citare gli episodi più noti, alla guerra dei tassisti contro gli autisti di Uber e a quella degli albergatori contro AirBnb, accusati a vario titolo di concorrenza sleale ed infedeltà fiscale.

La vicenda Foodora ha contribuito a svelare il lato più oscuro dell’economia collaborativa: non è un caso che proprio negli Stati Uniti, dove le piattaforme più note si sono sviluppate ed hanno conosciuto il successo (le già citate AirBnb e Uber arrivano ovviamente dalla California), il termine sharing economy sia stato progressivamente accantonato in favore di “gig economy”, ovvero di un sistema fondato su prestazioni lavorative di carattere precario e temporaneo.

Le tipologie

Esistono molteplici forme e declinazioni di sharing economy: alcune sono basate sulla condivisione, gratuita o dietro compenso monetario, di servizi o proprietà sottoutilizzate direttamente da parte dei privati (si pensi al fenomeno BlaBla Car); altre rappresentano la rivisitazione in chiave tecnologica di tradizionali comportamenti economici (affittare, erogare un prestito, scambiare, barattare, regalare), che senza il contributo di internet risulterebbero insostenibili (Scambiocasa); altre ancora mettono in contatto, a fronte del pagamento di un corrispettivo, le necessità dei clienti con i fornitori di servizi per consegnare beni o erogare servizi che possono poi essere fruiti anche da altri soggetti in funzione della loro disponibilità (Car2go o Enjoy).

La diffusione in Italia

Non vi è dubbio che un intervento normativo e regolatorio, volto a disciplinare gli aspetti più “borderline” delle varie iniziative, sia auspicabile. Ma è altrettanto vero che la sharing economy, con la rivoluzione che sta apportando ai comportamenti ed allo stile di vita degli individui, è difficilmente incasellabile nelle tradizionali nomenclature: è per definizione un processo dinamico, che ha tratto la sua forza da quella filosofia post moderna del consumo che privilegia l’accesso in luogo del possesso e di conseguenza l’utilizzo in luogo dell’acquisto.schermata-2016-12-20-a-12-00-21

Soprattutto nel nostro Paese, che con la sharing economy ha preso confidenza prima e più di altri. In Italia, secondo l’ultimo censimento, sono operative circa 120 piattaforme di servizi collaborativi: vi ha già aderito il 5% dei consumatori italiani (3 milioni di persone), il dato più alto in Europa insieme alla Spagna, mentre un ulteriore 30% ha dichiarato l’intenzione di sperimentare la sharing economy nel prossimo futuro.

In virtù della proverbiale disponibilità del consumatore italiano a sperimentare modalità alternative di scambio di beni e servizi, il nostro Paese ha assunto il ruolo riconosciuto di capofila in ambito collaborativo. Siamo coloro che più di tutti in Europa ne apprezzano i benefici: la possibilità di risparmiare denaro (in qualità di utente) e di avviare attività micro imprenditoriali senza l’intermediazione di altri soggetti (nelle vesti di fornitore), così come il sentimento di appartenenza ad una community e l’attenzione all’ambiente che vengono associati al consumo circolare.

 

L’aspetto normativo

L’Italia è stato inoltre il primo Paese al mondo ad aver avviato in Parlamento un iter normativo (lo “Sharing Economy Act” risale al mese di maggio 2016), con il quale il legislatore ha inteso regolamentare lo strumento delle piattaforme digitali, incluse le rilevanti implicazioni sul mercato del lavoro.

Ma qual è il giro d’affari che la sharing economy è in grado di muovere in Italia? Secondo le informazioni disponibili, essa arriverà a valere circa 5 miliardi di euro entro la fine del 2016 ma con prospettive di crescita di tutto rilievo, se si considera che potrebbe approssimare i 9 miliardi al 2020 ed i 15 miliardi di euro entro il 2025.

Tenuto conto del numero degli utenti attivi, ciò significa che già oggi gli italiani destinano oltre 50 euro al mese al consumo nelle diverse forme collaborative, non una cifra di poco conto. Se queste sono le premesse, il consumo del futuro sarà sempre più smart.

Non inganni il caso Foodora, che in fondo è solo l’ultima di una serie infinita di distorsioni: in un Paese in cui il lavoro dipendente è spesso retribuito con i voucher, prendersela con la sharing economy appare davvero una inutile forzatura.

Fulvio Bersanetti

Vino rosso: il più amato, ma nelle feste le bollicine rimontano. I dati Vivino

Il vino rosso stravince nei consumi degli italiani, attestandosi a quota 58,8%, seguono il bianco (molto più giù: siamo al 23,8%), il frizzante (11,7%) il Rosè (1,6%) e quello da Dessert (1,4%).

A dirlo i dati di Vivino, la app dedicata al vino più scaricata al mondo.

Però (e il però c’è sempre) quando si tratta di festeggiare le bollicine rimontano alla grande.

Guardando infatti le classifiche dei vini più consumati in occasione di Natale e Capodanno si trovano Dom Pérignon, Ferrari e Berlucchi.

Natale 2015: il podio:

Champagne Brut di Dom Pérignon,

Ferrari Brut

e il rosso toscano Tignanello di Marchesi Antinori

Capodanno 2016: i primi tre

Champagne Brut di Dom Pérignon

Berlucchi Cuvée Imperiale Brut

Ferrari Brut

Vivino: come funziona
Con più di 21 milioni di utenti, Vivino è la comunità dedicata al vino più grande del mondo e la app più scaricata, e ha reso il vino una divertente scoperta, accessibile e facile da capire per gli appassionati di ogni livello. Gli utenti devono semplicemente scattare una foto dell’etichetta con il proprio dispositivo mobile e la tecnologia di riconoscimento delle immagini proprietaria di Vivino fornisce istantaneamente giudizi, recensioni e prezzi nella media per ogni bottiglia. Gli utenti di Vivino votano e danno giudizi sulla degustazione di milioni di vini, 300.000 scansioni di bottiglie al giorno, contribuendo insieme a formare la più grande biblioteca del vino nel mondo. Fondata da Heini Zachariassen e Theis Søndergaard nel 2010, Vivino è disponibile per il download su dispositivi Android, Apple e Windows. Per ulteriori informazioni, visitare il sito.

 

Gruppo VéGé annuncia l’ingresso di Supermercati Piccolo tra le imprese socie

Gruppo VéGé festeggia con sprint la fine dell’anno e annuncia per il 2017 l’ingresso nel Gruppo di Supermercati Piccolo, realtà della distribuzione all’ingrosso e dettaglio, attiva da 70 anni principalmente nell’area metropolitana di Napoli.

L’accordo siglato con Supermercati Piccolo rappresenta un ulteriore successo nella politica di crescita e aggregazione portata avanti da Gruppo VéGé. Con questa mossa infatti, il Gruppo guidato da Nicola Mastromartino rafforza la propria leadership nello strategico scacchiere della GDO della Campania.
Supermercati Piccolo “porta in dote” una rete di vendita profondamente radicata nel territorio dell’hinterland di Napoli, composta a oggi da 13 punti vendita di proprietà, tra superette, supermercati e cash & carry, per una superficie netta complessiva di 12.270 mq, cui a breve andranno sommati i 19.000 mq del nuovo CE.DI.
Le stime del 2016 portano il network di Supermercati Piccolo a registrare un fatturato di oltre 150 milioni di euro. La rete vendita, inoltre, è affiancata da attività produttive nell’agroalimentare articolate su uno zuccherificio e altri opifici.

Supermercati Piccolo, la storia
Impresa con una grande trazione familiare, Supermercati Piccolo, definita da molti “l’esselunga del sud”, è stata fondata nel 1946 a Sant’Anastasia (NA) come piccola attività commerciale nel settore della vendita di cereali e mangimi, cui ben presto ha fatto seguito l’avvio della vendita di generi alimentari.
L’oculata espansione nel Retail intrapresa a partire dal 1988 da Michele Piccolo, figlio primogenito dei fondatori, ha condotto Supermercati Piccolo nel novero delle migliori aziende della Campania per solidità finanziaria e per fiducia riscossa sia presso i fornitori sia presso il consumatore finale.

Michele Piccolo
Michele Piccolo

“Abbiamo individuato in Gruppo VéGé il partner in chiave nazionale più affine per storia, valori e progettualità alla filosofia che guida la nostra azienda da 70 anni a questa parte” – dichiara Michele Piccolo, Presidente di Supermercati Piccolo. ”Insieme a Gruppo VéGé vogliamo proseguire nel piano di potenziamento della rete vendita e costruire il futuro del nostro brand, garantendogli di essere sempre più un punto di riferimento nella cultura del cibo di qualità e nella distribuzione alimentare del Centro-Sud Italia.”

“Accogliamo con entusiasmo l’ingresso in Gruppo VéGé di Supermercati Piccolo, un’impresa che non solo vanta una storia importante di dedizione al lavoro e di crescita sostenibile, ma si colloca anche tra i migliori esempi in Campania di Retail che combina il meglio della tradizione del commercio al dettaglio, una produttività al mq. da primato e una forte apertura all’innovazione” – commenta Nicola Mastromartino, Presidente di Gruppo VéGé.

POPAI cambia nome e diventa Retail Institute of Italy

POPAI Italia, nel corso dell’Assemblea dei soci dello scorso 15 dicembre 2016, ha deciso all’unanimità di cambiare il nome dell’Associazione in Retail Institute of Italy.

Questo mutamento di denominazione è conseguente all’abbandono dello stesso nome da parte della capofila storica USA e frutto della partnership che l’Associazione ha stretto con EHI , realizzata con l’obiettivo di rivedere la propria vision, partendo da un allargamento della mission interna. La nuova mission dell’Associazione, infatti, sarà condivisa con quella di EHI, e le tradizionali attività dedicate alla nostra business community si allargheranno a tutte le sfere del retail. Le due realtà lavoreranno a stretto contatto, collaborando professionalmente per offrire nuove iniziative ed opportunità, estendendo il proprio network sia livello nazionale sia, soprattutto, a livello internazionale. In particolare, Retail Institute of Italy avrà l’opportunità di rafforzare la propria attività in Germania, Austria e Svizzera. I soci potranno così beneficiare del reciproco supporto, ad esempio nella realizzazione di ricerche approfondite o eventi dedicati, come avverrà per Euroshop, al quale l’Associazione parteciperà in qualità di maggiore espositore nazionale.

Le attività

Retail Institute Italy continuerà ad operare per sviluppare la cultura e le conoscenze legate al commercio, mediante l’organizzazione di eventi, conferenze, seminari, viaggi di studio, award, ecc. Queste attività vedranno invariato lo spirito associativo esente da fini di lucro e volto esclusivamente a fornire servizi sempre più mirati e di alta qualità, rivolto ad una business community caratterizzata da produttori, brand, distributori, agenzie di pubblicità e di promozione, enti di ricerca, aziende di servizi commerciali e di settori tecnologici destinati al commercio, nonché tutte le imprese che riconoscono l’utilità del marketing-at-retail.

Questo cambiamento costituisce un’importante opportunità per l’Associazione di beneficiare dell’alto valore riconosciuto e dell’eccellente reputazione che da anni caratterizza l’European Retail Institute.

Gli organismi dirigenti rimangono invariati. Gli uffici restano collocati in Corso Europa 5 a Milano.

Chi è EHI

EHI è un istituto di ricerca, formazione e consulenza dedicato all’industria del retail e ai suoi partner, fondato nel 1951. Con circa 60 dipendenti, il network di EHI comprende 700 aziende provenienti dalle industrie del retail, dei beni di consumo e durevoli.

 

 

Vapiano, dopo l’espansione in Medio Oriente, l’obiettivo è l’Italia- La Gallery

Vapiano è un format globale che si identifica con un`offerta e un`immagine tipicamente italiane. Tuttavia non è ancora presente nel Bel Paese. Ma non è detta l’ultma parola: oltre all’incremento di punti di ristorazione nel Middle East in vista di Dubai Expo 2020, infatti, tra gli obbiettivi del franchisor con sede in Germania, spicca pure l`apertura di una rete italiana.

 

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