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Fiducia e consumatori italiani ed europei: le stime di GFK

Fiducia e consumatori, qual è in merito il quadro europeo?

Ahimè, si configura, ante litteram, un’Europa a due velocità: da una parte la maggior parte dei Paesi decisamente ottimisti (a dicembre l’indice di fiducia rilevato da GfK è passato da 5,6 a 17,9 punti. Un record dal 2008!), dall’altra la nostra Italia, con un  clima di fiducia in ribasso (anche se la propensione all’acquisto e le aspettative di reddito permangono in area positiva).schermata-2017-02-09-a-14-46-50

Di fatto sembra che i temi caldi dell’ultima parte del 2016 (la guerra in Siria, il terrorismo in Europa, le elezioni presidenziali americane e la continua crescita di movimenti e partiti nazionalisti in quasi tutti i Paesi europei) non siano riusciti a minare la fiducia degli europei nè le loro aspettative economiche e di reddito.

Il Belpaese

Lo scenario cambia in Italia dove continua il trend negativo per le aspettative economiche degli italiani, che ha caratterizzato la maggior parte del 2016.A novembre 2016, con -41,6 punti, l’indicatore GfK per l’Italia ha raggiunto il livello più basso dal 2013 (ripresa minima, a -38,2 punti a dicembre). La portata di questo radicato pessimismo nei confronti del futuro è particolarmente evidente se si confrontano i dati di dicembre 2016 con quelli di dicembre 2015, quando l’indicatore delle aspettative economiche si attestava a -1,4 punti, 37 in più di quelli attuali.schermata-2017-02-09-a-14-49-07

Per fortuna che…
Qualche sprazzo di positività, tuttavia, permane: nel quarto trimestre del 2016 si sono registrati dati positivi per quanto riguarda le aspettative di reddito degli italiani.

schermata-2017-02-09-a-14-51-57Il relativo indicatore è infatti passato dai -10 punti di settembre ai 3,2 di dicembre (+13,2 punti), rientrando finalmente in area positiva. A dispetto delle previsioni pessimistiche sulla crescita economica, i consumatori italiani sembrano credere che i loro redditi rimarranno stabili. Ciò potrebbe essere dovuto all’andamento del tasso di disoccupazione in Italia, rimasto costante all’11,6% durante tutto il 2016.
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E non basta: dopo una leggera decrescita nel mese di settembre, il desiderio di spesa degli italiani ha avuto un leggero recupero nel quarto trimestre dell’anno. Nel complesso, la propensione all’acquisto è aumentata di 4,8 punti, raggiungendo a dicembre gli 11,6 punti. Non è male, certo.

Però non dobbiamo sottovalutare che si tratta comunque di 13 punti in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Birra artigianale, cibi vegani e centrifughe entrano nel paniere Istat 2017

Da sempre il paniere dell’Istat, l’elenco dei prodotti che compongono il paniere di riferimento della rilevazione dei prezzi al consumo finalizzata alla misura dell’inflazione per calcolare l’inflazione, è una cartina al tornasole dei cambiamenti degli stili di vita e dei consumi e quest’anno non fa eccezione: tra le novità accolte ci cibi vegani, birre artigianali, preparati di carne da cuocere e centrifughe. Prodotti un tempo di nicchia, ma che trovano sempre più spazio nel carrello degli italiani, evidentemente. Il che fa emergere gli italiani come un popolo che vira al salutismo e all’attività sportiva, cui piace mangiare e bere bene e amante delle nuove tecnologie: i 12 nuovi beni e servizi infatti sono i Preparati di carne da cuocere, i Preparati vegetariani e/o vegani, i Centrifugati di frutta e/o verdura al bar, la Birra artigianale, gli Smartwatch, i Dispositivi da polso per attività sportive, le Soundbar (barre amplificatrici di suoni), l’Action camera, le Cartucce a getto d’inchiostro, le Asciugatrici, le Centrifughe e i Servizi assicurativi connessi all’abitazione. Escono dal paniere le Videocamere tradizionali (sostituite dall’Action camera).

Sono 1.481 i prodotti elementari, raggruppati in 920 prodotti, a loro volta raccolti in 405 aggregati utilizzati nel paniere nel 2017 per il calcolo degli indici NIC (per l’intera collettività nazionale) e FOI (per le famiglie di operai e impiegati). Per il calcolo dell’indice IPCA (armonizzato a livello europeo) viene invece impiegato un paniere di 1.498 prodotti elementari, raggruppati in 923 prodotti e 409 aggregati.

Nel complesso, le quotazioni di prezzo rilevate ogni mese per la stima dell’inflazione sono circa 706.500, di cui più di 493.000 raccolte sul territorio dagli Uffici comunali di statistica e, oltre 137.500 centralmente dall’Istat. Le restanti 76.000 quotazioni provengono dalla base dati dei prezzi dei carburanti del Ministero dello Sviluppo economico.

Quanto ai pesi percentuali per categoria, mentre diminuisce la quota per prodotti alimentari e bevande analcoliche, aumenta il peso di trasporti, servizi ricettivi e ristorazione, servizi sanitari, ricreazione, mobili e abbigliamento.

Infografica: Il paniere dei prezzi al consumo nel 2017

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Nel mese di gennaio 2017, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,9% nei confronti di gennaio 2016. A dicembre il tasso di inflazione era stato dello 0,5%. Lo 0,9% è il tasso di inflazione più alto da settembre 2013, quando si registrò un dato analogo.

La birra artigianale piace anche in Cina, 32 via dei Birrai premiata ai China Beer Awards

L’onda lunga del successo della birra artigianale è arrivato anche in Cina, premiato con una manifestazione ad hoc, i China Beer Awards. E quattro birre artigianali del birrificio trevigiano 32 via dei Birrai si sono aggiudicate un posto sul podio di Hong Kong: un importante passo avanti nel mercato cinese, dove 32 è presente dal 2013 e distribuita non solo nelle principali città come Shangai e Pechino ma, grazie al successo delle vendite online, anche in molte altre regioni cinesi.

Curmi, Nebra, Audace e Atra sono le referenze premiate con la Bronze Medal. Il China Beer Award è un riconoscimento internazionale che premia le birre più vicine ai gusti dei consumatori cinesi e che mira a far conoscere nel paese le birre artigianali provenienti dal tutto il mondo.

«Siamo orgogliosi di essere saliti sul podio con le nostre birre – afferma Loreno Michielin, socio fondatore e Direttore Commerciale – la Cina rappresenta per noi non solo un importante luogo in cui distribuiamo con successo le nostre birre, ma anche un’opportunità continua di crescita e sviluppo. Siamo molto attenti alle esigenze dei consumatori asiatici ai quali proponiamo dei prodotti che sono sia ottimi da bere, sia perfetti per accompagnare i piatti della cucina cinese: questo premio dimostra che stiamo andando nella direzione giusta».

Il mercato cinese della birra è in rapida espansione ed è cresciuto molto negli ultimi cinque anni, tanto da aver superato gli Stati Uniti: nel 2015 infatti i cinesi hanno bevuto birra quasi due volte di più – circa 25 miliardi di litri – rispetto agli americani – 18 miliardi di litri – secondo il report di Euromonitor International. Nello specifico, dal 2010 al 2015, il mercato della birra artigianale in Cina è cresciuto del 23%.

32 Via dei Birrai, con sede a Pederobba (TV), è oggi presente in 35 Paesi del mondo. Il China Beer Award va ad unirsi agli altri prestigiosi riconoscimenti che ha ottenuto il microbirrificio, come l’inserimento nella Guida alle Birre d’Italia 2017 dell’associazione internazionale SlowFood.

Personale, ma non troppo: il 28% degli italiani accetta di condividere dati con i brand

Personale, ma non troppo: sempre più consumatori oggi sono disposti a derogare alla propria privacy, condividendo i propri dati personali con brand e retailer.

A patto, però, di ricevere qualcosa in cambio: servizi, promozioni o un’esperienza di acquisto più rapida e personalizzata.
Secondo un’indagine internazionale di GfK – che ha coinvolto oltre 22.000 persone di 17 paesi – circa un quarto degli intervistati (27%) si è dichiarato d’accordo con la possibilità di condividere i propri dati personali in cambio di servizi e vantaggi. Mentre il 19% delle persone ha dichiarato di essere totalmente in disaccordo con questa idea.gfk_condivisione-dati-personali_tot_infografica

In Italia
Le risposte degli italiani si collocano leggermente al di sopra della media internazionale: il 28% degli intervistati ha infatti dichiarato di essere disposto a comunicare i propri dati in cambio di benefici di qualche sorta.

Se in merito la differenza tra i due sessi è pressochè nulla, la situazione cambia invece in rapporto all’età degli intervistati: emerge infatt chiaramente come i più favorevoli alla condivisione dei dati siano i trentenni (32%), seguiti dalle fasce d’età 20-29 anni (31%) e 40-49 anni (30%). Molto refrattari  sono gli over 60 con il 24%, ma (sorprendentemente) i più ostili sono i più giovani compresi nella fascia d’età 15-19 anni: ben il 31% degli intervistati, infatti, si dichiara fortemente in disaccordo.

L’indagine a livello internazionale

La Cina conta la percentuale più alta di persone disposte a condividere i propri dati personali in cambio di benefici: ben il 38% degli intervistati ha dichiarato di essere sicuramente disposta a farlo. Altri paesi dove la percentuale di persone favorevoli è più alta della media sono il Messico (30%), la Russia (29%) e appunto l’Italia (28%).

I cinque paesi con le percentuali più alte di persone fermamente contrarie alla possibilità di condividere i propri dati sono Germania (40%), Francia (37%), Brasile (34%), Canada (31%) e Paesi Bassi (30%).

L’età dell’intervistato sembra influenzare la facilità con cui si accetta di condividere i dati personali. Ventenni e trentenni sono in assoluto i più propensi a comunicare i propri dati: nella fascia 30-39 anni i favorevoli sono il 34%, mentre nella fascia 20-29 anni sono il 33%. A differenza di quanto succede in Italia, a livello internazionale gli adolescenti (15-19 anni) sono abbastanza favorevoli (28%) rispetto a questa opportunità.gfk_condivisione-dati-personali_paesi_infografica

Anche a livello internazionale non emergono  grandi differenze tra uomini e donne su questo tema: entrambi i generi si attestano al 27% di persone favorevoli. Tra le donne è però più alta la percentuale di chi si dichiara fortemente in disaccordo con la possibilità di condividere i propri dati in cambio di un vantaggio (21%, contro il 18% degli uomini).

Parmigiano Reggiano di nuovo in sella: crescono le quotazioni e i consumi

Il Parmigiano Reggiano si è ripreso, grazie a un balzo significativo delle quotazioni, specialmente nell’ultima parte dell’anno.

Dopo un 2015 da cancellare (le quotazioni medie si erano fermate a 7,65 euro/kg, con un solo precedente peggiore nel 2008, fermo a 7,40 euro/kg), il 2016 ha visto infatti un nuovo sprint: poco più di 8 euro/kg nel mese di giugno fino ad arrivare ai 9,66 euro/kg di dicembre. Una crescita non da poco che ha permesso di chiudere l’anno con una quotazione media pari a 8,63 euro/kg, pari cioè a un + 12% rispetto al 2015.

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Alessandro Bezzi, presidente del Consorzio

“Una decisa inversione di tendenza – sottolinea il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Alessandro Bezzi – che continuiamo a registrare anche in queste prime settimane del 2017, con quotazioni vicine ai 10 euro/kg”.

“Siamo lontani – prosegue Bezzi – dalle quotazioni medie del 2011 e 2012 (rispettivamente 10,76 e 9,12 euro/kg), ma gli attuali valori, uniti alla buona tenuta dei consumi interni, ad un flusso di esportazioni che continua a crescere in modo rilevante e ai nuovi investimenti previsti dal piano quadriennale del Consorzio, creano condizioni complessive in grado di offrire migliori prospettive a quei 3.000 allevatori e 339 caseifici artigianali che compongono il nostro sistema e che nel 2014 e 2015 hanno pagato il prezzo di una pesante crisi”.

Un’altra buona notizia è quella relativa ai consumi che si attestano a +0,3% sul mercato internno per schizzare a +5,8% all’estero che oggi rappresenta il

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Riccardo Deserti, direttore del Consorzio

37% del mercato totale.

I canali distributivi che più hanno beneficiato di questa ripresa sono il dettaglio tradizionale e le vendite dirette (anche online) dei caseifici, ma anche all’interno della GDO, con vendite sostanzialmente stabili in presenza di una flessione degli altri formaggi duri Dop e di una crescita dei prodotti similari non Dop del 2%”.

 

A proposito di export

Usa e Francia i migliori importatori. Considerando quanto incida l’Italian sounding a stelle strisce è ovvio che questo rinnovato interesse per il prodotto DOP non possa che esser letto con ottimismo.

“Se si considera il fatto che proprio negli Stati Uniti e in Canada registriamo il concentrarsi di imponenti fenomeni di imitazione e di “italian sounding” che disorientano e danneggiano consumatori e produttori – sottolineano i proposito il presidente Bezzi e il direttore Riccardo Deserti – è evidente che questa crescita è particolarmente importante e rende evidente l’efficacia delle azioni intraprese in questi anni con le catene distributive nordamericane e gli esportatori, ma anche delle azioni di informazione e di denuncia rispetto a pratiche che in quei Paesi sono comunque ritenute legittime e non contrastate per legge, come invece accade nell’Unione Europea”.

Produzione e comunicazione

L’aumento produttivo, che nel 2016 è del +5,1%, sarà sostenuto da un massiccio investimento in comunicazione.

“Nel prossimo quadriennio – spiega infatti il presidente del Consorzio – investiremo 15 milioni in più sulla comunicazione in Italia e all’estero e sulla vigilanza (in particolare sul prodotto grattugiato, cui sono destinate nuove risorse per 1,25 milioni), e a questa cifra si aggiungeranno i flussi derivanti dalla contribuzione differenziata legata ai piani produttivi (una contribuzione aggiuntiva, in sostanza, a carico di quanti non rispettano i livelli produttivi assegnati), che per il 2016 ammonteranno a circa 5 milioni”.

Italian sounding: la vigilanza

“La vigilanza sulle imprese che sono legate in vario modo al Parmigiano Reggiano – sottolinea il direttore Riccardo Deserti – ha comportato non solo una selezione di qualità su tutte le forme prodotte, ma 2.325 azioni di vigilanza che hanno incluso 1.980 punti vendita, cui si sono aggiunte 650 imprese della ristorazione italiana e altrettante realtà della distribuzione in 20 Paesi esteri, con oltre 2.500 analisi sul prodotto”.

“Nei primi dieci mesi del 2016, e nella sola Unione Europea – prosegue Deserti – il Consorzio ha messo in atto più di quaranta azioni di contrasto in sede stragiudiziale, amministrativa e di denunce che hanno portato a interventi d’ufficio da parte delle autorità competenti in otto Paesi europei.

Cinque interventi di diffida sono poi stati messi in atto negli Stati Uniti a carico di altrettante società che proponevano salse, formaggi (alcuni contenenti anche cellulose), piatti pronti o confezioni di grattugiato ingannevolmente ispirate al Parmigiano Reggiano, tre in Vietnam, con opposizione del Consorzio al deposito dei marchi “Reggianto”, “Parmesan” (denominazione in uso esclusivo al Consorzio) e addirittura “Parmigiano Reggiano”, precedute dal nome del produttore. Sui canali web sono stati effettuati 390 interventi di rimozione di offerte e siti ingannevoli, mentre altre opposizioni a registrazioni di marchi evocativi sono poi state messe in atto in Giappone, Argentina (tutti con 2 tentativi di falsi richiami al Parmigiano Reggiano), Bolivia, Cina , Colombia (tentativo di deposito del marchio “Parmessano”) e Ucraina (diffida rispetto al deposito del marchio “Parmedzyano”).

“Questo significa – conclude Deserti – che il sistema di vigilanza funziona, ma che è contemporaneamente necessario continuare ad investire per bloccare questi fenomeni, non solo per contrastare azioni sleali, ma per creare nuovi spazi all’affermazione commerciale del Parmigiano Reggiano e, conseguentemente ampliare le opportunità di reddito per i produttori”.

 

Saldi invernali, vince la Liguria. Molto meno appassionata la Sicilia

Saldi invernali c’è chi li ama e li insegue, chi li detesta e li rifugge. Per avere un quadro più organico dei vari mood diffusi nella nostra Penisola, Idealo – il portale di comparazione prezzi che fornisce possibilità di risparmio per gli acquisti digital – ha scattato un’istantanea regione per regione, prendendo in considerazione 4 parametri: 1)i dati Google Trends, con le parole Saldi 2017; 2)i dati Google Trends, con le parole Miglior prezzo; 3)i dati Eurostat; 4)il PIL pro capite (dati Istat).

Ed ecco quanto ne è emerso.

Secondo il primo parametro (il periodo preso in considerazione va dal 1° al 13 Gennaio) le regioni italiane più attente al tema dei saldi sono la Liguria, seguita da Piemonte e Lombardia (rispettivamente con 100, 96 e 95). Ultima in classifica la Sicilia, con un dato pari a 37.

Ottimi piazzamenti anche per Toscana e Lazio (con 82 e 85), per la Basilicata, con un punteggio di 83, e per l’altra isola, la Sardegna, con 81.

Il secondo parametro dà in  tutto il paese numeri molto alti: addirittura il 94% degli gli e-consumer italiani confronta frequentemente i prezzi alla ricerca dell’affare migliore.idealo-saleinteresse_it

Anche in questo caso la Liguria non rinuncia al posto più alto del podio, ma a pari merito con la Basilicata (con 100). Seguono Piemonte (con 96) e Abruzzo (con 95). Più tiepidi verso la questione prezzo sono Trentino-Alto Adige (60), Valle d’Aosta (50), e Sicilia (44).

Il terzo criterio di indagine traccia un quadro che divide l’Italia letteralmente in due: gli e-consumer italiani si concentrano al Nord (Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige al primo posto, con il 39%, seguite da Lombardia con il 38% e Veneto con il 37%) e diminuiscono man mano che si scende verso Sud (in fondo alla classifica troviamo Sicilia con il 17%, Calabria con il 15% e Campania con solo il 14%).

È dunque indubbio il peso del digital divide. Le regioni che troviamo in fondo alla classifica secondo i dati Eurostat sono anche le aree più problematiche dal punto di vista dell’accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione. Una difficoltà di accesso attribuibile più alle strutture e alle reti, che non alla mentalità o alla cultura.

Il quarto parametro offre un quadro piuttosto prevedibile della situazione, con le regioni del Nord ai primi posti della classifica (Valle d’Aosta con € 34.981 e Trentino-Alto Adige con € 34.856) e quelle del Sud in fondo (all’ultimo posto la Calabria con € 15.265). Tuttavia ci sono delle eccezioni: la Sardegna, ad esempio, nonostante un PIL pro capite che la pone al 16° posto della classifica, è fortemente coinvolta dal fenomeno dello shopping online (i dati toccano il 31%) e manifesta molto interesse al tema della comparazione dei prezzi.

Al contrario il Lazio, nonostante  un PIL pro capite decisamente superiore a quello della Sardegna (€ 30.355 contro € 19.021) ha una percentuale di acquisto online molto simile a quello dell’isola, e comunque di qualche punto inferiore rispetto a quello di altre regioni con un PIL pro capite minore del suo.

 

 

IRI e New Line Ricerche di Mercato: sinergia tra partner strategici

IRI – leader mondiale nella fornitura di informazioni sui mercati del Largo Consumo e sullo shopper – e New Line Ricerche di Mercato – azienda specializzata in analisi di mercato, consulenza e report per le Farmacie Italiane – annunciano la sigla di un accordo di collaborazione finalizzato ad offrire al mercato Consumer Health servizi di informazione e consulenza che consentono di analizzare e monitorare al meglio le dinamiche del comparto in Italia.
Grazie a questo accordo esclusivo, i clienti possono accedere ad un portafoglio completo ed unico nel mercato di soluzioni integrate di dati, analisi e consulenza. La sinergia delle esperienze maturate nei canali mass market e farmacia consente di mettere a disposizione degli operatori la più completa visione d’insieme delle dinamiche del mercato indispensabile per gestire le attività di marketing, vendita e trade marketing con maggiore confidenza ed efficacia.
IRI e New Line Ricerche di Mercato si propongono così come partner strategici ideali per tutte le aziende che operano nel settore del Consumer Health sia sul fronte produttivo che distributivo.
“Questa partnership permetterà di offrire un immediato cambiamento nel valore della nostra offerta grazie ad una visione unica e completa di tutte le dinamiche che caratterizzano il mondo del Consumer Health grazie alla possibilità di sfruttare competenze complementari nei canali della grande distribuzione organizzata e della farmacia”. Ha commentato Angelo Massaro, Amministratore Delegato di IRI in Italia.
Sulla stessa linea d’onda anche  Gabriele Pierani, Presidente di New Line Ricerche di Mercato che ha dichiarato:“Questa partnership ci aiuterà a rafforzare le nostre posizioni in Italia, con l’integrazione delle rispettive competenze. Ma, proprio grazie alla sua dimensione internazionale, IRI ci permetterà anche di affacciarci al mercato europeo”.

AIIPA lancia la Campagna informativa sui prodotti per la prima infanzia

AIIPA, Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari, lancia la  Campagna “Nutrizione e sicurezza specializzate” che si propone di fare chiarezza sulle caratteristiche e sulla qualità nutrizionale degli alimenti specifici per la prima infanzia, fabbricati e commercializzati nel rispetto della rigorosa normativa vigente. Per meglio identificare la campagna, AIIPA ha lanciato anche un Marchio collettivo,  “Nutrizione e Sicurezza Specializzate”.
“Oggi, solo 1 mamma su 4 è convinta che per il suo bambino sia importante introdurre nella dieta alimenti specifici per la prima infanzia in quanto nutrizionalmente appropriati”, evidenzia Andrea Budelli, Presidente del Gruppo AIIPA Alimenti prima infanzia e prodotti per la nutrizione specializzata. “Con quest’iniziativa, ci auguriamo di contribuire a colmare questo gap informativo, comunicando il valore della categoria degli alimenti per l’infanzia, spesso oggetto di luoghi comuni e informazioni non corrette”.
“Dobbiamo ricordarci che i bambini, in particolare quelli fino ai tre anni, non sono dei ‘piccoli adulti’. – commenta Marcello Giovannini, professore emerito di pediatria dell’Università degli Studi di Milano – Gli alimenti dovrebbero essere scelti con cura per rispondere in modo ottimale alle esigenze nutrizionali e di sicurezza specifiche di un organismo in crescita e, nello stesso tempo, vulnerabile, come quello del bambino. Numerosi studi confermano infatti che l’alimentazione nelle prime fasi della vita svolge un effetto preventivo di numerose patologie che, nella società occidentale, esordiscono sempre più precocemente, come la sindrome metabolica, l’ipertensione e il diabete”.
Sulla base di queste evidenze, di recente, anche il Ministero della Salute ha pubblicato le nuove linee di indirizzo sulla corretta alimentazione ed educazione nutrizionale nella prima infanzia. Queste indicazioni stabiliscono che l’allattamento materno e la lotta contro l’eccesso di proteine nei primi anni di vita sono gli elementi chiave di un’efficace strategia di prevenzione dei disordini alimentari infantili. – prosegue  Giovannini, che aggiunge – Ci sono inoltre vari errori che andrebbero evitati durante lo svezzamento, come la precoce sospensione dell’allattamento al seno (prima del quarto mese), la precoce introduzione di cibi solidi e di latte vaccino, squilibri nell’assunzione di altri macronutrienti, come gli acidi grassi polinsaturi.”
La sicurezza dei prodotti alimentari in Europa e in Italia è garantita da un sistema legislativo e di controllo molto rigoroso. Nel caso degli alimenti per la prima infanzia il legislatore europeo e nazionale ha emanato norme ancora più restrittive per garantire una maggiore tutela di questa fascia di età così vulnerabile.
“Questi alimenti, – aggiunge Budelli – oltre ad essere formulati per rispondere alle esigenze nutrizionali del bambino in crescita fino ai 3 anni, per legge devono assicurare il rispetto di rigorosi standard di sicurezza alimentare, ed essere privi di ogm, coloranti e conservanti. In tal senso il Marchio, che potrà essere dato in licenza alle aziende specializzate in alimenti destinati a questa fascia d’età, ribadisce il nostro impegno a studiare e sviluppare i migliori prodotti specificamente dedicati al periodo dello svezzamento fino ai 3 anni, oltre a rappresentare un’ulteriore garanzia di sicurezza per la salute del bambino.”
La Campagna prevede l’apertura di un sito web informativo, www.alimentiprimainfanzia.it e la distribuzione negli studi pediatrici di poster. I contenuti scientifici delle locandine sono stati condivisi con la Società Italiana di Pediatria (SIP) e con la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP).

La Campagna e il Marchio saranno presentati in occasione di Milano Pediatria (20-21 gennaio 2017) Sala Leonardo c/o Centro Congressi Stelline, Corso Magenta, 61 – Milano.

Top 10 retailer di Deloitte: per la prima volta entra Amazon

In 250 (parliamo dei più grandi retailer mondiali) hanno raggiunto un fatturato pari a 4.308 miliardi di dollari, nell’anno fiscale 2015*. E si tratta di una cifra in crescita dal 4,3% al 5,2% rispetto all’anno precedente.

Questo uno dei dati più dirompenti emersi dalla  ventesima edizione dello studio Global Powers of Retailing di Deloitte.

E approfondendo ancora un po’, ecco l’altra notizia: il rapporto include anche una lista dei top 50 e-Retailer ed evidenzia come l’80% di essi faccia anche parte dei primi 250 retailer a livello mondiale.

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 La classifica nel dettaglio

Wal-Mart conferma la sua leadership indiscussa. E Costco mantiene la seconda posizione, continuando il percorso di crescita avviato nel precedente anno fiscale e riportando nell’anno un tasso del 3,2%. A seguirli è Kroger che, grazie all’acquisizione dei supermercati Harris Teeter, consolidail 3° posto in classifica.

Ancora due dati: Metro Group esce dalla classifica dei Top 10, mentre entra per la prima volta Amazon, con un fatturato in continua crescita (13,1% rispetto all’anno precedente), alimentato da un costante flusso di innovazioni di prodotto e di servizio per i consumatori.

“Negli ultimi anni abbiamo assistito a un drastico cambiamento nel mondo del retail e nelle abitudini dei consumatori. Il periodo attuale vede una sempre più marcata centralizzazione del consumatore, che è oggi la vera guida, capace di condizionare le proposte di acquisto, alla continua ricerca di autenticità, novità, convenienza, semplicità e creatività. Per andare incontro ai nuovi modelli di consumo, i retailer non tradizionali stanno sviluppando nuovi business model orientati alla personalizzazione e alla volontà di far vivere una vera e propria esperienza di acquisto” – commenta Dario Righetti, Partner Deloitte e responsabile Consumer & Industrial Products – “Proprio in tale contesto si inserisce il successo di Amazon, che per la prima volta entra nella classifica dei Top 10 retailer globali, accanto a colossi quali Wal-Mart e Schwarz Group. Una crescita esponenziale influenzata anche dal rapido consenso ottenuto grazie ad Amazon Prime, il nuovo servizio offerto dall’azienda, che mette ancora una volta al centro le esigenze del consumatore”.schermata-2017-01-19-a-12-07-58

 Europa

Diminuisce il numero delle aziende con sede in Europa, che passano da 93 a 85. Tra le maggiori economie europee la Germania è quella che evidenzia una crescita più elevata, seguita dalla Francia. Le aziende del Regno Unito invece registrano per il secondo anno consecutivo un andamento negativo e la Brexit non è estranea a questo processo, benchè il suo impatto non sia del tutto quantificabile.

“Se analizziamo i dati emersi dallo studio Deloitte sui principali retailer mondiali, si evidenzia come l’andamento dei Top 10, inclusi quelli europei, sia sostanzialmente positivo con buoni segnali di crescita- commenta Ernesto Lanzillo, Partner Deloitte e responsabile per il settore Retail. Fa eccezione Tesco, che nell’ultimo anno fiscale scende di 4 posizioni nella classifica: il calo è però principalmente dovuto alle continue cessioni di divisioni “non core” soprattutto in favore di aziende asiatiche. Da notare, inoltre, che Tesco cresce nel mercato nazionale e rafforza la propria posizione, a conferma della solidità e dell’importanza del bacino UK per nuovi investimenti”.

Le regioni che possono vantare ancora una volta la quota più alta di retailer nella classifica dei Top 250 sono, nell’ordine, Nord America e Europa.

Nonostante le loro grandi dimensioni, la maggior parte dei rivenditori del Nord America non hanno significative attività estere, ma costituiscono tutt’oggi le realtà con la quota più alta di ricavi della classifica, con una media di 23 miliardi di dollari.

Le società europee si confermano invece le più attive in ambito internazionale, con una copertura media di 16 Paesi, valore di molto superiore alla media delle Top 250 (in media, presenza in 10 Paesi).

Da ciò ne consegue come le vendite al di fuori del proprio Paese raggiungano nella media europea quasi il 40% sul totale del fatturato, con picchi di circa 47% per i retailer tedeschi e 46% per i francesi.

In Italia

Per i retailer italiani si registra, nell’anno chiuso al 30 giugno 2016, un andamento nel complesso positivo nonostante si evidenzi, per 3 dei 4 player nazionali in classifica, un calo nel posizionamento globale. Sia Coop che Conad perdono una decina di posizioni nella classifica delle Top 250, collocandosi rispettivamente al 76° e 77° posto. Anche Esselunga passa dalla 121esima posizione alla 125esima. Migliorano sensibilmente invece i risultati di Eurospin, che guadagna 26 posizioni (dal 214° posto al 188°).schermata-2017-01-19-a-12-08-26

I settori merceologici

Per quanto riguarda i diversi settori analizzati, i retailer del settore moda (abbigliamento ed accessori) ancora una volta sono le realtà che hanno registrato i tassi di crescita maggiori, pari al 7,7%, caratterizzati inoltre da margini più alti (7,1%). Segue a poca distanza il settore dei prodotti di beni durevoli e per il tempo libero, con una crescita di ricavi pari al 7,6%, ma con una marginalità nettamente inferiore (3,6%).

L’e-commerce

Le vendite online anche quest’anno hanno rappresentato una quota significativa dei ricavi totali di vendita al dettaglio. L’80% dei 50 maggiori e-retailer sono nella classifica dei Top 250.

Ben 45 delle aziende appartenenti ai Top 50 e-retailer hanno sede negli USA (27 società) o in Europa (18); le restanti 5 provengono da Paesi emergenti (4 dalla Cina e 1 dal Brasile).

È ancora una volta Amazon a registrare i risultati migliori, con vendite di prodotti per 79 miliardi di dollari, seguita da JD.com che, con 27 miliardi di dollari, supera Apple (24 miliardi di dollari). Wal-Mart, leader globale della Top 250 guadagna una posizione di tutto rispetto anche tra i top e-retailer, mantenendo un quarto posto e relative vendite per 14 miliardi di dollari.


*Nota metodologica

Il Global Powers of Retailing considera nelle proprie classifiche un panel di 250 gruppi di retailer presenti in tutto il mondo, variabile di anno in anno in base ai risultati finanziari; le analisi, in dollari americani, fanno riferimento ai dati di bilancio relativi all’anno fiscale 2015, cioè al periodo compreso tra giugno 2015 e giugno 2016.

 

 

 

 

 

 

Acquisizioni e fusioni: il 2016 anno d’oro per il settore food&beverage

Il 2016 è stato un altro anno record per acquisizioni e fusioni nell’ambito dell’industria food&beverage: a dirlo la banca dati di bevblog.net che riporta 614 operazioni (18 in più di quelle effettuate nel 2015 ) con una media di quasi 12 ogni settimana. Salta agli occhi un trend in crescita   del 32% rispetto a 5 anni fa (a parte un calo nel 2013).

Acquisizioni food and drink 2011-2016

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Fonte: bevblog.net, Zenith Global

 

 

Acquisizioni per settore merceologico

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Fonte: bevblog.net, Zenith Global


I settori più attivi sono stati: le bevande analcoliche, giunte a ben 74 operazioni, imballaggi (64), prodotti lattiero-caseari (58) e  ingredienti (51). Negli alcolici primeggia il Vino con 49 operazioni finanziarie, in testa rispetto ad alcolici (41) e  birra (37).
Gli incrementi percentuali maggiori rispetto all’anno precedente hanno riguardato i soft drinks (+28%), gli spirits (+46%) e il dairy (+41%)e i prodotti da frono e gli snacks, pressoché raddoppiati. Mentre la birra ha accustao un notevole calo: -34%

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