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Studio Iri: il discount in Italia, la convenienza e i valori dell’insegna

In un recente white paper dal titolo “un canale in evoluzione”, Iri traccia un quadro significativo dell’avventura del discount in Italia riconsiderando alcuni elementi forse eccessivamente enfatizzati nel corso di questi anni di crisi e provando a immaginare il cammino futuro di questo canale. Che comunque di strada ne ha fatta dal 26 marzo 1992 quando Lidl aprì il primo punto vendita in provincia di Vicenza, dando di fatto inizio all’avventura del discount nel nostro paese.

Lasciando parlare i numeri, Iri ricorda che oggi il canale conta 4.581 negozi e fa l’11,4% del totale delle vendite nell’universo grocery (Moderno + Tradizionale).

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I discount si concentrano maggiormente al sud del paese, con 1.277 punti di vendita e con una quota del 14,1%. I leader di canale sono sicuramente Eurospin, MD-LD Discount (diventato secondo gruppo in Italia dopo l’acquisizione da parte di Lillo Spa di LD Market ) e Lidl che insieme pesano il 53,6% del totale canale con 2.225 pdv sul totale territorio italiano.

Nonostante l’imponente sviluppo registrato nell’ultimo decennio con un aumento di ben 1.746 punti di vendita, pari ad una crescita in numerica di oltre il 60% lo studio di Iri sottolinea che “questo format – storicamente caratterizzato da uno sviluppo ciclico con fasi di forte crescita e fasi di relativa staticità – non sembra essere riuscito a svincolarsi da un limitato ruolo di canale ‘rifugio’ durante i periodi di contrazione economica e non è ancora diventato il punto di vendita abituale per la spesa quotidiana per una fetta di consumatori ampia e stabile nel tempo”.

L’altro aspetto evidenziato è che l’aumento in numerica non si è tradotto in un proporzionale sviluppo della quota di mercato a danno del resto della GDO: la crescita è stata di soli 2,5 punti percentuali dal 2005 ad oggi – un po’ poco rispetto all’incremento in numerica del canale – ma pur sempre pari all’aumento di un terzo dell’importanza del Discount nel giro di un decennio.

“A ciò si aggiunga – prosegue lo studio – che il trend di crescita delle vendite del Discount ha mostrato un forte rallentamento iniziato nell’estate 2013 e continuato durante tutto il 2014: questo fenomeno potrebbe non significare necessariamente una sospensione della “discountizzazione” dei consumi, ma essere bensì la conseguenza della progressiva erosione del gap di convenienza rispetto agli altri canali, i quali negli ultimi anni hanno spinto al massimo la leva promozionale e più recentemente cominciano ad insistere su un riposizionamento – verso il basso – della propria offerta a scaffale (Costa meno di Coop, Prezzi Bassi e Fissi di Conad ecc.).

Nei primi mesi del 2015, si è registrata una nuova lieve crescita del discount (come anche degli altri canali distributivi ad eccezione degli Iper) ma già dal periodo pasquale ha ripreso a perdere: nel mese di maggio 2015 il trend a valore è di -0,8%”.

Schermata 2015-07-21 alle 11.29.35Qual è allora la possibile evoluzione del Discount? Iri parla di snaturamento del canale riguardo al posizionamento di convenienza, ma il cammino verso un nuovo posizionamento è ancora lungo.

“Oggi l’indice di prezzo del discount – si legge nello studio – è del 67% rispetto a quello del canale Iper+Super. Il discount invece di estremizzarsi e differenziarsi ulteriormente tramite il fattore prezzi, punta sempre più verso un aumento di ampiezza assortimentale (che è passato da 1924 a 2.448 referenze in quattro anni, +27,2%) e addirittura su marchi “premium”, cercando di modificare così il percepito del consumatore e penetrare in classi sociali che prima non sarebbero riusciti ad attirare. Molti operatori stanno inoltre puntando da oltre un anno sui prodotti freschi e freschissimi, inserendo i reparti panetteria, ortofrutta e per ultimo la pescheria. Lidl ha recentemente iniziato a proporre in alcuni punti vendita una selezione di referenze di pesce fresco take away.

Significativi anche gli sviluppi dell’offerta ortofrutta (a cui sono dedicati diversi metri lineari di vendita, con una comunicazione in store importante) e dei formaggi e salumi take away. Con un numero di scontrini che permette un buon turn over di questi prodotti freschi e freschissimi, alcune insegne vogliono essere comparabili come qualità ad altri format della grande distribuzione organizzata.

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Sugli scaffali dei punti vendita MD-LD Discount è recentemente stata introdotta una nuova linea di prodotti a marchio Premium. L’assortimento dedicato ai clienti top conta, ormai, una trentina di referenze suddivise nelle diverse categorie merceologiche (freschi, prima colazione, dispensa) presenti nei discount delle due insegne. Interessante anche il lancio della nuova linea di prodotti per l’igiene intima e la cosmesi a marchio Botanika, che punta a valorizzare un segmento molto redditizio e su cui il consumatore (non solo donna) è diventato molto più esigente.

MD Discount dal canto suo, sulla scia del lancio della linea Deluxe di LIDL, punta sul value for money per allargare il target di consumatori a cui proporre un’offerta commerciale ormai tutt’altro che di solo prezzo.

In ultimo vi è sicuramente da menzionare l’aspetto della comunicazione. Non sono pochi gli operatori che oggi investono in Televisione, radio e new media. Pensiamo a Lidl in televisione, mentre MD-LD Discount ed Eurospin preferiscono la radio.

Quello che colpisce è il tentativo esplicito di comunicare al cliente non solo il prezzo ma il valore (e i valori) dell’insegna, confrontandosi con altri canali nel tentativo di far diventare la propria catena la principale scelta per gli acquisti grocery.

Insomma, stiamo parlando di un canale che sta sicuramente evolvendo per avvicinarsi maggiormente ad altri format”.

Da sottolineare, aggiungiamo noi, il fatto che l’insieme dei prodotti alimentari+bevande costituisca per il Discount quasi l’80% delle referenze, circa il 10% in più dei supermercati e il 20% in più degli ipermercati, segno evidente della direzione intrapresa. L’analisi di Iri ci porterebbe a trarre una conseguenza logica. Se il discount oggi utilizza gli stessi strumenti degli altri formati distributivi e la convenienza di prezzo non è più il suo esclusivo elemento costitutivo, potrebbe essere giunto il momento di non considerarlo più nelle analisi delle performance della distribuzione un canale a parte. Anche perché le vicende di questi ultimi anni ci hanno insegnato che le stesse persone fano acquisti nei diversi “canali” senza farsi alcun problema di appartenenza, di status o altro. Una lettura più chiara delle dinamiche dei consumi ne guadagnerebbe.

La supercoop si chiamerà Coop Alleanza 3.0

Dopo l’annuncio, è stato trovato il nome: si chiamerà Coop Alleanza 3.0 la più grande cooperativa italiana ed europea, nata dalla fusione tra Coop Estense, Coop Consumatori Nordest e Coop Adriatica. Un’entità forte di 2.700.000 soci, un fatturato di quasi 5 miliardi di euro, 419 punti vendita e oltre 22.000 dipendenti.
“Un nome che unisce il richiamo alle radici, ai valori e alla secolare storia del movimento cooperativo (con la parola “Alleanza”); ma anche che rimanda al futuro, alle relazioni interattive e in costante evoluzione dei mondi digitali e della rete (evidenziate dal termine “3.0”)” si legge in un comunicato di Coop Nordest.
Pubblicato anche lo statuto della nuova cooperativa. La durata della società è stabilita fino al giorno 31/12/2100. La sede legale e amministrativa sarà a Bologna. L’atto di fusione è invece previsto a fine settembre 2015, dal 1 gennaio 2016 l’unificazione sarà formale e sostanziale.

L’avanzata del free-from: Alpro è l’azienda cresciuta più velocemente in Italia

Intolleranze in crescita, diete, preoccupazioni salutiste: tutte ragioni che negli ultimi anni hanno portato alla crescita delle opzioni “free-from”, ovvero quegli alimenti senza latte, glutine, zuccheri aggiunti. Una conferma di questa tendenza viene dall’indagine Nielsen che dichiara la belga Alpro, specializzata nella produzione di alimenti a base vegetale con un incremento superiore al 40% rispetto al 2014, come l’azienda più dinamicain Italia nel settore food & beverage freschi e confezionati. L’indagine è basata sulle vendite degli ultimi due anni nella distribuzione moderna dei produttori con più di 20 milioni di Euro di fatturato a fine maggio 2015.

Alpro rappresenta l’azienda trainante di un settore in continua espansione con volumi di crescita del 30% dovuti sia alla maggior domanda da parte dei consumatori, sempre più consapevoli dell’importanza di avere un’alimentazione sostenibile, sia all’attenzione dei retailer nel posizionamento dei prodotti a base vegetale negli scaffali dei propri negozi che assicura maggiore visibilità.

Il trend è favorito anche dalla varietà di ingredienti che si affiancano alla tradizionale soia, come mandorla, nocciola, riso, cocco e avena, che aiutano ad avere una dieta più bilanciata oltre ad ampliare l’offerta a livello di gusto. Anche la presenza di diverse tipologie di prodotti a base vegetale oltre alle bevande, come panna o yogurt, hanno sostenuto l’incremento dei consumi in questo settore.

Primark conferma lo sbarco in Italia, ad Arese, nell’estate 2016

Dopo le indiscrezioni arriva la conferma da parte della casa madre Associated British Food Plc: Primark, insegna britannica di abbigliamento e casalinghi molto frequentata anche per la convenienza (è stata soprannominata “il tempio della moda low-cost”) entrerà nel mercato italiano. La prima apertura è prevista ad Arese all’inizio dell’estate 2016, nel centro commerciale che aprirà nell’area ex Alfa Romeo, e sarà seguita probabilmente da due altre aperture, che potrebbero essere Roma e Venezia.

Secondo il Corriere.it, ad accompagnare l’arrivo in Italia ci sarà proprio Marco Brunelli di Unes e Gruppo Finiper, proprietaria del resto dell’Arese Shopping Center che sarà il centro commerciale più grande d’Italia costruito in una fase unica su un’area di quasi 300.000 mq in due livelli con 92.000 mq di superficie commerciale. Il negozio dovrebbe occupare una superficie di 7.000 metri quadri, secondo il format tradizionale di Primark.

Primark, nata in Irlanda nel 1969, ha oggi 272 punti vendita in nove Paesi: Irlanda, Uk, Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, Germania, Austria e Olanda, e a settembre è previsto il debutto nel mercato USA, a Downtown Crossing, area dello shopping nel centro di Boston.

Saldi estivi: + 4% nel primo week end. Federdistribuzione: liberalizzare le promozioni

Partono bene i saldi estivi. Nel primo week-end le vendite – rileva Federdistribuzione – hanno registrato un +4% rispetto allo scorso anno, con risultati migliori il sabato rispetto alla domenica, nonostante il caldo torrido che ha spinto molti italiani a rimanere in casa rimandando di fatto gli acquisti. Gli sconti sono stati significativi e in linea con quelli degli scorsi anni, con variazioni dal 30% al 70% in base ai capi e alle strategie di ogni singola insegna.

«Nei punti vendita della Distribuzione Moderna Organizzata – commenta il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli – è stato possibile trovare un grande assortimento e una forte scontistica, fatti che hanno stimolato gli acquisti anche in un momento nel quale ancora prevale un atteggiamento di grande prudenza da parte delle famiglie».

Per il retail, penalizzato dalla crisi dei consumi la stagione dei saldi è un indicatore di fiducia e un’iniziezione di energia che dà indicazioni anche per i periodi successivi.

«Questi risultati – aggiunge Cobolli Gigli – dimostrano anche che, se opportunamente stimolato con iniziative commerciali, il consumatore reagisce e torna a spendere. Per questa ragione riteniamo importante la piena liberalizzazione delle promozioni nei prodotti non alimentari, un provvedimento che darebbe maggiore libertà di gestione dei propri stock e assortimenti alle imprese e più occasioni di acquisto conveniente ai cittadini».

Ocse e Fao, prezzi dei prodotti agricoli in calo: proteine e carne su, cereali e biofuel giù

Produzione e consumi stabili, prezzi in calo: sono queste le Previsioni sull’Agricoltura 2015-2024 di Ocse e Fao. Il rapporto firmato dalle due organizzazioni mostra un mondo diviso in due, con le fasce di popolazione più benestanti dei Paesi emergenti che richiedono più proteine animali e zucchero, mentre nel “Vecchio mondo” gli stessi prodotti sono causa crescente di malattie legate a sovrappeso ed obesità, specie tra le fasce più disagiate e con meno istruzione.

Prezzi: cereali giù, carni su

Nel 2014 i prezzi di cereali e carni nel 2014 hanno preso direzioni opposte. Due anni di raccolti abbondanti hanno portato a una pressione ulteriore sui prezzi per cereali e oli di semi. Al contrario i prezzi delle carni, a causa di alcuni fattori come la ricostituzione delle mandrie e le epidemie, sono schizzati a livelli record.
In termini reali, i prezzi di tutti i prodotti agricoli dovrebbero diminuire nei prossimi dieci anni a causa della crescita della produttività e dalla diminuzione dei prezzi di ingresso, che hanno superato il rallentamento dell’incremento della domanda degli alimenti base, dovuto all’arresto dell’incremento di consumi pro capite che nelle economie emergenti si sta avvicinando alla saturazione. Questo è in linea con la tendenza al ribasso del secolo, ma si prevede che rimarranno più alti che nel periodo precedente l’aumento del 2007-08.

Cambia la dieta nelle economie emergenti

Il rallentamento della crescita della popolazione, l’urbanizzazione e l’aumento del reddito pro capite hanno portato ad un aumento del,a domanda di cibo, e in particolare di certi alimenti come le proteine animali. Per questo motivo il prezzo della carne e dei latticini resterà alto, rispetto a quello dei cerali e degli semi oleosi. Non solo: aumenterà per quanto riguarda i semi grezzi il prezzo di quelli usati come mangime. Secondo il direttore generale della FAO José Graziano da Silva l’aumento delle calorie nella dieta dei Paesi in via di sviluppo “è una buona notizia”, ma è anche vero che questi paesi “sono ancora molto indietro rispetto alle economie avanzate, e questo significa che la fame in questi paesi non è ancora sconfitta”. Non solo: anche la cattiva alimentazione è un problema “nel momento in cui anche questi paesi dovranno affrontare le malattie derivate dal sovrappeso e dall’obesità”.

Biocarburanti non più così convenienti
Il prezzo del petrolio ai minimi storici ha portato a un abbassamento del prezzo dei biocarburanti e la coltivazione è generalmente meno redditizia che in passato, in assenza di incentivi che non si pensa saranno adottati dai governi europei o americani. In Brasile invece la produzione di etanolo da zucchero aumenterà grazie alle detrazioni fiscali e a un aumento nella percentuale di etanolo che obbligatoriamente deve avere la benzina. La coltivazione di biocarburanti è anche intensamente promossa dal governo indonesiano.

Pochi esportatori, sempre più importatori

Solo in Sud America è previsto un aumento della superficie coltivabile, mentre in Asia, Europa e Nord America l’aumento della produzione deriverà solamente dal miglioramento della produttività. Modesta la crescita prevista in Africa. Si prevede che l’esportazione dei prodotti agricoli si concentrerà sempre più verso pochi paesi, mentre sempre di più si affideranno all’importazione. Ciò porterà a un aumento delle fluttuazioni del mercato, causate da disastri naturali o dall’adozione di particolari misure commerciali . In generale, ci si aspetta che il commercio crescerà a un ritmo meno sostenuto che nel decennio precedente. Mantenendo però una quota stabile in relazione ai consumi e alla produzione globale. Il rapporto evidenzia che, se saranno mantenute le variazioni storiche circa la raccolti, il prezzo del petrolio e la crescita economica nei prossimi dieci anni dobbiamo aspettarci almeno una forte crisi sui mercati internazionali.

Chi va su e chi va giù alla mensa globale
La forte richiesta di proteine porterà a un ulteriore crescita nella produzione di semi commestibili, in particolare della soia, soprattutto in Brasile.
La maggior domanda di zucchero da parte dei paesi in via di sviluppo aiuterà la ripresa dei prezzi ai minimi storici, e potrebbe portare a investimenti nel settore. In Brasile, maggior produttore mondiale, questo dipenderà dalla redditività dello zucchero rispetto all’etanolo ricavato dalla stessa fonte.
Si prevede che la produzione derivante dalla pesca aumenterà fino del 20% entro il 2024, con l’acquacoltura che potrebbe sorpassare la produzione di pesca diretta nel 2023.
L’esportazione di latticini si concentrerà ancor più verso quattro paesi: Nuova Zelanda, Unione europea, USA e Australia, dove sono scarse le opportunità verso un aumento della domanda interna.
Il prezzo del cotone si abbasserà a causa della crisi di produzione cinese, ma dovrebbe tornare a stabilizzarsi nel resto del periodo; nel 2024 in ogni caso si prevede che i prezzi, reali e nominali, non raggiungeranno i livelli del 2012-14.

Le previsioni IRI 2015-2016 sulle vendite nel retail del largo consumo: la stagnazione è finita

Note positive dall’analisi elaborata da Iri sulle vendite del largo consumo nel primo semestre.

La prima parte del 2015 ha superato le aspettative di ripresa per i prodotti confezionati di largo consumo (LCC) espresse a fine del 2014, complice anche un rimbalzo su una controcifra particolarmente negativa nello stesso periodo dell’anno precedente. Il preconsuntivo del primo semestre sancisce perciò la fine della fase critica che ha caratterizzato le vendite del comparto nel biennio 2013-2014.

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Il miglioramento della fiducia delle famiglie – scrive Iri in una nota -ha consentito di riportare gli acquisti sui livelli del 2012. Il dato confortante, secondo gli analisti di Iri è che questi risultati sono ottenuti senza un’ulteriore accelerazione della pressione promozionale di prezzo, un fatto nuovo dopo molti anni di crescita costante del ricorso a questa leva, così come si registra il traino dei prodotti di marca e  si conferma il rallentamento delle vendite dei prodotti a marchio del distributore

Questi elementi hanno contribuito alla ripresa del valore del carrello della spesa che si traduce in un moderato aumento dell’indice medio dei prezzi, nonostante l’inflazione a parità di paniere resti praticamente nulla.

Le previsioni di IRI indicano una chiusura del 2015 positiva (+1,4% a volume e +1,7% a valore) anche se probabilmente nella seconda parte dell’anno ci sarà un affievolimento della spinta dei primi mesi. Ciò a causa delle turbolenze finanziarie innescate dalla crisi greca e dalle crescenti incertezze sul fronte geopolitico che potrebbero influenzare negativamente il sistema di aspettative dei consumatori italiani. Inoltre la ripresa dell’occupazione (ritenuto il principale fattore per sostenere la ripresa) è ancora incerta (i dati ufficiali che si sono succeduti negli ultimi mesi sono spesso contraddittori) e più che altro «annunciata».

Per il 2016 Information Resources prevede un consolidamento dei volumi attorno al punto percentuale di crescita a fronte di un maggiore spunto dei prezzi. Questo scenario fa riferimento all’ipotesi che l’azione di espansione monetaria portata avanti dalle autorità finanziarie europee abbia successo e ridia vigore al sistema dei prezzi dei paesi membri.

Questo scenario – conclude la nota di Iri -non contempla la possibilità che il governo possa ricorrere alla «clausola di salvaguardia» nel caso che non vengano raggiunti gli obiettivi di bilancio concordati in sede di comunitaria. In questo caso il rialzo dell’IVA avrà un effetto sull’inflazione del comparto e bloccherà la crescita dei volumi. Purtroppo questa possibilità rischia di divenire più concreta se gli spread BTP/Bund torneranno a salire sensibilmente come conseguenza della crisi greca.

Coop Consumatori Nordest rileva Cooperative Operaie per 36 mln e aiuta i giovani con la raccolta punti

Oltre un secolo di storia che si era infranto in un fallimento: Cooperativa Operaie, attiva in Friuli Venezia Giulia e con 215.000 soci di cui 27.000 nella sola Trieste, è stata rilevata da Coop Consumatori Nordest, che, salvaguardando tutti i 278 posti di lavoro, ha acquisito dal concordato e inglobato nella sua rete gli 11 punti vendita delle Cooperative Operaie, compreso l’Ipercoop delle Torri d’Europa, il più grande di Trieste.” L’investimento complessivo è stato di 36 milioni di euro “senza un euro pubblico”, come ha tenuto a sottolineare Paolo Cattabiani, presidente di Coop Consumatori Nordest.

“C’è un patrimonio importante fatto di lavoro, di donne e di uomini, che vogliamo continuare a far vivere. Il passato non torna e il presente ci chiede nuove idee coerenti con i nostri valori: solo così potremo affrontare il futuro a vantaggio dei nostri soci, di tutti i nostri clienti, dei lavoratori e di tutto il tessuto sociale ed economico del territorio” si legge in un comunicato di Coop Consumatori Nordest che invita i soci della vecchia cooperativa ad aderire alla nuova. “Il 56% dei triestini ha ancora fiducia nelle cooperative: da oggi il nostro impegno sarà rivolto a conquistare l’altro 44%. Abbiamo lavorato sodo per riaprire in breve tempo i punti vendita ed abbiamo costruito un ricco piano di iniziative promozionali: nei prossimi mesi Lei potrà vedere crescere attività e servizi”.

La Cooperativa ha anche presentato i risultati dell’innovativo progettp AttivaGiovani, la raccolta punti che nei supermercati di Reggio Emilia ha raccolto più di 149.000 euro per finanziare tirocini formativi per giovani inoccupati o disoccupati del territorio reggiano. Il progetto è stato reso possibiel grazie al coinvolgimento di associazioni quali Alleanza delle Cooperative Italiane di Reggio Emilia, Agci Confcooperative, Legacoop, Legacoop Emilia Ovest e Legacoop Mantova, Confcooperative Mantova, che hanno fatto da ponte tra le domande, gli enti formativi accreditati e cooperative sociali, imprese e cooperative di comunità ospitanti. “Cresce la domanda di etica” come ha dichiarato Cattabiani a ReggioNelWeb “Nonostante questa sia la fase più bassa del paese, della responsabilità sociale, dell’etica e forse anche della reputazione della cooperazione, e noi, attraverso diverse linee di prodotto che offriamo ai consumatori, diamo risposte in linea con il tipo di domanda che ci pongono”.

 

Rapporto commercio estero agroalimentare: saldo a +47% nel 2014

Fa il punto dei flussi import-export del 2014 il Rapporto del Commercio estero agroalimentare. Il valore del saldo del commercio con l’estero si è attestato intorno ai 43 miliardi di euro (+47% rispetto all’anno precedente). Performance positiva iniziata nel 2012, quando ha avuta luogo un’inversione di tendenza rispetto alla dinamica negativa verificatasi nella bilancia commerciale italiana a partire dal 2004. Lo sottolinea in una nota Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria autore del rapporto.
Le esportazioni, pari a circa 35 miliardi di euro, sono cresciute, rispetto all’anno precedente, in misura superiore alla media dell’economia in generale (rispettivamente 2,7% contro il 2% delle esportazioni totali). Tale performance positiva è da attribuirsi all’aumento dei volumi esportati (4,6%) a fronte di una diminuzione del loro valore (-1,8%). Le importazioni si sono attestate su poco più di 41 miliardi di euro registrando una crescita del 2,9%, in controtendenza rispetto alla media dell’economia (-1,6%).

Verso il Sud America la crescita maggiore
Passando a considerare le aree geografiche, spiccano le esportazioni verso il Sud America, aumentate del 10,6%, e quelle verso il Nord America del 6% circa. Le esportazioni verso l’UE-28 hanno invece segnato una variazione più contenuta rispetto all’anno precedente, pari al 2%. Dal lato delle importazioni, è da sottolineare l’aumento del 42% circa degli acquisti dal Nord America, mentre diminuiscono del 21% circa le importazioni dai Paesi Terzi Mediterranei Africani.

Import: in su crostacei e olio Evo. Export: pasta e vini al top
Quali sono i prodotti che hanno aumentato maggiormente le importazioni? In crescita l’aggregato dei crostacei e molluschi congelati (+15,3%), e dell’olio di oliva vergine ed extravergine (+17,6%), spinto dalle note difficoltà climatiche dello scorso anno. I primi quattro prodotti esportati si confermano invece pasta, conserve di pomodoro, vini rossi e rosati Dop confezionati, prodotti dolciari a base di cacao, tutti bandiere del Made in Italy, ma si evidenzia la crescita degli spumanti di oltre il 27% in un anno, e quella di panelli, farine e mangimi (+22,9%).
La “bilancia per origine e destinazione” mette in evidenza il peso dei prodotti destinati al consumo alimentare diretto, in totale circa l’84% per le esportazioni e il 52% per le importazioni.
Dal punto di vista della “bilancia per specializzazione commerciale” emerge che il peso degli aggregati di importazione ed esportazione netta sul totale rimane praticamente invariato rispetto al 2013.

«Il Rapporto sul commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari – ha dichiarato Salvatore Parlato, Commissario Straordinario del CREA – è un appuntamento istituzionale di riflessione e approfondimento sulle evoluzioni degli scambi commerciali del sistema agroalimentare, nell’anno in cui ospitando Expo gli sguardi del mondo sono puntati sul nostro paese e sui suoi prodotti. Si è data particolare attenzione all’analisi delle voci per l’esportazione individuate con il termine Made in Italy, identificati dai consumatori all’estero come “tipici” del nostro paese, segnalando i principali mercati di destinazione dei prodotti e dei paesi clienti.
«Per quanto concerne i processi di internazionalizzazione – ha sottolineato Gianpaolo Bruno, Direttore dell’Ufficio per la pianificazione strategica, studi e rete estera dell’Agenzia ICE – il settore agro-alimentare sta assumendo una morfologia complessa, in cui i vantaggi competitivi sono sempre di più associati alla capacità delle imprese di presidiare le catene globali del valore, attraverso modalità di collaborazione strategica che raggruppino produttori di beni e servizi interdipendenti, anche dislocati in Paesi diversi, al fine di creare valore percepito per i consumatori finali»

Il vino va forte all’estero, ma la Gdo non convince tutti

Primo semestre positivo per il vino italiano, che secondo i dati Istat nei primi quattro mesi ha messo a segno un incremento delle esportazioni del 3,85% per un totale di quasi 1,189 miliardi di euro, anche se con una contrazione dei volumi di circa il 2%.

Grazie a questa performance, l’85% delle cantine italiane si è dichiarata soddisfatta dell’attuale andamento del mercato, come emerge dal quarto Osservatorio wine2wine di Vinitaly, che ha intervistato oltre 400 cantine tra maggio e giugno.

Il trend è molto positivo soprattutto per le imprese del Nord-Est e dell’Italia meridionale, per quelle mediamente internazionalizzate (cioè presenti con i propri vini in 6-20 mercati) e per quelle con percentuali di export già superiori al 30%.

Grazie all’indebolimento dell’euro sul dollaro e all’andamento generale dell’economia, gli Stati Uniti sono il mercato del momento: il 76,2% delle cantine intervistate ha infatti dichiarato che quello americano è tra i tre mercati (con Canada e Regno Unito) che in questo momento stanno crescendo maggiormente. Questa opinione è condivisa sia dalle aziende che vendono i propri vini in meno di 10 mercati, sia in quelle maggiormente internazionalizzate. Controversi invece i giudizi su altri mercati come la Germania dove un terzo degli intervistati ha dichiarato una crescita delle vendite e un altro terzo una diminuzione. O la Cina dove le aziende più piccole sono positive e quelle più strutturate lo definiscono un mercato in calo.

Quanto ai canali di vendita, le cantine giudicano molto positivo (63,6% degli intervistati) il proprio rapporto con gli importatori, mentre divide il rapporto con la Gdo estera (molto positivo per il 47,3% ma allo stesso tempo particolarmente negativo per il 27,3%).

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In entrambi i casi c’è una correlazione diretta con la dimensione aziendale: le cantine con oltre 10 milioni di euro di fatturato e 1 milione di bottiglie prodotte sono soddisfatte degli importatori nell’85% dei casi, percentuale che scende fino al 41,2% per le cantine che producono fino a 150mila bottiglie. Andamento simile, ma con differenze meno marcate, per le vendite alla Gdo estera.Schermata 2015-07-01 alle 16.43.53

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Il prossimo appuntamento con il Vinitaly è fissato dal 10 al 13 aprile 2016 e sarà la cinquantesima edizione del Salone del vino di Verona.

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