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Carrefour Italia e Fondazione Carrefour: un container per recuperare le eccedenze

Carrefour Italia e Fondazione Carrefour danno il loro contributo al recupero delle eccedenze alimentari all’interno di Expo Milano. Da oggi, infatti, grazie all’intervento dell’insegna francese, l’attività di riutilizzo del Banco Alimentare potrà giovarsi dell’ausilio di un container refrigerante.

Un tassello in pù, dunque, che va ad aggiungersi al proficuo il lavoro svolto sinora in sinergia da Expo Milano 2015, Fondazione Cascina Triulza e Fondazione Banco alimentare Onlus, che insieme hanno salvato dallo spreco oltre 4.500 kg di alimenti tra pane, pasta, passata di pomodoro, scatolame vario, frutta, verdura, salumi e piatti pronti. I prodotti sono stati distribuiti ad alcune delle 250 strutture caritative di Milano convenzionate con Banco Alimentare, che assistono oltre 54.000 persone.

“Il rapporto tra Carrefour e Banco Alimentare è nato cinque anni fa – commenta Grégoire Kaufman Direttore Commerciale e Marketing Carrefour Italia (foto) – e ha fruttato eccellenti risultati. Prodotti alimentari non più commercializzabili nei punti vendita del Gruppo, in diverse regioni italiane, sono stati donati alla Fondazione Banco Alimentare, che li ha raccolti e distribuiti attraverso il suo network su tutto il territorio.
Carrefour ha deciso di aderire al progetto per il recupero delle eccedenze alimentari in Expo, donando un container refrigerante per conservare e quindi destinare maggiori quantitativi di generi alimentari ai più bisognosi. L’iniziativa che presentiamo oggi conferma il valore del nostro rapporto con il Banco Alimentare, rafforzandolo ulteriormente”.

Nel 2014, a livello nazionale, Carrefour ha donato al Banco Alimentare circa 500.000 kg di prodotti che si sono trasformati in oltre 1 milione di pasti destinati alle tavole dei più bisognosi.

Sono circa 50 i punti vendita Carrefour che in Italia rientrano nel perimetro del progetto, un numero significativo che in prospettiva potrebbe essere ulteriormente ampliato sulla rete.

Gourmet e regionalisti i Millennials bevono birra e mangiano sano

Valentina Simonetta, Marketing Manager HEINEKEN ITALIA, Federico Quaranta della trasmissione RAI Decanter, Alfredo Pratolongo, direttore comunicazione e relazioni istituzionali Birra Moretti e Marilena Colussi alla presentazione.

Amano il cibo e considerano l’alimentazione come identitaria. Si rapportano al cibo in termini di sapere, e hanno un forte legame con il territorio d’origine, ma sono anche attenti alla salute e all’ambiente e sono disposti, per il cibo, a spendere di più per acquistare cibi di qualità. È questa la fotografia del Millennial italiano, di entrambi i sessi, tra i 18 e i 35 anni, che emerge dal quinto Osservatorio Birra Moretti “generazione Buongustai” diretto da Marilena Colussi, sociologa dell’alimentazione e ricercatrice delle tendenze alimentari in collaborazione con Doxa Marketing Advice.

Infografica-Osservatorio-Birra-Moretti-2015_Generazione-BuongustaiUn’indagine interessante perché indaga una generazione, fatta di 12 milioni di individui, emergente e pronta a prendere le redini del Paese in un vicino futuro, ma già protagonista nei consumi, e perché, dopo tante ricerche anglosassoni, indaga nelle pieghe dello Stivale. “In questo se da un lato i Millennials italiani hanno molto in comune con i loro coetanei di tutto il mondo, la connettività, le dinamiche social, l’atttenzione alla salute e all’ambiente, ed è vero che le differenze con gli altri Pesi rispetto alle generazioni precedenti si attenuano, dall’altro hanno delle loro specificità forti – spiega Marilena Colussi -. Ad esempio, il forte legame con il territorio, che si esplica soprattutto nel food. Amano i piatti regionali e quando cucinano a questi si rivolgono per lo più. Però è una preferenza senza preclusioni, che non impedisce loro di apprezzare altre cucine regionali. È una generazione che si sente “italiana” solo quando va all’estero. Si sentono più legati alla propria regione.

 

Tutti pazzi per la birra, “facile” e informale

I Millennials italiani, 9 su 10, dichiarano di bere birra (525 intervistati su 602, pari all’87%) e, dato inimmaginabile fino a pochi anni fa, il 71% ama abbinarla a ciò che mangia, ritenendola degna compagna della cucina italiana e regionale nel 59% dei casi. E i dati si impennano ulteriormente quando a rispondere sono i “Beer Lover*, ovvero quei 3,4 milioni (il 28% dei Millennial) che nutrono nei confronti della birra una vera e propria passione privilegiandola, in maniera assoluta, rispetto a tutte le altre bevande e attribuendole valori che esulano dal puro contesto gustativo. Un trend in significativa crescita se consideriamo che solo nel 2010 non superavano il 17% (Osservatorio Birra Moretti “Italiani a Raggi Eat”).

 

Cibo buono, ma anche sano

Ai Millennial piace mangiare bene ma tra i primi pensieri c’è anche la salute. Se è vero, infatti, che per ben il 93% di essi la ‘buona tavola’ rappresenta uno dei piaceri della vita e che l’85% predilige la cucina saporita, è altrettanto vero che il 77% evita di mangiare ciò che pensa potrebbe nuocere all’organismo. L’aspetto salutistico, dunque, pare controbilanciare la pura ricerca del piacere del palato nel momento in cui si prendono in mano le posate: il 92% ritiene l’alimentazione uno dei pilastri fondamentali del proprio benessere, l’87% cerca di consumare prodotti freschi, il 67% cerca di ridurre i grassi, il 61% sta attento alle calorie, il 60% consuma alimenti integrali. Da evidenziare che 1 su 2 (il 54%) dichiara di consumare prodotti biologici e ben 1 su 3 (30%) cerca di evitare la carne.

 

Ieri astronauti (o rivoluzionari), oggi chef: l’aspirazione dei Millennials

L’82% dei Millennial italiani si considera un buongustaio. E buona parte di essi (77%) ama cucinare a tal punto che il 33,7% di loro ha frequentato corsi amatoriali di cucina o di degustazione di vini e di birre. Non a caso, il 44% e il 27% del campione indica rispettivamente fra le professioni preferite per il proprio futuro quella di chef e di sommelier e la percentuale sfiora il 48% quando a rispondere sono le donne, che reputano la professione dello Chef particolarmente aspirazionale. Potere dei media? Forse anche, visto che il 53% degli intervistati dichiara di apprezzare e seguire Master Chef. Infine, e nonostante le limitazioni economiche, ben l’86% degli intervistati si dichiara disposto a spendere di più per acquistare cibi di qualità.

Italmark compra il 70% di Family Market: nasce un gruppo bresciano da 500 mln di euro

Grandi manovre nella GDO bresciana: il gruppo Italmark della famiglia Odolini ha rilevato il 70% del gruppo Family Market, consolidando la propria posizione sul mercato locale e diventando il primo gruppo bresciano del settore.

Quattro dei cinque soci di Family Market hanno venduto, mentre Fabrizio Uberti ha mantenuto il 30% di Family Market, che da srl è passata a spa.

Con l’acquisizione di Family Market Italmark aggiunge la rete di 23 negozi concentrati nel bresciano, 330 addetti e un fatturato 2014 di 85 milioni, che vanno ad aggiungersi ai suoi 47 punti vendita e agli oltre mille addetti. Il nuovo gruppo Italmark dovrebbe sfiorare i 500 milioni di fatturato.

Pasta bandiera italiana: solo il 2% l’ha eliminata per seguire una dieta iperproteica

Carbophobia? No, grazie, siamo italiani. Sembra proprio che gli attacchi ai carboidrati quali principali responsabili di obesità e diabete perpetrati delle varie diete iperproteiche, dalla zona alla Dukan alla funambolica “zona mediterranea”, non stia “attecchendo” più di tanto nel nostro Paese, nonostante la grande esposizione mediatica. Lo rivela una ricerca Doxa (1000 casi rappresentativi della popolazione italiana) commissionata da AIDEPI  ̶  Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane  ̶  dal titolo “Diete low-carb: cosa ne pensano gli italiani”, che per la prima volta ha cercato di fare chiarezza sul reale impatto delle diete iperproteiche nel nostro Paese. Le quali demonizzano l’uso della pasta e trovano da anni terreno fertile specie in aeree come il Nord America. Da noi però si suona un’altra musica, come è giusto che sia nel Paese della pasta: solo il 5% degli italiani ne ha sentito parlare, al di là del clamore mediatico e nonostante queste diete abbiano come testimonial personaggi famosi del mondo dello spettacolo, e soltanto il 2% dei nostri connazionali ha dichiarato di averne seguita una. Molto bassa (18%) è anche la percentuale di chi si dimostra interessato a seguirla in futuro, per lo più uomini che vivono in piccoli paesi del Centro e del Sud Italia. Di coloro poi che hanno sperimentato una delle tre diete low-carb più famose (nell’ordine: Zona, Dukan e Paleolitica), 1 su 3 si è dichiarato insoddisfatto, la metà perché non riusciva a fare a meno di pane e pasta e il resto perché non otteneva i risultati sperati. La dieta ideale resta, per il 72% degli italiani, quella Mediterranea, basata sui carboidrati di pane e pasta. La dieta iperproteica è considerata valida solo dall’11% del campione, mentre il 17% afferma di preferire quella vegetariana o addirittura veganaSe queste diete non fanno breccia in Italia è perché il 70% della popolazione le considera “un controsenso nel Paese della Dieta Mediterranea”, tanto che il 57% è convinto che non le seguirà mai.  Per il 53% degli italiani, infatti, è impossibile rinunciare alla pasta e al pane (45%). Alla pasta non sanno dire di “no” soprattutto gli uomini under 24, nativi dei piccoli centri del Mezzogiorno e delle isole. Per il 90% degli italiani la pasta non solo è buona, ma fa anche bene alla salute.

Riccardo Felicetti, Paolo Barilla e Massimo Menna (Garofalo) alla presentazione della ricerca.
Riccardo Felicetti, Paolo Barilla e Massimo Menna (Garofalo) alla presentazione della ricerca.

“La pasta è una summa di ‘Buona Italia’ – afferma Paolo Barilla, Presidente di AIDEPI -; ha tutte le caratteristiche nutrizionali per affrontare la vita di oggi, è uno dei prodotti più sostenibili, e fornisce tra le calorie più economicamente accessibilI (circa 15 centesimi per porzione). Inoltre è un asset economico fondamentale per il nostro Paese. Oltre ad essere il piatto preferito dalla stragrande maggioranza degli italiani, è sempre più amata anche all’estero, compresi gli Stati Uniti. Alcuni dati dovrebbero far riflettere: in Italia mangiamo in media circa 25 chili di pasta all’anno, tre volte più degli americani. Eppure il tasso di obesità tra gli adulti d’oltreoceano è intorno al 30%, tre volte quello italiano. Non è quindi la pasta a far ingrassare”.Carbophobia_INFOGRAFICA

La principale accusa rivolta ai carboidrati da tutte le diete a base proteica è di provocare picchi glicemici responsabili di una risposta sempre meno efficace all’insulina, favorendo malattie come diabete e obesità. In realtà i carboidrati complessi della pasta, a lento assorbimento, provocano un più graduale innalzamento della glicemia e contribuiscono a creare una sensazione di sazietà. L’indicazione della cottura al dente (imprescindibile per la nostra cucina) è fondamentale, visto che la cottura prolungata, attraverso una maggiore liberazione dell’amido, rende più rapida la digestione e più alto il picco glicemico postprandiale. Il controllo glicemico è anche favorito da un’alimentazione ad alto contenuto di carboidrati e fibre: frutta, legumi, avena, alimenti a base di cereali integrali, crusca di frumento e verdure andrebbero dunque usate come sugo per ottenere un piatto equilibrato.

 

Pedon: inaugurato in Egitto un nuovo stabilimento di 5 mila metri quadrati

Pedon sbarca ufficialmente in Egitto con l’apertura di un nuovo stabilimento della divisione industria ACOS. Un investimento da 2 milioni di dollari per un’area da 5.000 metri quadri, 60 collaboratori locali impiegati e una produzione annua di 15.000 tonnellate di legumi.

Una scelta strategica per aumentare le fonti di approvvigionamento del Gruppo e accrescere l’internazionalizzazione e l’espansione verso nuovi mercati.

pedon linea

«L’apertura dello stabilimento in Egitto è un segno importante della continua crescita e vitalità del Gruppo – spiega l’AD Remo Pedon – La presenza in quest’area strategica ci permetterà di aumentare la capacità produttiva e di aprire nuovi sbocchi commerciali verso i Paesi del Mediterraneo, accrescendo la nostra presenza sui mercati internazionali e con l’obiettivo di commercializzare il 20% della produzione annua di cannellini egiziani entro il 2016».

Alla presenza di clienti, istituzioni e fornitori Remo Pedon ha avviato la nuova linea produttiva, innovativa per la tecnologia adottata e all’avanguardia per il settore. L’investimento di oltre 2 milioni di dollari, proviene in parte da fondi propri e in parte da istituti bancari che hanno supportato il Gruppo Pedon in questo importante progetto. Una volta a pieno regime, si raggiungerà la produzione annua di 15.000 tonnellate principalmente di fagioli cannellini, ma dal prossimo anno entreranno in produzione anche fagioli borlotti, lenticchie e altri tipi di legumi.

Il sito produttivo di Acos Egypt è inserito nel nuovo polo industriale di Giza – a circa 30 chilometri da Il Cairo – un’area strategica e in forte espansione scelta anche da altre importanti realtà multinazionali come GM, Nissan, Coca Cola, Unilever e Procter & Gamble.

 

Carpenè Malvolti chiude la partnership con Giv e distribuisce in diretta

Dopo un periodo di oltre quindici anni, in cui la vendita dei propri prodotti sul mercato Italia è stata affidata a partner distributivi di assoluto e riconosciuto valore (e in modo particolare negli ultimi cinque al Gruppo Italiano Vini) – si legge in una nota diffusa dall’azienda –  Carpenè Malvolti ha deciso di ricondurre a se stessa anche la gestione delle dinamiche commerciali attraverso una propria rete vendite dei propri vini spumanti e distillati, a presidio sia del canale moderno che di quello tradizionale nonché del duty free.

Si tratta di una scelta voluta dalla famiglia Carpenè e dal management che, in un più ampio quadro di rinnovamento strategico in ambito commerciale e marketing intrapreso ormai da due anni, si assumono anche la responsabilità del presidio distributivo sul mercato nazionale, da sempre riferimento imprescindibile, che oggi rappresenta ben il 45% del fatturato totale.

L’operazione è stata decisa nella convinzione che una strategia sempre più fortemente consumer oriented non possa prescindere dalla gestione diretta di tutte le dinamiche che la guidano, anche a supporto della brand equity.

Un concetto ribadito da Etile Carpenè, che dopo aver espresso soddisfazione per gli anni di collaborazione con il Gruppo Italino Vini ha detto che la decisione è in linea con «una nuova e più generale strategia di sviluppo su tutti i cinquanta mercati in cui l’Azienda da più decenni opera, in coerenza con gli obiettivi di medio-lungo termine che la nostra azienda si è recentemente posta, in coincidenza peraltro sia con il prossimo avvicendamento con la quinta generazione, rappresentata da mia figlia Rosanna, sia con l’ormai prossima importante storica tappa dei 150 anni nella conduzione diretta e continuativa dell’attività d’Impresa».

Arriva Viviana l’uva italiana, un progetto di valorizzazione che fa cultura di prodotto

È finanziato dall’Unione Europea e promosso da Italia Ortofrutta – Unione Nazionale il progetto di valorizzazione dell’uva da tavola ‘Viviana, l’uva italiana’, presentato a Fruit Innovation, in corso di svolgimento a Fieramilano Rho.

Sono 12 le Organizzazioni di Produttori (OP) che hanno deciso di aderire al progetto, pronte a riconoscersi e farsi conoscere dal mercato tramite un marchio comune, tutte provenienti da territori (Puglia, Sicilia e Basilicata) vocati alla coltivazione di questo prodotto. Le Op aderenti sono. A. Bio.Med, Agricola Hortoitalia, Agritalia, Apoc Salerno, Assofruit Italia, Eredi Pietro Di Donna, Frutta più, Pugliaviva, Ecofarm, Consorzio fonteverde, Opi Sicula, Tarulli.

Insieme hanno fatto una scelta precisa di valorizzazione del settore, che cerca di opporsi con una strategia di inclusività alla forte crisi che da qualche anno lo attraversa. I consumi infatti sono calati senza sosta: solo nel 2010 le famiglie italiane acquistavano annualmente 8.254.164 tonnellate di ortofrutta l’anno, scese a 8.187.742 nel 2011, a 8.023.756 nel 2012 per arrivare alle 7.843.229 tonnellate del 2013 (fonte Ismea). Riassumendo, nell’arco di 13 anni (dal 2000 al 2013) il consumo medio di ortofrutta è calato di 138 chili a famiglia, e gli acquisti sono passati da 461 chili a 323 chili.

«Attraverso un marchio unico in grado di comunicare al consumatore informazioni utili ad accrescere il valore dell’uva da tavola – spiega Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta – i produttori che hanno deciso di partecipare al progetto ‘Viviana’ immettono sul mercato uva di prima scelta, superando così la criticità legata alla frammentazione dell’offerta. Questo è il modo migliore per uscire dalla crisi che ha colpito tutti: produttori, consumatori e grande distribuzione».

Il marchio Viviana riunisce quindi alcune delle migliori organizzazioni italiane di produttori per sviluppare nuove relazioni con la Gdo in un’ottica di partnership. Le OP coinvolte infatti sono in grado di fornire un approvvigionamento costante sia dal punto di vista temporale che di qualità, valori che certamente possono contribuire alla fidelizzazione del cliente. Ed è proprio questo uno dei punti di forza di ‘Viviana’: portare nei supermercati un prodotto 100% made in Italy e mettere a sistema una serie di plus che le organizzazioni dei produttori coinvolte potevano già vantare, ma che vedranno potenziate grazie al marchio Viviana.

Grazie alle forze in campo – 351 produttori, per 4.656 ettari e 120 mila tonnellate di uva prodotta – il progetto Viviana mette a disposizione della Gdo le principali varietà di uve da tavola italiane con e senza semi per un periodo che va da luglio a dicembre, tutte da filiera controllata e tracciabile.

Asiago Dop: i dati dell’Osservatorio testimoniano un trend positivo

Asiago Dop: ecco cosa ci racconta l’Osservatorio sul mercato lattiero caseario, presentato da Camera di Commercio di Vicenza, Associazione Commercianti di Thiene e Consorzio per la Tutela del Formaggio Asiago.

La ricerca che, ha analizzato l’andamento di mercato nell’anno 2014 e 2015, segnala una significativa crescita sia in volume (+ 7%) che a valore (+ 5,8%) sui dati comparati tra il primo trimestre 2015 e quello del 2014. La spesa media aumenta dell’8,4%, per effetto dell’incremento dell’acquisto medio conseguente all’intensificarsi degli atti d’acquisto per lo stesso nucleo familiare. Interessante anche il dato sugli acquisti: Asiago DOP si conferma particolarmente apprezzato nel Sud Italia e nel Nord Est, dove sono ripartiti rispettivamente il 29,9% ed il 28,9% degli acquirenti totali con una percentuale di penetrazione assoluta del 48,7%. I risultati si riferiscono ad un campione che rappresenta le 24,2 milioni di famiglie consumatrici a livello nazionale.

“Le analisi di mercato dell’Osservatorio e le rilevazioni dei prezzi del formaggio Asiago effettuate dalla Camera di Commercio di Vicenza presso la Sala Contrattazione di Thiene rappresentano una fotografia effettiva dei prezzi all’ingrosso praticati dagli operatori; in questo senso si tratta dell’unica fonte accreditata e attendibile, da noi riconosciuta.” – afferma il Direttore del Consorzio di Tutela Formaggio Asiago, Flavio Innocenzi.

Flavio Innocenzi, Elisabetta Boscolo, Franco Benvegnù
Flavio Innocenzi, Elisabetta Boscolo, Franco Benvegnù

Per Elisabetta Boscolo, Segretario Generale della Camera di Commercio di Vicenza “L’Osservatorio valorizza il ruolo storico della piazza thienese mettendo a disposizione degli operatori dati concreti, oggettivi. Ciò è il risultato di una profiqua attività realizzata in collaborazione con le Associazioni di categoria e il Consorzio di Tutela con l’obiettivo di fornire al mercato elementi di valutazione utili alla programmazione dei prossimi anni”. Una valutazione condivisa anche da Franco Benvegnù, direttore Confcommercio di Thiene, il quale riscontra come “incrociando i dati della produzione con quelli dei consumi, si ottiene uno stimolo chiaro che permette di tracciare con maggiore incisività la strada da percorrere insieme, operatori del territorio e istituzioni. Una strada che va diretta verso il sostegno alle produzioni di qualità, patrimonio unico da promuovere e valorizzare”.

 

Tonno in scatola, +5% nel 2014. Piace a giovani e sportivi

Aumenta il consumo di tonno in scatola: nel 2014, secondo le elaborazioni dell’ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici) su dati Istat, ha segnato un +5%. Pratico ed economico, adatto a un consumo veloce, il tonno in scatola è un prodotto presente, secondo una ricerca DOXA/ANCIT, nel 94% delle case italiane.

Il valore del settore del tonno in scatola nel 2014 è stato di 1,1 miliardi di euro. La produzione, stabile rispetto al 2013, si è attestata a 67.300 tonnellate mentre il consumo da parte degli italiani ha toccato quota 144.500 tonnellate (+5% rispetto al 2013) pari a circa 2,3 kg pro capite.
Nello stesso arco di tempo le esportazioni hanno raggiunto le 20.655 tonnellate (+14%), confermando un crescente interesse per il nostro prodotto all’estero, mentre le importazioni si sono attestate 97.880 tonnellate (+17%). L’Italia si conferma così come uno dei più importanti mercati al mondo per il consumo e come secondo produttore europeo, dopo la Spagna.

“Il 2014 è stato un anno positivo per l’industria italiana del tonno in scatola che ha evidenziato ancora una volta la sua natura anticiclica – afferma Vito Santarsiero Presidente dell’ANCIT – . Oggi gli italiani stanno virando sempre più spesso verso quei prodotti alimentari, come il tonno, in grado di coniugare gusto, salute e allo stesso tempo risparmio: parliamo infatti di un alimento che, grazie all’impegno dell’Industria di trasformazione italiana, fornisce proteine ad un costo tra i più convenienti.”

 

Under 25 e sportivi i grandi fan del tonno

Un’indagine commissionata dall’Associazione Nazionale Conservieri Ittici alla Doxa ha fotografato il vissuto e la conoscenza degli italiani rispetto al tonno in scatola. Scopriamo che questo alimento piace soprattutto agli under 25 e alle famiglie dove ci sono i bambini.
I consumatori totali di tonno sono il 94% della popolazione e quasi un italiano su due (43%) lo mangia ogni settimana, soprattutto perché è facile, veloce da preparare e versatile. Ma anche in virtù dei suoi valori nutrizionali, come le proteine nobili e gli omega 3. Tra gli italiani che praticano sport – circa il 50% del campione analizzato – 7 su 10 lo inseriscono nella “top five” degli alimenti cui non saprebbero rinunciare (insieme a carni bianche, legumi, yogurt e bresaola).
E il piatto a base di tonno preferito dagli italiani? Al primo posto troviamo gli spaghetti con il tonno, seguito a ruota da insalata di riso e insalata di tonno, due cardini del cibo light e fast tipico della bella stagione. Quanto agli ingredienti con cui abbinarlo, tonno mai senza… pomodoro: per 1 italiano su 3 (31%) è questo è l’ingrediente con cui viene più utilizzato in cucina. Subito dietro troviamo pasta (27%), riso (16%), uova (9%), peperoni (4%) e infine carciofi (3%).

Royal Ahold e Delhaize, prove di fusione verso una supercatena internazionale

Foto: Delhaize.

Due grandi gruppi della GDO, europei ma con forti interessi nel mercato USA (dove realizzano il 60% delle vendite), l’olandese Royal Ahold (cui fanno riferimento i marchi Albert Heijin, Gall&Gall e Etos) e il belga Delhaize (3.410 pdv in sette Paesi in tre continenti), hanno confermato l’avvio di trattative per una possibile fusione, che darebbe vita alla quinta insegna della grande distribuzione in USA con vendite da 54 miliardi di Euro, e in Europa al quarto retailer per dimensioni. Secondo James Grzinic, analista di Jefferies a Londra, le probabilità che l’accordo si concluda sono 50/50, come riporta il European Supermarket Magazine.

La fusione potrebbe portare, secondo gli analisti, a sinergie fra i 400 e i 600 milioni di dollari nel mercato americano e a una maggiore capacità di fare fronte agli agguerriti competitor. Lunedì alla prima notizia delle trattative le azioni di Ahold erano salite del 5,5% per un valore di mercato di 16,3 miliardi di Euro mentre quelle di Delhaize hanno guadagnato il 15% per un valore complessivo di 8,6 miliardi di Euro.

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