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Latte vegetale, nuove formulazioni sempre più tech

2022: il latte vegetale raggiungerà nuove frontiere grazie alla ricerca di nuove materie prime: dai piselli alle patate fino a alle arachidi Bambara.

 

Se il 2021 ha buone probabilità di essere ricordato per i nuggets e i burger vegetali o ottenuti con carne coltivata, il 2022 potrebbe essere l’anno dell’altro latte.

Ovvero di nuove formulazioni di latte vegetale, che stanno rapidamente prendendo forma. Intendiamoci: di latte vegetale son già pieni gli scaffali, ma il mondo del food tech è ancora e sempre alla ricerca di alternative al dairy sempre più raffinate e ‘verosimili’; versatili, insomma, tanto quanto il latte vaccino (sia per sapore che per consistenza e resa alla cottura).

E i colossi del food stanno rispondendo con sollecitudine all’appello.

Come dimostra, per esempio, Impossible Foods che dopo il successo riscosso nell’ambito dei succedanei della carne (da gennaio è disponibile anche Impossible Pork, a base di pseudo carne suina), sta progettando di produrre un’alternativa al latte a base vegetale chiamata appunto, Impossible Milk, realizzata – sostiene l’azienda – per funzionare e proprio come il latte vaccino di origine animale. E questo perché Impossible Milk è cremoso come il ‘latte vero’ e perché non si coagula nelle bevande calde come altri latti a base vegetale.

Novità anche da Nestlé che ha lanciato Wunda, una nuova bevanda a base di piselli che, secondo l’azienda, è “epica” e che si differenzia dalle altre referenze oggi sul mercato in quanto versatile, ricca di proteine e fibre, povera di zuccheri e grassi, arricchita di calcio e fonte di vitamine D, B2 e B12 e in grado di montata a schiuma (diversamente da altri drink vegetali).

E non finisce qui: anche Beyond Meat si sta preparando per entrare nel settore lattiero-caseario con il marchio Beyond Milk depositato il 12 agosto. Ancora nessuna informazione sul prodotto o sulla tempistica per il lancio ma una cosa è certa: il brevetto riguarderà “basi per fare milkshake; bevande a base di caffè o tè con latte o succedanei del latte”.

E poi c’è chi si butta su materie prime fino ad ora inedite. Come La startup WhatIF Foods (con sede a Singapore) che ha appena lanciato sul mercato il suo nuovo BamNut Milk, realizzato con una base di arachidi Bambara, olio di cocco e burro di karitè. Oppure come la start-up svedese che ha lanciato Dug il latte vegetale a base di patate che – dicono i suoi creatori – non fa solo schiuma come un vero latte, ma è molto più sostenibile, anche rispetto ai latti vegetali della concorrenza sul mercato. 

Kitkat green tea matcha arriva in Italia e in tutta Europa

Ancora più instagrammabile, dal sapore orientale travolgente, di un verde color giada proprio come il matcha di cui è arricchito: il wafer più amato al mondo firmato KitKat arriva in Italia con una ricetta completamente nuova ispirata al Giappone. Il KitKat Green Tea Matcha si ispira infatti a una delle più popolari varietà tra le oltre 350 create negli anni in Giappone dove il KitKat è un vero e proprio culto e il Matcha il tè verde per eccellenza.

Il Matcha è una bevanda tradizionale fatta di tè verde in polvere che in Giappone si consuma da secoli e spesso viene preparata nel corso di un’elaborata cerimonia del tè. Nel KitKat Green Tea Matcha il tè si unisce al cioccolato bianco per ottenere un gusto dolce e aromatico e un colore verde assolutamente naturale.

Dopo il KitKat Rosa, il nuovo KitKat arriva non solo in Italia ma abbraccia tutta l’Europa per portare questo sapore inedito fuori dal Paese del Sol Levante dove è nato nel 2004 ed è stato sin da subito un successo tanto che oggi ne esistono ben 7 varianti. “Siamo entusiasti di portare quest’anno in Italia il KitKat giapponese più iconico”, ha affermato Federico Giorgio Marrano, Marketing Director Confectionery Division Nestlé Italia

“I lanci di KitKat Ruby e KitKat Green Tea Matcha – continua Giorgio Marrano – sono la dimostrazione del nostro impegno su uno dei più importanti marchi internazionali nel settore dei dolciari e della continua attenzione ai nuovi trend e all’evoluzione dei gusti e delle richieste del consumatore.”

Il tè matcha infatti sta prendendo sempre più piede in Italia per le riconosciute proprietà benefiche e come ingrediente originale per la preparazione di bevande e dolci. Il celebre four finger soddisfa non solo chi è sempre alla ricerca di innovazione e al passo con le tendenze ma anche le richieste degli amanti del cioccolato di avere a disposizione nuovi gusti di KitKat anche al di fuori del Giappone.

“Il KitKat al tè matcha è il più venduto in assoluto ed è uno dei prodotti più amati dai giapponesi – spiega Yuji Takeuchi, Confectionery Marketing Manager Nestlé Japan –. Ha un valore emozionale ed è popolare sia come regalo che come souvenir per i turisti. Ecco perché in Giappone esistono anche versioni di KitKat legate a specialità regionali.”

Il nuovo KitKat Green Tea Matcha ha una ricetta nuova creata ad hoc per il mercato europeo, è realizzato con fave di cacao certificate UTZ e tè verde Matcha originario del Giappone e della Cina. Non contiene coloranti artificiali, aromi o conservanti.

Sanpellegrino, 70 milioni per far crescere Acqua Panna (e il suo stabilimento)

Sanpellegrino annuncia un importante investimento su Acqua Panna: 70 milioni di euro stanziati nei prossimi 3 anni per farne la “premium still water” del Gruppo Nestlé nel mondo.

Il progetto prevede l’avvio di un Masterplan per il re-design architettonico, l’incremento di efficienza del sito produttivo di Scarperia e San Piero e un investimento in comunicazione per fare da volano a un ulteriore sviluppo del brand sui mercati internazionali. Acqua Panna, con una crescita del 13% a volume nel 2017, ha contribuito a trainare l’export del Gruppo anche lo scorso anno. Sanpellegrino ha chiuso il 2017 con un fatturato di 895 milioni di euro e, grazie a prodotti come le acque minerali Acqua Panna e S.Pellegrino e le bibite a marchio Sanpellegrino il suo giro d’affari è cresciuto del 7,8% a volume in Europa e del 14,8% a volume in America Latina.

“Vogliamo rendere lo stabilimento di Scarperia e San Piero ancora più performante – ha dichiarato Federico Sarzi Braga, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino – per sostenere il business nei prossimi anni e dare uno slancio ancora più forte all’internazionalizzazione di Acqua Panna, un brand che ha superato i 300 milioni di bottiglie vendute nel mondo e ha registrato una crescita esponenziale a volume del 25%, negli ultimi cinque anni. Con questo investimento intendiamo incrementare la produzione per entrare in nuovi mercati e ampliare il bacino di distribuzione negli Stati Uniti, negli Emirati Arabi, in Russia e nei 120 Paesi nei quali siamo attualmente presenti”.

Il Masterplan, fondamentale per aumentare l’efficienza produttiva, incrementare la disponibilità di prodotto e realizzare nuovi formati, prevede interventi per rendere ancora più funzionale la linea PET esistente e affiancarle una nuova linea. Anche il layout di fabbrica sarà reso più competitivo con la realizzazione di un nuovo magazzino per lo stoccaggio dei prodotti. Il piano triennale di lavori si aprirà il prossimo anno con gli interventi sulla linea produttiva e si chiuderà nel 2021 con il re-design architettonico del sito produttivo e di Villa Panna.

Questo progetto sarà supportato anche da importanti investimenti in comunicazione per promuovere ancora di più la qualità, l’unicità e il territorio di origine di Acqua Panna nel mondo. L’obiettivo di Sanpellegrino è rafforzare il posizionamento premium di Acqua Panna nel canale Ho.re.ca. e raggiungere un nuovo target nel canale “fuori casa” attraverso nuovi formati e una comunicazione mirata. Il primo passo in questa direzione è il lancio di una nuova immagine studiata per valorizzare ancora meglio la storia del brand e il territorio d’origine. Un logo più iconico che reinterpreta gli elementi dell’etichetta: la presenza del “giglio”, la data “1564” e la parola “Toscana” con un forte rimando alle sue origini.

Il progetto è stato presentato in un incontro agli oltre 170 dipendenti (FTE) del sito produttivo dove viene imbottigliata Acqua Panna, nel quale sono intervenuti l’Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino, Federico Sarzi Braga, il Direttore della Business Unit Internazionale, Stefano Marini, il Direttore dello stabilimento, Donatella Cursi, il Responsabile delle Segreteria del Presidente della Regione Toscana, Paolo Ernesto Tedeschi e il Sindaco di Scarperia e San Piero, Federico Ignesti. Presenti anche i Sindaci del Mugello.

Che aspetto ha un prodotto innovativo cinese? Ce lo dice Nestlé

In che direzione va l’innovazione di prodotto in Cina? Una risposta possibile, che può valere milioni di dollari, viene da Nestlé che ha lanciato il primo prodotto sviluppato dal suo nuovo team di incubatori in Cina. Xingshan è un nuovo marchio di bevande a base di erbe pronte da bere e zuppe realizzate con ingredienti tradizionali cinesi. Il target è costituito, nei piani della multinazinale svizzera, da professionisti urbani superimpegnati.

La gamma comprende tre bevande e tre zuppe, tutte a base di erbe note anche nella medicina tradizionale cinese. Gli ingredienti chiave sono la rosa, il melograno, la tremella (un fungo noto anche come fungo della neve o fungo dell’orecchio argento) e il fungo.

Il lancio mostra come Nestlé stia sfruttando nuove piattaforme di innovazione e incubatori interni per accelerare lo sviluppo di prodotti che soddisfino i gusti dei consumatori in rapida evoluzione. Xingshan è passato dall’iniziativa al lancio in soli otto mesi, e sarà venduto per la prima volta su piattaforme di e-commerce.

Xingshan è stato sviluppato congiuntamente dal nuovo team di incubatori Nestlé China e dal marchio Nestlé Totole. I prodotti si basano su molti anni di ricerca di Nestlé R & D in Cina.

Si ispirano ai benefici della medicina e della cucina cinese, che riprendono selezionando accuratamente gli ingredienti tradizionali e massimizzando il loro valore nutrizionale tramite la tecnologia moderna.

Nestlè paga 7,15 miliardi di dollari per vendere prodotti con il brand Starbucks

È costato a Nestlè 7,15 miliardi dollari (6 miliardi di euro) l’accordo che consentirà alla multinazionale svizzera di vendere caffè con il marchio Starbucks a supermercati, ristoranti e catering, comprese capsule Nespresso con il marcio della sirena. Con questa “alleanza globale” secondo Bloomberg, le due aziende “uniscono le forze per ringiovanire i loro imperi del caffè”, mentre una nota della compagnia di Seattle parla di “accelerare e crescere la diffusione globale del brand Starbucks nel largo consumo e nella ristorazione”, sia nel mercato casalingo che nel fuoricasa.

Grazie all’accordo Nestlé potrà anche vendere e distribuire i caffè in grani e altri prodotti.

“Questa alleanza globale del caffè porterà l’esperienza di Starbucks nelle case di milioni di persone in più in tutto il mondo grazie alla diffusione e alla reputazione di Nestlé” ha detto Kevin Johnson, presidente e Ceo Starbucks -. L’accordo storico fa parte del nostro attuale sforzi di focalizzare ed evolvere la nostra azienda per incontrare i bisogni del consumatore e siamo orgogliosi di lavorare con una compagnia con la quale condividiamo i nostri valori”.

“Questa transazione è un passo significativo per le nostre vendite di caffè, che è la categoria di Nestlé con la crescita maggiore – ha dichiarato Mark Schneider CEO di Nestlé -. Con Starbucks, Nescafé e Nespresso uniamo tre marchi iconici nel mondo del caffè. Siamo entusiasti di lavorare con Starbucks con la quale condividiamo la passione per il caffè di alta qualità e siamo considerati leader globali per i loro approvvigionamenti sostenibili della materia prima”.

Le due compagnie lavoreranno congiuntamente per creare nuovi, innovativi prodotti e Nestlè punta in particolare ad espandere la sua presenza sul mercato nordamericano. 

L’accordo che dovrà passare il vaglio degli enti regolatori, dovrebbe finalizzarsi tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno 2018. Dall’accordo sono esclusi i caffè solubili, il tè e i succhi.

L’accordo non avrà nessun effetto sulle 28mila caffetterie in tutto il mondo della compagnia di Howard Schultz. Il quale in occasione del suo intervento a Seeds & Chips ha dichiarato che il primo store in Italia, una Roastery con il partner Percassi, aprirà i primi di settembre nell’edificio delle ex Poste in Piazza Cordusio a Milano, dove i lavori fervono ormai da tempo.

 

 

Ferrero compra Willy Wonka (e l’intero business dolciario Nestlè USA)

Il gruppo Ferrero acquisirà  il business dolciario statunitense di Nestlé per 2,8 miliardi di dollari. Il che significa più di 20 storici brand americani, tra cui marchi di cioccolato iconici come Wonka, che evoca il mitico personaggio di Roald Dahl, ma anche Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets, Crunch, Chunky, OhHenry!, SnoCaps, e i brand di caramelle SweeTarts, LaffyTaffy e Nerds, FunDip, PixyStix, Gobstopper, BottleCaps, Spree e Runts. Con questo accordo Ferrero diventa la terza azienda di cioccolato del mondo. Una nota della multinazionale elvetica colloca la chiusura della transazione intorno alla fine del primo trimestre 2018.

Nel 2016 l’attività dolciaria negli Stati Uniti di Nestlé ha generato un fatturato di circa 900 milioni di dollari: rappresenta circa il 3% delle vendite del gruppo negli USA. 

«Con Ferrero abbiamo trovato una casa eccezionale per il nostro business dolciario statunitense dove prospererà. Allo stesso tempo, l’operazione consente a Nestlé di investire e innovare in una serie di categorie che prevediamo in forte crescita in futuro e dove deteniamo la leadership come il cibo per animali, l’acqua in bottiglia, il caffè, i pranzi surgelati e gli alimenti per l’infanzia» ha dichiarato il CEO di Nestlé Mark Schneider.

Giovanni Ferrero, presidente esecutivo del gruppo, ha detto: «Siamo entusiasti di aver acquisito il business dolciario di Nestlé negli Stati Uniti, che porta con sé un portafoglio eccezionale di marchi iconici ricchi di storia e di incredibile riconoscibilità. Insieme alla attuale presenza di Ferrero sul mercato statunitense compresa l a recente acquisizione del marchio Fannie May Confections e Ferrara Candy Company, aumenteremo in maniera sostanziale la nostra presenza e l’offerta di prodotti di qualità nel più grande mercato dolciario del mondo».

Secondo vari commentatori americani la decisione di Nestlè deriva dalla volontà di focalizzarsi su categorie più salutiste: il business dolciario ha infatti negli ultimi anni avuto un andamento inferiore al previsto proprio in seguito alle nuove istanze per la salute. Per Ferrero l’acquisizione significa invece l’entrata in forze nel mercato americano, da tempo tra i suoi obiettivi.

L’accordo riguarda solo i marchi specificamente per il mercato americano e non comprende i prodotti da forno Toll House, brand strategico che la compagnia continuerà a sviluppare. Quello degli USA è il primo mercato per Nestlé che vanta prodotti nel 97% delle famiglie americane con brand come Purina, Nestlé Pure Life, Coffee-Mate, Gerber e Stouffer’s. Nestlè ha 50.000 dipendenti in oltre 120 locations across degli Stati Uniti comprese 77 fabbriche e 10 centri di sviluppo e ricerca.

Da Walmart a Nestlé alleanza con la tecnologia blockchain Ibm per un cibo più sicuro

Ci sono i grandi nomi della filiera alimentare (da Nestlé a Walmart, da Dole a Golden State Foods, da Kroger a Tyson Foods e McCormick and Company) nel consorzio di aziende che ha annunciato la collaborazione con IBM per un progetto basato su tecnologia blockchain. Obiettivo: migliorare la trasparenza della filiera alimentare a livello globale. E quindi la sicurezza.

Ogni anno infatti una persona su dieci contrae malattie in seguito all’assunzione di cibo contaminato, e 400.000 persone muoiono per le conseguenze. Molti dei problemi critici che riguardano la sicurezza alimentare, come contagio incrociato e diffusione di patologie, sono acutizzati dal mancato accesso a informazioni e tracciabilità. L’identificazione del punto esatto dal quale si è originato il problema può richiedere settimane, con tutti i rischi legati alla sua diffusione, ai mancati introiti e allo spreco dei prodotti. Ad esempio, per identificare la fonte di contaminazione agricola in occasione di un recente caso di salmonella nella papaya sono stati necessari più di due mesi.

 

Cooperazione e tecnologia per bloccare la catena in pochi minuti

La blockchain è lo strumento ideale per affrontare tali sfide poiché definisce un ambiente fidato per tutte le transazioni. Nel caso della supply chain alimentare, tutti i partecipanti – agricoltori, fornitori, trasformatori, distributori, rivenditori, regolatori e consumatori – possono accedere alle informazioni relative all’origine e allo stato degli alimenti a ogni passo della catena. Ciò permette a tutti i componenti dell’ecosistema di tracciare velocemente, e all’origine, i prodotti che sono stati esposti a un contagio, assicurando così la rimozione dagli scaffali e fermando la diffusione di problemi sanitari.

In test svolti sia in Cina che negli Stati Uniti, IBM e Walmart hanno di recente dimostrato che la blockchain può essere utilizzata per tracciare un prodotto, dall’azienda agricola per tutti gli stadi successivi fino agli scaffali del negozio, nel giro di pochi secondi, anziché in giorni o settimane. Questi test hanno inoltre dimostrato che le parti coinvolte nell’intera supply chain alimentare globale considerano la sicurezza degli alimenti un problema di collaborazione piuttosto che un problema di concorrenza, e sono disponibili a cooperare per migliorare il sistema alimentare globale. 

Come ha spiegato Frank Yiannas, vice presidente, Food Safety, Walmart, «La tecnologia blockchain consente lo sviluppo di una nuova era di trasparenza end-to-end nel sistema alimentare globale, e ciò implica la possibilità di fare luce sui protagonisti dell’ecosistema alimentare che promuoveranno ulteriormente azioni e comportamenti responsabili. Essa permetterà inoltre alle aziende di condividere le informazioni rapidamente e con sicurezza tramite una rete potente e affidabile. Ciò è fondamentale per assicurare che il sistema alimentare globale sia sicuro per tutti».

 

Integrazione e sicurezza

Per velocizzare l’adozione di questa tecnologia – le blockchain sono già utilizzate nei più svariati settori, dalla floricultura agli immobili, dalla finanza all’istruzione, dalle assicurazioni e ai servizi medici -IBM sta per introdurre la prima piattaforma di produzione blockchain enterprise-grade totalmente integrata e sviluppata con un lavoro realizzato con oltre 400 aziende.

Ampiamente testata e pilotata, la piattaforma si occupa di numerosi punti critici delle imprese, compresi i requisiti aziendali e tecnici in materia di sicurezza, performance, collaborazione e privacy. Si basa su un’architettura che utilizza oltre il 55% dei sistemi di transazione globali attualmente esistenti. Operando nel cloud IBM, offre una protezione eccezionale dagli abusi di credenziali degli utenti interni e da malware hardware, e assicura la protezione della crittografia hardware. IBM Blockchain Platform assicura il livello di protezione 4 FIPS140-2 antimanomissione più elevato disponibile in commercio per le chiavi di crittografia. IBM non può accedere in nessun caso ai dati crittografati dell’ecosistema blockchain, neppure per decisione giudiziaria. 

Cibo über alles. Ma non ci sono più gli italiani di una volta, parola del Censis

Prudenti e risparmiosi, gli italiani hanno affrontato la precarietà economica di questi anni da vere formichine, tanto da avere accumulato ben 133 miliardi di euro di cash cautelativo dall’inizio della crisi a oggi.

E i consumi ne hanno fatto le spese. Anche quelli alimentari (sebbene in misura minore).

Oggi la macchina sembra essersi rimessa in moto e la spesa alimentare oggi ha raggiunto il 14,3% sul totale dei consumi delle famiglie. Ecco quanto è emerso da “Il futuro dell’alimentazione: tra stili di vita contemporanei e nuovi modelli di fruizione”, la nuova ricerca Censis per Nestlé Italiana1 presentata dal direttore generale dell’Istituto, Massimiliano Valerii.

Ovviamente però il consumatore che sta rimettendo mano al borsellino ha assunto un profilo ben diverso da un tempo.

Sceglie in maniera sempre più soggettiva e si rivela pragmatico nelle scelte. A spingerlo alcuni specifici driver: funzionalità, qualità, sicurezza, eticità e italianità.

L’esito di questo mix è la scelta di prodotti diversi: dal cibo pronto e semipronto (utilizzato da oltre 31 milioni di italiani) ai cibi salutisti che siano “free from” o “plus” (26 milioni), dal take-away acquistato on line (19,4 milioni), al cibo dei distributori automatici (25,3 milioni).

E in ogni scelta non si muove a casaccio, ma si informa prima. Sul web soprattutto (con una media del 57%, che sale al 74,2% nel caso dei Millennial).

In rete si cercano e si verificano i requisiti ritenuti veramente validi e in questo la mallevadoria della marca gioca un ruolo ancora molto importante: “Gli italiani – spiega infatti Valerii – compresi i Millennial, sono disposti a pagare di più per il prodotto di marca, soprattutto quando comprano alimenti salutistici (71,1%), cibi pronti o semipronti (69,6%), prodotti nei distributori automatici 71,3%)”.

Perché la Marca è strettamente collegata al concetto di reputazione, e la reputazione è un concetto molto importante al punto che per il 35% degli italiani vale più del prezzo.

L’italianità all’estero

Se il made in Italy è importante per noi italiani, anche all’estero ha ormai assunto un ruolo interessante. Dalla ricerca Censis, emerge infatti che l’esportazione di prodotti (food e beverage) italiani nel 2016 ha toccato quota 31,3 miliardi, crescendo dal 2010 al 2016 del 41,5% e solo in un anno (dal 2015 al 2016) del 3,5%.

E non sono solo i Paesi “storici” (estimatori assodati delle nostre produzioni) ad apprezzare i nostri prodotti: è infatti sorprendente la crescente attenzione che molti paesi asiatici rivolgono ormai al made in Italy.

E questa logica conseguenza della globalizzazione, non è certo a senso unico, ma si riverbera anche nel nostro paese. E ben lo dimostra l’andamento del carrello etnico che anche in Italia è sempre più ricco (cresce infatti dell’8% nel primo semestre del 2016). Un esempio per tutti ce lo fornisce il sushi che nei primi sei mesi del 2016 in GDO ha sviluppato un giro d’affari di 31,3 milioni di euro.

Nestlé vende le caramelle Perugina a Fida: e Rossana torna italiana

Le mitiche Rossana, le caramelle con la carta rossa che hanno fatto un pezzetto di storia alimentare italiana, e nei mesi scorsi sembrava rischiassero l’uscita di produzione, passano di mano: è stato infatti sottoscritto il contratto preliminare per la cessione da parte del Gruppo Nestlé a Fida del ramo d’azienda relativo a sei marchi di caramelle: oltre a Rossana, Fondenti, Glacia, Fruttallegre, Lemoncella e Spicchi.

Nate in Perugina quasi 100 anni fa, le Rossana andranno ad arricchire il portfolio dell’azienda astigiana attiva dal 1973, che opera esclusivamente nel settore delle caramelle, aggiungendosi a Bonelle, Sanagola, Charms, Gocce, Tenerezze, Gnammy e le Irresistibili. Tutte prodotte all’interno dello stabilimento di Castagnole delle Lanze, in provincia di Asti. L’acquisizione rafforzerà ulteriormente Fida, che oggi detiene una quota del 3,5% circa nel totale mercato delle caramelle familiari, con un fatturato 2015 di circa 15 milioni di euro.

«Ci ha colpito il calore e l’affetto dimostrato dai consumatori nei confronti di Rossana negli ultimi mesi. Siamo perciò particolarmente lieti di aver trovato un partner solido ed esperto nel settore che, siamo sicuri, saprà continuare a valorizzare nel modo migliore questi brand e assicurare loro un futuro di successo» ha detto Leo Wencel, Capo Mercato Gruppo Nestlé in Italia.

Per Eugenio Pinci, Presidente e Amministratore Delegato di Fida: «L’accordo raggiunto oggi, grazie a significative sinergie tecnologiche, produttive e commerciali, ci consente di rafforzare la nostra posizione sul mercato ampliando il nostro portafoglio prodotti con brand storici molto amati. Siamo pronti a investire risorse umane ed economiche nel loro sviluppo e nella loro valorizzazione».

La decisione fa seguito al piano di sviluppo presentato da Nestlé lo scorso marzo che punta a potenziare lo stabilimento perugino di San Sisto per confermarne la posizione come uno dei poli produttivi di eccellenza del cioccolato all’interno del gruppo Nestlé, per rafforzare la posizione dello storico marchio in Italia e per fare di Perugina un simbolo del “Made in Italy” in tutto il mondo. In quest’ottica lo stabilimento di San Sisto si focalizzerà sulla produzione core dell’azienda, il cioccolato di eccellenza. Il closing dell’operazione è atteso entro il mese di giugno.

Fida nasce nel 1973 come azienda a conduzione familiare, dall’intuizione di realizzare morbide gelatine ai gusti di frutta con un metodo di lavorazione artigianale. Nel 2006 viene acquisita da un investitore finanziario con il supporto dell’attuale Amministratore Delegato. Segue una crescita del fatturato e della redditività, anche per mezzo di alcune acquisizioni, fra cui quelle dei marchi Sanagola e Charms dal gruppo Leaf nel 2008. Nel 2014 la maggioranza del capitale di Fida viene acquisita dagli attuali azionisti Fabio e Maurizio Balconi, imprenditori appartenenti a una famiglia attiva da generazioni nel settore della produzione e vendita di prodotti dolciari.

Il Gruppo Nestlé è presente in Italia dal 1875, quando è stata depositata a Milano l’etichetta “Farina Lattea Nestlé, alimento completo per i bambini lattanti”. Nel nostro Paese impiega oltre 5.000 dipendenti in 14 stabilimenti (oltre alla sede centrale di Assago), raggiungendo nel 2014 un fatturato totale di circa 2,2 miliardi di euro. L’azienda opera in Italia con un portafoglio di numerosi marchi, tra cui: Perugina, Baci Perugina, Nero Perugina, KitKat, Smarties, Galak, Lion, Polo, Buitoni, Gelati Nestlé Motta, La Cremeria, Antica Gelateria del Corso, Maxibon, Coppa del Nonno, Nidina, Nescafé, Nescafé Dolce Gusto, Orzoro, Nesquik, Fitness, Meritene, Resource Nestlé Mio, Lc1 Protection, Fruttolo, Sveltesse, S.Pellegrino, Acqua Vera, Acqua Panna, Levissima, Purina Pro Plan, Purina ONE, Gourmet, Friskies, Purina Veterinary Diets, Felix.

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