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Acquisti Non-food Gs1, avanti piano. E i canali si fondono

Numeri più positivi degli scorsi anni, con i consumi non-food tornati ai livelli del 2011: è quanto emerge dall’Osservatorio Non Food 2016 di GS1 Italy, giunto quest’anno alla 14° edizione.

Con una crescita dell’1,6% sul 2015, si riparte lentamente. Lo studio monitora il mondo dei consumi Non Food che, tra beni e servizi, così come calcolato dall’Istat, è un mercato che vale oggi circa 149,4 mld di euro che rappresenta il 14,8% del totale consumi delle famiglie italiane con un peso inferiore rispetto al 16,3% del 2011 ma nel 2015 leggiamo come la crescita in valore assoluto (+1,6%) sia stata trainante rispetto addirittura ai beni grocery (+1,2%). Escludendo i servizi ed alcuni comparti minori compresi dall’Istat, con consumi per un totale di circa 101 mld di euro, l’incremento evidenziato è nel 2015 pari a +1,4%.

Schermata 2016-06-27 alle 22.56.37L’ultimo anno si è chiuso con un segno positivo, che riflette una ripresa in quasi tutti i comparti. In particolare, i maggiori incrementi si sono segnalati per

  • Elettronica di consumo (+5,0%).
  • Giocattoli (+6,0%).
  • Mobili e arredamento (+1,3).
  • Edutainment (+4,1%).
  • Prodotti di profumeria (+3,6%).
  • Prodotti di ottica (+4,1%).

Positivi anche i segnali per:

  • Bricolage (+0,8%).
  • Articoli per lo sport (+0,5%).
  • Casalinghi (+0,8%).

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«Nel 2016 il passo sembrava dover essere più veloce – ha detto Luca Zanderighi, Fondatore e partner TradeLab che ha partecipato alla ricerca –, ma nell’ultimo semestre abbiamo assistito a un rallentamento, anche se per l’anno si prevede un incremento dell’1,4%. Alcuni comparti si muovo più in fretta. Le priorità dei consumatori si sono modificate, per il ridotto reddito medio, ma anche l’affermarsi di nuovo valori e di una nuova offerta. In quanto ai canali, continua la crescita dell’e-commerce, anche se le quote di mercato della distribuzione moderna sono ancora rilevanti. Però le grandi superfici alimentari lottano e perdono quote».

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L’influenza dei vari canali va ormai considerata con logiche di multicanalità integrata, con il consumatore che agisce secondo logiche come ROPO (research online, purchase offline), ovvero la ricerca in rete le informazioni su ciò che intende acquistare e il perfezionamento dell’acquisto nel punto vendita; il Click & Collect, con il consumatore che effettua le ricerche e conclude l’acquisto online, ma ritira il prodotto in negozio, e con il Try & Buy, ovvero la prova del prodotto in negozio e l’acquisto online. Le varie categorie però rispondono in modo diverso ai vari canali.

«L’edizione 2016 si è concentrata sui numeri e sull’andamento del settore – finalmente positivi – e ha indagato il percorso di acquisto compiuto dal consumatore lungo tutti i touchpoint, fisici e digitali – spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy -. Emerge la consapevolezza che l’idea di una contrapposizione tra fisico e digitale sia troppo schematica e artificiosa e che sussistano invece opportunità di incrocio e sovrapposizione ben più complesse in una logica di complementarietà, che definiscono un nuovo concetto di customer experience. Per il futuro la parola d’ordine sembra essere convivenza».

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Abbigliamento nel web, i marchi al top fanno e-commerce, Made in Italy grande assente

Una conferma della crescente importanza dell’e-commerce nel settore abbigliamento viene dalla classifica mensile di BEM Research, che a giugno ha analizzato l’indice di performance online di 29 marchi dell’abbigliamento. Sul podio, i marchi di e-commerce sono considerati i migliori brand online: Zalando si conferma in vetta e sbaraglia la concorrenza, ma deve fare i conti con l’avanzata di Asos. La società britannica entra nella top-five e balza al secondo posto, migliorando di otto posizioni rispetto a maggio. Al terzo posto c’è Adidas; in quarta e quinta posizione si confermano Zara e BonPrix. Esce dal gruppo dei migliori cinque Kiabi e anche in questo mese non compaiono marchi italiani al top.bem-research-abbigliamento

Chi si occupa di moda e accessori deve fare i conti con un alto grado di competizione sul web, ma l’andamento online del settore cala dello 0,4% su base mensile. Rispetto a un anno fa, invece, le ricerche su Google registrano un aumento vicino al 15%.

«Quello dell’abbigliamento è un settore che segue più degli altri l’andamento stagionale – spiega Mariachiara Marsella, web marketing manager di BEM Research –. L’arrivo dell’estate, e dei saldi estivi che partiranno nei primi giorni di luglio, porterà un aumento delle vendite in negozio, ma anche online: chi punta tutto sull’e-commerce in queste settimane deve saper sfruttare tutte le opportunità offerte dal web, non potendo contare su vetrine tradizionali in città. Purtroppo, anche in questo mese registriamo l’assenza dei brand italiani ai vertici del nostro indice. La moda made in Italy, un punto di riferimento a livello mondiale, non è ancora in grado di sfruttare al meglio le potenzialità di Internet».

La classifica dei migliori brand online, prodotta da BEM Research, è costruita sulla base di un indice, il BEM Rank, che considera cinque diversi parametri: 1) i brand maggiormente cercati su Google; 2) la visibilità dei siti web su parole chiavi ad alto traffico relative al settore di riferimento; 3) la velocità di caricamento delle pagine web; 4) l’usabilità dei siti web; 5) il grado di competizione online nel settore in cui l’azienda opera.

Lillapois, drugstore Auchan, va online con 2500 referenze tra bellezza e igiene

Debutta nell’e-commerce partendo da 2.500 referenze nel mondo beauty, igiene e cura della persona Lillapois, la catena di drugstore di Auchan Retail Italia che conta 40 punti vendita nel nostro Paese.

Da settembre poi sul sito shop.lillapois.com contraddistinto da una grafica un po’ retrò dai colori pastello, approderà l’intero assortimento presente negli store Lillamoi, dedicati alla bellezza, igiene e cura della persona, e nel 2017 arriveranno i prodotti per la casa dell’assortimento Lillapois.

L’acquisto è agevolato dalla registrazione semplice, effettuabile anche fornendo il numero della propria carta fedeltà LaTua!Card (il programma fedeltà anche delle insegne Auchan e Simply) e dalla presenza di schede dettagliate sui singoli prodotti, mentre la spedizione è prevista in 1-2 giorni lavorativi. Tante offerte saranno esclusive online, come la campagna attualmente in corso su oltre 500 prodotti di L’Oréal Paris, Garnier, Franck Provost e Maybelline.

In occasione del lancio della nuova piattaforma e-commerce, per tutti i possessori della carta fedeltà la spedizione dei prodotti è gratuita. Inoltre, per tutti i clienti che desiderano fare un regalo la confezione e il biglietto sono sempre in omaggio.

Tra le referenze prodotti per i capelli, per la cura del corpo e del viso, per il make-up, per la detergenza e l’igiene personale, per la depilazione e la rasatura. Sullo store online si trovano anche fragranze, cofanetti, prodotti di parafarmacia e per la prima infanzia. I pagamenti possono essere effettuati tramite transazioni sicure con Visa, Mastercard, American Express, PayPal e Maestro, oppure in contanti direttamente al corriere.

L’insegna Lillapois è stata lanciata in Italia a febbraio 2014. È presente in tutto il Nord Italia con oltre 40 negozi e sta aprendo ulteriori store in Italia e in Europa. L’assortimento di make-up, cosmesi e profumeria è racchiuso nell’area dedicata Lillamoi.

Internet of Things, gli oggetti intelligenti escono dall’ombra ed entrano nel retail

Internet of Things, ovvero “gli oggetti intelligenti contraddistinti dal possedere una o più delle seguenti funzionalità: identificazione, localizzazione, diagnosi di stato, interazione con l’ambiente circostante, elaborazione dati, connessione” stanno finalmente decollando. Da oggetto per patiti della tecnologia un po’ nerd e decisamente di nicchia, che acquistano rigorosamente online, vedono finalmente la discesa in campo dei retailer tradizionali, che nel 2016 consentirà alla Smart Home di “mettersi in mostra” nei negozi.

Stiamo parlando di un mercato che a fine 2015 in Italia ha raggiunto i 2 miliardi di euro, con una crescita del 30% rispetto al 2014, spinto sia dalle applicazioni consolidate che sfruttano la connettività cellulare (1,47 miliardi di euro, +28% rispetto al 2014) che da quelle che utilizzano altre tecnologie come Wireless M-Bus o Bluetooth Low Energy (530 milioni di euro, +33%). Sono questi i dati dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management – Politecnico di Milano. Che rileva come il mercato italiano, per ora, sia trainato in particolare dai contatori gas (25%) e dalle auto connesse (24%), che da soli sfiorano il miliardo di euro di valore.

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A fine 2015 erano circa 10,3 milioni gli oggetti connessi in Italia tramite rete cellulare (+29%), a cui si aggiungono quelli che sfruttano altre tecnologie di comunicazione: oltre ai 36 milioni di contatori elettrici connessi da tempo tramite PLC, ci sono i 500.000 contatori gas e i 600.000 lampioni connessi nelle nostre città.

 

Rendere la propria casa intelligente: il 79% degli italiani ci sta pensando

La domotica, ovvero l’intelligenza applicata agli apparecchi domestici, dal riscaldamento al frigorifero, sta assistendo alla nascita di nuovi servizi e canali commerciali, con i principali retailer che quest’anno investono in spazi espositivi nei negozi della grande distribuzione, che fino ad ora era rimasta ai margini, diventando un nuovo punto di contatto con i clienti, insieme all’online, alle assicurazioni e alla filiera tradizionale della domotica.

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«I dati denotano una crescita esplosiva dell’Internet of Things in Italia – afferma Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano -. Ma il cambio di passo del 2015 non è racchiuso solo nella crescita del mercato. Ancor più importante è il consolidamento delle basi per lo sviluppo su tutti i fronti: città, consumatori e imprese. L’installazione di nuove reti di comunicazione dedicate all’IoT nelle prime città italiane, l’evoluzione dell’offerta in ambito Smart Home, sempre più integrata con servizi assicurativi e pronta a sbarcare anche nelle catene della grande distribuzione, i servizi innovativi per l’Industry 4.0 costituiscono presupposti importanti per il futuro. E l’IoT è sempre più una realtà in Italia».

Un punto cruciale di questi oggetti connessi è la propensione a raccogliere dati, come spiega Angela Tumino, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things: “Uno degli aspetti chiave per lo sviluppo futuro dell’Internet of Things è la valorizzazione dei dati raccolti, su cui ancora non ci sono strategie consolidate. I dati possono essere sfruttati nei processi interni all’azienda, riducendo i costi e migliorando l’efficacia verso i clienti, oppure possono generare valore all’esterno con la vendita a terzi, aprendo a nuove opportunità di business. La disponibilità di dati puntuali sull’utilizzo dei prodotti grazie all’IoT rende possibili nuove strategie di prezzo ‘pay-per-use’, che iniziano a interessare non solo i servizi, come l’assicurazione auto che varia in base alla percorrenza annua, ma anche i prodotti, come gli pneumatici pagati in base ai chilometri percorsi. In alcuni casi la vendita è addirittura incentivata proprio per avere accesso a nuovi dati, che costituiscono fonte di valore per le aziende, come nel caso dei dispositivi wearable promossi da parte delle assicurazioni”.

 

 

IoT: chi è costui? Gli ambiti applicativi dell’Internet of Things
Smart City & Smart Environment: monitoraggio e gestione degli elementi di una città (mezzi per il trasporto pubblico, illuminazione pubblica, parcheggi) e dell’ambiente circostante (fiumi, boschi, montagne) per migliorarne vivibilità, sostenibilità e competitività;
Smart Metering & Smart Grid: contatori intelligenti (Smart Meter) per la misura dei consumi (elettricità, gas, acqua, calore), la loro corretta fatturazione e la telegestione; rete elettrica “intelligente” (Smart Grid) per ottimizzare la distribuzione, gestendo produzione distribuita e mobilità elettrica;
Smart Home & Building: gestione automatica degli impianti e dei sistemi dell’edificio (illuminazione, climatizzazione, elettrodomestici) per il risparmio energetico, il comfort, la sicurezza dell’edificio e delle persone al suo interno;
eHealth: monitoraggio in tempo reale di parametri vitali da remoto, riducendo il ricorso all’ospedalizzazione, a fini diagnostici e di cura; localizzazione dei pazienti in modo da garantirne la sicurezza;
Smart Car: connessione tra veicoli o tra questi e l’infrastruttura circostante per la prevenzione e rilevazione di incidenti, l’offerta di nuovi modelli assicurativi e/o di informazioni geo-referenziate
sulla viabilità;
Smart Logistics: tracciabilità di filiera, protezione del brand e monitoraggio della catena del freddo, sicurezza in poli logistici complessi e gestione delle flotte;
Smart Asset Management: gestione in remoto di asset di valore a fini di rilevazione di guasti e manomissioni, localizzazione, tracciabilità e gestione inventariale;
Smart Factory: adozione di Cyber Physical Systems, connessione dei macchinari, degli operatori e dei prodotti per abilitare nuove logiche di gestione della produzione, di pianificazione della supply chain e di gestione del ciclo di vita dei prodotti;
Smart Agriculture: monitoraggio di parametri micro-climatici a supporto dell’agricoltura per migliorare la qualità dei prodotti, ridurre le risorse utilizzate e l’impatto ambientale.

Per Muji restyling “alla grande”: a Milano il più esteso store d’Europa

Forse sarà anche stata una coincidenza, ma di certo non stonava l’inaugurazione dello store Muji di Milano Buenos Aires nella settimana del design (che quest’anno parla molto di Giappone) completamente rinnovato e, soprattutto, ingrandito, di ben un piano. Ora è il più grande d’Italia e d’Europa, e il primo nel nostro Paese che rappresenta il nuovo format degli store MUJI.

Per uno strano circolo il negozio è il primo inaugurato in Italia nel 2004 dalla società Ryohin Keikaku. Con una superficie totale di 948.56 metri quadrati e un’offerta di 2.500 prodotti, diventa anche il flagship store più grande d’Europa.

La ristrutturazione di Milano è la prima realizzata di una serie di restyling che coinvolgeranno l’intera rete. Che conta in Giappone 401 negozi (284 gestiti direttamente e 117 con licenza) e all’estero 301 punti vendita in Italia.

Ne ha fatta di strada il nome MUJI: usato dal 1999, deriva dalla frase “Mujirushi Ryōhin”, che in giapponese significa “buoni prodotti senza marchio”. Diventati essi stessi, col tempo, un brand.

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Torna il vinile, e Sainsbury’s lo rimette sugli scaffali dopo 30 anni

Un ritorno inatteso ma segno in fondo dei tempi: il vinile, quel supporto musicale di plastica nera che i nativi digitali a mala pena riconoscono, sta vivendo una stagione d’oro nel Regno Unito, e Sainsbury’s, una delle quattro principali insegne della Gdo britannica, lo rimette sugli scaffali, dai quali l’aveva tolto nei lontani anni ’80 del secolo scorso.

Il formato classico, l’LP (ricordate?) è tornato in 171 pdv dell’insegna il 21 marzo, a festeggiare la primavera. L’assortimento sarà un mix ragionato di classici evergreen (Beatles in primis ma anche, Fleetwood Mac (Rumours), Bob Marley (Legend), Back to Black di Amy Winehouse) e novità.

La domanda di vinili è cresciuta lo scorso anno del 60% e del 70% nel primo trimestre del 2016 secondo the Entertainment Retailers Association. Al top della chart vinili c’è, ancora lei, Adele’s con il suo ultimo disco (è il caso di dirlo), “25”.

“Non vediamo questo ritorno come una moda passeggera ma come una parte complementare della nostra offerta musicale, che avrà un futuro a lungo termine nei nostri punti vendita. Il vinile sta decisamente vivendo un revival con una richiesta che ogni anno diventa più consistente. Vogliamo rendere facile e piacevole l’esperienza del vinile a quei nostri clienti che sono pronti a ritornare a questo formato, che risuona in loro a un livello emozionale” ha detto Pete Selby, Sainsbury’s Head of Music and Books.

La raccolta punti di Pampers diventa digitale e multicanale

Era ormai un classico la raccolta punti di Pampers, la nota marca di pannolini di Fater che ora, segno dei tempi, passa al digitale con strategie multicanali. Complice la partnership con Cemit del Gruppo Mondadori,  che l’ha supportata nello sviluppo della collection “Regali dei desideri 2.0” Pampers.

Cemit si occupa da oltre 20 anni di molte delle attività promozionali e di fidelizzazione di Pampers, ha sviluppato, integrando il know-how in digital engagement di Kiver (oggi parte di Cemit), un sistema multicanale che dà la possibilità di affiancare la tradizionale raccolta punti cartacea con i canali digitali web, app e mobile (via SMS). Ciò è reso possibile dalla codifica univoca di ogni singola confezione di prodotto coinvolta nell’iniziativa da parte di Fater, e dallo sviluppo di una piattaforma in grado di dialogare con i sistemi dell’azienda cliente, da parte di Cemit.

La nuova raccolta punti di Pampers introduce nel progetto di fidelizzazione una coinvolgente componente di gamification che permette di guadagnare punti aggiuntivi con le “Baby Mission”: rispondendo a sondaggi online, invitando amici a partecipare alla raccolta, condividendo sui social un contenuto, partecipando ai giochi o diventando Ambasciatrice Pampers, è possibile ricevere ulteriori punti omaggio.

Altri punti sono rilasciati semplicemente partecipando alla raccolta attraverso il sito www.pampers.it, via SMS e con la Pampers App. In seguito, una volta acquistati i prodotti, si procede con la registrazione dei codici Pampers (Pannolini, Salviette e Teli) e la collezione dei “punti digitali”. obiettivo finale: rgagiungere i clienti ovunque siano, off e online.

Cosa rende un punto vendita innovativo? Parte 2, Gourmeet e Undiz

In questa seconda parte della video intervista sul punto vendita innovativo parlano Giuseppe Medici, Socio Conad e fondatore di Gourmeet  e Sebastien Bismuth, Direttore Generale di Undiz (Gruppo Etam).

Due esperienze che guardano al futuro in modo creativo e coinvolgente, senza dimenticare efficienza ed efficacia. A Napoli all’interno di un supermercato Sapori e Dintorni c’è Gourmeet, bistrò e caffetteria (con Lavazza), innovativo sotto tanti aspetti. Per la proposta, che vede tra le altre cose uno street food d’eccellenza: la “bomba” creata dallo chef tre stelle Niko Romito. Ma anche la possibilità di farsi cucinare le eccellenze del supermercato e fare sinergia tra i due piani: quelli del grocery e quelli del restaurant: e nasce così il grocerant.

Undiz, marchio di intimo del colosso francese Etam orientato alle più giovani, fa di necessità (un punto vendita con spazi commerciali molto ridotti nella via dello shopping di Toulouse) virtù: una shopping experience ludica e coinvolgante ma anche pratica, perché consente di unire e-commerce e negozio reale. E il tutto utilizzando una tecnologia quasi “antica”…

Anche l’uomo si fa bello: nel 2015 3,5 milioni di euro spesi in trattamenti estetici via web

Sono stati 115.000 i trattamenti per una spesa di quasi 3,5 milioni di euro i trattamenti estetici prenotati online dagli uomini italiani nel 2015, a riprova che la cura per la persona è ormai ben lungi dall’essere solo declinata al femminile. Lo rivela una ricerca dell’Osservatorio di Uala.it, sito italiano dedicato al mondo beauty cui fanno capo saloni di hairstyling, centri di bellezza ed estetica. Sono dunque oltre 5.000 gli uomini italiani che ogni mese si sono presi cura della propria bellezza.

Il sito ha analizzato i tipi di richieste effettuate dagli uomini e se da un lato è emerso, prevedibilmente, che la principale è stata il taglio dei capelli, a seguire si trovano servizi generalmente considerati lontani dal mondo maschile come il colore, ma sono state anche prenotate oltre 200 manicure maschili ed è letteralmente esplosa la passione della barba modellata, scolpita o “forgiata”, richiesta da 4.000 clienti dei saloni analizzati da Uala.it.

«Anche gli uomini hanno ufficialmente abbattuto il tabù della cura del proprio aspetto – ha dichiarato Alessandro Bruzzi, amministratore delegato di Uala – e apprezzano particolarmente la possibilità di non sprecare tempo tra prenotazioni e conferme, prenotando online 24 ore su 24 e scegliendo trattamenti pensati ad hoc per una clientela maschile. Il mercato della bellezza e del benessere sta vivendo un periodo di grande espansione e sempre più persone scelgono di prendersi cura di sé e migliorare la propria immagine. E a farlo sono tanto le donne quanto gli uomini».

Il trend emerso nel 2015 si conferma ancora più forte nel 2016 dato che, dal 1 gennaio al 29 febbraio, sono stati già più di 35.000 gli uomini che hanno scelto di prenotare un trattamento online con Uala.it.

L’attenzione sempre più evidente verso l’aspetto estetico maschile è del resto stata confermata dal Congresso Internazionale di Medicina e Chirurgia Estetica Sies-Valet dove è stato sottolineato come siano 151mila gli uomini che si sono sottoposti a trattamenti estetici nel 2014. Tra gli interventi più richiesti, la correzione dei difetti al volto, come il mento sfuggente, considerato sinonimo di scarsa forza e virilità, ma anche il contorno della mandibola e il rimodellamento delle labbra. Insomma, botox, filler e biorivitalizzazione sono ormai richiesti anche dagli uomini. Il reparto beauty e dermocosmesi farà bene a tenerne conto e ad allargare i propri orizzonti, proponendo prodotti ad hoc anche per l'”altra metà del cielo”.

Responsabilità sociale d’azienda: chi toglie le microbiglie dai cosmetici? In Australia ci pensa la Gdo

Sono dannosissime per gli ecosistemi marini perché non biodegradabili e talmente piccole da infilarsi ovunque, si depositano sui fondali ed entrano tramite pesci e molluschi nell’ecosistema: stiamo parlando delle microbiglie di polietilene, piccole perle di plastica presenti in molti prodotti cosmetici, dagli scrub alle creme per il viso, ma anche in saponi e dentifrici, dove è segnalato come “polyethylene”. Dall’Olanda alla barriera corallina australiana, stanno lentamente invadendo mari e oceani.
Da tempo di sta parlando di varare leggi che ne proibiscano l’uso, anche nella UE, e in USA a fine anno ciò è avvenuto con la firma del Microbead-Free Waters Act of 2015. Greenpeace ne ha fatto una campagna ma non è stata la sola, ma le azioni su web e social dilagano e anche pubblicato le liste di prodotti “incriminati”. Sensibilizzati i consumatori, arrivano le aziende. Perché, si sa, ormai una campagna negativa specie su temi come salute e ambiente può costare molto, molto caro. L’Oréal ha già dichiarato di rinunciare all’impiego di microbiglie di polietilene nei suoi scrub entro il 2017.
In Australia a prendere posizione sono stati i supermercati, e nella fattispecie due “carichi pesanti” come Woolworths (oltre 3.000 pdv tra Australia e Nuova Zelanda) e Coles che ne conta quasi 2400. Mentre il ministro dell’Ambiente si impegnava a bandire l’uso di microplastiche intenzionalmente inserite nei cosmetici entro il luglio 2018, invitando i retailer ad attuare un “bando volontario (ovvero, non a seguito di una vera e propria legge che ancora non c’è), le due insegne australiane hanno risposto all’appello e decidendo di eliminare dagli scaffali qualsiasi prodotto contenente microplastiche entro il 2017. E incominciando dai prodotti a marchio.
Un portavoce di Coles ha dichiaarto a Mashable Australia. «Coles è felice di confermare che abbiamo tolto le microbiglie da tutti i prodotti a marchio. Consulteremo anche i nostri fornitori affinché eliminino le microsfere e ci confronteremo con i fornitori di prodotti di marca per assisterli nella transizione».
Woolworths da parte sua ha dichiarato: «siamo felici di essere all’avanguardia nell’affrontare questo problema. Abbiamo lavorato per eliminare le microbiglie dai nostri prodotti per la pelle e l’igiene da tuti i nostri prodotti meno uni, che le eliminerà nei prossimi mesi».

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