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Nella moda è sempre più e-commerce, 1,8 miliardi e cresce più di tutti (+25%)

È la categoria di prodotto che cresce più di tutte le altre (25% contro il 13,3% dell’e-commerce in generale) in Italia e in Europa, e, anche quando si acquista moda offline (e offline, al di là dei proclami, si svolgono oltre 9 acquisti su 10) la scelta è pesantemente influenzata dalla ricerca via smartphone. Lo rivela Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, in occasione della Milano Fashion Week SS 2017.

e-commerce-settori-modaIn Italia il settore moda vale il 5% del mercato retail, con un tasso di crescita medio annuo del 30% e un valore superiore a 1,8 miliardi di euro, +25% rispetto al 2015 (dati Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano). Ma è anche il primo settore per ricerca di informazione online prima di un acquisto tradizionale, dove l’abbigliamento, escluse le calzature, costituisce il 40,2%, al pari di un altro settore merceologico molto forte sul web come l’elettronica (computer, tablet e smartphone). Su 19 milioni di utilizzatori di smartphone connessi alla rete, il 72% ha cercato in negozio un prodotto che aveva già visto online. Le informazioni sono ricercate prevalentemente sui siti dei retailer (oltre il 40%), seguite dal sito del produttore/fornitore (35%), e dalla semplice ricerca in rete (31%). I siti comparatori di prezzi, gli articoli di magazine online e la condivisione tramite social invece per l’abbigliamento rappresentano una fetta minima, che non arriva al 30%.

moda-mobile«Il digitale influenza in maniera rilevante il momento dell’acquisto di prodotti fashion e luxury, dando vita a un’esperienza sempre più omnicanale – dice Roberto Liscia, Presidente di Netcomm -. Alla luce di ciò, i negozi fisici sono entrati significativamente nel gioco digitale: nell’8,6% dei 30mila punti vendita è infatti possibile ritirare un prodotto acquistato online. E la metà di questi permette anche di prenotare online un prodotto disponibile al momento nel punto vendita».

Se infatti le vendite online di prodotti luxury valgono ad oggi il 6% contro il 26% delle vendite pure in store fisici, il 68% delle vendite offline è influenzato da una prima esperienza online. La multicanalità sembra dunque la chiave di volta per il successo, ancor più in questo settore che sta assumendo, dopo un avvio molto lento, un ruolo di traino delle vendite online.

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Samsung e Apple guidano il mercato smartphone, ma Huawei cresce del 140%

Otto italiani su 10 scelgono uno smartphone Samsung o Apple ma la maggior crescita si registra dall’outsider Huawei, mentre la penetrazione di smartphone sul mercato nazionale ha raggiunto nel mese di maggio 2016 il 68,7%, con 30,6 milioni di utenti, in crescita del 17% rispetto allo stesso mese dello scorso anno: sono i dati diffusi da Mobilens di comScore.

Il mercato italiano degli smartphone è dominato da Android, installato sui dispositivi del 69,5% degli utenti (67,6% nel 2015), seguito da Apple/iOS, con una quota di mercato pari al 17,7% (17,2% nel 2015), e Microsoft, oltre la soglia del 10% ma in calo rispetto all’11,1% dello scorso anno. La società di misurazione cross-piattaforma ritiene che questi numeri rimarranno stabili nel corso dei prossimi mesi. Una volta scelto, il sistema operativo rappresenta un elemento fidelizzante, e a dimostrarlo sono le intenzioni di acquisto per i prossimi sei mesi: solo il 13% degli utenti Android dichiara di voler passare a piattaforma Apple, e il 16% degli utenti Apple è disposto a fare il percorso inverso.
Si può invece immaginare un effetto cannibalizzazione dei dispositivi non-smartphone: oltre la metà (53%) di coloro che possiedono un telefono cellulare di vecchia generazione e intenzionati a un prossimo upgrade dichiarano la preferenza per Android nel momento del passaggio a uno smartphone.

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Samsung in cima ma Huawei cresce di più
Se Samsung detiene il 42,4% di quota di mercato, al di sopra di Apple (17,7%) e Nokia (8,9%), quest’ultima, in calo, è incalzata da Huawei, arrivato all’8,1% di quota di mercato e in crescita del 140% nell’ultimo anno.
Gli utenti che hanno acquistato uno smartphone nel corso di maggio 2016 sono pari a 1,4 milioni (sono stati 1,2 milioni nello stesso mese del 2015), il 75% dei quali ha optato per Android come SO, con Apple/iOS a seguire al 18,2% e Microsoft al 5,2%.
Samsung si conferma il brand di smartphone più diffuso anche negli ultimi acquisti (33,8%), mentre i dispositivi Apple sono stati poco meno di un quinto del totale (18,2%), a seguire Huawei con il 14,7% e LG con il 6,6%.
Guardando la top 10 dei modelli, otto dei primi dieci smartphone più acquistati a maggio 2016 sono dispositivi Samsung o Apple, anche se il più acquistato in assoluto (con il 6,7% del totale acquisti) è stato il Huawei P8 Lite.
Seguono iPhone 6s (4,8%) e 5s (4,4%), Samsung Galaxy J5 (3,1%) e S6 (2,7%). Gli ultimi dispositivi Apple dotati di schermo di grandi dimensioni come l’Iphone 6 Plus non appaiono ancora nelle prime posizioni.
Quasi 4 acquirenti su 5 hanno speso oltre 400 € per il nuovo smartphone (19,2%), segue la fascia di chi ha speso tra i 170 € e i 249 € (18,6%).

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Ma che tipo di smartphone cercano gli utenti nel 2016? Sempre secondo la rilevazione comScore, ci si sta spostando verso dispositivi con display di maggiori dimensioni e con caratteristiche più potenti. A maggio 2016 oltre metà degli utenti (54,4%) ha acquisito dispositivi con display compreso tra i 5″ e i 6″, mentre nello stesso mese dello scorso anno erano al 27,9% a fronte del 58,4% che aveva acquisito un nuovo smartphone tra con display compreso tra i 4″ e i 5″.
Stesso discorso per la risoluzione della fotocamera, con la maggioranza di fotocamere nei nuovi dispositivi comprese tra i 12 e i 14 Megapixel (39,7%, erano al 12,3% nel 2015), seguiti dalle fotocamere con risoluzione tra 8 e 10 Megapixel (28,9%, erano al 41,7% nel 2015). La motivazione della ricerca di caratteristiche più potenti nei nuovi dispositivi può essere individuata, oltre alla maggiore disponibilità e alle fisiologiche evoluzioni del prodotto, nell’utilizzo che gli utenti fanno del proprio smartphone, che si configura sempre più come strumento per attività diverse dalla classica telefonata.
Sono infatti quasi 16 milioni gli utenti che dichiarano di aver guardato video o contenuti televisivi sul proprio dispositivo (in crescita del 17% rispetto a maggio 2015 e pari al 52% della smartphone audience), oltre 13 milioni (43%) coloro che hanno condiviso foto o video con amici, parenti e conoscenti (crescita del 14% in termini di utenti) e hanno ascoltato musica (in crescita dell’11%).

Lego store, il secondo d’Italia apre a Marcianise

Ha aperto all’interno del Centro Commerciale Campania presso la Strada Statale 87 di Marcianise in provincia di Caserta, il secondo Lego Certified Store d’Italia.

Dopo quello di Arese il negozio, gestito come tutti quelli del brand in Italia dalla business company Percassi, fa parte di un piano che prevede l’apertura di nei prossimi anni di una serie di store su tutto il territorio nazionale.

LegoCS 2_low_2All’interno del LEGO Certified Store è̀ possibile acquistare mattoncini sfusi tra una vasta scelta di pezzi disponibili. Un’altra grande novità sarà “Build a mini”: tutti potranno costruire, personalizzare e acquistare la propria minifigure LEGO. Oltre al completo assortimento di prodotti LEGO, saranno disponibili in anteprima prodotti della linea LEGO Creator Expert e prodotti esclusivi.

Continua lo sviluppo di Kiabi in Italia, a Torino Verona e Napoli le prossime aperture

È già il terzo mercato del gruppo di fast fashion francese, dopo Francia e Spagna, e prosegue a ritmi serrati il piano di espansione di Kiabi in Italia. Tre le aperture previste nei prossimi due mesi: la prima ai primi di settembre a Torino, dove il brand è già presente con quattro punti vendita, presso la galleria commerciale del centro “Parco Dora”: 1.700 mq. di negozio, 29 dipendenti e nuove collezioni per soddisfare tutte le esigenze. L’1 e il 2 ottobre sarà la volta di Napoli, presso il centro commerciale “Campania” di Marcianise (CE) e l’8 e 9 ottobre di Verona, dove aprirà uno store nel rinnovato Auchan di Bussolengo (VR). I nuovi store vedranno impiegate rispettivamente 24 risorse facendo salire a quota 29 gli store Kiabi presenti in Italia. Ad oggi la rete distributiva conta 26 negozi diretti ed oltre 550 dipendenti.

«Quello di Marcianise è il nostro primo punto vendita, di circa 2.000 mq., nell’area di Napoli -sottolinea Massimo Pozzi, Direzione Sviluppo e Servizi tecnici KIABI Italia -. Nutriamo molte aspettative per questo negozio, forti anche del gran numero di sollecitazioni ad aprire un negozio “fisico” che da sempre riceviamo dai nostri clienti sul web della zona. È importante sapere che il bacino Napoletano rappresenta per noi il quarto mercato dietro Roma, Milano, e Torino, ed è un dato abbastanza sorprendente se si considera che questi ultimi godono da molti anni del traino offerto dai numerosi negozi esistenti».

Il nuovo Concept Store Kiabi Free, inaugurato per la prima volta lo scorso aprile presso il “Centro” di Arese (vedi la nostra fotogallery) è un’evoluzione del concetto di shopping experience dove il prodotto è valorizzato e le soluzioni espositive uniscono il volume all’attrattività. Si contraddistingue non solo per il rinnovo dei locali e della zona camerini, dove a predominare è il colore bianco, ma anche per nuovi servizi rivolti alla clientela: aree giochi dedicate ai bambini grazie alle quali i genitori possono fare shopping in tranquillità, personal shopper per chi lo desidera, personale totalmente a disposizione della clientela e molta tecnologia digitale, grandi schermi che proiettano le immagini delle collezioni e offrono la possibilità di effettuare ordini. L’obiettivo è quello di creare una relazione tra store digitale e fisico confermando la strategia cross channel per riuscire a soddisfare le esigenze di tutti. Il cliente potrà quindi effettuare gli ordini da casa e ritirarli in negozio; qualora non trovasse nel punto vendita i capi desiderati potrà connettersi allo store virtuale (tramite gli schermi o il proprio device mobile) e verificare la disponibilità in altri punti vendita.

Evolve la ricerca online, più veloce e mirata, e tra le opzioni avanza il colore

L’evoluzione delle ricerche online è stata velocissima negli ultimi anni nel senso di azioni sempre più mirate e veloci, con un obiettivo: acquistare online. Un cambiamento guidato da una tecnologia sempre più avanzata, con un cliente sempre più a suo agio con il mezzo digitale, che vede una presenza ormai preponderante dello smartphone. Specie nel settore abbigliamento. Con il 44% di traffico e il 24% di ordini, nella moda online lo smartphone è il dispositivo che, nel primo trimestre del 2016, vede l’unico aumento significativo. Non solo: per il quarto trimestre consecutivo lo smartphone ha guidato per oltre il 90% la crescita delle visite. Chi acquista tramite smartphone non naviga solamente: il 94% di tutta la crescita della creazione dei carrelli e il 66% della crescita degli ordini avviene tramite questo dispositivo.
Il che significa transazioni ovunque, più veloci e d’impulso.

La conferma viene dall’analisi di Demandware tramite lo Shopping Index, basato sull’attività di acquisto degli oltre 400 milioni di acquirenti in tutto il mondo che transitano sulla sua piattaforma cloud.

 

Il colore del digitale: nella moda vince il nero
La ricerca, vuoi per impazienza, mancanza di tempo, abitudine alla velocità del caricamento di pagine, deve essere sempre più precisa e focalizzata: questo richiede oggi il consumatore.
Chi acquista online vuole trovare, subito, esattamente quello che cerca. Un guaio per quei siti che non incontrano le aspettative del cliente, perché troppo lenti o complessi. Per giungere a questo obiettivo una delle tendenze in atto è la ricerca per colore: gli shopper includono la preferenza di colore del prodotto cercato il 22% in più rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda i siti di moda, il nero è il colore maggiormente richiesto da chi acquista in rete con il 27% delle ricerche; seguono il bianco e il rosso con il 22% e 12%. L’arancione e il giallo risultano invece i meno richiesti e con l’1% si posizionano fuori dalla “top-ten dei colori”.

d9bc4272-6784-43c8-ad93-64612ae0fb6e__OLa riprova di questi comportamenti d’acquisto sempre più frenetici viene dall’analisi del tempo di permanenza su un sito.Nel segmento fashion, durante il primo trimestre del 2016 il tempo medio di permanenza per visita – per tutti i dispositivi – è stato di 9 minuti (-1%), mentre il tempo medio di permanenza per visita da smartphone è stato di 8,1 minuti (-10%). Una visita sempre più breve, anche influenzata dall’uso dello smartphone, che sta di fatto mutando la shopping experience experience online. Sarà dunque necessario ottimizzare la customer journey prevedendo un minor numero di passaggi dal momento in cui si effettua la ricerca fino al pagamento finale, ma anche prevedere una shopping experience unificata nel caso in cui le visite vengano effettuate tramite uno o più dispositivi, o canali.

 

Convenienza primo pensiero, e la consegna si vuole gratis
Tra i vari cambiamenti che percorrono il rapporto del cliente con la rete uno non cambia, ed è l’esigenza e anche l’aspettativa di chi acquista online di trovare convenienza. La spedizione gratuita incentiva lo shopping online. Nel settore moda la spedizione gratuita è applicata nel 65% dei casi e su un valore medio di ordine di 125 dollari, mentre il tasso medio di sconto è pari al 15%. I retailer utilizzano i negozi fisici come pick-up point per ridurre i costi di trasporto e incrementare gli acquisti.

I settori dell’abbigliamento di lusso e dell’health&beauty rimangono però quelli che presentano i tassi di applicazione della spedizione gratuita più alti, rispettivamente dell’84% e 74%.
Se in generale la spedizione gratuita ha avuto un grande successo durante il quarto trimestre del 2015, periodo in cui si è registrato il periodo di picco dello shopping digitale, nel primo trimestre 2016 è arrivata a coprire circa i due terzi del totale degli ordini, in crescita del 63% rispetto a un anno fa.

Acquisti Non-food Gs1, avanti piano. E i canali si fondono

Numeri più positivi degli scorsi anni, con i consumi non-food tornati ai livelli del 2011: è quanto emerge dall’Osservatorio Non Food 2016 di GS1 Italy, giunto quest’anno alla 14° edizione.

Con una crescita dell’1,6% sul 2015, si riparte lentamente. Lo studio monitora il mondo dei consumi Non Food che, tra beni e servizi, così come calcolato dall’Istat, è un mercato che vale oggi circa 149,4 mld di euro che rappresenta il 14,8% del totale consumi delle famiglie italiane con un peso inferiore rispetto al 16,3% del 2011 ma nel 2015 leggiamo come la crescita in valore assoluto (+1,6%) sia stata trainante rispetto addirittura ai beni grocery (+1,2%). Escludendo i servizi ed alcuni comparti minori compresi dall’Istat, con consumi per un totale di circa 101 mld di euro, l’incremento evidenziato è nel 2015 pari a +1,4%.

Schermata 2016-06-27 alle 22.56.37L’ultimo anno si è chiuso con un segno positivo, che riflette una ripresa in quasi tutti i comparti. In particolare, i maggiori incrementi si sono segnalati per

  • Elettronica di consumo (+5,0%).
  • Giocattoli (+6,0%).
  • Mobili e arredamento (+1,3).
  • Edutainment (+4,1%).
  • Prodotti di profumeria (+3,6%).
  • Prodotti di ottica (+4,1%).

Positivi anche i segnali per:

  • Bricolage (+0,8%).
  • Articoli per lo sport (+0,5%).
  • Casalinghi (+0,8%).

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«Nel 2016 il passo sembrava dover essere più veloce – ha detto Luca Zanderighi, Fondatore e partner TradeLab che ha partecipato alla ricerca –, ma nell’ultimo semestre abbiamo assistito a un rallentamento, anche se per l’anno si prevede un incremento dell’1,4%. Alcuni comparti si muovo più in fretta. Le priorità dei consumatori si sono modificate, per il ridotto reddito medio, ma anche l’affermarsi di nuovo valori e di una nuova offerta. In quanto ai canali, continua la crescita dell’e-commerce, anche se le quote di mercato della distribuzione moderna sono ancora rilevanti. Però le grandi superfici alimentari lottano e perdono quote».

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L’influenza dei vari canali va ormai considerata con logiche di multicanalità integrata, con il consumatore che agisce secondo logiche come ROPO (research online, purchase offline), ovvero la ricerca in rete le informazioni su ciò che intende acquistare e il perfezionamento dell’acquisto nel punto vendita; il Click & Collect, con il consumatore che effettua le ricerche e conclude l’acquisto online, ma ritira il prodotto in negozio, e con il Try & Buy, ovvero la prova del prodotto in negozio e l’acquisto online. Le varie categorie però rispondono in modo diverso ai vari canali.

«L’edizione 2016 si è concentrata sui numeri e sull’andamento del settore – finalmente positivi – e ha indagato il percorso di acquisto compiuto dal consumatore lungo tutti i touchpoint, fisici e digitali – spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy -. Emerge la consapevolezza che l’idea di una contrapposizione tra fisico e digitale sia troppo schematica e artificiosa e che sussistano invece opportunità di incrocio e sovrapposizione ben più complesse in una logica di complementarietà, che definiscono un nuovo concetto di customer experience. Per il futuro la parola d’ordine sembra essere convivenza».

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Abbigliamento nel web, i marchi al top fanno e-commerce, Made in Italy grande assente

Una conferma della crescente importanza dell’e-commerce nel settore abbigliamento viene dalla classifica mensile di BEM Research, che a giugno ha analizzato l’indice di performance online di 29 marchi dell’abbigliamento. Sul podio, i marchi di e-commerce sono considerati i migliori brand online: Zalando si conferma in vetta e sbaraglia la concorrenza, ma deve fare i conti con l’avanzata di Asos. La società britannica entra nella top-five e balza al secondo posto, migliorando di otto posizioni rispetto a maggio. Al terzo posto c’è Adidas; in quarta e quinta posizione si confermano Zara e BonPrix. Esce dal gruppo dei migliori cinque Kiabi e anche in questo mese non compaiono marchi italiani al top.bem-research-abbigliamento

Chi si occupa di moda e accessori deve fare i conti con un alto grado di competizione sul web, ma l’andamento online del settore cala dello 0,4% su base mensile. Rispetto a un anno fa, invece, le ricerche su Google registrano un aumento vicino al 15%.

«Quello dell’abbigliamento è un settore che segue più degli altri l’andamento stagionale – spiega Mariachiara Marsella, web marketing manager di BEM Research –. L’arrivo dell’estate, e dei saldi estivi che partiranno nei primi giorni di luglio, porterà un aumento delle vendite in negozio, ma anche online: chi punta tutto sull’e-commerce in queste settimane deve saper sfruttare tutte le opportunità offerte dal web, non potendo contare su vetrine tradizionali in città. Purtroppo, anche in questo mese registriamo l’assenza dei brand italiani ai vertici del nostro indice. La moda made in Italy, un punto di riferimento a livello mondiale, non è ancora in grado di sfruttare al meglio le potenzialità di Internet».

La classifica dei migliori brand online, prodotta da BEM Research, è costruita sulla base di un indice, il BEM Rank, che considera cinque diversi parametri: 1) i brand maggiormente cercati su Google; 2) la visibilità dei siti web su parole chiavi ad alto traffico relative al settore di riferimento; 3) la velocità di caricamento delle pagine web; 4) l’usabilità dei siti web; 5) il grado di competizione online nel settore in cui l’azienda opera.

Lillapois, drugstore Auchan, va online con 2500 referenze tra bellezza e igiene

Debutta nell’e-commerce partendo da 2.500 referenze nel mondo beauty, igiene e cura della persona Lillapois, la catena di drugstore di Auchan Retail Italia che conta 40 punti vendita nel nostro Paese.

Da settembre poi sul sito shop.lillapois.com contraddistinto da una grafica un po’ retrò dai colori pastello, approderà l’intero assortimento presente negli store Lillamoi, dedicati alla bellezza, igiene e cura della persona, e nel 2017 arriveranno i prodotti per la casa dell’assortimento Lillapois.

L’acquisto è agevolato dalla registrazione semplice, effettuabile anche fornendo il numero della propria carta fedeltà LaTua!Card (il programma fedeltà anche delle insegne Auchan e Simply) e dalla presenza di schede dettagliate sui singoli prodotti, mentre la spedizione è prevista in 1-2 giorni lavorativi. Tante offerte saranno esclusive online, come la campagna attualmente in corso su oltre 500 prodotti di L’Oréal Paris, Garnier, Franck Provost e Maybelline.

In occasione del lancio della nuova piattaforma e-commerce, per tutti i possessori della carta fedeltà la spedizione dei prodotti è gratuita. Inoltre, per tutti i clienti che desiderano fare un regalo la confezione e il biglietto sono sempre in omaggio.

Tra le referenze prodotti per i capelli, per la cura del corpo e del viso, per il make-up, per la detergenza e l’igiene personale, per la depilazione e la rasatura. Sullo store online si trovano anche fragranze, cofanetti, prodotti di parafarmacia e per la prima infanzia. I pagamenti possono essere effettuati tramite transazioni sicure con Visa, Mastercard, American Express, PayPal e Maestro, oppure in contanti direttamente al corriere.

L’insegna Lillapois è stata lanciata in Italia a febbraio 2014. È presente in tutto il Nord Italia con oltre 40 negozi e sta aprendo ulteriori store in Italia e in Europa. L’assortimento di make-up, cosmesi e profumeria è racchiuso nell’area dedicata Lillamoi.

Internet of Things, gli oggetti intelligenti escono dall’ombra ed entrano nel retail

Internet of Things, ovvero “gli oggetti intelligenti contraddistinti dal possedere una o più delle seguenti funzionalità: identificazione, localizzazione, diagnosi di stato, interazione con l’ambiente circostante, elaborazione dati, connessione” stanno finalmente decollando. Da oggetto per patiti della tecnologia un po’ nerd e decisamente di nicchia, che acquistano rigorosamente online, vedono finalmente la discesa in campo dei retailer tradizionali, che nel 2016 consentirà alla Smart Home di “mettersi in mostra” nei negozi.

Stiamo parlando di un mercato che a fine 2015 in Italia ha raggiunto i 2 miliardi di euro, con una crescita del 30% rispetto al 2014, spinto sia dalle applicazioni consolidate che sfruttano la connettività cellulare (1,47 miliardi di euro, +28% rispetto al 2014) che da quelle che utilizzano altre tecnologie come Wireless M-Bus o Bluetooth Low Energy (530 milioni di euro, +33%). Sono questi i dati dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management – Politecnico di Milano. Che rileva come il mercato italiano, per ora, sia trainato in particolare dai contatori gas (25%) e dalle auto connesse (24%), che da soli sfiorano il miliardo di euro di valore.

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A fine 2015 erano circa 10,3 milioni gli oggetti connessi in Italia tramite rete cellulare (+29%), a cui si aggiungono quelli che sfruttano altre tecnologie di comunicazione: oltre ai 36 milioni di contatori elettrici connessi da tempo tramite PLC, ci sono i 500.000 contatori gas e i 600.000 lampioni connessi nelle nostre città.

 

Rendere la propria casa intelligente: il 79% degli italiani ci sta pensando

La domotica, ovvero l’intelligenza applicata agli apparecchi domestici, dal riscaldamento al frigorifero, sta assistendo alla nascita di nuovi servizi e canali commerciali, con i principali retailer che quest’anno investono in spazi espositivi nei negozi della grande distribuzione, che fino ad ora era rimasta ai margini, diventando un nuovo punto di contatto con i clienti, insieme all’online, alle assicurazioni e alla filiera tradizionale della domotica.

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«I dati denotano una crescita esplosiva dell’Internet of Things in Italia – afferma Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano -. Ma il cambio di passo del 2015 non è racchiuso solo nella crescita del mercato. Ancor più importante è il consolidamento delle basi per lo sviluppo su tutti i fronti: città, consumatori e imprese. L’installazione di nuove reti di comunicazione dedicate all’IoT nelle prime città italiane, l’evoluzione dell’offerta in ambito Smart Home, sempre più integrata con servizi assicurativi e pronta a sbarcare anche nelle catene della grande distribuzione, i servizi innovativi per l’Industry 4.0 costituiscono presupposti importanti per il futuro. E l’IoT è sempre più una realtà in Italia».

Un punto cruciale di questi oggetti connessi è la propensione a raccogliere dati, come spiega Angela Tumino, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things: “Uno degli aspetti chiave per lo sviluppo futuro dell’Internet of Things è la valorizzazione dei dati raccolti, su cui ancora non ci sono strategie consolidate. I dati possono essere sfruttati nei processi interni all’azienda, riducendo i costi e migliorando l’efficacia verso i clienti, oppure possono generare valore all’esterno con la vendita a terzi, aprendo a nuove opportunità di business. La disponibilità di dati puntuali sull’utilizzo dei prodotti grazie all’IoT rende possibili nuove strategie di prezzo ‘pay-per-use’, che iniziano a interessare non solo i servizi, come l’assicurazione auto che varia in base alla percorrenza annua, ma anche i prodotti, come gli pneumatici pagati in base ai chilometri percorsi. In alcuni casi la vendita è addirittura incentivata proprio per avere accesso a nuovi dati, che costituiscono fonte di valore per le aziende, come nel caso dei dispositivi wearable promossi da parte delle assicurazioni”.

 

 

IoT: chi è costui? Gli ambiti applicativi dell’Internet of Things
Smart City & Smart Environment: monitoraggio e gestione degli elementi di una città (mezzi per il trasporto pubblico, illuminazione pubblica, parcheggi) e dell’ambiente circostante (fiumi, boschi, montagne) per migliorarne vivibilità, sostenibilità e competitività;
Smart Metering & Smart Grid: contatori intelligenti (Smart Meter) per la misura dei consumi (elettricità, gas, acqua, calore), la loro corretta fatturazione e la telegestione; rete elettrica “intelligente” (Smart Grid) per ottimizzare la distribuzione, gestendo produzione distribuita e mobilità elettrica;
Smart Home & Building: gestione automatica degli impianti e dei sistemi dell’edificio (illuminazione, climatizzazione, elettrodomestici) per il risparmio energetico, il comfort, la sicurezza dell’edificio e delle persone al suo interno;
eHealth: monitoraggio in tempo reale di parametri vitali da remoto, riducendo il ricorso all’ospedalizzazione, a fini diagnostici e di cura; localizzazione dei pazienti in modo da garantirne la sicurezza;
Smart Car: connessione tra veicoli o tra questi e l’infrastruttura circostante per la prevenzione e rilevazione di incidenti, l’offerta di nuovi modelli assicurativi e/o di informazioni geo-referenziate
sulla viabilità;
Smart Logistics: tracciabilità di filiera, protezione del brand e monitoraggio della catena del freddo, sicurezza in poli logistici complessi e gestione delle flotte;
Smart Asset Management: gestione in remoto di asset di valore a fini di rilevazione di guasti e manomissioni, localizzazione, tracciabilità e gestione inventariale;
Smart Factory: adozione di Cyber Physical Systems, connessione dei macchinari, degli operatori e dei prodotti per abilitare nuove logiche di gestione della produzione, di pianificazione della supply chain e di gestione del ciclo di vita dei prodotti;
Smart Agriculture: monitoraggio di parametri micro-climatici a supporto dell’agricoltura per migliorare la qualità dei prodotti, ridurre le risorse utilizzate e l’impatto ambientale.

Per Muji restyling “alla grande”: a Milano il più esteso store d’Europa

Forse sarà anche stata una coincidenza, ma di certo non stonava l’inaugurazione dello store Muji di Milano Buenos Aires nella settimana del design (che quest’anno parla molto di Giappone) completamente rinnovato e, soprattutto, ingrandito, di ben un piano. Ora è il più grande d’Italia e d’Europa, e il primo nel nostro Paese che rappresenta il nuovo format degli store MUJI.

Per uno strano circolo il negozio è il primo inaugurato in Italia nel 2004 dalla società Ryohin Keikaku. Con una superficie totale di 948.56 metri quadrati e un’offerta di 2.500 prodotti, diventa anche il flagship store più grande d’Europa.

La ristrutturazione di Milano è la prima realizzata di una serie di restyling che coinvolgeranno l’intera rete. Che conta in Giappone 401 negozi (284 gestiti direttamente e 117 con licenza) e all’estero 301 punti vendita in Italia.

Ne ha fatta di strada il nome MUJI: usato dal 1999, deriva dalla frase “Mujirushi Ryōhin”, che in giapponese significa “buoni prodotti senza marchio”. Diventati essi stessi, col tempo, un brand.

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