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La siccità non compromette il raccolto di Agromonte: +35% di materia prima

È un bilancio produttivo estremamente positivo quello di Agromonte, azienda che si occupa di trasformazione delle salse pronte di pomodoro ciliegino: quest’anno è stato registrato un incremento del +35% della materia prima proveniente dai terreni di proprietà. Un obiettivo che consente di fornire prodotto a km zero, trasformato entro 24 ore per preservarne tutta la freschezza e le proprietà, senza mai perderne il gusto. Inoltre Agromonte garantisce la tracciabilità completa del prodotto ma anche il controllo diretto dell’intero ciclo produttivo. Una filiera corta che riduce drasticamente l’impatto ambientale e abbatte le emissioni legate al trasporto e alla logistica – risparmiando fino a 130.000 km – favorendo un sistema etico e sostenibile. Ma anche una ulteriore prova della vicinanza indissolubile che l’azienda ha con il luogo di appartenenza, creando valore per la comunità, con un’attenzione alle risorse locali e promuovendo pratiche che tutelano la biodiversità e favoriscono lo sviluppo di un’economia circolare.

Nonostante le sfide climatiche di quest’anno, con la siccità che ha ridotto del 30% la produzione rispetto alle previsioni, la coltura si è comunque rivelata eccellente: il grado Brix particolarmente elevato, in questa stagione, ha conferito al pomodoro una dolcezza intensa ed una consistenza perfetta per la preparazione di salse e passate. La missione di Agromonte rimane quindi quella di portare sulle tavole prodotti che incarnano know-how e bontà, con uno sguardo al futuro e mantenendo i valori che l’azienda continua a coltivare con costanza, anno dopo anno.

“I nostri pomodori sono il risultato di un lavoro artigianale, nel rispetto della natura e delle antiche tradizioni della Sicilia. Ogni passaggio, dalla semina alla trasformazione della materia prima è svolto con cura per garantire un prodotto di altissima qualità. Il 2024 è stato un anno positivo: siamo riusciti a mantenere l’eccellenza che ci contraddistingue e che i nostri clienti conoscono e apprezzano, grazie all’impegno di esperti, professionisti e alla forza del nostro territorio. Nonostante le sfide climatiche di quest’anno dovute alla siccità, abbiamo mantenuto standard molto elevati e ci riteniamo davvero soddisfatti” commenta Marco Arestia, Direttore di stabilimento e produzione.

Casalasco testa un parco agrivoltaico sui campi di pomodori

Casalasco, in collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, ha avviato un progetto sperimentale per la realizzazione del primo parco agrivoltaico per la coltivazione del pomodoro. L’iniziativa intende promuovere la sostenibilità e migliorare l’efficienza energetica lungo tutta la filiera produttiva.

L’impianto, che ha comportato un investimento di circa 2 milioni di euro, è compreso in un più ampio piano di interventi programmati nei vari stabilimenti del Gruppo a sostegno dell’ambiente e del valore complessivo di 24,5 milioni di euro. Si estenderà su una superficie di circa 2 ettari in area industriale, nei pressi dello stabilimento di Casalasco a Fontanellato. I pannelli fotovoltaici saranno posizionati su strutture metalliche alte circa 5 metri, consentendo il regolare svolgimento delle attività agricole sottostanti. Grazie a un software, sviluppato in collaborazione con l’Università Cattolica di Piacenza, che raccoglierà e analizzerà costantemente i dati in ingresso, i pannelli saranno in grado di orientarsi per massimizzare l’assorbimento di energia solare e garantire la giusta quantità di luce alle coltivazioni.

Il parco agrivoltaico avrà una capacità produttiva annua di circa 1600 MWh che, insieme all’energia prodotta dall’impianto di cogenerazione installato nel 2023 all’interno dello stesso sito di Fontanellato, sarà sufficiente a coprire oltre il 90% del fabbisogno energetico dello stabilimento. Questo progetto rappresenta un passo avanti verso l’autosufficienza energetica e la riduzione dell’impatto ambientale di Casalasco, che attraverso il parco agrivoltaico ridurrà le emissioni di Co2 di 680 tons l’anno. Con l’energia prodotta dal parco agrivoltaico verrà inoltre alimentato anche il nuovo Innovation Center di Casalasco, progetto del Gruppo in fase di realizzazione, sempre a Fontanellato, in un edificio attiguo alla palazzina uffici.

L’iniziativa però non si limita ai benefici energetici ma mira a offrire un modello replicabile per tutte le aziende agricole conferenti. La sperimentazione sulla coltivazione di pomodori sotto i pannelli solari permetterà, infatti, di identificare le varietà più adatte a questo tipo di coltura e ottimizzare il bilanciamento tra ombra e luce, migliorando così la qualità e la resa delle produzioni. La partnership con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, riconosciuta tra le eccellenze nel settore delle scienze agrarie, conferisce al progetto una solida base scientifica e innovativa. L’interazione tra ricerca accademica e industria sottolinea l’impegno di Casalasco nel promuovere un’agricoltura sostenibile e tecnologicamente avanzata. La realizzazione del parco agrivoltaico richiederà circa un anno. Al termine dei lavori, Casalasco procederà con la valutazione dei risultati ottenuti per considerare la possibile applicazione della tecnologia a più ampie estensioni.

“Il parco agrivoltaico rappresenta un ulteriore importante passo verso un’agricoltura più sostenibile, integrata e innovativa – ha dichiarato Costantino Vaia, CEO del Gruppo Casalasco. La combinazione tra coltivazioni e impianti fotovoltaici offre nuove opportunità non solo per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale, ma anche per massimizzare i risultati delle produzioni. Siamo certi che questo progetto sperimentale possa fornire benefici significativi, per Casalasco, ma sicuramente anche per l’intera filiera del pomodoro che rappresentiamo, favorendo uno sviluppo più equilibrato e sostenibile del settore”.

“Casalasco ha scelto di installare un sistema agrivoltaico avanzato che garantisce la massima flessibilità sia nella gestione dell’impianto che delle colture agrarie – ha aggiunto Stefano Amaducci, Professore ordinario di Agronomia e Coltivazioni Erbacee presso il Dipartimento di Produzioni Vegetali Sostenibili dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e coordinatore del progetto. Utilizzando la piattaforma informatica e i sistemi di monitoraggio sviluppati in anni di ricerca presso l’Università Cattolica, potremo ottimizzare il sistema agrivoltaico perché sia uno strumento efficace a sostengo della transizione energetica e della decarbonizzazione della filiera del pomodoro da industria e che al contempo preservi la resa e la qualità del prodotto agricolo”.

Casalasco: fatturato in crescita a oltre 630 milioni (+27%). Determinante l’export

Il 2023 è stato un altro anno record per la filiera integrata del pomodoro in Italia specializzata nella trasformazione, confezionamento e commercializzazione dei suoi derivati. A testimoniarlo il bilancio del Gruppo Casalasco che, coi suoi cinque stabilimenti, ha lavorato 800.000 tonnellate di pomodoro fresco nella scorsa campagna consolidando il 7° posto a livello mondiale con un fatturato in crescita del 27% arrivato a superare i 630 milioni e con un EBITDA a 81,1 milioni di euro.

In continua crescita anche i mercati di sbocco finale, oltre 75 nel 2023, raggiunti sia coi marchi propri (Pomì e De Rica) che con le attività di co-packing e private label che coprono tutti i continenti con particolare focus sull’Estremo Oriente tra cui il Giappone dove il Gruppo ha recentemente finalizzato l’acquisizione della De Martino, primario operatore commerciale specializzato in mercati asiatici e scandinavi. La quota di fatturato sui mercati internazionali si conferma l’asset fondamentale per la crescita del Gruppo attestandosi a oltre i due terzi del fatturato complessivo con una quota nel segmento retail al 76% del totale. I derivati del pomodoro guidano le categorie prodotti con l’85% dei ricavi suddividi tra prodotti base, sughi pronti e ketchup.

Filiera, qualità, innovazione, ricerca & sviluppo, persone, ambiente e sicurezza sono i pilastri su cui si basa la strategia sostenibile di Casalasco che adotta un approccio trasparente nel rispetto di tutti i suoi stakeholders con la missione comune di costruire una catena efficiente e solida per la creazione del valore equamente ripartito lungo la filiera. Una grande attenzione è da sempre dedicata alle persone: con un picco pari a 2150 dipendenti nel corso della campagna del pomodoro, nel 2023 il numero di dipendenti a tempo indeterminato è aumentato del 10%. Se ai lavoratori presso gli stabilimenti si somma l’indotto rappresentato dalle aziende agricole socie del Consorzio Casalasco del Pomodoro e tutte le attività di logistica e distribuzione del gruppo, il numero di lavoratori coinvolti nella filiera Casalasco è di circa 10.000 unità, con un’età media intorno ai 40 anni. Il Gruppo ha portato avanti importanti progetti di crescita sul personale con oltre 16.000 ore di formazione specifica e piani di welfare volti a supportare il benessere dei dipendenti.

Il reparto Qualità di Casalasco ha effettuato oltre un milione di analisi qualitative presidiando tutte le fasi della filiera dal campo fino alla distribuzione di ogni singola confezione ed il dipartimento di Ricerca & Sviluppo ha generato oltre 100 nuovi progetti relativi a ricette e packaging innovativi. A tal proposito, nel 2023 sono stati avviati i lavori di riqualificazione dell’immobile in prossimità dello stabilimento di Fontanellato, con l’obiettivo di realizzare il nuovo Innovation Center del Gruppo volto a centralizzare in un unico polo tutte le attività di ricerca del Gruppo; l’inaugurazione è prevista entro il 2024. Lo scorso esercizio Casalasco ha investito circa 30 milioni di euro al fine di migliorare le prestazioni produttive ed ambientali. Il nuovo piano di sviluppo triennale prevede investimenti in asset industriali per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro focalizzati in particolare su efficientamento energetico, miglioramenti qualitativi e autoproduzione di energia. “Ormai da diversi anni la sostenibilità rappresenta per Casalasco un focus primario. Il 2023, oltre alla significativa crescita in termini di mercati, prodotti, ricavi, margini ha confermato anche lo sviluppo concreto della cultura sociale e ambientale che da sempre ci coinvolge e traina la nostra operatività giorno dopo giorno” ha detto Costantino Vaia, CEO di Casalasco SpA.

Su Sky è partita la campagna di Casar: 160 passaggi sino al 24 febbraio

È appena partita la nuova campagna pubblicitaria di Casar, azienda sarda appartenente al Gruppo Isa, volta al rafforzamento del proprio marchio legato ai sughi pronti. Lo spot di 30 secondi sarà in programmazione sino a sabato 24 febbraio su Sky Uno, Sky Gambero Rosso Channel e Sky Tg24 Primo Piano per un totale di 160 passaggi. A completamento della campagna, l’attività sui principali social media e su YouTube.

Casar, brand del Gruppo Isa, retailer che rappresenta Gruppo VéGé in Sardegna con oltre 300 supermercati affiliati di cui 35 di proprietà, è l’unica azienda dell’isola che opera nell’ambito della trasformazione del pomodoro da industria. Sotto la guida di Giovanni Muscas ha puntato sull’innovazione in un’ottica di miglioramento della qualità e della sostenibilità dei prodotti. Da diversi anni Casar infatti ha certificato le sue conserve di pomodoro, 100% sarde, come “pesticide free”, grazie al sistema di controllo di filiera messo a punto con la Regione Sardegna e l’Università di Cagliari. La scommessa vincente è stata puntare sulla qualità del prodotto sardo al 100%, grazie a rigidi disciplinari di produzione, filiera corta, formazione e dialogo costante con i produttori, oltre a ingenti investimenti tecnologici.

“Negli ultimi cinque anni abbiamo investito oltre 6 milioni di euro per i macchinari su nuove linee” commenta  Michel Elias, Amministratore Unico Casar che aggiunge: “ora cercheremo di allargare il reparto commerciale per cercare nuovi clienti e incrementare la produzione di pomodoro da lavorare”.

La crisi nel Mar Rosso mette a rischio l’export del pomodoro italiano

La crisi geo-politica nell’area del Mar Rosso sta agitando diversi mercati tra cui quello dell’agroalimentare e il comparto delle conserve rosse che da sempre risulta essere fortemente orientato all’export, con circa il 60% delle produzioni destinato a oltrepassare i confini nazionali. Molti tra i principali mercati di riferimento sono proprio in Asia e Oceania: si tratta di circa 380 milioni di euro di esportazioni (il 13,5% del totale dell’export). Per questo le tensioni nel canale di Suez rischiano di incidere molto seriamente sui flussi commerciali, in particolare a causa dell’aumento del costo dei noli.

“Quanto sta accadendo nel canale di Suez rischia di avere un forte impatto sull’export dei nostri prodotti. I mercati di Asia e Oceania, penso in particolare a Giappone e Australia ma anche a molti altri Paesi, rappresentano uno sbocco commerciale fondamentale. L’aumento del costo dei noli, generato dal contesto, va monitorato con grande attenzione perché potrebbe incidere sulla competitività delle nostre aziende all’estero. Tra l’altro, a causa di questa situazione e della ridotta disponibilità di navi e containers, stiamo subendo disagi anche su altre rotte con un conseguente aumento dei costi dei noli. A questo si aggiunga anche l’impatto sugli approvvigionamenti di materia prima e semilavorati – principalmente packaging metallico – che arrivano sostanzialmente dal Far East” commenta Giovanni de Angelis, Direttore Generale di ANICAV.

I numeri del comparto
Quella del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata e, con un fatturato complessivo (2023) di 5 miliardi di euro (3,5 miliardi generati dalle aziende associate ad ANICAV), riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto. L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli USA e la Cina, resta primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, rappresenta il 12,2% della produzione mondiale (pari a 44,2 milioni di tonnellate) e il 52% del trasformato europeo.

Cirio on air nel Regno Unito col nuovo spot insieme a James Martin

Da pochi giorni è in onda sulle principali emittenti britanniche il nuovo spot di Cirio, “Cirio, the heart of Italy in your home” accompagnato da un piano multimediale che copre la programmazione televisiva tradizionale e in streaming, oltre ai canali digitali. Confermata la collaborazione con il testimonial di Cirio nel Regno Unito, James Martin, il celebrity chef del programma Saturday Kitchen, che già da alcuni anni collabora con l’azienda italiana. La programmazione dello spot televisivo durerà fino al 3 marzo toccando 8 milioni di famiglie britanniche in target, per un totale di 50 milioni di impatti e 22 milioni di digital impression.

Nel nuovo spot, James Martin è impegnato ai fornelli e racconta il concept di “Cirio Farmer-Owned” lasciando emergere i valori della cura, dell’impegno, della passione e della qualità che i produttori mettono in campo ogni giorno per portare sulle tavole dei consumatori britannici l’eccellenza del pomodoro Made in Italy.

“Si tratta di un rinnovato e importante sforzo dell’Azienda per sostenere il business di Cirio nel Regno Unito, dove i nostri prodotti derivati del pomodoro continuano a crescere nelle preferenze dei consumatori britannici” commenta Diego Pariotti, Direttore Commerciale e Marketing Export di Conserve Italia. “Vogliamo rafforzare questo dialogo trasferendo i nostri valori e la nostra identità unica e inimitabile: quella di un marchio di proprietà degli agricoltori, garanzia di qualità certificata dal seme alla tavola”.

Pomodoro: Casalasco acquisisce il 70% di De Martino e rafforza il presidio in Asia

Casalasco, azienda che opera nel comparto del pomodoro da industria con marchi come Pomì, Gustodoro e De Rica, ha siglato l’intesa per l’acquisto del 70% di De Martino Srl, trading company specializzata nella commercializzazione di conserve alimentari italiane, con l’obiettivo di rafforzare la propria filiera e consolidare la presenza nei mercati dell’estremo Oriente e del Nord Europa, con un particolare focus in Giappone e Scandinavia.

Grazie a questa operazione Casalasco, che esporta circa il 70% della sua produzione prevalentemente in Europa con un focus in Germania, Francia e Gran Bretagna, avrà la possibilità di espandere ulteriormente i suoi piani di commercializzazione con l’obiettivo di portare la qualità del prodotto italiano in tutto il mondo. Il mercato asiatico, sempre più importante in termini di volumi ed apprezzamento dei prodotti food italiani, è uno dei principali target della società che da anni presidia la distribuzione giapponese sia nel canale retail che in quello della ristorazione anche grazie ad un ufficio commerciale locale. L’acquisizione di De Martino consentirà un notevole aumento dei volumi commercializzati che si rifletterà in una crescita prevista di circa il triplo degli attuali ricavi sia in Giappone che in Scandinavia. Questa operazione rientra nella strategia di crescita di Casalasco avviata negli ultimi anni e volta ad acquisire un controllo sempre più ampio della filiera. 

“Attraverso questa nuova operazione vogliamo rafforzare la nostra presenza su mercati che consideriamo strategici, in particolare in termini di valorizzazione del Made in Italy – dichiara Costantino Vaia, CEO del Gruppo Casalasco. “La partnership con operatori qualificati e di grande esperienza, come nel caso di De Martino, ci permetterà di essere operativi fin da subito su queste aree geografiche, con lo scopo di raggiungere obiettivi di crescita e reddittività in tempi più brevi”.

L’operazione De Martino rappresenta un altro passo del piano strategico iniziato con l’acquisizione di Emiliana Conserve nel 2022 dopo ingresso del fondo QuattroR nel capitale della società. In un’ottica di continuità operativa e gestionale, Wolfgang De Martino resterà titolare del 30% delle quote e riconfermato Amministratore Delegato della struttura.

Filiera italiana del pomodoro, c’è ancora un grande divario tra nord e sud

Un’analisi dettagliata quella recentemente realizzata dal Crea, ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari per conto di Anicav, che ha fornito gli spunti necessari ad animare il dibattito nell’ambito dell’annuale assemblea pubblica, Il Filo Rosso del Pomodoro, organizzata dall’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali e che si è svolta la settimana scorsa a Napoli. I principali protagonisti del mondo industriale, della cooperazione e del mondo agricolo si sono confrontati sui risultati dello studio e sulle possibili soluzioni da mettere in atto per tutelare e valorizzare la filiera del pomodoro da industria, uno dei fiori all’occhiello dell’agroalimentare Made in Italy.

Lo studio ha analizzato gli aspetti economici legati alla produzione del pomodoro da industria nei due distretti produttivi (nord e sud), attraverso l’utilizzo dei dati Istat, di questionari e interviste agli stakeholder e delle informazioni presenti nella banca dati R.I.C.A. (Rete di Informazione Contabile Agricola). Nello specifico, l’analisi delle caratteristiche strutturali e dei costi di produzione del campione si focalizza sui due distretti produttivi per un totale di 552 aziende che hanno coltivato pomodoro nel triennio 2019-2021. 

Le prime differenze tra i due bacini produttivi riguardano le dimensioni economiche. Nel bacino nord il 95% delle aziende che coltivano pomodoro sono grandi e medio-grandi (con un fatturato da 100.000 ad oltre 500.000 euro), mentre nel bacino sud questa percentuale scende al 64%. Per quanto riguarda la proprietà delle superfici messe a coltura, nel bacino nord prevale l’affitto (in quasi il 60% dei casi), viceversa al sud c’è una prevalenza della proprietà (quasi il 50% contro il 44% in affitto). Differenze anche in termini di volumi di produzione: nel distretto nord si rileva una distribuzione piuttosto omogenea tra le diverse classi di produzione, da meno di 500 a oltre 3000 tonnellate di prodotto. Nel bacino sud prevalgono nettamente (oltre il 65%) le aziende che producono meno di 500 tonnellate di prodotto.

Notevoli differenze anche per quanto riguarda la resa e i costi di produzione. In media, nel bacino sud la resa è significativamente migliore rispetto al bacino nord: 878 q/Ha del sud contro i 696 q/Ha del nord. Inoltre, al nord si registra una certa uniformità delle rese, mentre al sud è presente un’alta variabilità, segno evidente che nel primo caso è attivo un processo di standardizzazione dei modelli produttivi, mentre nel secondo c’è una forte diversificazione. Relativamente alla ripartizione dei costi di produzione il quadro è abbastanza omogeneo e le varie voci hanno più o meno lo stesso peso nel conto finale. La maggiore incidenza è relativa al costo del lavoro (27% al nord e 29% al sud), al costo lavoro macchine (14% al nord e 17% al sud) e all’acquisto di sementi (14% al nord e 15% al sud). 

Al di là dell’incidenza, quello che desta particolare attenzione è la differenza che si registra su determinate voci di costo, molto più alte al sud che al nord. Nel distretto sud, infatti, il costo di acquisto di sementi e piantine segna un +48% rispetto al nord, mentre i costi di acquisto e utilizzo di agrofarmaci per la difesa delle colture registrano un +59%. Da evidenziare il costo delle risorse idriche superiore addirittura del 71%. Al sud più elevati anche i costi delle macchine (+68%) per il maggior ricorso al contoterzismo, così come il costo del lavoro (+58%) legato al maggiore fabbisogno di personale per la tipologia di raccolta in bins. 

In conclusione, dall’analisi emerge con chiarezza che le aziende agricole del bacino sud, a causa della dimensione fisica ed economica ridotta, non riescono a implementare economie di scala e, conseguentemente, hanno maggiori difficoltà a intervenire su alcune delle principali voci di costo. Allo stesso tempo, nel bacino sud le rese medie per ettari messi a coltura sono significativamente superiori rispetto a quanto non accada nel bacino nord.

“Il contesto socio-economico in cui viviamo e lavoriamo è particolarmente difficile, ed è necessario avere una visione comune” dichiara Marco Serafini, Presidente di Anicav. “Solo una filiera compatta ed efficiente potrà garantire nel lungo periodo le condizioni per la sopravvivenza e la competitività dell’intero sistema. Ci troviamo, ormai, ad operare in un contesto sempre più globalizzato: la specificità che, da sempre, ci ha contraddistinto rispetto ai nostri competitor internazionali non è più sufficiente a tutelare i nostri prodotti, per cui diventa indispensabile un dialogo di filiera che possa sostenere le nostre produzioni e renderle competitive sui mercati. Serve unire gli sforzi di chi coltiva e di chi trasforma per creare valore lungo tutta la filiera”.

La Doria avvia la campagna del pomodoro: obiettivo 280 mila tonnellate

È partita la campagna del pomodoro 2023 di La Doria: si tratta di un momento cruciale per il Gruppo, primo produttore europeo di pelati e polpa di pomodoro nel segmento retail. La Linea Pomodoro è infatti uno dei rami centrali del suo portafoglio e ha generato nel 2022 vendite per 224 milioni di euro, in crescita rispetto ai 180,7 milioni di euro del 2021.

Anche se la campagna 2023 presenta delle incognite dovute ad uno slittamento di circa 10 giorni dell’avvio delle fasi di raccolta in campo – a causa delle forti piogge di maggio e giugno che hanno ritardato i trapianti – e delle alte temperature di luglio che potrebbero avere impatti sullo sviluppo del pomodoro tardivo – il Gruppo si è prefissato come obiettivo quello di incrementare la materia prima lavorata nella campagna 2022. La Doria, infatti, conta di riuscire a lavorare circa 280 mila tonnellate di materia prima 100% italiana.

“Siamo consapevoli del fatto che il 2023 presenti delle incertezze non trascurabili dal punto di vista climatico che potrebbero avere delle conseguenze nelle prossime settimane sulla resa agricola e quindi sulla disponibilità di pomodoro da trasformare” ha dichiarato il CEO del Gruppo La Doria Antonio Ferraioli. “Nonostante queste incognite, siamo certi della forza produttiva de La Doria e confidiamo quindi di migliorare i risultati della campagna del 2022 grazie sia all’ efficienza dei nostri impianti sia ai solidi rapporti che il Gruppo ha costruito negli anni con le centinaia di imprese agricole italiane che ci forniscono la materia prima”.

A livello nazionale, la previsione del 2023 per la produzione di pomodoro fresco da processare è pari a 5.6 milioni di tonnellate, con una crescita del +2% rispetto al 2022, grazie all’aumento degli ettari trapiantati, circa 70.000 nel 2023. Numeri che simboleggiano quanto il pomodoro 100% italiano oggi rappresenti sia per il mercato interno sia per quello internazionale uno dei prodotti più amati dai consumatori con ancora ampi spazi di crescita sui mercati esteri. La Doria trasforma due tipologie di pomodoro fresco: il pomodoro lungo e il pomodoro tondo, entrambi raccolti attraverso sistemi totalmente meccanizzati e lavorati negli impianti con la collaborazione di circa 900 lavoratori stagionali. Il processo di trasformazione della materia prima avviene entro le 12 ore successive al conferimento presso i siti di lavorazione, così da conservare inalterate le caratteristiche organolettiche della materia prima. La gamma produttiva della Linea Pomodoro del Gruppo La Doria prevede polpa, pelati, passata e pomodorini che andranno sul mercato per i più importanti brand della Grande Distribuzione – private label – nazionale e internazionale (oltre l’80% dei ricavi de La Doria sono realizzati all’estero e circa il 97% è generato dalle private label) e per i brand del Gruppo.

Man mano che il pomodoro viene raccolto e conferito da parte delle 20 associazioni che rappresentano circa 300 imprese agricole che operano nelle regioni di riferimento (Campania, Puglia, Basilicata, Lazio e Molise), si svolgono le lavorazioni di trasformazione per l’ottenimento dei derivati del pomodoro nei quattro stabilimenti del Gruppo dedicati a questa linea di prodotti (dei sei totali), nei siti in provincia di Salerno di Angri, Sarno, Fisciano e di Lavello nel Potentino. La campagna 2023 vedrà il proseguimento degli investimenti diretti del Gruppo La Doria nel progetto Agricoltura 4.0 che ha come obiettivo quello di diffondere tra le imprese agricole del Sud d’Italia la cultura e le best practice dell’agricoltura di precisione. Grazie ad una eccezionale innovazione tecnologica e grazie all’utilizzo dei big data – raccolti da sensori di prossimità – l’Agricoltura 4.0 porta ad un’importante riduzione degli sprechi, una gestione efficiente e responsabile della fonte idrica e dell’uso di agrofarmaci, un approccio più rispettoso ed equilibrato nei confronti della terra – a cui viene fornita solo la quantità giusta di input al momento giusto – e una maggiore qualità certificata dei prodotti alimentari, fattore indispensabile per instaurare un rapporto di fiducia con i consumatori di oggi.

“La Doria è da sempre molto attenta ai temi della sostenibilità, dell’innovazione tecnologica e del lavoro etico. In particolare, uno dei progetti più recenti avviati dalla nostra azienda è “Agricoltura 4.0”, un’iniziativa a cui teniamo molto. Grazie al progetto Agricoltura 4.0 sono stati installati dei sensori nei campi che, in base ai dati raccolti dall’atmosfera, forniranno importanti informazioni all’agricoltore, indicando per esempio quando irrigare o utilizzare fitofarmaci. Dopo un anno di sperimentazione abbiamo potuto osservare per le aziende agricole coinvolte una riduzione del 30% dell’impiego di acqua e del 20% di trattamenti chimici. Per questo contiamo di allargare il progetto ad altre aziende in futuro augurandoci che possa essere autonomamente implementato dai nostri agricoltori negli anni a venire. La tecnologia, infatti, rappresenta uno strumento indispensabile anche in agricoltura per avere un impatto positivo sull’ambiente e le condizioni di lavoro” ha concluso Ferraioli.

Agromonte amplia la linea di salse pronte con il piccadilly

Dopo il ciliegino, il datterino e il pomodoro giallo, ora per Agromonte è la volta del piccadilly: ecco la novità che l’azienda ragusana ha presentato in occasione di Tuttofood. Il piccadilly è una tipologia di pomodoro a grappolo, di piccole dimensioni e dalla forma leggermente allungata con l’estremità appuntita. Grazie al suo buon tenore zuccherino, questo pomodoro ha un carattere di dolcezza e sapidità, abbinato ad un’eccellente consistenza. Tutti aspetti che rendono questa varietà sicuramente interessante, soprattutto se trasformata in una salsa pronta. Agromonte la propone in bottiglietta da 330 g, precisando che la lavorazione viene effettuata con pomodoro appena raccolto, senza coloranti e conservanti, rispettando i ritmi dettati dalla natura, attraverso logiche di produzione che affinano le tecniche tradizionali adattandole a processi industriali all’avanguardia. Il risultato è una salsa corposa, dolce e pronta per essere utilizzata. La bottiglietta di vetro è di colorazione ambrata, come nella più tipica tradizione siciliana, che prevedeva l’utilizzo delle bottiglie di birra per contenere la salsa appena fatta e proteggerla dalla luce.

A Tuttofood è stato presentato anche il nuovo formato convenienza delle due salse pronte più vendute sul mercato: la Salsa Pronta di ciliegino e la Salsa Pronta di datterino. Si tratta di un cluster in cartoncino che racchiude due bottigliette da 330 g con una grafica dal forte impatto cromatico, dove il logo Agromonte appare come un timbro a suggello di autenticità. Non solo innovazione di prodotto, ma anche responsabilità sociale. Agromonte ha lanciato ufficialmente la collaborazione con 3Bee, azienda agri-tech specializzata in soluzioni e progetti innovativi che aiutano a salvaguardare la vita degli impollinatori, custodi di biodiversità. Con 3Bee, nasce il Bosco nettarifero di Agromonte fatto da 200 alberi da frutta: una piccola oasi che ospiterà api, bombi e insetti impollinatori, oggi più che mai essenziali per mantenere il fragile e ormai compromesso equilibrio che regge i nostri ecosistemi. Agromonte ha scelto di tutelare il bosco in terra siciliana per rafforzare, ancora di più, il suo legame con la propria isola.

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