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La supply chain post Covid 2019, lo studio di Pwc

Mantenere il buon funzionamento della supply chain è particolarmente impegnativo in questo momento. Numerose catene di approvvigionamento sono colpite dall’epidemia Covid-19, che causa in tempi rapidissimi o picchi di domanda imprevisti o carenza di offerta. Ma alcune aziende (designate come “campioni digitali”, in quanto la gestione del rischio più efficace è uno dei vantaggi principali) sono in grado di adattarsi meglio alla situazione, e affermano anche di aver ridotto i costi della supply chain del 6,8% e aumentato i ricavi del 7,7%.

Questi sono alcuni dei principali risultati dell’indagine “Ecosistemi connessi e autonomi della supply chain 2025”, pubblicata da Pwc.

Lo studio ha identificato ciò che i campioni digitali fanno di diverso nella gestione delle proprie catene di approvvigionamento e presenta le capacità necessarie per stabilizzarle nella situazione attuale (ad esempio attraverso la trasparenza o la riconfigurazione più accurata e soprattutto più frequente).

Tra le evidenze emerse, risulta che la stragrande maggioranza delle aziende intervistate ha già iniziato a fare affidamento sull’intelligenza artificiale e sull’analisi dei dati per prendere decisioni migliori e ottimizzare la propria catena di approvvigionamento, con il 70% delle aziende intervistate che utilizzano l’IA in almeno un’area.

Queste includono una maggiore trasparenza lungo l’intera supply chain, l’ottimizzazione del costo del servizio, la segmentazione della catena di approvvigionamento e la pianificazione integrata. Tuttavia, i campioni digitali sono molto più avanti rispetto ad altre aziende nell’uso dell’IA. Oggi il 43% dei campioni digitali utilizza già l’IA per una maggiore trasparenza della supply chain, rispetto al solo 23% di tutte le aziende intervistate.

Gabriele Caragnano, Partner EMEA Operations Leader di PwC, afferma: “Ciò che colpisce è che i campioni digitali sono già molto avanzati nell’uso dei dati operativi, finanziari e di vendita per guidare la supply chain. Inoltre, utilizzano sempre più sistematicamente dati esterni non strutturati, come i dati provenienti dall’IoT e dalle applicazioni dei social media, nonché i dati dei propri clienti e fornitori”.

Un altro dato importante dello studio è che la logistica intelligente ha un grande potenziale per l’ottimizzazione dei costi ed è una priorità alta o assoluta per il 59% dei campioni digitali. “Non sono sorpreso”, commenta Gabriele Caragnano. “Dopo tutto, il 50% dei risparmi sui costi della catena di approvvigionamento può essere attribuito alla logistica intelligente.” È chiaro che anche qui i campioni digitali sono in testa: in tutti i settori e i paesi del sondaggio, meno di un quinto delle aziende (18%) ha indicato la logistica intelligente come priorità alta o assoluta.

L’implementazione di capacità logistiche smart sembra dipendere in modo particolare dalle dimensioni dell’azienda. Ad esempio, il 42% delle aziende con un fatturato annuo di oltre $ 5 miliardi ha già implementato la logistica intelligente, ma solo il 25% delle aziende con un fatturato compreso tra $ 3 e $ 5 miliardi lo ha fatto e la percentuale scende al 18% per quelle con un fatturato compreso tra 100 mln $ e il miliardo $. Le aziende più piccole, e questo è il caso più comune in Italia, spesso sono restie ad affrontare gli elevati investimenti necessari in tecnologie avanzate. “In molti casi, tuttavia, questa preoccupazione è infondata, perché gli investimenti nell’eccellenza della supply chain spesso si ripagano da soli in un breve periodo di tempo e numerose sono le opportunità di finanziamenti pubblici.”

Inoltre, le aziende intervistate ritengono che la trasparenza della supply chain sia molto importante e il 55% dei campioni digitali lo ha indicato come una priorità assoluta. “Le aziende si stanno muovendo sempre più verso ecosistemi della catena logistica globale che includono clienti, fornitori, operatori logistici e altri partner della catena logistica”, afferma Gabriele Caragnano.

Tra i campioni digitali, quasi due terzi (62%) hanno già raggiunto la trasparenza della catena di approvvigionamento. Al contrario, la media di tutte le aziende intervistate è solo del 33%. Alcuni degli elementi più importanti delle supply chain trasparenti includono la visibilità quasi in tempo reale di informazioni sui prodotti, finanziarie e logistiche. Ciò consente alle aziende di ottenere un’immagine digitale della propria catena di fornitura in tempo quasi reale e di utilizzare l’IA per predire o identificare fin dall’inizio interruzioni, rischi o iniziative potenziali di ottimizzazione.

Una maggiore trasparenza aiuta anche le aziende a raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità. “I clienti vogliono sempre più sapere da dove provengono i loro prodotti”, spiega l’esperto di PwC Gabriele Caragnano, aggiungendo “E le aziende con supply chain più trasparenti sono in grado di fornire queste informazioni. Allo stesso tempo, rendere i prodotti completamente tracciabili aumenta la qualità, perché le aziende possono tracciare tutti i prodotti e individuare, ad esempio, quando e dove i prodotti o le merci sono stati danneggiati durante il trasporto. Ciò è particolarmente vero per i campioni digitali, che eccellono in questo ambito”.

Lo studio suggerisce anche un percorso su come gestire con successo le supply chain nel post crisi. Gabriele Caragnano afferma che “le precedenti crisi ci hanno mostrato che molte aziende affrontano la sfida della trasformazione della propria supply chain all’inizio della fase di ripresa economica, dopo averne sofferto la debolezza nella fase di recesso”.

Vincenzo Grassi, Partner PwC Italia, commenta: “Il settore manifatturiero italiano si accinge a dover affrontare una fase cruciale dovendo garantire efficienza operativa, continuità delle attività produttive e flessibilità della catena logistica sia nella gestione dell’import di materie prime sia nella gestione dell’export dei prodotti finiti. E’, infatti, da considerare che l’Italia è il 6° esportatore al mondo di beni manufatti e che i prodotti manifatturieri esportati rappresentano l’80% dell’export complessivo. Secondo le elaborazioni di Confindustria, le esportazioni del nostro Paese potrebbero diminuire del 5,1%. nel 2020 a causa dell’emergenza COVID-19. La gestione della supply chain in senso esteso diventa una priorità fondamentale per tutte le aziende manifatturiere italiane”.

Modalità della ricerca

PwC che ha intervistato oltre 1.600 aziende in sette settori e 33 paesi per comprendere le loro attuali capacità di gestione della supply chain e i loro piani per il futuro.

Il rapporto include casi di studio sulle supply chain di aziende specifiche, tra cui IKEA, Bayer Crop Science Division, Nokia, Continental, TRUMPF e Advantest.

 

Cosa cerca il nuovo consumatore, tra on e offline: ce lo dice l’analisi Total Retail di Pwc

Uno sguardo sulla spesa del futuro, improntata da quei Millennials che sono gli influenzatori della spesa di oggi e segnano la strada che prenderanno i trend di acquisti di domani: lo offre il “Total Retail 2017”, la ricerca di PwC che analizza i comportamenti di consumo online e l’attitudine alla multi-canalità di 24.500 consumatori in 32 Paesi, tra cui oltre 1000 italiani.

In primo piano emerge l’importanza dei social media, con il 56% degli italiani che è stato influenzato a spendere di più dall’interazione che ha avuto via social con un brand, e quasi il 60% che dichiara di sentirsi più coinvolto dal brand proprio attraverso i social media.

Rilevata anche l’importanza del punto vendita fisico, che resta di gran lunga il canale principale per gli acquisti: il 51% dei consumatori italiani lo visita almeno una volta alla settimana per effettuare i propri acquisti. Determinante sempre più sul prezzo emerge la richiesta di servizio: il 73% dei consumatori ricerca un addetto con profonda conoscenza dei prodotti, seguito al secondo posto da offerte real-time e personalizzate e dalla possibilità di verificare rapidamente lo stock di un altro negozio.

Elementi per lo più disattesi, con quasi la metà dei clienti che si dichiara insoddisfatta, con scollamenti significativi specie su temi come le offerte personalizzate (25 punti di scollamento) e la preparazione degli addetti e la possibilità di controllare la disponibilità dei prodotti altrove.

Come rileva Erika Andreetta, Partner PwC e Consulting Leader per il Retail e il Consumer. «Il tema chiave oggi non è più legato all’apertura dei negozi, bensì alle competenze: i retailer devono investire sulle competenze digitali e di operations dei propri team, perché sappiano gestire l’innovazione digitale, una supply chain sempre più complessa e il lancio di nuovi servizi per assicurarsi la fedeltà del cliente».

Anche perché la sfida sulla ricerca del prodotto è vinta a mani basse dal canale online, le cui percentuali prevalgono sul negozio in 10 categorie su 11, con picchi massimi nel settore “libri, musica e videogames” (74% vs 12%), ed “elettronica di consumo e computer” (68% vs 22%). L’unica eccezione riguarda la categoria dei generi alimentari, dove il negozio rimane il canale di ricerca preferito (46% vs 37%), indicando la sua importanza per tale filiera.

I consigli per i retailer che guardano al futuro? Trovare strade innovative per raccontare la propria storia e creare connessione con i consumatori, utilizzando i social media sia per informare sia per creare engagement con il consumatore, attraverso “storie a puntate” o iniziative di tipo emozionale. Rafforzare la fedeltà dei consumatori attraverso offerte personalizzate, accessi speciali a sconti e servizi premium come (per la moda) giornate di shopping dedicate, o la possibilità di ordinare in anticipo prodotti in serie limitata e occasioni esclusive di incontro con il designer. Assicurarsi una presenza online efficace e funzionale, attraverso un sito internet ottimizzato per ogni strumento, propri canali sui principali social media capaci di creare engagement con i clienti e garantire una shopping experience a 360 gradi. Sfruttare i benefici di una presenza offline, rendendo più accattivante lo store, creando un’esperienza di acquisto unica nel punto vendita, facendo sinergia tra l’offerta online e offline e investendo sul personale presente in store attraverso una formazione ad hoc.

Sul prossimo numeri di InStore l’analisi completa con i 10 “temi caldi” che i retailer devono affrontare oggi e che riflettono la sempre maggiore complessità del mercato.

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