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Tag: responsabilità sociale

Amaro Ramazzotti festeggia i 200 anni con una bottiglia Fairtrade e un progetto in India

Coltivatori di spezie in Kerala, appartenenti alla cooperativa PBS.

Una bottiglia in edizione limitata, celebrativa e non in commercio, certificata Fairtrade di Amaro Ramazzotti. È stata prodotta in occasione dei 200 anni del celebre amaro, e dedicata ai valori di responsabilità sociale e ambientale. Lo zucchero utilizzato proviene da Mauritius, mentre parte RamazzottiFTdelle 33 spezie utilizzate (cardamomo, zedoaria e chiodi di garofano) sono state acquistate in Kerala, da coltivatori che hanno partecipato a un progetto di riqualifica delle coltivazioni, ora biologiche oltre che equosolidali, grazie a un progetto di formazione agraria, commerciale e finanziaria cui ha partecipato Pernod-Ricard insieme all’Ong Positive Planet, all’agenzia governativa GIZ e alla cooperativa locale Pbs (vd Attali: immigrazioni o fame nel mondo, l’unica soluzione è la sostenibilità sociale).

03_Vetiver handicraft making_Slicing of vetiver leavesPernod-Ricard, secondo produttore di alcolici al mondo, sembra aver abbracciato la strada della responsabilità e promette che questo appena conclusosi in Kerala non è l’unico progetto seguito. “Abbiamo impiegato nel progetto 400mila dollari in cinque anni. Giz, agenzia del governo tedesco, ha partecipato per il 50% ai finanziamenti. Oltre alla certificazione delle coltivazioni di spezie, che ha aiutato i contadini a vendere meglio il loro prodotto, sono state coinvolte una cinquantina di donne in un’attività parallela: la coltivazione di vetiver e la produzione di cestini intrecciati. Da anni siamo impegnati nello sviluppo di relazioni sostenibili e dell’imprenditoria locale con partner di diversi Paesi. In Messico ad esempio stiamo lavorando con i piccoli produttori di Mezcal” ha detto Noël Adrian, Ad di Pernod Ricard Messico ed ex Ad di Pernod Ricard Italia.

Per Cédric Retailleau, Ad Pernod-Ricard in Italia “Continueremo ad acquistare spezie in India ma quel che è più importante questa esperienza ha aperto la strada a nuovi progetti in altre parti del mondo”. Le soluzioni sono molteplici, è necessario però individuare i giusti partner con la collaborazione di tutti gli stakeholder.

Cruciali donne e bambini per lottare contro la fame nel mondo: il latte “sociale” di Granarolo

Foto Stefano Pesarelli/Gramarolo, Njombe Milk Factory.

Un convegno organizzato a Expo su uno dei suoi temi di fondo più rilevanti e urgenti: quello della fame nel mondo, on particolare riguardi ai 200 milioni di bambini che ne soffrono nei Paesi in via di sviluppo. “Esperienze, sfide e strategie per l’alimentazione infantile nel mondo” si è tenuto sabato scorso presso l’Auditorium di Palazzo Italia organizzato da Granarolo con la presenza di relatori provenienti da diversi Paesi e organizzazioni internazionali.
Innazitutti i numeri: sono 795 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, di cui il 98% vive nei Paesi in via di sviluppo: 511,7 milioni in Asia; 232,5 milioni in Africa; 34,3 milioni in America Latina e Caraibi e 14,7 milioni nei Paesi sviluppati. Di questi, 200 milioni sono i bambini malnutriti, che già nascono svantaggiati se a soffrire la fame sono le madri stesse: 17 milioni nascono già sottopeso. Le mamme sono il primo produttore di cibo al mondo, ma tradizioni culturali e strutture sociali fanno sì che spesso siano più colpite dalla fame e dalla povertà rispetto agli uomini.
La fame non significa solamente mancanza reale di cibo, ma anche di micronutrienti, che espone le persone a contrarre più facilmente le malattie infettive, impedisce un adeguato sviluppo fisico e mentale, riduce la produttività nel lavoro e aumenta il rischio di morte prematura. Circa il 50 per cento delle donne incinte nei Paesi in via di sviluppo ad esempio soffre di mancanza di ferro, e a causa di ciò 315.000 donne muoiono ogni anno per emorragie durante il parto.

«Abbiamo scelto di organizzare questo momento di confronto e riflessione perché crediamo che un’alimentazione sicura e accessibile, in un mondo sempre più globalizzato, sia una delle maggiori sfide globali del nostro tempo – ha spiegato Gianpiero Calzolari, Presidente Granarolo S.p.A. -. Per vincerla, noi vediamo solo una strada: organizzazioni internazionali e soggetti privati devono trovare forme di collaborazione e modalità congiunte di divulgazione delle informazioni rilevanti. Nessuno oggi può far finta di non sapere».
Granarolo ha diverse iniziative che sostengono la diffusione di un’alimentazione sicura e accessibile, tra le quali dal 2004 crede e sostiene attivamente questo progetto Africa Milk Project, e Allattami. «In Africa abbiamo sostenuto un progetto che replica il modello cooperativo sul quale Granarolo stessa si fonda, in una delle zone più povere della Tanzania», dice ancora Calzolari. «Oggi la latteria-caseificio di Njombe cammina con le proprie gambe Siamo convinti che si potrà esportare questo modello per dare concrete opportunità lavorative ad altri allevatori e casari e una produzione di latte pastorizzato e quindi sicuro a tanti bambini nel mondo. Stiamo già ragionando con Cefa Onlus su un sostegno alle comunità locali in Mozambico, aggregando il mondo cooperativo che ruota intorno ad ACI (Alleanza Cooperative Italiane)».
Convinti poi che il latte materno sia alimento insostituibile per i neonati, con il Policlinico Sant’Orsola di Bologna Granarolo ha dato vita ad “Allattami”, unica banca del latte materno mai promossa da un’azienda in Europa che consente di nutrire neonati critici e/o prematuri, con latte materno prelevato da madri che ne hanno in eccesso. «Un progetto italiano per l’Italia che ci auguriamo possa essere replicato in molti altri contesti per dare latte di mamma sicuro a tanti bimbi».

Assobirra, campagna di responsabilità sociale su alcol e gravidanza

L’attenzione per il consumo di alcol, in gravidanza in particolare, è cresciuta negli ultimi anni. Il 65% delle donne che ha avuto un figlio sa che in quei mesi non bisogna assumere alcol, anche se molte di loro non smettono del tutto (1 su 3 fra le consumatrici non sospende il consumo di bevande alcoliche) o non conoscono bene i limiti di rischio (per il 67% non è rischiosa una assunzione saltuaria di bevande alcoliche).

Ce lo dice la Doxa che, per AssoBirra (Associazione Nazionale dei produttori della birra e malto), ha intervistato oltre 800 donne tra i 18 e i 44 anni (412 donne incinta e/o con figli piccoli e 425 a donne senza figli) per scoprire quanto sanno del tema “alcol e gravidanza” le mamme italiane.

Per aumentare la conoscenza sul tema e continuare ad informare chi aspetta un figlio o sta provando ad averlo o chi ancora non sa quali siano i comportamenti corretti da adottare in gravidanza, AssoBirra e SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) lanciano fino al 9 agosto, la terza edizione della campagna “Se aspetti un bambino l’alcol può attendere”.

Nella nuova edizione, la campagna – che ha ricevuto in passato l’apprezzamento e il sostegno del Ministero della Salute, ottenendo il marchio Guadagnare Salute – utilizzerà diversi strumenti e mezzi d’informazione per raggiungere le donne da sensibilizzare: un nuovo sito internet www.seaspettiunbambino.it , dove saranno raccolte informazioni utili sul tema “alcol e gravidanza” con una veste completamente rinnovata e una media partnership con uno dei principali portali di informazione rivolto al mondo delle donne (con 6 milioni di utenti unici mensili), alfemminile.it, che dedica due post a settimana a questo delicato argomento e ospita anche una sezione, “l’esperto risponde”, affidata a Enrico Vizza, Segretario  SIGO e Direttore UOC di Ginecologia Oncologica al “Regina Elena”. E ancora, un’azione capillare della SIGO coinvolgerà i suoi ginecologi, informandoli dei temi della campagna, per riuscire così a coinvolgere un numero sempre più ampio di donne, sensibilizzandole su questo importante argomento.

Alberto-Frausin«Ancora una volta, come produttori di una bevanda che contiene alcol anche se in piccola parte – afferma Alberto Frausin, Presidente AssoBirra (nella foto) – siamo in prima linea per diffondere una corretta cultura del bere, specialmente in determinate circostanze della vita, come nei periodi della gravidanza e dell’allattamento. Proprio per questo abbiamo scelto di rilanciare un messaggio chiaro e semplice rivolto alle future mamme. La ricerca Doxa ci ha mostrato che, tra le consumatrici, 1 su 3 ha solamente “ridotto il consumo”, invece di interromperlo del tutto … quindi parliamo di donne che adottano un comportamento sbagliato in un momento particolare della loro vita. È anche per questo che siamo consapevoli che serve continuare ad informare e sensibilizzare sul tema, senza demonizzare il consumo di alcol, ma informando in maniera corretta le donne che aspettano un bambino».

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In Francia una legge contro lo spreco alimentare nel retail

La grande distribuzione dovrà adoperarsi per evitare lo spreco alimentare (da 20 ai 30 chili all’anno per ciascun cittadino) attraverso donazioni oppure destinando l’invenduto all’alimentazione animale o ad usi agricoli come composto o, ancora, per il recupero di energia. Le medie e grandi superfici a partire dai 400 metri quadrati saranno obbligate a sottoscrivere accordi con una associazione caritatevole allo scopo di facilitare il recupero e la distribuzione di cibo. È quanto stabilisce un voto unanime dell’Assemblea nazionale a tre emendamenti alla legge sulla transizione energetica votata qualche giorno fa.

«Molto bene proibire – ha commentato Michel-Edouard Leclerc, capo dell’omonimo gruppo – ma bisogna organizzare il sistema di raccolta». In particolare Leclerc raccomanda un piano per aiutare le associazioni a dotarsi di frigoriferi e camion per il trasporto e la conservazione del cibo donato. In Italia nulla di tutto ciò, nonostante, secondo alcune stime lo spreco alimentare raggiunga i 76 chili a persona, per un valore di 8 miliardi di euro, secondo Last Minute Market.

«Si tratta di una misura di buon senso – annota il presidente di Qui Foundation Gregorio Fogliani – rispettosa dell’ambiente e dei principi di sussidiarietà, finalmente orientata a combattere alla radice lo spreco. Ad oggi, in Italia, donare l’invenduto è quasi una lodevole eccezione che spaventava non poco gli esercenti e le Onlus per le possibili conseguenze legali. La legge approvata in Francia crea un precedente positivo. Viene finalmente riconosciuto il principio opposto, secondo cui non sprecare è il primo dovere di tutti, e le conseguenze legali saranno semmai nei confronti di chi non lo fa. Questa è una legislazione lungimirante. Qui Foundation, da sola, è riuscita a recuperare 200mila pasti nel 2014, e questi si vanno a sommare ai 500mila recuperati e donati negli scorsi anni. Non possiamo che augurarci di vedere tale norma presto introdotta anche nel nostro Paese».

Amica Chips con Emergency

A partire da aprile e per la durata di un anno, chi acquista uno dei prodotti Amica Chips sostiene l’associazione umanitaria Emergency.

Amica Chips infatti sosterrà il Centro Pediatrico aperto da Emergency nel 2002 a Goderich, in Sierra Leone, Africa dove, ogni mese, lo staff di questo centro pediatrico, che ha vinto nel 2013 il premio AWOL come migliore struttura ospedaliera del paese, cura gratuitamente circa 2.280 bambini, di cui il 79% di età inferiore ai 5 anni. Dalla sua nascita a oggi, l’associazione ha curato oltre 6 milioni di persone in 16 Paesi.

Sulle confezioni trasparenti da 500 e 400 gr. delle patatine classiche Amica Chips – le più vendute in Italia  -, e nella pagina dedicata sul sito di Amica Chips, i dettagli dell’iniziativa.

San Benedetto disseta i partecipanti alla Suissegas Milano Marathon

Acqua Minerale San Benedetto è l’acqua ufficiale della Suissegas Milano Marathon (12 aprile), il primo evento sportivo in Italia (come Milano City Marathon nel 2013-2014) e la prima maratona in Europa ad ottenere dagli Stati Uniti la ReSport Certification: la certificazione, rilasciata dal Council for Responsibile Sport che misura e attesta la responsabilità ambientale e sociale degli eventi sportivi.

San Benedetto disseterà tutti i partecipanti alla 15ma edizione della classica internazionale su strada con il formato da mezzo litro della linea “progetto ecogreen”, la prima linea di acqua minerale in Italia a ricevere dal Ministero dell’Ambiente il logo del programma per la valutazione dell’impronta ambientale.

L’impegno ambientale di San Benedetto è parte integrante della Csr dell’azienda ormai da molti anni.

Nel 2009 un accordo volontario con il ministero dell’Ambiente volto alla riduzione delle proprie emissioni di CO2 in tutto il ciclo produttivo fino a neutralizzarle del tutto. Nel periodo 2008-2012, l’azienda di Scorzè ha ridotto, a parità di volumi, le emissioni complessive di CO2equivalente del 19,4% sulla linea Acqua Minerale San Benedetto, ben tre volte al di sopra degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto per l’Italia.

Ha introdotto nel 2010 sul mercato italiano il primo formato di acqua minerale a CO2 equivalente compensata 1 litro Easy (il 100% delle emissioni neutralizzate attraverso l’acquisto di crediti di carbonio di tipo VERs che finanziano progetti legati alla riduzione dei gas effetto serra), caratterizzato oggi dalla presenza di un 50% di RPet (Pet rigenerato proveniente dal riciclo della plastica, riducendo il fabbisogno di materia prima vergine e quindi di petrolio), il massimo previsto dalla normativa. Un’innovazione attraverso la quale San Benedetto si è guadagnata presto il gradimento dei consumatori e la leadership assoluta di segmento con una quota di più del 40% a volume.

Nel 2012 è stata estesa l’esperienza di successo di Easy ad una nuova linea di prodotti “progetto ecogreen” comprendente due formati famiglia da 2 litri e da 1,5 l (che utilizzano il 30% di RPet) nonché un formato da mezzo litro  per il consumo on the go, tutti caratterizzati dalla completa compensazione delle emissioni prodotte, sempre secondo il meccanismo dell’acquisto dei crediti.

Sainsbury’s riduce l’alcol nel Prosecco

Il Prosecco di Conegliano Sainsbury’s è stato riformulato per avere un contenuto alcolico minore, senza influenzarne il gusto, passando da una gradazione di 11% a 10,5%: questo, secondo la catena della Gdo britannica, porterà i clienti a consumare annualmente un milione di unità di alcol in meno. Il vino, best seller nella linea alto di gamma di Sainsbury’s “Taste the Difference”, è prodotto da Cantine Riunite ed è un DOCG. La riformulazione della gradazione alcolica rientra nella campagna 20×20, con la quale il colosso britannico della grande distribuzione ha deciso di raddoppiare le vendite di “vini leggeri”, ovvero con un titolo alcolometrico basso.

La corporate responsability fa così un ulteriore passo avanti, e dopo essersi preoccupata che i produttori e manufattori dei prodotti venduti seguano buone pratiche sociali ed ambientali, si occupa della salute dei propri clienti.

L’enologo di Sainsbury’s Ryan Carter ha spiegato: “Prendiamo molto sul serio il fatto che i nostri clienti imparino a bere responsabilmente e le loro richieste. Siamo stati i primi ad adottare le linee guida del dipartimento della Salute sull’etichettatura degli alcolici, e abbiamo introdotto all’inizio dell’anno l’indicazione delle calorie sui vini che commercializziamo con il nostro marchio. Questo nuovo spumante è il risultato della collaborazione tra il nostro team interno di enologi e quello di Cantine Riunite. La riduzione della gradazione alcolica è stato un processo impegnativo dal punto di vista tecnico, ma sono felice di poter dire che la nuova versione nei test sul gusto fatti con i nostri clienti è risultata alla pari con la versione con titolo alcolometrico di 11% “.

Sainsbury’s ha anche incassato l’apprezzamento del ministero della Salute britannico Jane Ellison, che si è augurata che altre catene mettano in atto “iniziative simili”.

Anna Muzio

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