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Black Friday, tecnologia di nuovo in cima agli acquisti degli italiani

Anche nel 2024 il Black Friday si è confermato come evento promozionale molto amato dagli italiani. Secondo i dati di Foxintelligence – società di NielsenIQ che opera nell’e-commerce measurement in Europa – l’high-tech si conferma come la categoria più acquistata in Italia, mentre sono cresciute rispetto allo scorso anno le vendite dell’home & kitchen (mobili, arredamento, elettronica per la casa) che si posiziona al secondo posto. Sul gradino più basso del podio troviamo l’abbigliamento (in calo rispetto al 2023), seguito da beauty e food, entrambi in crescita.

Tecnologia di consumo di nuovo positiva dopo due anni
Dopo due edizioni caratterizzate da un trend negativo (-2,3% nel 2022 e -11% nel 2023) quest’anno il Black Friday torna a essere positivo per il mercato italiano della tecnologia di consumo. Le rilevazioni effettuate da GfK per la settimana del Black Friday (dal 25 novembre al 1° dicembre 2024) mostrano infatti una solida crescita del fatturato del +4,9% a valore per le categorie più importanti del mercato della tecnologia di consumo (tra cui tv, pc, smartphone, tablet, wearable, frigoriferi, lavatrici, aspirapolvere, stampanti, ecc…). Per questo perimetro di prodotti, durante la settimana del Black Friday 2024 è stato generato un controvalore pari a 472 milioni di euro. La tendenza positiva ha interessato soprattutto i punti vendita tradizionali, che hanno registrato una crescita del +7,2% rispetto al 2023, mentre il canale online ha visto un incremento più ridotto (+1,1%). Durante la settimana del Black Friday, le vendite tramite internet hanno contribuito al 36% del fatturato totale.

Questo trend si inserisce in un contesto di generale ripresa del settore tech & durable, iniziata a luglio 2024. Dopo un periodo prolungato di contrazione, la domanda è tornata a crescere e le prospettive per novembre confermano questa tendenza. Infatti, anche le settimane antecedenti al Black Friday hanno registrato crescite a doppia cifra. La diffusione sempre più precoce delle promozioni, a partire da inizio novembre, ha distribuito le vendite su un arco temporale più ampio, con un impatto particolarmente evidente sulle categorie smartphone e tv che sono cresciute molto nelle prime settimane di novembre. Questo fenomeno suggerisce che i consumatori sono sempre più informati e reattivi alle offerte e che i retailer anticipano le loro strategie promozionali per intercettare la domanda. La settimana del Black Friday si conferma la più importante del 2024 per giro d’affari: rispetto al fatturato della settimana media riferita all’ultimo anno, si è registrato infatti un incremento del +132%.

I comparti e i prodotti tech più acquistati durante il Black Friday
I settori che hanno registrato i risultati migliori sono stati il piccolo elettrodomestico (+15,7%), l’home comfort (+10%) e l’informatica e office (+10%). Quest’ultimo ha vissuto un vero e proprio rimbalzo dopo le performance negative degli ultimi due anni. I primi segnali di ripresa si erano già visti durante l’estate e sono stati ulteriormente consolidati dai risultati positivi del Black Friday. Sicuramente le promozioni hanno dato un impulso alle vendite – soprattutto per quanto riguarda desktop pc e tablet – contribuendo alla crescita complessiva del settore. Positivo anche l’andamento del grande elettrodomestico (+5,4%) mentre registrano un trend stabile rispetto al 2023 l’elettronica di consumo (-0,4%) e la telefonia (-0,3%). Guardando alle tre categorie più importanti in termini di fatturato, registrano una performance stabile gli smartphone (+0,2%) e i tv (-0,6%) mentre crescono in maniera significativa rispetto allo scorso anno i pc portatili (+8,4%). I prodotti che hanno registrato le crescite più rilevanti – rispetto alla settimana del Black Friday 2023 – sono stati i dispositivi per la preparazione del cibo (quali ad esempio robot da cucina, frullatori a immersione, tritatutto, ecc…) che sono cresciuti del +52% a valore. Molto positive anche le vendite di friggitrici ad aria (+30%), tablet (+27%), condizionatori fissi (+22,5%) e spazzolini elettrici (+18,7%). L’impatto delle attività promozionali nella settimana del Black Friday 2024 è aumentato rispetto agli ultimi anni e si assesta al 33% dei volumi venduti con una riduzione di prezzo di almeno il 15%. I desktop pc sono stati il prodotto con la percentuale più alta di vendite promozionali (50%).

La chiusura dell’anno si preannuncia decisiva per il settore della tecnologia di consumo. Le festività natalizie rappresenteranno un test importante per capire se la ripresa degli ultimi mesi è destinata a proseguire. Sarà quindi fondamentale monitorare attentamente i dati di vendita per avere un quadro sull’effettiva salute del mercato e anticipare le dinamiche del mercato nel nuovo anno.

IV gamma: i giovani italiani alle prese con errori e false credenze

I giovani italiani dai 18 ai 29 anni non hanno le idee chiare sui prodotti di IV gamma: il 35% di loro commette errori nella conservazione dei prodotti una volta acquistati e l’87% è convinto a torto che contengano conservanti. Sono però creativi e li usano come base per ricette cercando ispirazione online. A rivelarlo un focus realizzato da AstraRicerche per il Gruppo Prodotti Ortofrutticoli di IV Gamma di Unione Italiana Food da cui emerge un quadro interessante e a tratti sorprendente.

I risultati della ricerca
Il 47% dei rispondenti della fascia d’età 18-29 sostiene di non aver mai sentito la definizione di IV gamma (verdura, frutta, ortaggi freschi confezionati in busta o in vaschette e pronti per il consumo), il 37% l’ha sentita ma non ne conosce il significato e solo il 16%, invece, le attribuisce il significato corretto. Nonostante ciò, il 73% dei giovani intervistati li acquista abitualmente (39% tutte le settimane) e abbastanza spesso (34% 2/3 volte al mese). Solo il 35% di essi però utilizza l’apposita borsa frigo per conservarli, mentre il 61% del campione intervistato utilizza i normali sacchetti del supermercato (contro il 54% della media totale degli intervistati), interrompendo così la catena del freddo. Interrogati poi sulla presenza di conservanti, i giovani dimostrano purtroppo di credere, ancora più degli altri, alla fake news più diffusa sulla categoria. L’87% dei rispondenti 18-29enni pensa che contengano conservanti (contro il 75% della media totale): il 27% pensa addirittura che ce ne siano di più che negli altri alimenti confezionati. Una percezione errata, considerando che nei prodotti di IV gamma non vengono aggiunti conservanti e il freddo è l’unico elemento utilizzato per preservare la freschezza e la qualità dei prodotti.

Le ragioni d’acquisto
Rispetto alla media nazionale, sono diverse le ragioni di acquisto degli intervistati 18-29enni che sembrano percepire meno di altre fasce d’età il contenuto di servizio offerto dai prodotti di IV gamma: solo il 36% (contro il 52% della media nazionale) li compra perché sono comodi e fanno risparmiare tempo. Di contro si rilevano percentuali più elevate della media nelle seguenti motivazioni all’acquisto: il buon rapporto qualità/prezzo (33% vs 26,5% della media), la porzionatura (31% vs 30,5% della media), la comodità di trasporto a scuola/lavoro (34% vs 32% della media), perché sono un incentivo al consumo quotidiano di verdure (27% vs 24% della media) e offrono spunti per ricette innovative (11% contro un 7% di media su tutti i rispondenti).

I bestseller: insalate in busta e zuppe
In linea con le preferenze di tutti gli intervistati, il prodotto più acquistato dai giovani tra i 18 e i 29 anni sono le insalate in busta (59%), seguite dalle verdure da cuocere (50%), dalle ciotole (42%), dalla frutta (33%) e dalle zuppe (27%). Focalizzandoci su quest’ultima categoria di prodotto, il 40% le acquista abitualmente o abbastanza spesso perché pronte in pochi minuti (69%) e comode da usare (67%). Per contro, il valido apporto nutrizionale viene indicato solo dal 54% degli intervistati (la media totale invece è del 72%). Nell’acquisto si fanno guidare dalle materie prime di qualità (fondamentali e importanti per il 75%) e italiane (66%), oltre che dall’utilizzo di ingredienti biologici (68%). Come già riscontrato nelle motivazioni di acquisto sui prodotti di IV gamma in generale, rispetto alle altre fasce d’età sono più aperti all’innovazione: il 52% infatti li acquista perché frutto di sperimentazione, con ricette nuove e originali.

Le ricette
Il consumo in casa cresce di pari passo all’aumento dell’età: raggiunge il 74% tra i 18-29enni, mentre sale al 96% tra i 60-75enni; quello fuori casa ha un andamento contrario (rispettivamente 45% e 18%). Un dato interessante riguarda la ricettazione: il 55% dei giovani (contro il 49% della media) cerca spesso e a volte ricette a base di prodotti di IV gamma a cui ispirarsi per preparare i propri piatti (dato che sale al 67% se consideriamo solo le rispondenti donne) e lo fa online, specialmente sui social network (46%).

Largo consumo, cresce la spesa per igiene, cura casa e snacking

Nel terzo trimestre del 2024 la spesa degli italiani per i beni di largo consumo e per i prodotti tecnologici e durevoli è cresciuta del +3,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Tra le categorie che evidenziano una costante crescita si confermano i prodotti indicati per l’igiene personale (+7,5% vs Q3 2023), per l’infanzia (+4,6%) e per la cura della casa (+3,7%), che segnano un aumento a volume, contrariamente alla tecnologia di consumo, che registra una leggera flessione rispetto allo scorso anno (-0,2%). A rivelarlo è il Barometro dei Consumi di NIQ – The NIQ Retail Spend Barometer – che unisce i dati di NielsenIQ (NIQ) e GfK per misurare il giro d’affari dei prodotti del largo consumo, dei beni tecnologici e durevoli acquistati negli store in Italia.

Il Barometro dei Consumi di NIQ offre dunque una panoramica completa della spesa nel settore FMCG (prodotti alimentari, deperibili, cura della casa e della persona) e nel settore T&D (beni di consumo tecnologici, elettrodomestici, fai da te, mobili per la casa e automotive) in Italia. Lo studio basato su dati reali di vendita, unico nel suo genere, analizza big data trasversali sia per categorie sia per canali. Il Barometro dei Consumi è pubblicato con cadenza trimestrale per fornire una prospettiva concreta e completa sulle priorità di spesa delle famiglie.

Il settore dei beni di largo consumo torna a crescere nel terzo trimestre 2024
Superati i 32 miliardi di euro tra luglio e settembre: la crescita del +2,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno testimonia la ripresa del settore dei beni di largo consumo in Italia, anche in termini di volumi. Con un fatturato di oltre 11 miliardi (+2,8% vs Q3 2023), il fresh food rappresenta il comparto più importante per fatturato, seguito dagli ambient food, ovvero i prodotti confezionati da scaffale, con un fatturato di 6 miliardi (+2,7%) e i prodotti dairy, latticini e derivati, che segnano quasi 4 miliardi di ricavi (+1,6%). I comparti personal care (+7,5%), homecare (+3,7%), snacking (+5,6%) e baby care (4,6%) sono invece quelli che hanno registrato le crescite più significative, raggiungendo rispettivamente circa 2 miliardi, 1,6 miliardo, 1 miliardo e 241 milioni di euro.

“Nel terzo trimestre dell’anno il largo consumo ha fatto registrare una crescita dei fatturati pari al +2,9 % per la totalità dei canali retail. Un dato molto positivo, superiore rispetto alle aspettative, e caratterizzato da una ripresa dei volumi e un progressivo rientro del fenomeno inflattivo. Il miglioramento degli indicatori delle vendite dei prodotti del largo consumo va analizzato in un contesto macroeconomico che continua ad evidenziare elementi di debolezza e può essere ricondotto a scelte degli italiani che premiano i consumi domestici a scapito del consumo fuori casa, oltre che agli effetti positivi generati dalle azioni di Governo a sostegno della capacità di spesa per le famiglie in difficoltà” ha commentato Romolo De Camillis, Retailer Director NIQ Italia.

I dati del terzo trimestre 2024 per il mercato tech & durable
In Italia, nel terzo trimestre del 2024 il mercato dei beni tecnologici e durevoli (T&D) ha visto un netto cambio di passo rispetto al periodo luglio – settembre 2023, segnando una decisa crescita del +5,8% del fatturato, che si attesta sui 13,6 miliardi di euro. In particolare, il settore dell’home improvement – che include arredamento e fai-da-te – segna un ricavo nel terzo trimestre di quasi 7 miliardi con un +11,1% vs Q3 2023. Da notare anche la performance degli elettrodomestici che, grazie all’aumento del +6,4%, hanno raggiunto gli 1,7 miliardi.

“Dopo molti trimestri di difficoltà i beni durevoli hanno sviluppato una crescita del +5,8%. Questa performance molto robusta è stata trainata dal settore home improvement e in particolare dalle vendite di arredamento. Tutto questo comparto, fra cui soprattutto le cucine, così come gli elettrodomestici, stanno godendo ancora degli ultimi mesi in cui sono presenti gli incentivi statali per la loro sostituzione. La crescita di questi settori ha portato tutto il comparto dei beni durevoli in un terreno nettamente positivo che non si vedeva da inizio 2023” ha detto Ivano Garavaglia, CS Retail Lead & RV Sales Deputy NIQ Italia.

La Mdd domina il mercato mediterraneo ma si prevede un calo nel 2025

A sostenere il settore del largo consumo nei mercati EMEA sono Spagna e Italia, dove il consumo domestico e un clima favorevole per gli investimenti stanno accelerando la ripresa. Al contrario, Regno Unito, Germania e Francia continuano a mostrare una ripresa più lenta, influenzata da volatilità economica e azioni tattiche dei rivenditori che contribuiscono a una ripresa irregolare nella regione. A dirlo è FMCG Demand Signals, lo studio biennale di Circana che analizza i principali trend di acquisto nei sei più grandi mercati alimentari in Europa (su 230 categorie CPG e 2.000 segmenti di prodotto). L’analisi rivela una fase di ripresa complessa, con le vendite unitarie in crescita dello 0,3% nonostante una domanda debole nei principali mercati del Nord Europa. Il settore FMCG è cresciuto del 4,4% nell’ultimo anno, raggiungendo un valore di 673 miliardi di euro, rispetto ai 636 miliardi del 2024 (per i 12 mesi fino a giugno 2024 rispetto al periodo precedente).

“Mentre l’Europa del Sud si mostra resiliente, la ripresa complessiva del mercato rimane disomogenea. Spagna e Italia stanno mostrando uno slancio significativo, al contrario di Regno Unito, Francia e Germania che avanzano a rilento” commenta Ananda Roy, Global SVP, Strategic Growth Insights di Circana.

La marcia silenziosa delle Mdd
La crescita a livello di categoria è in gran parte trainata dalle private label, che ora detengono una quota di valore del 39,2% (pari a 263 miliardi di euro), con un aumento di 0,5 punti percentuali rispetto ai dati del 2023. In tutto il continente, la forza delle Mdd continua a rimodellare le dinamiche competitive, lasciando comunque spazi di crescita per i brand tradizionali. Le categorie alimentari e non alimentari “sentono” l’impatto delle innovazioni dei retailer, che migliorano la qualità e puntano su sostenibilità e disponibilità, elementi centrali per la trasformazione delle Mdd. Anche se lo slancio delle Mdd dovrebbe rallentare nel 2025, l’analisi di Circana spiega che i brand possono rimanere competitivi concentrandosi su innovazioni mirate e ottimizzando assortimenti e gamme al di là delle promozioni. Collaborazioni strategiche, edizioni limitate, crescita delle categorie e premiumizzazione offrono opportunità ai brand per rafforzare la propria proposta di valore. Per i brand capaci di sfruttare queste strategie, ci sono prospettive di crescita interessanti, specialmente nei segmenti adiacenti e in quelli premium emergenti.

Cambiamenti nel panorama retail e intensificazione della competizione
Mentre la concorrenza si intensifica attraverso i canali, supermercati e ipermercati continuano a dominare le vendite di generi alimentari, raggiungendo il 71% della quota di mercato. Tuttavia, gli ipermercati stanno faticando ad adattarsi ai cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, registrando un calo uniforme delle vendite discrezionali tra i vari canali. I negozi di prossimità e i discount continuano a essere meta ideale per gli acquisti essenziali.

Le prospettive per il 2025
Guardando al futuro, le previsioni per il 2025 indicano che la crescita sostenuta nel settore FMCG affronterà sfide legate a prezzi elevati, volatilità e domanda disomogenea, che ostacolano la crescita sostenibile di unità e volumi. I fattori macroeconomici continuano a esercitare pressione, trainati da instabilità geopolitica, prezzi delle materie prime volatili, alti tassi di interesse e crescita salariale. “Il contesto economico rimane altamente vincolato e una combinazione di fattori macroeconomici introduce nuovi rischi che continuano a sfidare il settore FMCG – prosegue Roy, che aggiunge: “Le vendite in valore saranno probabilmente guidate dall’inflazione, poiché le vendite in volume rimangono deboli a causa di fattori come il rischio crescente di disoccupazione, un consumo più consapevole e una limitata capacità di spesa. Sebbene la domanda nelle categorie alimentari dell’area EMEA mostri segnali di ripresa, la forte volatilità nei principali driver di crescita solleva dubbi sulla sostenibilità della crescita nel 2025. La lenta ripresa del settore alimentare e delle bevande evidenzia le sfide che il settore FMCG deve affrontare per ottenere una crescita a lungo termine in un contesto di incertezza persistente”.

Latte, Nomisma: essere soci di una cooperativa è più remunerativo

Essere soci di una cooperativa ha un vantaggio economico e a dirlo sono i numeri. Se un allevatore conferisce il proprio latte in cooperativa, il prezzo di remunerazione della materia prima si mantiene stabilmente superiore a quello di mercato, con un differenziale positivo del 16% rispetto al prezzo del latte in Lombardia, mentre in alcune aree di montagna si arriva addirittura a un prezzo più alto del 30%. È questo uno dei principali numeri emersi da uno studio Nomisma sul valore economico del sistema cooperativo che è stato presentato a Milano in occasione del Primo summit della cooperazione lattiero-casearia organizzato da Alleanza Cooperative Agroalimentari dal titolo “Latte italiano: la forza della cooperazione”.

Il valore dell’essere cooperativi
Il patto mutualistico tra i soci e la cooperativa, che si fonda su garanzia del conferimento e remunerazione del latte a prezzi più alti di quelli del mercato, fornisce una prospettiva di lungo periodo alle imprese cooperative: resilienza del sistema e longevità del rapporto tra soci e cooperativa sono gli altri due elementi di distintività del modello cooperativo. La vita media delle cooperative è di circa 60 anni, più del doppio di quella delle società di capitali (27).

Sette cooperative nella top 20 del settore lattiero caseario
L’analisi di Nomisma ha fotografato anche il ruolo cruciale che la cooperazione riveste per la tenuta e lo sviluppo dell’intero comparto lattiero-nazionale: con 17mila stalle, 540 imprese di trasformazione e più di 13mila lavoratori, la cooperazione rappresenta oltre il 65% del latte raccolto in Italia e il 70% della produzione dei principali formaggi DOP. Non solo. Nella classifica delle prime 20 imprese del settore lattiero-caseario, 7 sono cooperative o appartengono a gruppi cooperativi. Il 63% del giro d’affari cooperativo lattiero-caseario è sviluppato dalle 25 imprese più dimensionate. Le performance economiche hanno registrato una crescita costante nell’ultimo decennio: nel periodo 2013-2022 le cooperative lattiero casearie hanno consolidato un incremento del fatturato del +52% e la crescita è stata accompagnata da un robusto consolidamento delle dimensioni, in virtù sia di processi di crescita che di fusioni fra cooperative.

Crescita e mercato vanno di pari passo
La crescita dimensionale è stata accompagnata da un sempre maggiore orientamento al mercato, e in particolare al più dinamico mercato estero: l’export delle prime 28 cooperative italiane vale da solo 1,2 miliardi di euro, pari al 23% del totale nazionale). Le cooperative, inoltre, non promuovono soltanto la sostenibilità economica, ma rafforzano anche il tessuto socio-produttivo dei territori coinvolti. È costante inoltre nel sistema cooperativo l’attenzione alle esigenze ed alla tutela dei soci di piccole dimensioni o localizzate in aree svantaggiate. Un approccio inclusivo e attento che contribuisce a promuovere una filiera lattiero-casearia più equa e sostenibile anche dal punto di vista sociale.

Ocm per investire nel futuro
Se il futuro della cooperazione lattiero-casearia dipende dalla prosecuzione del processo di consolidamento e crescita, un’altra sfida cruciale è quella della transizione ecologica e digitale, che vede già molte cooperative in prima linea, con investimenti in tecnologie e digitalizzazione per adeguarsi a sempre più alti standard ambientali e di benessere animale. Per sostanziare tale processo di crescita, le tre centrali cooperative riunite in Alleanza delle Cooperative Italiane (Fedagripesca Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital), hanno avanzato una proposta di sviluppo organico del settore attraverso l’attivazione di una OCM (Organizzazione comune di mercato) per il settore latte. Una richiesta politica compatta che la cooperazione ha formulato al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e agli europarlamentari presenti.

“La proposta del sistema cooperativo lattiero-caseario – ha spiegato a nome di Alleanza cooperative il Presidente del Settore lattiero-caseario di Confcooperative Fedagri Giovanni Guarnerinon è quella di ottenere ulteriori risorse, bensì di razionalizzare l’allocazione delle risorse PAC in modo da attivare degli strumenti che consentano un approccio più mirato a migliorare la competitività del settore lattiero-caseario e a consentire al settore un adattamento al mutato contesto ambientale, economico e dei consumi”.

Come è emerso nella relazione della CRPA, a differenza di altre tipologie di sostegni finanziari previsti dalla Pac come quelli calcolati sul numero di capi, gli interventi settoriali concedono contributi sulla base di progetti specifici presentati dalle OP/AOP per affrontare specifici temi. “Con l’istituzione di una OCM anche per il settore latte – ha dichiarato il Presidente di Legacoop Agroalimentare Cristian Maretti le imprese avranno la possibilità di fare investimenti strutturali necessari per consentire al settore di introdurre innovazioni che garantiscano anche una crescita del livello di sostenibilità della filiera lattiero-casearia”.

Secondo il Presidente di Agci-Agrital Giampaolo Buonfiglio, “attraverso l’OCM latte è possibile garantire quel livello di aggregazione indispensabile al settore anche nell’ottica di un riequilibrio del potere contrattuale lungo la filiera, nonché per la tutela della zootecnia nelle aree difficili, in particolare nelle aree interne e di montagna”.

“Il modello cui ci ispiriamo è quella della OCM attivata nel settore ortofrutticolo che rappresenta il modello di gestione della PAC più virtuoso: a differenza dei pagamenti diretti, interamente a carico della PAC, agli aiuti che l’Europa eroga alle OP si aggiunge una analoga contribuzione pari al 50% da parte dei produttori, che viene erogata solo a fronte dell’approvazione di un programma operativo e della effettiva esecuzione di interventi ed investimenti su tutta la filiera, i cui effetti hanno ricadute positive in termini economici e occupazionali su centinaia di aziende agricole associate, spesso di piccole dimensioni, che proprio grazie ad un approccio collettivo riescono ad utilizzare più efficacemente i fondi PAC e ad affrontare il mercato. I fondi erogati a OP e cooperative generano inoltre vantaggi positivi anche per l’ambiente, dal momento che una parte dei programmi operativi previsti è riservata ad azioni di natura ambientale” ha dichiarato infine Davide Vernocchi, Vicepresidente reggente di Fedagripesca Confcooperative.

Analogamente, con l’istituzione di interventi specifici per il settore lattiero-caseario, si potrebbero finanziare anche in Italia diverse tipologie di interventi come già accade nei Paesi in cui è stata attivata l’Ocm latte, Slovacchia, Bulgaria e Lettonia, partendo dagli investimenti in tema di innovazione tecnologia come la zootecnia di precisione o di risparmio energetico.

Italiani e surgelati: IIAS stila un vademecum per accrescere le conoscenze

Gli italiani amano i prodotti surgelati: 9 su 10 li consumano abitualmente e, secondo un’indagine AstraRicerche per IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati, negli ultimi cinque anni, oltre 4 connazionali su 10 (39,3%) ne hanno aumentato il consumo, in particolare uomini (43%), giovani (Gen Z 50%, Millennials 45%) e famiglie con bambini (48%). Pratici, sicuri, anti-spreco e sempre a portata di mano, i surgelati sono cresciuti non solo in popolarità ma anche in termini di conoscenza e consapevolezza da parte dei consumatori, che li portano a tavola sempre più spesso, riconoscendone il valore. Ma cosa sanno gli italiani e cosa invece ancora ignorano di questi prodotti entrati ormai a pieno titolo nelle nostre abitudini alimentari quotidiane? IIAS ha indagato e ha sviluppato un vademecum con alcune informazioni utili per scoprire “cosa c’è dietro a un surgelato”.

“Gli italiani hanno dimostrato un apprezzamento sempre crescente per gli alimenti surgelati, che scelgono e conoscono bene. Li prediligono per il gusto, come dimostra oltre la metà dei consumatori che dichiara di sceglierli per bontà, consistenza e percezione di freschezza. Li acquistano anche per la loro convenienza economica, perché, se si considera il costo totale – tra prezzo del prodotto, tempi e costi di preparazione e valore del cibo sprecato – i surgelati consentono un risparmio notevole ma, nonostante siano sempre più presenti nei nostri freezer, ci sono ancora aspetti dei surgelati che i consumatori conoscono meno e su cui invece possiamo fare corretta informazione” spiega Giorgio Donegani, Presidente IIAS.

Surgelati: quanto ne sanno gli italiani? Molto, ma non tutto…
La survey IIAS-AstraRicerche ci conferma che amiamo i surgelati e abbiamo imparato a conoscerli bene. Ad esempio, il 68,4% dei nostri connazionali sa che “congelato” e “surgelato” non sono sinonimi e il 64,5% del campione dimostra di sapere che non è possibile surgelare in casa, perché la surgelazione è una tecnica applicabile solo a livello industriale. Dall’altro lato però, solo poco più 3 italiani su 10 (31%) sanno che non è possibile acquistare prodotti surgelati sfusi, perché, per legge, devono sempre essere preconfezionati, al fine di garantire la maggiore sicurezza, o non sa che le verdure surgelate conservano per lungo tempo le stesse proprietà nutrizionali delle fresche (poco più di 1 consumatore su 2) o ancora ignora che i surgelati non contengono conservanti (59,9%), poiché la loro lunga durata è garantita esclusivamente dal freddo.

Sulle curiosità del comparto, i giovani sono i più preparati: il 45% degli italiani, soprattutto Gen Z e Millennials, conosce il trattamento di scottatura prima della surgelazione, che esalta il colore dei prodotti e si chiama blanching. Per quanto riguarda, invece, le giuste tecniche di scongelamento, solo 4 italiani su 10 sanno che il metodo più corretto consiste nel togliere il prodotto dal freezer e riporlo in frigorifero per qualche ora; mentre solo il 15% – in particolare i più giovani – sa che un prodotto surgelato, una volta scongelato può essere ricongelato a livello domestico, solo a patto che venga prima cotto.

“Chi sceglie i surgelati sa tutto o quasi di loro. Oltre alle campagne di informazione, ad aiutare i consumatori a compiere scelte sempre più consapevoli ci pensano le etichette dei nostri prodotti. Circa 8 intervistati su 10 ci hanno detto di controllare scrupolosamente le indicazioni relative a tempi e modalità di cottura dei prodotti surgelati. Anche questo è un chiaro segnale di quanto sia cresciuta l’attenzione verso la qualità e la sicurezza alimentare. Inoltre, l’86,4% di chi consulta le etichette conferma di impegnarsi a seguire fedelmente le indicazioni riportate, segnale di una maggiore consapevolezza verso gli alimenti che si mettono nel carrello”, continua Donegani.

Il vademecum sui surgelati
#1 “Congelato” e “surgelato” non sono la stessa cosa. I cibi congelati sono portati lentamente a temperature tra i -7°C e i -12°C (che per il pesce e la carne arrivano a -18°C) e conservati a temperature tra i -10°C e i -30°C. La lentezza del processo di congelamento comporta la formazione di cristalli d’acqua di dimensioni elevate, che al momento dello scongelamento, determinano la rottura delle pareti cellulari, con parziale perdita dei valori nutritivi e organolettici dell’alimento. I surgelati, invece, subiscono un raffreddamento ultrarapido ed efficiente, in cui i cibi raggiungono in brevissimo tempo i -18°C. Proprio la rapidità della surgelazione determina la formazione di micro-cristalli di acqua che non danneggiano la struttura biologica degli alimenti, lasciando pressoché intatti i contenuti naturali dell’alimento e le sue qualità nutrizionali.

#2 A casa non si può “surgelare”. La surgelazione è un processo tecnologicamente avanzato, applicabile solo dalle industrie. A livello domestico è possibile solo congelare, ma le qualità organolettiche e nutrizionali di un cibo congelato sono inferiori rispetto a quelle dei surgelati, che invece conservano a pieno le caratteristiche originali, la struttura e il sapore dell’alimento fresco.

#3 Scongelare un prodotto surgelato a temperatura ambiente è sconsigliato. Il modo migliore per farlo è metterlo direttamente in pentola/padella/forno o qualche ora in frigorifero, oppure se si ha fretta imbustato sotto l’acqua corrente. È sconsigliato, invece, lo scongelamento con acqua calda e quello a temperatura ambiente, per evitare lunghe soste del prodotto surgelato a una temperatura non controllata.

#4 I surgelati non contengono conservanti. In un prodotto surgelato, per Legge, non si può aggiungere alcun conservante allo scopo di prolungarne la vita. Il processo di surgelazione è sufficiente per produrre alimenti sicuri. È sempre il freddo che garantisce poi la lunga durata dei prodotti surgelati. Parlando di additivi aggiunti, altra fake news riguarda la credenza per la quale le verdure surgelate avrebbero un colore brillante perché piene di coloranti. Invece questo avviene perché, prima della surgelazione, gli ortaggi vengono sottoposti ad un adeguato trattamento termico (blanching) necessario per disattivare gli enzimi che ne potrebbero causare il deterioramento ed è così che si fissa il colore naturale, che risulta ancora più brillante.

#5 Verdure e pesce surgelato sono analoghi ai freschi in termini di valore nutritivo. Le verdure surgelate conservano al meglio non solo le caratteristiche organolettiche e nutrizionali (vitamine, proteine e carboidrati), ma anche la stessa struttura e il sapore dei prodotti “freschi” originali, fino alla data di scadenza. Anche le proprietà nutrizionali del pesce surgelato sono analoghe a quelle del fresco, entrambi fonte naturale di macronutrienti (tra cui proteine nobili e acidi grassi omega-3), ma anche ricchi di micronutrienti come vitamine (A e D) e sali minerali (iodio e selenio).

Sprechi alimentari, 1 italiano su 3 butta cibo buono fraintendendo le etichette

Sembra che gli italiani siano consapevoli dell’impatto dello spreco alimentare e dichiarano di conoscere il significato delle etichette, ma quando di tratta di passare dalla teoria alla pratica non sempre mettono in atto quanto appreso con azioni concrete e coerenti. A evidenziarlo un sondaggio condotto da Too Good To Go in collaborazione con Opinium che indaga sulla corretta interpretazione delle etichette alimentari da parte degli italiani e sull’utilizzo dei propri sensi quando si tratta di cibo. L’indagine è stata realizzata in occasione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR) che si celebra dal 16 al 24 novembre e che quest’anno è dedicata proprio al tema dello spreco alimentare.

La differenza tra “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”
Quando si osserva un prodotto, occorre prestare attenzione e capire quali sono le principali differenze tra le due etichette esistenti. Mentre la data di scadenza “da consumare entro” serve a garantire la sicurezza alimentare, motivo per il quale oltre la data indicata il prodotto non dovrebbe più essere consumato, la dicitura “da consumare preferibilmente entro” riguarda invece il termine minimo di conservazione degli alimenti, e quindi si riferisce alla data di miglior qualità del prodotto. In questo secondo caso, se conservati correttamente, gli alimenti possono essere consumati anche dopo tale data, e affidarsi ai propri sensi può essere la soluzione per evitare un inutile spreco di cibo ancora buono e adatto al consumo. Poiché il 10% degli sprechi alimentari domestici è dovuto a un’errata interpretazione delle etichette, chiarire sulle intenzioni e i comportamenti degli italiani, è un modo per sensibilizzare ulteriormente sul tema.

Poca fiducia nei propri sensi. I Millennials i più attenti
Secondo l’indagine condotta da Too Good To Go, sebbene l’81% dei consumatori italiani si dichiari consapevole del significato dell’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro”, quasi un terzo (30%) ammette di buttare spesso o sempre il cibo una volta superata tale data. Tra i più “spreconi” gli appartenenti alla Generazione Z (42%) mentre i Millennials (21%) sembrano essere i più attenti. Proprio i Millennials sono anche i più inclini a utilizzare i propri sensi come strumento principale per valutare lo stato dei prodotti (67%) a differenza invece della maggior parte degli italiani (65%) che si affida principalmente alle etichette e che dichiara di non fidarsi completamente del proprio buon senso quando si tratta di cibo (52%). “Ogni anno, tonnellate di cibo perfettamente commestibile continuano a essere sprecate nelle nostre case, spesso a causa di fraintendimenti sulle etichette alimentari. Occorre quindi rivedere i nostri comportamenti. Quello che fa quotidianamente Too Good To Go è contribuire ad accrescere la consapevolezza sul tema dello spreco, non solo mettendo a disposizione gli strumenti più adatti per ridurlo, ma anche ispirando cambiamenti nelle abitudini di consumo e promuovendo una migliore conoscenza e comprensione delle etichette dei prodotti alimentari” ha dichiarato Mirco Cerisola, Country Director di Too Good To Go Italia.

L’Etichetta Consapevole di Too Good To Go per ridurre lo spreco in ambito domestico
Per affrontare questo problema, Too Good To Go ha lanciato nel 2021 l’iniziativa “Etichetta Consapevole” in collaborazione con alcune delle principali aziende di beni di consumo del mondo, tra cui Unilever, Danone, Carrefour, Nestlé e Bel Group, invitando le persone a utilizzare i propri sensi e ad osservare, annusare e assaggiare un prodotto che ha superato la data “da consumarsi preferibilmente entro” per valutarne lo stato. Ad oggi, In Italia, l’etichetta “Osserva, Annusa, Assaggia” conta 47 brand aderenti al progetto ed è presente su oltre 300 referenze, venendo stampata annualmente su oltre 390 milioni di confezioni. Secondo l’indagine di Too Good To Go, più di un terzo degli intervistati (36%) dichiara di aver visto o sentito parlare dell’etichetta, in modo particolare anche in questo caso, i Millennials (58%). “Oggi l’Etichetta Consapevole di Too Good To Go è presente in 15 Paesi, vanta 532 partner attivi in tutto il mondo, ed è stampata su 6 miliardi di prodotti ogni anno. Siamo orgogliosi di lavorare con così tante aziende e di riuscire a generare un così grande impatto in modo allargato, guidando i consumatori verso comportamenti più consapevoli, attenti e sostenibili per il Pianeta” conclude Cerisola.

Cresce del 14% la spesa Tax Free del lusso, grazie a turisti statunitensi e asiatici

In Italia la spesa Tax Free degli shopper internazionali per i prodotti del lusso è aumentata del 14% rispetto al 2023, in linea con l’andamento registrato in Europa continentale. A trainare tale crescita è un mix di nazionalità, guidato dai turisti statunitensi, che rappresentano il 26% dei volumi tax free del lusso, seguiti dai cinesi (12%), dai visitatori provenienti dai Paesi del Golfo (11%) e dall’Asia (11%). Queste nazionalità, a esclusione degli asiatici, hanno incrementato la loro spesa tax free rispetto allo scorso anno: +8% per gli statunitensi, +42% per i cinesi e +12% per i turisti arabi. In media, il turista extra-UE ha registrato una spesa di 2.886 euro in prodotti del lusso. Sono alcune delle evidenze relative al periodo gennaio-ottobre 2024 fornite da Global Blue – attiva nel settore del Tax Free Shopping – nel corso dell’Osservatorio Altagamma.

“Negli ultimi dodici mesi abbiamo assistito a una crescita double digit del mercato del lusso Tax Free: questo sottolinea l’importanza nelle dinamiche di acquisto dello shopper internazionale, sempre più incisivo rispetto al cliente domestico”, ha dichiarato Pier Francesco Nervini, COO North & Central Europe & Global Accounts di Global Blue. “Per quanto l’outlook sull’international traveler rimanga positivo però, in una fase in cui le transazioni aumentano mentre si stabilizza la spesa media, il mercato dovrà abituarsi a una nuova lettura del dato, oltre la singola nazionalità o l’aspetto generazionale. Servirà una maggiore capacità di analisi complessiva del business: su questo restiamo a disposizione dei brand nella costruzione delle loro strategie”.

Tra i temi approfonditi dallo studio di Global Blue, anche quello del ritorno dello shopper cinese del lusso, il cui tasso di recovery della spesa Tax Free si attesta al 62%. “Parliamo di un bacino fondamentale per l’industria del lusso, storicamente cruciale per il Tax Free, con una spesa media per shopper che si aggira sui 4.048 euro, la più alta in Italia dopo quella degli arabi (4.234 euro)”, ha proseguito Nervini. Più in generale, l’analisi ha mostrato come lo shopper cinese nel 2024 abbia preferito acquistare in APAC, dove il tasso di recovery della spesa Tax Free rispetto al 2019 è arrivato al 204%: “Il pieno ritorno del cinese in Europa sarà una delle sfide del 2025”, ha concluso Nervini.

Logistica, in arrivo nuovi progetti per 4,5 milioni di mq

In Italia la logistica conferma la propria strategicità con uno stock immobiliare di oltre 40.500.000 di metri quadri suddiviso tra centri di distribuzione (19%), logistics center (64%) e transit point (17%). A rivelarlo sono i dati elaborati dal Dipartimento di Ricerca interno di WCG – World Capital Group, estratti da un’analisi dettagliata sullo scenario logistico del nostro Paese e sul potenziale di sviluppo immobiliare di questo settore in forte crescita.

Questo patrimonio immobiliare si arricchirà di nuovi progetti che potranno farlo crescere dell’11% (circa 4.500.000 mq), in 9 regioni e 41 province italiane. Le nuove costruzioni interesseranno, per il 32%, aree brownfield a conferma del trend di sviluppo sostenibile e rigenerazione urbana che caratterizza l’intero comparto immobiliare. L’aspetto ambientale non è il solo fenomeno rilevante da osservare, in quanto l’utilizzo di aree brownfield innesca un grande volano “sociale” nel momento in cui va a “restituire alla collettività” oltre 1,5 milioni di metri quadri, oggi in molti casi degradati e pericolosi.

“Il mercato italiano della logistica sta evolvendo verso un modello sempre più integrato e sostenibile, all’interno del quale la “forza lavoro” e di conseguenza i luoghi di lavoro, hanno e avranno, un ruolo cruciale – ha dichiarato Marco Clerici, Head of Research & Advisory di WCG. L’aumento dell’utilizzo di aree brownfield, conferma questo trend con l’introduzione nel mercato di immobili, ovvero luoghi di lavoro, non solo di qualità ma anche connessi al tessuto urbano per fruire dei relativi servizi. Laddove un tempo gli immobili logistici potevano apparire come una barriera, oggi, con i progetti di riqualificazione, si trasforma in una cerniera che collega e sostiene le dinamiche urbane. Il recupero brownfield, infatti, offre un’opportunità strategica permettendo così di rispondere alla crescente domanda di spazi di lavoro (logistici), efficienti e sostenibili, senza impattare negativamente sull’ambiente e rafforzando la connessione tra le attività industriali e la vita urbana”.

Acquisti natalizi: italiani più propensi e con maggiore budget ma cauti

Gli italiani sono più propensi agli acquisti in vista delle prossime festività: secondo l’Annual Holiday Shopping Survey di Accenture, il 79% degli intervistati manterrà stabile (47%) o aumenterà (32%) il proprio budget rispetto allo scorso anno. Una percentuale in crescita se confrontata con il 2023, quando solo l’11% dichiarava di essere disposto a spendere di più. Rimane costante rispetto allo scorso anno invece la propensione a effettuare acquisti cauti e ragionati. Il 49% degli italiani dichiara che andrà alla ricerca di promozioni e presterà più attenzione a confrontare i prezzi. Il 33% definirà un budget specifico da destinare a questa tipologia di acquisti, che per il 48% sarà complessivamente inferiore a 280 euro. Per non ritrovarsi senza regali sotto le feste, il 42% degli italiani ha pianificato di anticipare lo shopping natalizio al mese di novembre, potendo così contare su sconti e promozioni che caratterizzano il periodo del Black Friday e del Cyber Monday.

Le sfide all’acquisto: sovraccarico informativo e ‘Buyers Block’
L’eccessiva quantità di informazioni a cui sono quotidianamente sottoposti origina in molti il cosiddetto “blocco all’acquisto” (o buyers block). Il 48% degli italiani dichiara infatti di sentirsi “bombardato” dalle pubblicità; il 42% travolto dalle troppe opzioni a disposizione e il 41% frustrato dalla quantità di tempo necessaria per prendere la giusta decisione. Anche il processo stesso di acquisto si sta complicando: il 40% evidenzia come il numero di passaggi necessari per completare un ordine stia rendendo l’intera esperienza più stressante. Di conseguenza il 39% degli italiani teme di fare acquisti di cui si potrebbe pentire. Per ovviare al problema del sovraccarico informativo, il 55% preferisce recarsi in retailer fisici per vedere e scegliere i prodotti di persona; privilegiare brand già conosciuti o utilizzati in passato (46%) o affidarsi alle raccomandazioni di amici e familiari (46%).

Maggiore utilizzo dell’AI Generativa
L’intelligenza artificiale sta avendo un impatto crescente nella pianificazione degli acquisti da parte dei consumatori. Il 50% degli italiani dichiara che utilizzerà l’AI generativa per farsi aiutare nella scelta dei regali, un dato che non solo in Italia, ma anche nei vari Paesi, risulta essere trainato soprattutto dai giovani tra i 28 e i 35 anni (62%) e tra i 18 e i 27 (59%) L’AI generativa viene apprezzata per la sua capacità di semplificare il processo di scelta dei regali, con il 60% che apprezza le raccomandazioni e indicazioni fornite da questa tecnologia e ritiene che possa aiutare a trovare opzioni migliori (60%). Tuttavia, il 39% è ancora spaventato dal fatto che affidarsi troppo a questi strumenti possa sostituire e ridurre le interazioni umane.

Sempre più vantaggi nell’utilizzo del canale online
I consumatori italiani continuano a mostrare una forte predilezione per il canale digitale. Il 62% degli intervistati in Italia ha dichiarato che effettuerà i propri acquisti online e il 50% lo utilizzerà anche per svolgere l’intero processo di ricerca precedente all’acquisto. Numerosi sono i vantaggi indicati dai consumatori per l’online: il 54% degli italiani è convinto di trovare prezzi migliori e più promozioni, il 42% ritiene di riuscire a confrontare meglio i prezzi, il 27% lo ritiene un canale più comodo, che consente di evitare il sovraffollamento che caratterizza i negozi fisici sotto le feste. Tuttavia, l’esperienza in-store continua a essere considerata importante dal 38% dei consumatori italiani, che privilegiano ancora la valutazione dei prodotti di persona. Di questi però il 26% ha già preventivamente svolto ricerche sui prodotti sui vari siti web.

Gift Card ed Esperienze Regalo
Le gift card continuano a essere una scelta popolare per i regali: 7 italiani su 10 dichiarano di essere interessati all’acquisto di esperienze e viaggi, a dimostrazione di una crescente attenzione per i regali non materiali e dal forte valore emotivo. Il 49% degli italiani intervistati ha ricevuto una gift card durante le festività precedenti; tuttavia, nel 49% dei casi il budget a disposizione non è stato ancora utilizzato completamente, principalmente perché le opzioni incluse non garantivano la flessibilità sperata (33%), richiedevano di registrarsi o aderire a programmi fedeltà (31%) o potevano essere usufruite solo attraverso un unico canale (31%).

“Nonostante la pianificazione delle spese per il periodo natalizio evidenzi uno scenario in lieve miglioramento per i consumatori rispetto allo scorso anno, ai brand viene richiesto un impegno maggiore nel creare esperienze di acquisto che rispondano a delle aspettative sempre più elevate. È fondamentale offrire percorsi fluidi e personalizzati, sia online che nei negozi fisici. L’adozione crescente di tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa da parte dei consumatori rappresenta un’opportunità per i retailer che possono intercettare meglio i bisogni dei loro clienti e testare sul campo una tecnologia fondamentale per ridisegnare l’intera catena del valore” commenta Andrea Ruzzi, Responsabile Consumer & Manufacturing Industries di Accenture Italia.

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