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Netta ripresa per i centri commerciali in Italia, in ascesa ingressi e fatturati del retail

Dall’analisi dei dati del network di CBRE, che monitora un panel di centri commerciali in Italia per un totale di oltre 60 strutture retail, emerge come il 2023 abbia determinato un deciso incremento in termini di visitatori e fatturato rispetto al 2022. I dati confermano quindi il trend di netta ripresa dei centri commerciali nell’anno in corso, con un miglioramento del fatturato dei negozi in crescita del 4,5% rispetto all’anno precedente. Legato sicuramente anche all’inflazione, l’andamento positivo del fatturato dei negozi si riflette nella percentuale crescente del collection rate, che per il 2023 si attesta al 95%, arrivando al 99% nei centri commerciali più performanti.

Alla crescita dei fatturati si affianca un incremento dei visitatori del +5,3% rispetto al 2022, confermando l’interesse del pubblico per i centri commerciali come luogo ideale per lo shopping e il divertimento. Si evidenzia, inoltre, come da inizio anno si sia registrata una costante riduzione del gap di visitatori rispetto al 2019, che si è attestata nell’ordine del 5%. Confermano la loro attrattività eventi promozionali importanti, come la settimana del Black Friday in cui si è registrato un aumento del 10% dei visitatori rispetto alla settimana precedente. È quindi possibile affermare che, nonostante l’introduzione di eventi come i mid season sale abbia esteso l’impatto promozionale su un periodo più lungo con conseguenti variazioni più contenute, rimane forte l’attenzione del cliente verso le dinamiche promozionali.

“Nel corso del 2023 i nostri centri hanno raggiunto una occupancy media pari al 96%, un dato molto positivo che risulta in linea con i dati europei” dichiara Pier Luigi Paolettoni, Head of Retail Out of Town, “L’anno scorso abbiamo siglato oltre 240 contratti, per un totale di oltre 75.000 mq di GLA. In particolare, nelle rinegoziazioni delle unità commerciali con nuovo operatore si riscontrano in media variazioni positive del 6% rispetto al precedente canone”.

Per quanto riguarda il focus sui singoli settori, il 2023 conferma il trend positivo e l’interesse della clientela verso le visite esperienziali, con una continua crescita del Food & Beverage (+11,4%) e delle sale cinematografiche (+51%). Il fashion registra ancora un andamento positivo, nonostante il rallentamento delle vendite a causa della situazione climatica, in particolare nei mesi di settembre e ottobre.

LCC: il 2023 si chiude con la contrazione dei volumi (-1,7%). Italiani ancora cauti

Stando alle rilevazioni di NielsenIQ, il Largo Consumo Confezionato, a totale Italia per la Gdo, chiude il 2023 a valore con +8,3% (vs 2022). Esaminando il dato a volume però, dopo il boom del 2020 (+5,1% vs 2019) complice la pandemia, gli anni 2021 (-0,9% vs 2020) e 2022 (-0,3% vs 2021) sono stati caratterizzati invece da controcifre negative. Nel 2023 si ipotizzava il raggiungimento di nuovo equilibrio ma l’impatto inflattivo sui consumi ha avuto come conseguenza una contrazione dei volumi ulteriore rispetto al 2022, pari al -1,7%.

L’indice di inflazione teorica nel Largo Consumo Confezionato (LCC) per il mese di dicembre, è pari al 4,4%, un dato in discesa in relazione a quello rilevato a novembre (5,8%). Per contrastare l’impatto della spesa, gli italiani continuano a ridurre il mix del carrello del -1,5%, confermando così comportamenti d’acquisto volti al risparmio. Di conseguenza, la variazione reale dei prezzi è pari al 2,9%. Nel 2023, dopo il picco registrato a febbraio con un valore del +16%, la crescita inflattiva nei mesi successivi ha gradualmente ridotto la propria cifra, mantenendo tuttavia di segno positivo la crescita dei prezzi. Secondo NIQ, a settembre 2023 l’inflazione registrava un 8,8% mentre il picco più basso si evidenzia a dicembre (+4,4%). Osservando i dati, a fronte delle analisi sull’interno anno appena concluso, l’inflazione nel 2023 si attesta ad un valore medio del +11,3%. Le famiglie italiane hanno inoltre adottato strategie per salvaguardare il proprio potere d’acquisto, portando l’indice di variazione del mix del carrello della spesa per il 2023 al -1,0% con una variazione reale del prezzo medio del +10,3%.

In merito alle vendite in promozione, prosegue l’andamento positivo con un’incidenza promozionale del 23,4% per il mese di dicembre 2023 a totale Italia (-0,5 p.p. rispetto allo stesso mese del 2022). La leva promozionale in Italia per il 2023 si attesta al 23,3%, un leggero incremento relativo all’anno precedente (2022 al 23%). La risalita è dovuta alle azioni messe in atto dai canali distributivi grazie ad importanti sconti in negozio, infatti stando ai dati di NIQ, il 16,8% delle vendite in promozione nel 2023 è stato generato grazie al taglio dei prezzi. Infine, sul fronte dei prodotti a marchio del distributore (MDD), a dicembre la quota di MDD si attesta al 21% del LCC nel perimetro iper, super e liberi servizi, mentre a Totale Italia Omnichannel – inclusi i discount – sale al 29,6%. La marca del distributore conferma anche per il 2023 la sua crescita di quota a totale Italia e si dimostra sempre più importante nel carrello dei consumatori italiani, raggiungendo il valore medio di 31,5% (vs 30,6% del 2022). Ad esserne state maggiormente penalizzate sono state le marche leader che perdono 1 punto di quota (11,3%) a valore rispetto al 2022 (12,3%).

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
All’interno del comparto grocery, considerando il rapporto tra valori e volumi a totale Italia Omnichannel, nel mese di dicembre 2023 si evidenzia un trend positivo a valore (+3,8% vs 2022), mentre a livello di volumi, NIQ registra un valore pari a +0,9%. I prodotti dedicati agli animali domestici si attestano anche a dicembre come l’area merceologica con l’incremento a valore più consistente (+9,9%), seguiti dal cibo confezionato (+5,4%) e dai prodotti per la cura della casa (+4,7%). Per quanto riguarda i volumi, invece, si rileva un trend positivo per tutti i comparti tranne per le bevande (-0,1%).

A livello di categorie merceologiche, in testa alla classifica top 10 di NIQ del mese di dicembre 2023 si classificano l’olio di oliva vergine ed extravergine (+48,8%), l’ammorbidente (+18,7%) e i detersivi lavastoviglie (+18,5%). Per quanto riguarda il fresco (peso fisso + peso variabile) risulta in crescita in tutti i canali distributivi. In particolar modo, la performance migliore si registra nei discount (+10,4%), mentre nei liberi servizi e negli iper>4.500mq si osserva l’incremento meno consistente (+1,7%). Tra le categorie merceologiche più dinamiche all’interno del comparto, frutta e verdura (+12,7%) detiene il primo posto, seguita subito dopo da pane & pasticceria & pasta (+8,1%), e gastronomia (+5,9%). La pescheria invece si attesta di nuovo la categoria con il trend di crescita più basso rispetto alle altre (+0,4%).

Industria manifatturiera: si prevede una crescita del 3% nel prossimo biennio

Una ricerca commissionata da QBE Insurance Europe prevede che nel biennio 2024-2025 l’industria manifatturiera italiana crescerà complessivamente del 3%. Ad alimentare la performance sarà l’aumento del reddito reale disponibile delle famiglie e dal miglioramento delle condizioni dei mercati di esportazione. Durante il 2022 il comparto ha generato un valore aggiunto lordo (VAL) di 291 miliardi di euro, quasi il 15% del prodotto interno lordo, determinato primariamente dalla produzione di gomma, plastica e metalli (76 miliardi di euro, il 26% circa del totale), di computer, apparecchiature elettroniche e ottiche (66 miliardi di euro, il 23% circa del totale). Nel 2023 il VAL generato è aumentato, raggiungendo i 315 miliardi di euro, guidato dalla produzione di gomma, plastica e metalli ha superato i 79 miliardi di euro, (circa il 25% circa del totale), mentre invece la produzione di computer, apparecchiature elettroniche e ottiche è salita ulteriormente rispetto all’anno precedente toccando i 73 miliardi di euro, (ovvero il 23% circa del totale).

Quanto potranno pesare i fattori di rischio
Le previsioni di crescita sono esposte ad alcuni fattori di rischio che hanno un impatto potenzialmente rilevante. La ricerca ne individua tre: crollo dei prezzi degli asset, deterioramento della disponibilità di credito e inasprimento delle tensioni tra Cina e Taiwan. I tre fattori inciderebbero in misura crescente negli anni sulle previsioni di crescita (vedere grafico 1), con una maggiore contrazione (2,7% nel 2024, 5% nel 2025) nel caso di un crollo del prezzo degli asset e flessioni relativamente minori in caso di minore disponibilità del credito (1,1% nel 2024, 1,9% nel 2025) o di tensioni tra Cina e Taiwan (1,1% nel 2024, 1,7% nel 2025).

Che cosa preoccupa le imprese
Principale preoccupazione delle imprese è l’insufficienza della domanda. L’indagine condotta nel quarto trimestre 2023 della Commissione Europea ha rilevato che il 21% delle imprese la considera il principale limite alla produzione. Una preoccupazione che è stata confermata dalla diminuzione degli ordinativi registrata tra novembre 2023 e gennaio 2024. La seconda possibile criticità, indicata dal 13% delle imprese, è la carenza di materiali e/o attrezzature, anche se meno avvertita rispetto alla fase di ripresa post Covid-19. La terza è la volatilità dei prezzi dell’energia (l’approvvigionamento di petrolio raffinato incide tra lo 0,1% e il 16,7% sui costi di produzione intermedi dei diversi segmenti del comparto manifatturiero). Il grafico 2 evidenzia l’andamento dei prezzi delle importazioni di petrolio e gas, più che quadruplicati tra l’inizio del 2020 e il settembre 2022, per poi ridursi di oltre la metà nell’agosto 2023. Nei prossimi mesi, anche a causa del rialzo dei costi dell’energia determinato dal conflitto in Medio Oriente, le imprese dovranno adattare le proprie strategie commerciali decidendo se assorbire gli aumenti per conservare la domanda, aumentare i prezzi per proteggere i margini o trovare un equilibrio tra le due opzioni definendo inoltre la durata ottimale dei contratti di fornitura.

Supply chain, pricing, risorse umane: le strategie preventive
Il primo aspetto per superare le difficoltà di approvvigionamento è valutare la robustezza della catena individuando i fattori che portano a una difficoltà nel reperimento di attrezzature o materiali. Se il problema è legato ai fornitori di primo livello, sarà necessario ampliarne la base; se, invece, le criticità sono posizionate nella catena di approvvigionamento, sarà opportuno a ampliare la rete di fornitori. Il maggiore accumulo di scorte e la revisione dei processi previsionali della domanda sono azioni parallele di ottimizzazione. La revisione delle strategie di pricing è il secondo punto critico. Si prevede che gli eventi geopolitici continueranno a rendere volatili i prezzi dell’energia e le aziende potrebbero considerare la possibilità d’incremento di prezzo razionali, personalizzati per tipologia di cliente e segmento di prodotto. La ricerca di talenti e la loro valorizzazione è un terzo punto centrale, considerando che i posti di lavoro vacanti in proporzione al numero di persone impiegate sta raggiungendo il massimo storico. Investire nell’aggiornamento e nella riqualificazione delle nuove risorse e di quelle interne attraverso percorsi di formazione può giocare un ruolo chiave nel coprire profili difficili da reperire sul mercato del lavoro.

Agricoltura: la transizione ecologica necessita di innovazione

Attraverso un’indagine sulle imprese agricole e alimentari italiane (con un focus specifico su quelle tabacchicole), Nomisma ha fatto il punto sulla transizione ecologica e il raggiungimento della neutralità climatica al 2050. Il gap da colmare per raggiungere l’obiettivo del 42,5% di quota di energia rinnovabile entro il 2030 è ancora ampio, dato che in Italia al momento siamo al 19%, contro una media del 23% a livello Ue e lontanissimi dall’eccellenza svedese, che guida il ranking continentale con il 66%. Eppure, risulta elevata la consapevolezza da parte delle imprese italiane sul fatto che la produzione di energia rinnovabile rappresenti una delle leve principali per raggiungere la sostenibilità, tanto che nell’indagine emerge tra le prime risposte fornita dalle aziende intervistate rispetto a tale obiettivo, seconda solo alla tutela della biodiversità: per le aziende del tabacco tra le priorità emergono anche la tutela del suolo e il risparmio idrico.

Restando sul tema dell’innovazione, la digitalizzazione a supporto della produzione agricola è già una realtà e l’integrazione con macchine agricole e strumenti rendono l’attività produttiva più sostenibile: il 32% delle aziende agricole intervistate ha dichiarato infatti di utilizzare macchine con guida assistita o semi-automatica con GPS integrato (55% nel tabacco), un 25% di avere centraline meteo aziendali (con una diffusione nettamente più capillare nella filiera tabacchicola, dove arriva a coprire il 61%) e, nel 19% dei casi, sistemi per il supporto alle decisioni per la difesa fito-sanitaria (29% tra i tabacchicoltori), a dimostrazione di come gli investimenti negli strumenti tecnologici e digitali siano ritenuti fondamentali per rendere la propria impresa non solo più performante, ma anche più sostenibile. Si tratta per altro di strumenti che, contestualmente al contributo per la sostenibilità, sono in grado di migliorare la produttività e la resa (lo pensa 4 aziende su 10), ma anche la qualità dei prodotti. Dall’altro lato, però, non mancano i punti di attenzione: il 24% delle imprese ritiene, infatti, che per un’adozione più ampia di tali innovazioni digitali servano competenze specifiche e più formazione, così come i costi di acquisto siano ancora troppo elevati (timori che in alcuni specifici comparti, come quello del tabacco, trovano una significativa accentuazione).

Le soluzioni per favorire il cambio di passo
In questo contesto particolarmente sfidante, la possibilità di usufruire di incentivi per l’adozione delle innovazioni digitali rappresenta la miglior soluzione per 1 impresa su 2, seguita dalla semplificazione della burocrazia collegata (per il 27% degli intervistati) mentre al terzo posto si colloca la collaborazione all’interno della filiera mediante gli accordi di filiera (soprattutto per le aziende del tabacco). In particolare, quello degli accordi di filiera rappresenta uno strumento che può accelerare la transizione eco-energetica perché permettono una programmazione della produzione e, quindi, il ritorno degli investimenti (lo pensa il 32% delle aziende intervistate, percentuale che sale al 59% tra le imprese tabacchicole), ma anche grazie alla condivisione di buone pratiche agricole tra le aziende che partecipano all’accordo (22%), così come l’accesso a progetti innovativi (18%). Nello specifico, i dati dell’indagine nel comparto tabacchicolo confrontati ad altre categorie, confermano quanto il modello di filiera integrata Coldiretti-Philip Morris Italia, una best practice nel nostro Paese e in Europa, possa non solo accelerare il ritorno degli investimenti, ma anche favorire iniziative per la transizione eco-energetica. Le aziende del comparto tabacchicolo infatti risultano ben posizionate rispetto alla media dei rispondenti nell’adozione di macchine con guida assistita/semi-automatica/GPS integrato, di centraline meteo, nonché di sistemi per il supporto alle decisioni per difesa fitosanitaria.

In buona sostanza, se la transizione eco-energetica può trovare nell’innovazione tecnologica e digitale una leva strategica di sviluppo, la stessa diffusione di tali strumenti innovativi necessita di cambiamenti strutturali che interessano l’intero Sistema Paese e che, secondo le imprese, devono principalmente riguardare la riduzione della burocrazia (per 6 intervistati su 10), il miglioramento della politica energetica (nel 33% dei casi e 41% nel tabacco), gli investimenti nelle infrastrutture ambientali (25%) e la promozione dello sviluppo di progetti con fondi pubblici (23%). Per le imprese tabacchicole inoltre risulta fondamentale accelerare la digitalizzazione del Paese, motore abilitante per l’accesso alle tecnologie digitali e all’innovazione.

Made in Italy, certificazioni e sostenibilità tra le tendenze di consumo

Incrociando i dati di industria e distribuzione, GS1 Italy ha pubblicato una nuova edizione dell’Osservatorio Immagino, studio semestrale che analizza e racconta i cambiamenti della spesa fatta dagli italiani in supermercati e ipermercati su tutto il territorio nazionale.

Rilevando le indicazioni (ingredienti, tabelle nutrizionali, loghi e certificazioni, claim e indicazioni di consumo) presenti sulle etichette di oltre 136 mila prodotti, l’indagine restituisce un’immagine precisa dei trend in atto nel largo consumo e ne misura l’evoluzione e l’impatto sul mercato, tramite l’analisi di 11 panieri di consumo che, in questa edizione, si arricchisce di un nuovo approfondimento sulla sostenibilità e di un’indagine sul rapporto degli italiani con le etichette.

Gli 11 macro-fenomeni della spesa degli italiani
Questa edizione dell’Osservatorio Immagino ha monitorato l’evoluzione della composizione e delle vendite, in valore e volume, di 11 panieri, tra food e non food, che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

  • Il richiamo dell’italianità: il “made in Italy”, le Dop/Igp e le regioni in etichetta.
  • Il mondo del free from: il trend dei claim consolidati e di quelli emergenti.
  • Il mondo del rich-in: quali cibi ricchi o arricchiti guidano il mercato.
  • Il tema delle intolleranze: la dinamica del “senza glutine” e del “senza lattosio”.
  • Il cibo identitario (lifestyle): vegetariano, vegano, biologico, halal e kosher.
  • Il mondo di loghi e certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Cruelty free e altro ancora. I nuovi valori.
  • Gli ingredienti benefici: dall’avocado al caramello, i sapori del momento.
  • Il metodo di lavorazione: la comunicazione on-pack di procedure di lavorazione.
  • La texture dei prodotti: morbido o croccante? Le consistenze espresse on-pack.
  • Il cura persona: i claim più diffusi, con un focus sui prodotti naturali e biologici.
  • Il cura casa green: la sostenibilità sulle etichette dei prodotti per la pulizia.
    Inoltre, continua il monitoraggio del valore nutrizionale della spesa media italiana (metaprodotto Immagino).

La sostenibilità al centro
Dal 2019 l’Osservatorio Immagino ha messo la sostenibilità sotto il suo radar. Per questo dall’edizione n.6 ha introdotto un doppio approfondimento semestrale: il monitoraggio delle informazioni ambientali sul riciclo degli imballaggi e il “Barometro Sostenibilità”, che misura la diffusione e le performance di vendita dei claim, delle certificazioni e delle indicazioni “green” segnalati sulle confezioni. La crescita dell’attenzione alle tematiche ambientali ed etiche ha spinto GS1 Italy ad adottare un nuovo approccio, messo a punto dall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, per riuscire a leggere e rappresentare in modo più ampio e completo come la sostenibilità sia entrata sulle etichette dei prodotti di largo consumo. Scoprendo che parlano di sostenibilità (ambientale, sociale e benessere animale) sulle loro confezioni oltre 8 referenze su 10 e che questi prodotti sono stati meno colpiti dalla spending review degli italiani.

Italiani ed etichette
Quanti italiani leggono le etichette dei prodotti quando fanno la spesa? Di quali referenze? Quali informazioni cercano? Per quale motivo? A queste e molte altre domande risponde l’indagine che GS1 Italy ha commissionato ad Ipsos per esplorare l’interazione tra consumatore ed etichetta, rivelando che la lettura delle informazioni on-pack è un processo tutt’altro che banale (la ricerca identifica almeno tre momenti di relazione, distinti nel tempo e nell’obiettivo conoscitivo) e una relazione che coinvolge una fetta consistente di consumatori che ricerca informazioni che ritiene utili per un acquisto e un consumo più consapevoli. A conferma che l’etichetta è un fattore strategico di relazione tra il produttore e un consumatore sempre più accorto.

Saldi online: bene articoli per animali, cosmetici e abbigliamento

Dopo l’incertezza dei primi giorni, derivata dalle temperature non propriamente in linea con le medie invernali, le vendite dei saldi hanno iniziato a registrare incrementi sensibili, come analizzato da Qaplà: incrociando i dati di 180 corrieri, è emerso come nelle prime due settimane le spedizioni in Italia siano aumentate del +11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, considerando le diverse categorie, gli italiani hanno acquistato online soprattutto prodotti dedicati agli animali domestici (+34%), cosmetici (+23%) e capi d’abbigliamento (+11,3%). Tra i settori meno dinamici invece il food, in calo del 19% rispetto al 2023, il comparto dei gioielli (-8%) e del wine & beverage (-5%).

Per quanto riguarda l’importo medio degli acquisti e-commerce, per i saldi invernali gli italiani hanno speso circa 116€ nelle prime due settimane del 2024. Un valore che, per ora, risulta stabile rispetto al dato registrato a gennaio dell’anno scorso, quando la spesa media online era pari a 112€. Stando alle rilevazioni di Qaplà, il giorno della settimana in cui si è registrata la maggiore concentrazione di ordini online in Italia è il mercoledì (17,8%), seguito a breve distanza dal martedì (17,5%) e dal giovedì (17,3%). Al contrario, la domenica si attesta come il giorno in cui è stato erogato il minor numero di ordini (8,2%).

Milano è la provincia in cui si è registrato il maggior numero di spedizioni (4,7%), con Roma quasi a pari merito (4,6%). Seguono, in terza e quarta posizione, le città di Torino (2,4%) e Napoli (2%). Infine, per quanto riguarda i tempi medi di consegna degli ordini, l’analisi segnala che nelle prime due settimane di gennaio i giorni medi impiegati dai corrieri sono 1,77, un dato inferiore rispetto a 1,87 giorni medi del 2023 e ai quasi 2 giorni medi del 2022 (1,96).

Gli italiani premiano la Mdd, mercato in crescita sia a valore che a volume

In un periodo segnato da crisi globali e climatiche, precarietà lavorativa e aumento dei prezzi dei beni di consumo, le famiglie italiane optano sempre più spesso per la marca del distributore: nel tentativo di contenere quanto più possibile i costi, i consumatori privilegiano alternative di qualità ma più economiche.

Circana ha illustrato nel dettaglio il ruolo chiave giocato dalla Mdd nel 2023 in un convegno svoltosi a Marca 2024, ponendo l’accento sulla marca del distributore che, oltre a registrare un incremento significativo a valore (+15,4%) – che le consente di raggiungere 22,1 punti di quota, con un guadagno di +1,2% rispetto allo stesso periodo 2022 – cresce anche in termini “reali” a volume (+4,7%). Questo nonostante un’inflazione superiore all’industria di marca (10,6 vs 10), ma che risulta in discesa negli ultimi mesi.

Analizzando le categorie, migliora il posizionamento competitivo della Mdd in tutti i reparti merceologici con un particolare guadagno di punti quota nel settore del freddo (+2,7%), cura persona (+2,1%), cura casa (+1,8%) e nel fresco (+1,6%). La crescita a valore tra i reparti è sostenuta da una crescita anche a volume. Il trend positivo della Mdd va di pari passo con un aumento dell’offerta che le consente di raggiungere il 16,6% di quota assortimentale, in aumento dello 0,7% rispetto al 2022.

I segmenti di offerta mainstream e primo prezzo guidano la crescita a valore della Mdd (insegna, +16,2%; marchi do, +42,9%; primo prezzo, +19,0%), mentre rallenta la crescita delle linee di alta gamma a eccezione del Funzionale che con un +15,3% che mantiene un buon dinamismo. Anche per la Mdd si rilevano segnali di ripresa della pressione promozionale (+1,4%) con un’inversione di tendenza rispetto al passato, ma non ancora ai livelli pre-pandemici.

Marca del distributore, un volano di crescita per le economie regionali

A confermare l’importanza ricoperta dalla MDD in questi ultimi anni è il rapporto “Marca del Distributore e Made in Italy: il ruolo della Distribuzione Moderna”, realizzato da The European House – Ambrosetti per ADM – Associazione Distribuzione Moderna, presentato al convegno inaugurale di Marca by BolognaFiere 2024: quasi il 30% (27,2%) del fatturato delle produzioni tipiche locali italiane, pari a 8,5 miliardi di euro, viene generato direttamente dalla distribuzione moderna attraverso i marchi del distributore. Per i prodotti italiani inoltre, i marchi del distributore valgono all’estero 4 miliardi di euro, l’8% del totale delle esportazioni internazionali food & beverage di prodotti Made In Italy.

Uno sguardo alle regioni
Oltre il 42% del fatturato complessivo delle imprese di produzione tipiche locali abruzzesi è stato generato dalla collaborazione con la distribuzione moderna attraverso i marchi del distributore. Si scende al 40% per i prodotti del Friuli-Venezia Giulia e al 36,9% per quelli campani. Secondo il report realizzato da The European House-Ambrosetti per ADM i produttori locali piemontesi hanno realizzato il 27,1% del fatturato complessivo grazie alla MDD. Percentuali analoghe si registrano in Umbria (26,8%) e nelle Marche (26,1%). Emilia-Romagna, Veneto e Lazio rientrano tra le prime 10 regioni a beneficiare della collaborazione con la Gdo rispettivamente con il 25%, il 24,5% e il 23,8% delle vendite di prodotti locali attraverso la distribuzione moderna. Seguono via via Toscana (11°, 23,3% del fatturato), Liguria (12°, 23,2%) e Sicilia (13°, 22,7%). Al di sotto del 20% si collocano il Trentino A.A (19,3%), la Lombardia (19%), le Basilicata (13,3%) e la Puglia (12,1%). Chiudono la classifica Molise (9,8%), Calabria e Sardegna (entrambe al 4,8%).

“Per comprendere l’impatto fondamentale della distribuzione moderna e nello specifico della marca del distributore, basti considerare che la MDD coinvolge indirettamente circa 50 sotto-comparti economici e oltre 1.500 imprese del settore agricolo e food (il 92% italiane e il 78% piccole e medie) che producono alimenti commercializzati con la marca dell’insegna della distribuzione moderna. Gli effetti dell’inflazione e della riduzione dei volumi di vendita colpiscono perciò direttamente il patrimonio di imprese locali italiane che rappresentano la spina dorsale dell’economia del Paese” spiega Valerio De Molli, managing partner e CEO, The European House – Ambrosetti.

“I prodotti a marca del distributore hanno esercitato un importante ruolo sociale ed economico tutelando il potere di acquisto delle famiglie e sostenendo le filiere e la produzione del made in Italy. Tra le misure già adottate per il comparto ci sono il trimestre antinflazione e i provvedimenti inseriti nella legge di Bilancio che mirano a contrastare l’inflazione, come il taglio del cuneo fiscale, il rifinanziamento per tutto il 2024 della carta ‘Dedicata a te’ per l’acquisto di generi di prima necessità e carburanti, il rinvio delle Sugar e Plastic tax” aggiunge Valentino Valentini, Viceministro delle Imprese e del Made in Italy.

Consumatori insoddisfatti, cresce l’interesse per lo shopping guidato dall’AI

Un recente studio dell’IBM rivela il crescente divario tra le richieste dei clienti e l’attuale offerta: a emergere è dunque un’insoddisfazione generale nelle proprie esperienze di acquisto. Appena il 9% dei consumatori intervistati afferma di essere soddisfatto dell’esperienza in negozio e il 14% degli acquisti online. I consumatori desiderano una maggiore varietà di prodotti disponibili (37%), maggiori informazioni sui prodotti (26%) e un processo di pagamento più rapido (26%).

Per quanto riguarda l’online, due terzi dei consumatori intervistati scoprono nuovi prodotti tramite il web ma molti hanno espresso insoddisfazione per il loro percorso di acquisto, citando difficoltà nel trovare i prodotti che desiderano (36%), informazioni insufficienti (33%) e un processo di reso complicato (33%). L’inflazione e l’incertezza economica continuano a far diminuire gli acquisti e il 62% dei consumatori ha anche affermato che il prezzo è una delle ragioni principali per cui cambierebbe negozio o addirittura marchio.

A migliorare l’intera esperienza di acquisto potrebbe essere l’intelligenza artificiale, rappresentata ad esempio da assistenti virtuali o applicazioni, capaci di creare customer experience intuitive, uniche, personalizzate ed efficienti. “Il settore del retail deve affrontare sfide continue, ma ha anche la possibilità di cogliere opportunità senza precedenti” ha dichiarato Luq Niazi, Global Managing Director IBM. “I consumatori di oggi, di fronte a un numero enorme di scelte e canali, prendono sempre più decisioni di acquisto basate sul costo e sulla qualità dell’esperienza che i rivenditori propongono”.

Boom per la Mdd: nel 2023 oltrepassato il fatturato di 25 miliardi di euro

Con un fatturato record pari a 25,4 miliardi di euro nel 2023, i prodotti a marca del distributore (Mdd) rappresentano oggi il 31,5% dell’intero giro d’affari del mercato della distribuzione moderna in Italia, compresi i discount – nel 2019 era al 28,3% -, affermandosi come strumento fondamentale delle imprese della distribuzione moderna per sostenere il potere di acquisto delle famiglie, offrendo qualità e convenienza. I dati emergono dall’analisi “Marca del Distributore e Made in Italy: il ruolo della Distribuzione Moderna” realizzata da The European House – Ambrosetti per ADM – Associazione Distribuzione Moderna.

La marca del distributore si afferma dunque come unico canale in crescita sostenendo l’intero settore del retail alimentare: +332 milioni di euro anche nell’ultimo anno, e la tendenza probabilmente non si arresterà. Secondo i calcoli realizzati da The European House – Ambrosetti , la distribuzione moderna è l’attivatore di una filiera lunga e articolata e, con 15 settori e 37 sotto-settori coinvolti, abilita la creazione di circa il 12% dell’intero PIL italiano, oltre 200 miliardi di euro: dai 30 miliardi generati direttamente dalla distribuzione moderna, se ne sviluppano ulteriori 178 dalle filiere attivate a monte tra componenti industriali attive, settore agroalimentare e intermediazione.

“La distribuzione moderna ha contribuito in maniera significativa a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie, contenendo la spinta inflattiva e sostenendo soprattutto le fasce di reddito più basse, che soffrono in maniera particolare l’aumento dei prezzi al consumo”, ha commentato Mauro Lusetti, Presidente ADM – Associazione Distribuzione Moderna. “L’impegno delle nostre aziende ha limitato l’aumento del prezzo medio di vendita, assorbendo parte dei rincari ricevuti sui prodotti del largo consumo dell’industria di marca. Da gennaio 2019 la distribuzione moderna ha registrato aumenti inferiori dei prezzi di vendita di 6 punti percentuali rispetto all’industria di marca. I prodotti a marca del distributore, garantendo un’offerta che coniuga qualità e convenienza, si sono dimostrati uno strumento efficace e molto apprezzato dagli italiani nel contrastare l’aumento dei prezzi. Il settore distributivo si conferma come un asset strategico dell’economia del Paese, sia per il valore aggiunto che riesce a generare sia per il contributo all’occupazione e il sostegno alle filiere del Made in Italy”.

“Si è appena chiuso un 2023 complesso che ha visto una riduzione dei volumi di vendita in tutti i canali distributivi, dal discount ai supermercati fino al piccolo servizio, dovuta alla pressione dell’inflazione sulle famiglie con effetti asimmetrici: la spesa incomprimibile pesa 21 punti percentuale in più sul bilancio familiare del quintile più povero. In un contesto in cui i consumi alimentari sono già immobili da oltre un decennio, è necessario un cambio di rotta per salvaguardare i consumi, alimentari e non, che generano il 60% del PIL italiano” ha aggiunto Valerio De Molli, managing partner e CEO, The European House Ambrosetti.

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