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Mens sana in corpore sano, gli italiani riscoprono il piacere del benessere

Dopo il difficile periodo pandemico, gli italiani hanno riscoperto il valore e il piacere dello stare bene, sia fisicamente che mentalmente. Ad acclararlo sono i dati raccolti da NielsenIQ nella cornice di Cibus Connecting Italy, il Salone internazionale dell’alimentazione che si è svolto a Parma il 29 e 30 marzo scorsi: tra le tendenze registrate vi è quella dell’alimentazione sportiva, passata da 6,7 milioni di acquirenti nel 2021 agli 8,1 milioni (+20,2%), un valore che corrisponde al 31,6% dei consumatori.

La tendenza appare ormai consolidata e probabilmente sarebbe più corretto parlare di abitudine di consumo e non più di trend visto che questo tipo di consumo riguarda le famiglie e non più i singoli individui.

Parallelamente anche i claim del benessere presentano trend interessanti come rimarca Marco Pellicci, SMB & Global Snasphot Solution Leader di NielsenIQ, che pone l’accento sulla crescita del senza zuccheri aggiunti (+19% a valore, +14.9% a volume), dell’high protein (+9,3% a valore, +4,3% a volume) e del low calories (+6,8% a valore, +3,7% a volume). «In un mondo che cambia, in cui i consumatori stanno modificando i propri bisogni e comportamenti d’acquisto, risulta sempre più importante sapersi differenziare, rispondendo ai nuovi trend di consumo. Risulta quindi necessario elaborare strategie rivolte a queste particolari categorie di prodotto, dall’identificazione del perimetro (i cui confini sono ancora vaghi), alla creazione dello scaffale, alla definizione dei prezzi e degli assortimenti».

Se da un lato si assiste a un interesse crescente per certe tipologie merceologiche, dall’altro però la situazione economica mette i consumatori di fronte a continue sfide. Il 62% dei consumatori a livello globale e il 70% di quelli italiani si sente già in una situazione di recessione e il 38% (43% in Italia) ritiene di avere disponibilità economiche solo per acquistare lo stretto necessario. Di conseguenza il primo rimedio, quasi istintivo, per la situazione attuale è la riduzione dei volumi acquistati, che in Italia hanno registrato un calo del 6% nelle prime 4 settimane del 2023 (vs 2022).

È una tendenza che si osserva in molti Paesi e che riguarda tutte le principali categorie del largo consumo, anche se la crisi non impatta nello stesso modo su tutte. Pur in una situazione così complessa alcune categorie di prodotto hanno registrato performance migliori nel 2022 rispetto al 2021. In Italia per esempio è cresciuto – in termini di volumi venduti – tutto il mondo dell’alimentazione sportiva (+46,9%), con energy drink (+25,3%) e integratori (+9,5%), ma anche l’universo delle caramelle (+8,8%), dei gelati (+6,2%) e delle merendine (3,9%) cioè in generale tutto ciò che può gratificare il consumatore. Si tratta infatti di prodotti che aiutano le persone a compensare una situazione stressante e che contribuiscono ad alimentare il benessere fisico e mentale, al primo posto tra le priorità per il 2023.

«La ricerca di gratificazioni avviene comunque attraverso strategie prudenziali» spiega Matteo Bonù, Global Client Business Partner di NielsenIQ. «Monitorando il costo totale del carrello della spesa (34% nel Regno Unito e 37% in Francia), scegliendo principalmente prodotti a marchio del distributore (29% negli USA e 42% in Spagna) o acquistando marche in promozione (50% in Italia e 43% in Germania). Si tratta di azioni non necessariamente legate alla ricerca di beni di primo prezzo quanto piuttosto al miglior rapporto qualità-prezzo possibile, per poter mantenere inalterato il proprio livello di gratifica ma contenendo la spesa».

 

 

Pet food, l’inflazione non riduce la spesa per gli animali domestici

Il pet owner italiano sceglie meticolosamente l’alimentazione del proprio amico a quattro zampe, con un occhio alle ultime novità e alla salvaguardia dell’ambiente e senza mettere in secondo piano, nemmeno in tempi di crisi, il benessere dell’animale. È questo l’identikit emerso dalla ricerca in ambito pet care di Toluna, svolta nella seconda metà di marzo e che ha intervistato un totale di 1.800 rispondenti italiani selezionati in quanto proprietari di cani o gatti e diretti responsabili della loro cura.

In molti casi l’animale domestico è considerato a tutti gli effetti parte della famiglia, tanto che il 35% dei proprietari di gatti e il 42% dei padroni di cani partecipanti al sondaggio li considera quasi come dei figli e il 30% e il 28%, rispettivamente, dei migliori amici. In quanto tali, dunque, nessun aspetto della loro cura può essere lasciato al caso, a partire dall’alimentazione. Il cibo scelto è prodotto da brand in cui i rispondenti ripongono fiducia, sicuri che forniscano un corretto apporto nutrizionale (36% di chi possiede un gatto, 32% di chi ha un cane), e l’acquisto è spesso preceduto da ricerche approfondite (28% e 35%).

Tra i criteri per la selezione del pet food predominano la felicità del compagno a quattro zampe (84% gatto, 85% cane), l’attenzione al benessere dell’animale (83% in entrambe le categorie) e l’alta qualità (80%, 81%). Il brand ideale si caratterizza poi per l’attenzione al ciclo di vita del gatto (78%) e del cane (82%) e a diete e patologie specifiche (71%, 79%). Proprio per queste ragioni, il consumatore richiede innanzitutto un’ampia gamma di offerta per le diverse esigenze dell’animale (73% e 67%) e per le sue diverse età (67% e 65%). Tra i brand attualmente più top of mind per i proprietari di animali figurano Purina e Monge, ma i mercati si dimostrano dinamici e aperti all’ingresso di nuove marche di nicchia come Lily’s Kitchen.

Innovazione e sostenibilità: le opinioni dei consumatori
Tra le novità emerse negli ultimi tempi all’interno del mondo della nutrizione pet, i partecipanti al sondaggio mostrano particolare interesse per i prodotti con aggiunta di integratori (indicati da 3 proprietari di gatti su 4 e dall’81% dei padroni di cani), per i cibi funzionali, specifici per problematiche dell’animale (78% e 75%) e per quelli con solo conservanti naturali (76% e 81%). Considerate meno invitati le innovazioni più “futuristiche” come HFC (adatti al consumo umano), a base di proteine di insetti e carni sintetiche (tutte indicate come “molto” o “abbastanza interessanti” da meno del 37% dei consumatori).

L’attualissimo tema della sostenibilità coinvolge anche questo settore, tanto che 4 padroni di gatti su 5 e più di 3 proprietari di cani su 4 ritengono importante che le confezioni del cibo per animali siano sostenibili. Pensando al futuro del pianeta, i rispondenti chiedono alle aziende dell’industry imballaggi 100% riciclabili (42% e 39%) e la diminuzione o l’azzeramento della plastica (34% e 36%). Attenzione che non si deve, però, limitare al packaging: il 38% e il 34% dei partecipanti vorrebbe dai brand una riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

L’impatto dell’inflazione sullo shopping pet care
L’aumento del costo della vita non ha risparmiato il comparto pet, dove l’85% dei panelisti ha riscontrato una crescita dei prezzi che si ripercuote anche sulle previsioni di spesa future: il 23% dei proprietari di gatti e il 26% di quelli di cani crede che nei sei mesi successivi all’indagine spenderà di più per i propri animali. Nonostante l’inasprimento della condizione economica, però, le spese per gli amici a quattro zampe sono tra le ultime su cui i rispondenti sono disposti a tagliare (solo il 6% e 8%), preferendo rinunciare a pasti fuori casa, vacanze, abbigliamento e prodotti di bellezza. Dopotutto i pet owner appaiono poco propensi a cambiare le proprie abitudini di acquisto. Negli ultimi mesi il 25% dei rispondenti con un gatto e il 19% di quelli con un cane non ha affatto modificato i propri comportamenti, mentre il 37% e 32% ha continuato ad acquistare i soliti prodotti approfittando di offerte o cercando promozioni speciali e il 23% in entrambe le categorie ha fatto acquisti in grandi quantità per accedere a sconti. Menzioni ai discount arrivano per lo più dai proprietari di cani (21%).

Diversi servizi dal grande potenziale per il retail
Il mondo pet offre al retail numerose opportunità in parte ancora da esplorare. Interrogati relativamente ai servizi che un negozio per animali offre o potrebbe proporre in futuro, i partecipanti al sondaggio di Toluna hanno mostrato notevole interesse per la consulenza veterinaria (82% dei proprietari di gatti, 83% di quelli di cani), la vendita di medicinali (78%, 83%), la consulenza alimentare (74%, 77%) e la registrazione via microchip (71%, 78%), a cui si aggiungono aree attrezzate per il lavaggio “fai da te” citate dal 63% dei padroni di felini e il servizio di tolettatura indicato dal 77% di coloro in possesso di un cane. Il futuro del retail pet, quindi, sarebbe l’One-Stop shop. Al di là del pet food, inoltre, al 72% dei rispondenti che accudiscono un gatto piacerebbe poter acquistare in negozio o nello store online per animali prodotti quali sistemi di smaltimento (bidoni igienici per la lettiera) e distributori automatici di acqua e croccantini. Tra le categorie di interesse dei proprietari di cani spiccano invece deodoranti per l’ambiente dedicati (72%) e accessori GPS (70%).

L’inflazione continua a minacciare la tenuta dei consumi

I dati diffusi da Istat relativi ai prezzi al consumo del mese di marzo evidenziano un’inflazione in rallentamento rispetto a quella del mese precedente: l’indice generale segna +7,7% su base annua, mentre il carrello della spesa registra un +12,7% su base annua.

Nonostante la minore velocità di crescita dei prezzi, dovuta principalmente a una frenata dei costi dei beni energetici e delle materie prime, l’inflazione rimane una delle principali preoccupazioni delle famiglie italiane. È quanto evidenzia la rilevazione condotta da Ipsos per Federdistribuzione: un italiano su due si dichiara insoddisfatto della propria situazione economica, mentre l’84% degli intervistati esprime preoccupazione per l’impatto degli aumenti sul proprio bilancio familiare. Aumentano gli italiani che lamentano di non potersi permettere alcuni acquisti: sono il 46%. L’inflazione ha poi avuto un effetto importante sulla composizione della spesa delle famiglie: rispetto a un anno fa, oltre un italiano su due percepisce l’aumento del costo della vita (56%). In particolare, il 55% percepisce che è aumentato il peso delle spese fisse, come mutui e affitti, e oltre 7 intervistati su 10 quello della spesa alimentare. La metà degli italiani prevede una situazione in peggioramento per quest’anno: 6 italiani su 10 pensano che l’inflazione crescerà, ma per il 35% meno dello scorso anno.

La riduzione del potere d’acquisto ha avuto un impatto sul volume dei consumi, in terreno negativo intorno al -5% rispetto a un anno fa. Secondo la rilevazione condotta da Ipsos per Federdistribuzione, gli italiani stanno attuando da mesi strategie per risparmiare: il 60% fa più attenzione a offerte e promozioni, il 46% sta più attento agli sprechi, il 29% ha cambiato il luogo d’acquisto, il 28% ha ridotto la quantità dei prodotti acquistati, mentre il 19% ha diminuito la qualità o ha rinunciato ad alcune caratteristiche dei prodotti. Rischio che coinvolge in particolare i prodotti del Made in Italy: nonostante per 8 italiani su 10 sia importante sapere che un prodotto è italiano e il 53% acquisti made in Italy per sostenere il Paese, il 47% non è disposto a pagare di più, anche per effetto dell’aumento dei prezzi.

“L’incertezza generata dall’inflazione e la perdita del potere di acquisto degli italiani fanno emergere con evidenza l’effetto di contrazione dei consumi. E questo mette a rischio non solo la tenuta economica delle imprese distributive e produttive ma anche quella di molte filiere di eccellenza, in particolare di tutti i prodotti del Made in Italy che sono emblema delle tipicità del nostro sistema agroalimentare”, ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, Presidente di Federdistribuzione. “Nell’ultimo anno, la preoccupazione delle nostre aziende si è concretizzata in uno sforzo straordinario che ha permesso di mitigare la pressione inflattiva, al costo di rinunciare a parte delle marginalità. Uno sforzo che Mediobanca ha fotografato nel recente Osservatorio sulla GDO, evidenziando come molte imprese della distribuzione abbiano bilanci con redditività in forte contrazione. Siamo quindi di fronte all’urgenza di dare impulso ai consumi, attraverso politiche incisive di sostegno al potere di acquisto delle famiglie, così come di proteggere il sistema delle aziende nel nostro Paese, per evitare che ulteriori aumenti dei costi produttivi, dei beni energetici e delle materie prime alimentino ulteriormente i livelli di inflazione”.

 

Food & beverage, inflazione costringe italiani a ridurre spesa e frequenza d’acquisto

Nel settore del food & beverage, il 48% degli operatori del settore prevede una performance 2023 peggiore rispetto al 2022, attendendo un rialzo dell’inflazione al consumo fino all’8.8%. Nel corso dell’anno circa il 40% dei consumatori italiani prevede di ridurre la spesa e la frequenza di acquisto – soprattutto dolciumi e bevande alcoliche – con una conseguente minore fedeltà ai brand e successiva sostituzione di gran parte di essi con private label. I dati emergono dallo studio “Trend Food & Beverage nel 2023” della società di consulenza strategica Simon Kucher.

Secondo la ricerca, nel 2023 tra il 37% e il 47% degli italiani si rivolgerà a brand e negozi meno costosi o smetterà di acquistare determinati prodotti. L’82% degli operatori prevede infatti un aumento delle vendite di private label a discapito dei marchi più famosi. A ciò si aggiunge l’evidenza che i consumatori non sono pienamente soddisfatti dei prodotti attualmente offerti con la diretta conseguenza della sempre più sentita necessità da parte delle aziende di innovare, soprattutto nel comparto degli alimenti confezionati e freschi. Alla luce dell’attuale contesto gli operatori food & beverage devono quindi far fronte ad alcune sfide quali il rallentamento economico, margini e profitti più bassi, minore fedeltà ai brand, nuove abitudini ed esigenze dei consumatori.

Le strategie di mercato

Il 2023 è l’anno del consumer first e da ciò ne deriva che le aziende del settore sono chiamate a progettare innovative strategie consumer-centric concentrandosi su 3 principali aree di investimento:

Prodotto
Per rispondere all’85% dei consumatori in tutto il mondo che nell’ultimo anno ha adottato abitudini di consumo più green, il settore F&B dovrà abbracciare scelte che vadano in questa direzione. L’86% delle famiglie italiane preferisce acquistare brand sostenibili e il 44% dei consumatori appartenenti alla Generazione X e ai baby boomers in Italia hanno cambiato significativamente le loro abitudini di consumo. La ricerca mette in luce che il 43% dei clienti è disposto a pagare un prezzo più alto per acquistare prodotti sostenibili, percentuale che cresce al 68% se l’aumento è moderato. Da questo deriva la necessità di pensare a nuovi format, nuovi canali e nuovi prodotti. Il 65% dei consumatori sceglie infatti cosa acquistare in base alla sostenibilità della confezione e il 19% è pronto a rinunciare a un prodotto se non è sostenibile.

Personalizzazione
La pressione sui margini rende critico allocare efficacemente le risorse di marketing su azioni mirate, le aziende devono quindi concentrarsi sul fornire messaggi minimalisti e touchpoint interattivi attraverso personalizzazione, video marketing, automazione e partnership. Queste ultime sono considerate dal 76% delle realtà un elemento centrale nella strategia di mercato. Le collaborazioni tra brand possono svilupparsi sotto molteplici forme, dalle campagne marketing congiunte, a packaging e brand comuni, fino allo sviluppo congiunto di nuovi prodotti. I co-branding nel settore del F&B rappresentano un’opportunità per innovare il portafoglio e incrementare le vendite. Dal punto di vista del pricing, il prezzo dei beni esposti a scaffale sarà di importanza critica per il 36% degli operatori del settore. Numerosi player della Gdo ha già adottato la strategia dei prezzi dinamici aumentando i margini fino al 3% e gli sprechi fino al 40%.

Coinvolgimento
Per gli operatori del settore è diventato indispensabile adottare un approccio multicanale per integrare nuove opzioni di acquisto su piattaforme online e social media, offrendo un’esperienza personalizzata e integrata su tutti i canali. In Italia si prevede infatti che nel 2023 le vendite online nel settore alimentare raggiungeranno i 2,9 miliardi di euro (+12,1%) e in quello delle bevande circa 1 miliardo (+11,8%). Tra gli strumenti volti a coinvolgere il proprio pubblico acquisiscono particolare rilevanza i programmi fedeltà, nei quali sono già coinvolti quasi il 43% degli italiani. Il 68% dei consumatori, infatti, acquista di più dai brand di cui è iscritto a una qualsiasi forma di loyalty.

“Anche se le previsioni indicano che quest’anno l’Italia eviterà la recessione, si stima che nel 2023 il PIL crescerà solo dello 0.4%. In un contesto di mercato sfidante, le aziende devono adeguarsi adottando nuove strategie per acquisire clientela” commenta Francesco Fiorese, Partner e Managing Director di Simon Kucher Italia. “La tecnologia gioca un ruolo fondamentale: l’analisi dei big data permette di identificare le tendenze attuali anticipando quelle future; prevedere la domanda fornisce il vantaggio competitivo per adeguare i prezzi in modo dinamico; il metaverso e gli NFT rendono possibile raggiungere nuovi clienti affermando la propria presenza anche nel mondo digitale”.

 

Novapoint, Nova Coop amplia le offerte di servizi destinati alle famiglie

Da pochi giorni in tutta la rete dei negozi Nova Coop, 61 punti vendita in Piemonte e 3 in alta Lombardia, sono operativi i Novapoint – Centro Servizi Coop, un nuovo modello di punto di accoglienza con il compito di fornire informazioni ed erogare direttamente alla clientela tutte le principali prestazioni proposte dalla cooperativa. Dai contratti per la telefonia a quelli per le utenze di luce e gas, dalle soluzioni assicurative a quelle per la gestione dei propri risparmi, la gamma di servizi disponibile nei nuovi spazi punta a soddisfare un ampio raggio di bisogni quotidiani delle famiglie italiane che normalmente trovano risposte al di fuori del tradizionale perimetro di un supermercato, per offrire così nella vendita di servizi a soci Coop e clienti gli stessi vantaggi, in termini di qualità e convenienza, che già qualificano la proposta commerciale dell’insegna nell’ambito della grande distribuzione.

Con l’introduzione dei Novapoint si realizza quindi un ampliamento e una standardizzazione delle modalità di informazione ed erogazione dei servizi offerti da Nova Coop che, in precedenza, erano già disponibili in alcuni punti vendita ma potevano essere proposti in spazi tra loro diversi e affidati a una pluralità di figure. La principale conseguenza è un’estensione dell’accessibilità dei servizi garantiti da Nova Coop a tutti i circa 600 mila soci e ai clienti, che potranno sottoscriverli nel proprio negozio di riferimento e venire seguiti, nella scelta delle soluzioni di investimento come nella stipula di contratti e polizze assicurative, da personale appositamente formato: gli specialisti dei Servizi finanziari & Utilities.

Presso i NovaPoint è quindi possibile attivare i servizi di telefonia mobile dell’operatore CoopVoce, sottoscrivere i contratti per la fornitura ai clienti domestici di energia elettrica e gas del marchio Enercasa Coop di Nova Aeg, stipulare le offerte assicurative UnipolSai (per mobilità, casa, risparmio, protezione e lavoro) con speciali vantaggi riservati ai soci Nova Coop, attivare il Prestito Sociale e diventare così Socio Prestatore di Nova Coop. Inoltre, il Novapoint rappresenta il punto di accoglienza e ascolto del negozio, dove rivolgersi per ricevere informazioni, approfondire le iniziative sociali e fruire degli altri servizi alla vendita.

Nell’ottica di favorire un accesso omnicanale a tutte le informazioni e ai servizi trattati, la realizzazione della rete fisica dei Novapoint nei negozi è stata accompagnata dal rifacimento dei siti www.novacoop.it e www.novaaeg.it, riprogettati per diventare portali di ascolto 2.0 e punti di accesso, rispettivamente, all’intera offerta commerciale Nova Coop e alle proposte luce e gas di Nova Aeg per privati e imprese.

«Negli ultimi tre anni il mercato dell’energia è stato caratterizzato da fenomeni le cui variazioni, in termini di magnitudine e rapidità, non si erano mai registrate prima d’ora. Abbiamo vissuto i prezzi quasi azzerati della pandemia e l’energia elettrica a 700 €/MWh dopo l’invasione russa all’Ucraina. Malgrado questi ripetuti cambi di paradigma, Nova Aeg ha saputo costruire un importante percorso di crescita che la vede oggi stabilmente tra i primi venti venditori di energia elettrica a livello italiano. L’istituzione dei Novapoint all’interno dei punti vendita della cooperativa e il rinnovo del nostro sito web ci consentiranno di rafforzare il presidio dei canali di vendita sia su base locale che nazionale, continuando ad offrire contratti di luce e gas a condizioni sempre competitive e trasparenti» spiega Marco Sola Titetto, Direttore generale Nova Aeg.

«Sebbene, questo avvio di 2023 abbia portato a una flessione tendenziale degli aumenti sui beni energetici, il peso dell’inflazione rimane forte in altri settori. Ecco allora che la nascita dei Novapoint, un’operazione che avevamo progettato nell’ottica di uscire dal nostro perimetro tradizionale di retailer per soddisfare maggiormente i nuovi bisogni dei nostri Soci e clienti, diventa allora un ulteriore strumento di tutela “anticrisi”. Attraverso i nuovi centri servizi siamo la prima insegna della distribuzione organizzata a proporre un sistema completo di servizi finanziari e utilità ai cittadini, che qualifichiamo trasmettendo anche in questo caso la nostra identità distintiva: quella di un fornitore amichevole per il consumatore, affidabile, sempre facilmente raggiungibile tramite i negozi della cooperativa, che offre contratti trasparenti e una reputazione solida, da sempre sinonimo di qualità e convenienza» aggiunge Ernesto Dalle Rive, Presidente Nova Coop.

Nel 2022 sono stati 33 mila i nuovi utenti che si sono registrati al canale di vendita digitale di Nova Coop, che attualmente è presente in sette delle otto province piemontesi e raggiunge con il servizio di consegna Coop a Casa i centri abitati compresi nell’ambito di 400 codici di avviamento postale.

Spesa sempre più cara per gli italiani, a febbraio inflazione al 16%

NielsenIQ delinea lo scenario della grande distribuzione organizzata nel nostro Paese ne “Lo stato del Largo Consumo in Italia”, l’analisi mensile relativa all’andamento dei consumi e alle abitudini di acquisto delle famiglie italiane. Nel mese di febbraio 2023 la distribuzione in Italia ha ottenuto ricavi per 9,8 miliardi di € a totale omnichannel, registrando un trend positivo (+9,9%) rispetto alla performance dello scorso anno.

Stando ai dati di NIQ, l’indice di inflazione teorica nel largo consumo confezionato (LCC), ovvero il settore di mercato che comprende tutti i beni di consumo primario e i prodotti confezionati dall’industria, è pari al 16% a febbraio. Il mix del carrello della spesa si riduce dell’1,2%, con una variazione reale dei prezzi che si attesta al 14,8%”.

Per quanto riguarda i canali distributivi, a febbraio riportano tutti – rispetto allo stesso periodo del 2022 – un andamento positivo. Nello specifico, guidano la crescita gli specialisti drug (+16,6%), seguiti da superstore (+12%), iper>4.500mq (+10,4%), supermercati (+9,8%), liberi servizi (+9,2%) e discount (+8,5%).

L’indagine di NielsenIQ evidenzia inoltre che l’incidenza promozionale (a totale Italia) nel mese di febbraio 2023 è inferiore di 0,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e si attesta al 23,1%. Infine, continua ad aumentare la scelta di prodotti a marchio del distributore (MDD): nel mese trascorso ha raggiunto il 22,9% del LCC nel perimetro iper, super e liberi servizi fino ad arrivare a quota 31,2% sul totale Italia omnichannel – inclusi i discount.

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
Secondo l’analisi di NIQ, le aree merceologiche con l’incremento a valore più significativo anche nel mese di febbraio e ormai da diversi mesi sono i prodotti dedicati agli animali domestici e il cibo confezionato. Il pet food registra infatti un +17,5% a valore ma un -5,7% a volume, diversamente il food confezionato cresce a valore del 13,5% e diminuisce a volume del 2,9%.

Il fresco (peso fisso + peso variabile) mantiene un andamento positivo nella maggior parte dei canali distributivi: in particolare il trend migliore si rileva negli iper>4500 (+10,8%) mentre nei discount il peggiore (+6,8%). Per quanto riguarda la relazione valore e volume per i formati distributivi in ambito grocery, rispetto all’anno precedente nel mese di febbraio 2023 a totale Italia omnichannel il trend a valore cresce del 10,1% mentre a volume si riduce del 4,7%.

Pane & pasticceria & pasta (+18,8%), formaggi (+17,9%) e macelleria e polleria (+9,2%) rimangono – come a gennaio – le aree merceologiche più dinamiche a totale canali, mentre i trend più bassi sono registrati dai comparti pescheria (+1,2%) e frutta e verdura (+1,3%). A livello di prodotto, fazzoletti di carta (91,2%), olio di semi di girasole (46,3%) e zucchero (42,9%) si classificano come i primi 3 comparti merceologici nella top10 del mese.

Carovita, italiani più oculati nelle spese e inclini a ridurre il superfluo

Il 2023 ha raccolto gran parte della spiacevole eredità del 2022: tra aumento del costo della vita e diffusa instabilità politico-economica, anche nel nuovo anno i consumatori di tutto il mondo si trovano a doversi confrontare con importanti pressioni che influenzano inevitabilmente stile di vita e scelte d’acquisto. Ma come stanno reagendo davanti a tali difficoltà? Quanto sono fiduciosi di assistere a un miglioramento nel breve periodo? E com’è la situazione nel nostro Paese, se messa a confronto con i risultati internazionali?

Le risposte a questi interrogativi arrivano dalla ventunesima wave del Barometro Globale dei Consumatori di Toluna, digital market research agency che, attraverso la sua piattaforma di consumer insight ha svolto un’indagine a gennaio che ha coinvolto oltre 15mila rispondenti (di cui più di 1000 italiani) in 18 mercati, rivelando aspettative e preoccupazioni per l’anno da poco iniziato.

Migliora la life satisfaction, ma non la fiducia
Quasi la metà (47%) dei partecipanti al panel di Toluna in tutto il mondo dichiara di sentirsi “molto soddisfatta” per l’andamento della propria vita nelle due settimane precedenti all’indagine. Un dato di 6 punti percentuali più alto rispetto a gennaio 2022 a livello globale, ma che registra notevoli difformità geografiche: se da un lato i soddisfatti nelle Americhe raggiungono il 60%, in Europa la quota si ferma a 39%. Tra i più bassi al mondo il valore italiano, che si attesta al 36%. La fiducia dei consumatori, nonostante l’incremento della life satisfaction, rimane problematica. A causa del carovita, solo il 27% degli intervistati totali si definisce “molto fiducioso” sulla possibilità di poter spendere denaro nei prossimi mesi – una percentuale che cala ulteriormente in Europa (16%) e in Italia (11%).

Apprensione e pessimismo per la situazione italiana
È la sicurezza finanziaria ciò che preoccupa maggiormente i rispondenti di tutto il mondo, come confermano 4 persone su 10, nonché il 35% degli italiani. Proprio questi ultimi si dimostrano particolarmente pessimisti: solo il 17% crede assisterà a un miglioramento della sua situazione economica nei prossimi tre mesi, il 23% entro la fine dell’anno (35% e 44% le corrispondenti medie globali). Impensierisce nello specifico la situazione occupazionale: il 40% dei nostri connazionali teme per il proprio impiego, ha un’occupazione ridotta o è rimasto disoccupato durante la pandemia, con 5 punti percentuali in più rispetto al dato globale. A chi rivolgersi nel momento del bisogno? Il 47% dei partecipanti al panel, sia in Italia che nel mondo, si affiderebbe innanzitutto alla propria famiglia per un supporto finanziario; il 20% degli italiani ricorrerebbe a una banca o a un istituto di credito, il 15% all’aiuto di un amico e il 12% confiderebbe nel sostegno del sistema previdenziale.

Colpiti anche benessere e salute
Le ripercussioni dell’aumento del costo della vita hanno coinvolto non soltanto i conti correnti dei consumatori, ma anche salute e benessere. Nel nostro Paese, il 37% dei partecipanti al sondaggio riconosce un incremento nel livello di stress e il 44% concorda nel sostenere che l’attuale situazione economica ha un concreto impatto sullo stato di salute. Il 15%, inoltre, dichiara di mangiare in modo meno sano, il 18% di aver ridotto l’esercizio fisico e il 12% di aver messo la salute in secondo piano. Davanti a queste sfide, è difficile per gli italiani restare positivi: solamente il 17%, infatti, si aspetta di essere più soddisfatto della propria salute e benessere personale entro la fine del 2023, contro invece il 35% dei partecipanti globali.

La soluzione? Acquisti oculati e tagli al tempo libero
Prevedibilmente, l’aumento del costo della vita e dell’energia condizionano le spese, come confermano 7 panelisti su 10 sia a livello globale che nazionale. Allo stesso modo, 6 su 10 dichiarano di voler rimandare i grandi acquisti fino ad una nuova stabilizzazione finanziaria. Quali saranno, dunque, le spese maggiormente impattate nel prossimo futuro? Nei tre mesi successivi al sondaggio, i rispondenti italiani sono intenzionati a tagliare sulle attività ricreative come mangiare fuori casa (33%), acquistare prodotti di marca (25%), frequentare bar e pub (21%) e scommettere (19%). Gli intervistati mostrano una diffusa propensione a un approccio più accorto e orientato al valore, che si traduce nell’intenzione di ridurre gli acquisti superflui (come sostenuto dal 55% degli italiani), confrontare i prezzi (41%) e visitare più negozi alla ricerca di occasioni (46%). Dati che confermano ancora una volta l’importanza per i brand di comunicare in modo efficace se stessi, al di là del mero prodotto o servizio, per conquistare i consumatori.

“Sebbene la soddisfazione per la vita sia in aumento, i dati mostrano che l’Italia rimane tra i Paesi con i livelli di soddisfazione più bassi al mondo. Un’importante parte dei nostri connazionali, inoltre, sta affrontando l’insicurezza finanziaria e occupazionale, il che è probabilmente causa dei livelli di stress riportati – commenta Marco Barilli, Sales Director Italy and Greece di Toluna.

È evidente che gli italiani stanno adottando misure per gestire le proprie finanze, ma è importante considerare l’impatto di tali misure sulla loro salute mentale e benessere complessivo”.

 

Per il 57% delle famiglie italiane è necessario evitare gli sprechi e comprare solo l’essenziale

Quest’anno più di un italiano su tre (36%) è preoccupato per la propria situazione economica. L’81% delle famiglie ritiene che l’aumento del costo della vita sia la causa principale delle proprie difficoltà finanziarie, mentre il 43% dichiara di essere stato colpito soprattutto dal rallentamento generale dell’economia. A rivelarlo, l’ultimo rapporto di NielsenIQ dedicato alle prospettive dei consumatori dal titolo “Consumer Outlook 2023”, che fotografa la percezione e le intenzioni di spesa degli italiani per l’anno in corso.

I dati di NielsenIQ evidenziano come il 70% degli intervistati abbia già la sensazione di vivere in un periodo di recessione ed il 57% di loro si aspetta che la crisi economica possa continuare per almeno un anno o più. Pur essendo un aspetto importante per i consumatori, l’analisi evidenzia che la sicurezza finanziaria e lavorativa (27%) si colloca al secondo posto rispetto alla salute mentale, che si classifica prima tra le componenti di maggior valore nella vita degli italiani (31%). Segue in terza posizione il benessere fisico (25%), il tentativo di risparmiare per il futuro (24%) e chiude al quinto posto l’equilibrio tra vita privata e lavoro (23%), a sottolineare che 3 delle Top5 priorità per le persone riguardano la salute fisica e mentale.

Secondo quanto emerge dal report, in meno di un anno sono più che raddoppiate le famiglie in difficoltà che raggiungono quota 23% (contro il 10% di inizio 2022). Inoltre, l’indagine di NielsenIQ sottolinea che è aumentato di 7 punti il numero di persone considerate “caute” (59%), cioè coloro che, pur non essendo state colpite a livello finanziario dai recenti eventi economici, rimangono in ogni caso prudenti nelle proprie spese. Gli italiani inoltre prevedono di spendere meno per la maggior parte delle spese discrezionali come per esempio la ristorazione fuori casa (54%), l’abbigliamento (49%) e l’intrattenimento fuori casa (48%) che si attestano come le aree principali in cui i consumatori intendono ridurre il proprio budget. Meno consistenti invece i tagli alla spesa alimentare, voce che si colloca solamente all’8° posto (31%) della classifica di NielsenIQ.

Infine, gli intervistati stimano che l’impatto maggiore della crisi attuale si avrà dal punto di vista ambientale. Considerando infatti la classifica dei rischi globali riportata dal World Economic Forum, 5 su 10 nel breve periodo (2 anni) sono legati a tematiche green (clima, ambiente, natura). I consumatori italiani riflettono la preoccupazione globale, poiché dimostrano di avere una maggiore consapevolezza rispetto al tema della sostenibilità: per esempio, il 57% di loro è disposto ad acquistare solo beni essenziali e il 29% ha dichiarato che eviterà gli sprechi alimentari.

“In linea con quanto fin qui visto, è evidente che il consumatore medio Italiano si sente sotto pressione dal punto di vista finanziario rispetto ad un anno fa. Non è un caso che il segmento dei “cauti” in Italia rappresenti oltre la metà della popolazione. Si tratta di un forte segnale del clima di incertezza dell’attuale contesto locale e globale” – afferma Luca De Nard, Amministratore Delegato di NielsenIQ Italia. “I consumatori sembrano intenzionati a tagliare maggiormente le voci di spesa più discrezionali, come i consumi fuori casa, l’abbigliamento, i viaggi e le vacanze. Viene quindi spontaneo chiedersi cosa indirizzerà le spese del consumatore italiano per l’anno che verrà. La sicurezza finanziaria e lavorativa sarà sicuramente importante, ma meno del benessere mentale, che guadagna la medaglia d’oro tra le priorità del 2023. Vale la pena rimarcare però che spesso la salute psicofisica dipende dal benessere finanziario”.

Dolci di carnevale, i prezzi delle materie prime restano elevati

In questi giorni nelle case degli italiani si preparano i dolci tipici del carnevale, portati avanti di generazione in generazione in ogni regione. A dare informazioni sui prezzi all’ingrosso delle materie prime utilizzate per tali preparazioni sono le elaborazioni di BMTI sui dati rilevati dalle Camere di Commercio secondo cui, nonostante alcuni segnali di ribasso osservati durante le prime settimane dell’anno, i prezzi rimangono su livelli elevati. In particolare i prezzi all’ingrosso della farina, nonostante il calo osservato nella prima parte di febbraio (-3,4% rispetto a gennaio) dipeso dal ribasso delle quotazioni del grano tenero, rimangono più alti del +13,6% rispetto allo scorso anno e, soprattutto, del +36,9% rispetto alla media registrata nel quinquennio 2018-2022.

Anche per il latte spot, ossia il latte venduto in cisterna al di fuori dei contratti di fornitura tra allevatori e industria, sebbene da dicembre sia stato registrato un parziale rientro dei prezzi (a febbraio -4,8% rispetto a gennaio), legato alla ripresa produttiva in Europa e al contemporaneo calo delle quotazioni delle alternative estere, i prezzi attuali restano elevati (+13,9% su base annua). Una crescita che risente ancora degli aumenti che nel 2022 erano stati causati dall’incremento dei costi di produzione (mangimi e energia) e dalla frenata produttiva a livello continentale.

Maggiore stabilità per il burro (-24% rispetto al 2022), i cui prezzi all’ingrosso hanno registrato un vero e proprio crollo a partire da novembre 2022, dopo i valori record raggiunti nel corso dello scorso anno.

Restano su livelli storicamente elevati i prezzi delle uova, supportati dall’offerta limitata e dall’aumento della domanda proveniente sia dal mercato interno che dall’estero. I prezzi delle uova (di taglia L) da allevamenti a terra, formulati dalla Commissione Unica Nazionale (CUN), sono saliti fino a raggiungere questa settimana i 2,45 €/kg, mettendo a segno un rialzo rispetto allo scorso anno del +51,2%.

Aumento costo della vita, calano gli acquisti di beni non essenziali

A seguito del costante aumento del costo della vita, i consumatori hanno adeguato in modo drastico il proprio comportamento di spesa, con la maggior parte (53%) dei consumatori globali che “rimanda” gli acquisti di beni non essenziali. Secondo il sondaggio 2023 di PwC Global Consumer Insights Pulse Survey, che ha coinvolto 9.180 consumatori in 25 Paesi, il 15% dei consumatori ha smesso completamente di acquistare beni non essenziali. Dal sondaggio è inoltre emerso che nei prossimi sei mesi la maggior parte dei consumatori prevede di ridurre la propria spesa in tutte le categorie oggetto della ricerca, una riduzione significativa prevista in tutte le categorie rispetto al precedente sondaggio di giugno 2022. Settori quali i prodotti di lusso e di fascia alta, i viaggi e la moda saranno i più colpiti nei prossimi sei mesi dalla riduzione di spesa dei consumatori, mentre i generi alimentari dovrebbero essere i meno colpiti.

Il costo della vita pesa sulla fiducia dei consumatori
I consumatori stanno modificando le abitudini d’acquisto online e in negozio a seguito dell’aumento del costo della vita, mentre le carenze di materie prime si ripercuotono sulla disponibilità dei prodotti e sui tempi di consegna. Circa la metà (49%) sostiene quindi di acquistare determinati prodotti quando sono in offerta, il 46% di cercare rivenditori che offrono un valore maggiore, il 40% di utilizzare siti di confronto dei prezzi per trovare alternative più economiche, il 34% di acquistare in stock per risparmiare e il 32% di acquistare prodotti a “marchio del rivenditore” per risparmiare. A livello demografico, la Generazione X è la “più preoccupata” (47%) e ha rimandato l’acquisto di beni non essenziali, i baby boomer sono “preoccupati in una certa misura” (33%) e hanno anche loro rimandato l’acquisto di beni non essenziali, mentre i millennials sono in cima alla lista e sono “preoccupati” ma senza modificare il proprio comportamento.

La carenza di materie prime sta cambiando il comportamento dei consumatori rispetto agli acquisti online e in negozio
Mentre più della metà dei consumatori (56%) afferma che l’aumento dei prezzi è il fattore condizionante quando fa acquisiti in negozio, una notevole percentuale è rappresentata anche dai problemi legati alla carenza di materie prime con lunghe code e negozi affollati (30%), oltre alla disponibilità dei prodotti (26%) che influenza il comportamento dei consumatori. Le carenze di materie prime per gli acquisti in negozio sembrano interessare maggiormente i consumatori in Australia (36%), Stati Uniti (35%) e India (34%), mentre per chi acquista online, le preoccupazioni principali riguardano gli aumenti dei prezzi (48%), la disponibilità dei prodotti (24%) e i tempi di attesa più lunghi del previsto (24%).

Il settore dei prodotti di lusso/fascia alta sarà quello maggiormente interessato dal calo degli acquisti da parte dei consumatori
I consumatori prevedono di ridurre nei prossimi sei mesi gli acquisiti in tutte le categorie al dettaglio oggetto del sondaggio: la maggiore riduzione di spesa è prevista per i prodotti di lusso/fascia alta o i prodotti di design (53%), i viaggi (43%), le attività virtuali online (42%) e il settore della moda come abbigliamento e calzature (41%). Persiste comunque un desiderio di spesa futura, con il 40% che indica che cercherà di fare acquisiti per sé stesso o per altri, mentre il 39% li considera di qualità superiore. Il settore dei generi alimentari (24%) è quello che ha registrato la minore riduzione di spesa prevista.

Erika Andreetta, Partner PwC Italia, EMEA Fashion & Luxury Leader, spiega: “La crisi legata all’aumento del costo della vita sta avendo ripercussioni a livello materiale sul modo in cui i consumatori fanno acquisiti, tanto online quanto in negozio. A causa dell’aumento dei prezzi, i consumatori di tutto il mondo stanno rimandando gli acquisiti di beni non essenziali, mentre dedicano più tempo a cercare alternative più economiche. Nonostante tutti i settori interessati dalla ricerca registrino una riduzione prevista della spesa nei prossimi sei mesi, stiamo comunque notando che i consumatori continuano a scegliere prodotti realizzati in modo etico e sostenibile. Se desiderano prosperare in questo complesso ambiente macroeconomico e mantenere coinvolti i consumatori, i rivenditori devono sfruttare e diversificare i loro canali di distribuzione, offrire prezzi competitivi, investire in catene di fornitura più resilienti e compensare la crescente riluttanza dei consumatori a condividere dati online monitorando meglio la base clienti e i programmi di fidelizzazione”.

I prodotti sostenibili sono molto richiesti dai consumatori
Nonostante una prevista riduzione di spesa e un ambiente economico complesso, i consumatori sostengono di essere comunque disposti a pagare di più per l’acquisto di prodotti sostenibili. Incredibilmente, oltre tre quarti (78%) sono disposti a pagare di più per un prodotto realizzato/reperito localmente o prodotto con materiale riciclato, sostenibile o eco-compatibile (77%) o da un’azienda nota per le proprie pratiche etiche (75%).

Canali dei consumatori
A giugno 2022, apparentemente la frequenza di acquisti giornalieri/settimanali dei consumatori, che durante la pandemia aveva registrato una tendenza al rialzo, ha fatto un passo indietro tornando ai tempi pre-COVID. In questo sondaggio, la costante stabilità dimostra che nei prossimi sei mesi la maggior parte dei consumatori prevede solo un lieve cambiamento del canale di acquisto abituale nell’online, in negozio e con la formula “click and collect”. Gli acquisiti in negozio rimangono prettamente invariati, anno su anno, come mezzo di consumo più comune nel 2022 (43%), mentre l’utilizzo di cellulari/smartphone (34%), PC (23%) e tablet (15%) registra complessivamente una lieve riduzione. Dal sondaggio emerge la costante tendenza dei consumatori ad affermare che non acquisteranno mai prodotti tramite tablet (51%), assistenti vocali per abitazioni intelligenti (64%) e dispositivi indossabili (71%), dati complessivamente in aumento rispetto all’ultimo sondaggio PwC Global Consumer Insights Pulse Survey condotto a giugno 2022.

Metaverso: ancora nella fase iniziale di adozione, la classe dirigente riconosce l’importanza della gestione del rischio, della sicurezza informatica e delle considerazioni inerenti la governance
L’adozione del metaverso come canale di acquisto è ancora nella fase iniziale di adozione. Questo mezzo rimane comunque ancora sotto-utilizzato, con solo un quarto (26%) degli intervistati che ha dichiarato di aver utilizzato la piattaforma per l’intrattenimento, le esperienze virtuali o l’acquisto di prodotti nel 2022. La maggior parte di questi utenti ha utilizzato il metaverso principalmente per la realtà virtuale, ovvero per giocare ai giochi o guardare un film (10%), entrare a far parte di un mondo virtuale, visitare l’ambiente di un rivenditore o partecipare a un concerto (9%) o acquistare un prodotto digitale, ad esempio un non-fungible token o NFT (9%). Coloro che registrano maggiori probabilità di interagire con attività correlate al metaverso sono India (48%), Vietnam (43%) e Hong Kong (42%), oltre ai Millennials (36%).

Nel contempo, poiché lo shopping online continua a crescere a livello di volumi, i consumatori sono sempre più preoccupati in merito alla privacy dei dati. Quasi la metà (47%) afferma di essere estremamente o molto preoccupato quando interagisce con aziende di social media, siti web di viaggi di terze parti/portali (36%), aziende di assistenza sanitaria (34%) e di prodotti di consumo (32%). Paesi come l’India e le Filippine sono i più preoccupati in tali categorie. Di conseguenza, quasi la metà (49%) sostiene di non condividere i dati personali più di quanto sia necessario, il 32% sceglie di non voler ricevere comunicazioni da tali aziende e il 26% ha in generale ridotto le proprie interazioni con questi tipi di aziende.

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