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Le prime mele Melinda conservate nella montagna sugli scaffali a gennaio: unico il progetto delle celle ipogee

Utilizzano meno acqua ed energia, diminuiscono la CO2 immessa nell’atmosfera, non impattano sul paesaggio e preservano meglio la catena del freddo (carico e scarico avvengono in ambiente refrigerato), aumentando la shelf-life del prodotto fino al 50%: per questo i magazzini ipogei (ovvero scavati nella roccia, utilizzando in una miniera di Dolomia preesistente) creati da Melinda in Val di Non, che sono ora caricati della nuova raccolta di mele, sembrano essere la soluzione ideale per la frigo-conservazione in condizioni di atmosfera controllata.
Utilizzare celle sotterranee per la conservazione degli alimenti non è una novità, in Norvegia da anni ad esempio sono adibite alla conservazione del pesce a basse temperature. Per la prima volta al mondo (e per ora unica) però sono stati utilizzate per conservare della frutta, a temperature più alte.
«La roccia è un isolante termico, quindi non è più necessario usare idrocarburi e il risparmio energetico arriva al 53%. L’enorme massa termica della roccia rende possibile l’accumulo energetico – ha spiegato alla presentazione del progetto Maurizio Fauri, Professore presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica dell’Università degli Studi di Trento –; le celle necessitano di un terzo dei gruppi frigoriferi e sono più sicure perché non soggette ai black-out, che può capitare quando ci si affida a fonti rinnovabili: il freddo infatti si conserva per due settimane anche senza refrigerazione. Si può anche utilizzare l’energia elettrica solo nelle fasce che hanno un costo inferiore».

Oggi 10mila tonnellate, domani..
La prima fase dei lavori ha creato 12 celle uguali tra loro, in grado di contenere 900 tonnellate di prodotto, circa 5 milioni di mele. ovvero 10mila tonnellate, “un investimento da 8,8 milioni di euro, ma il progetti prevede successivi ampliamenti” ha detto Michele Odorizzi, Presidente Consorzio Melinda.

Lo scaricamento e il caricamento delle mele avviene in ambiente refrigerato all'interno della ex-miniera, ottimizzando la catena del freddo.
Lo scaricamento e il caricamento delle mele avviene in ambiente refrigerato, ottimizzando la catena del freddo.

La forza del progetto è la sostenibilità sia economica sia ambientale. «Il consumatore oggi ci richiede non solo qualità e genuinità, ma garanzie di orientamento dell’azienda in senso della sostenibilità. Le prime mele conservate nelle celle ipogee arriveranno a gennaio nei supermercati. È stato uno investimento enorme per le 4000 famiglie socie del consorzio, che quest’anno hanno prodotto un raccolto record di 420mila tonnellate di mele, per l’80% vendute sul mercato italiano. Da qui il claim rivolto al consumatore: “La natura protegge i nostri frutti e noi proteggiamo lei”» ha spiegato Andrea Fedrizzi, responsabile comunicazione Consorzio Melinda.
Siamo ora al primo vero raccolto (c’è stato un primo test l’anno scorso) che utilizza i magazzini ipogei ricavati dai vuoti di cava della ex miniera di Rio Maggiore a Predaia (TN), un’area di 80 ettari di roccia Dolomia, a 575 metri sopra il livello del mare, a 900 metri dall’ingresso della miniera e 275 metri sotto le radici degli alberi dei meli coltivati sui terreni in superficie.

Innovazione premiata
Melinda ha già ricevuto due premi per il suo progetto innovativo e sostenibile: il Good Energy Award di Bernoni Grand Thornton nell’ambito del 15° Italian Energy Summit, evento di riferimento per il mercato italiano dell’energia e il Sodalitas Social Award, che viene assegnato alle iniziative più efficaci nel generare una crescita sostenibile.

Il Consorzio Melinda cui aderiscono 16 cooperative di oltre 4.000 famiglie di frutticoltori che coltivano circa 6.500 ettari di meleti nella Val di Non e Val di Sole, in Trentino copre più del 50% delle mele Golden acquistate in Italia e il 20% della produzione media annua di mele con circa 420.000 tonnellate. In aumento anche la percentuale di produzione destinata al mercato estero, dal 12% del 2011 al 25% medio degli ultimi tre anni in oltre 48 Paesi.
Coltiva le varietà Golden Delicious (70% della produzione totale), Red Delicious (10%), Renetta Canada (9%), – le uniche in Italia a Denominazione di Origine Protetta – Gala (5%), Fuji (6%) ed Evelina. Completano la produzione 3.000 tonnellate/anno circa di mele ottenute dall’applicazione del disciplinare di produzione biologica.

Packaging e spreco alimentare: confezioni piccole e più informazioni per agevolare i consumatori

Illustrazione: Guido Scarabottolo dal 20° Rapporto Comieco

Qual è il rapporto tra i cittadini e l’utilizzo di imballaggi e qali relazioni intercorono tra imballaggi e spreco alimentare? È questo il focus dell’indagine condotta da Swg e Last Minute Market presentata nel corso di un incontro organizzato da Comieco dal titolo Consumatori in carta e cartone: uniti contro lo spreco.

Dalla ricerca di Swg (condotta su un campione di 1000 famiglie) emerge che le modalità di acquisto dei generi alimentari ha una diretta correlazione con il confezionamento. Poiché la maggior parte dei consumatori tende a fare la spesa con una frequenza elevata (il 37% 2-3 volte la settimana, il 15% ogni due giorni e il 17% ogni giorno), si cquistano per il 64% dei casi confezioni piccole per motivi diversi: perché si è soli o in due in famiglia, perché si vuole avere cibo sempre fresco o perché si spreca di meno. Il restante 36% che acquista confezioni più grandi lo fa essenzialmente per convenienza. Tuttavia il 63% butta via confezioni già aperte e parzialmente consumate e il 10% confezioni intere giunte a scadenza.

confezioni acquistate

Quanto all’utilizzo dell’imballaggio, la stragrande maggioranza lascia nell’imballaggio i prodotti acquistati (pasta fresca l’86%, latticini l’82%, 68% formaggi). Vengono invece “riconfezonati” o lasciati sfusi frutta e verdura.

I consumatori preferiscono poi contenitori di cartone e sacchetti di carta soprattutto per la loro riciclabilità (49 e 58% rispettivamente).

Le etichette e le informazioni

La quasi totalità degli italiani legge le etichette prima dell’acquisto, con una maggiore attenzione sulla provenienza (88% sempre+qualche volta), la data di scadenza (98%) e gli ingredienti compresi i conservanti (87%). Frutta, verdura e salumi presentano però informazioni meno leggibili.

Confezioni e spreco

Da questo particolare angolo visuale si registra la consapevolezza che vi è stato un cambiamento negli ultimi anni. Infatti il 32% degli italiani prima di andare a fare la spesa controlla nel frigorifero o nella dispensa le date di scadenza dei prodotti. Il 28% lo fa quando li ripone in frigo o dispensa dopo l’acquisto e il 40% quando li utilizza per cucinare.

Quando poi il cibo è scaduto o è andato a male, il 51% adotta un comportamnto responsabile e butta il cibo nell’umido e il pack nella differenziata, ma ben un quarto degli italiani (il 27%) gtta tutto nell’indifferenziata. Il 13% butta il cibo nell’indifferenziata e l’imballaggio nella differenziata e il 9% il cibo nell’umido e l’imballaggio nell’indifferenziata.

Vi è comunque una generale consapevolezza sul ruolo dell’imballaggio, visto che il 67% ritiene che le prestazioni degli imballi sono cambiate negli ultimi dieci anni e il 68% è al corrente che molte soluzioni di imballaggio sono studiate per preservare i cibi. Anzi il 51% vorrebbe che tali funzioni fossero sempre comunicate sulla confezione.

Proprio a questo riguardo Emilio Albertini di Gifasp (l’associazione dei fabbricanti di astucci e scatole in cartoncino e cartone) sottolinea che da tempo esistono imballaggi attivi, che rilasciano sostanze antimuffa per aumentare la durata dei prodotti confezionati, e imballaggi intelligenti, con inchiostri che cambiano colore in presenza di cattiva conservazione o scadenza. Ma, è emerso dalla discussione, che il fattore critico è nel costo di tali imballaggi che non li fanno preferire dalla Gdo. Anche il tema dell’allungamento della shelf life, è stato evidenziato, non ha alcun riflesso con le pratiche antispreco. Anzi, è molto più collegato con le necessità logistiche della distribuzione più che da motivazioni antispreco per i consumatori.

Dal canto suo Comico (nel 2014 sono stati raccolti 3,1 milioni di tonnellate di carta e cartone) sta operando con diverse modalità per favorire il dialogo tra gli attori della filiera del packaging e migliorare la comunicazione nei confronti del pubblico. Un esempio è costituito dal Clud Carta e Cartoni, progetto che conta più di 200 aziende iscritte, nato per promuovere le best practice e le ultime innovazioni in fatto di packaging sostenibile nei confronti di quelle realtà che utilizzano imballaggi in carta e cartone per confezionare e movimentare i loro prodotti.

I detenuti di Opera recitano per Telethon, Simply sponsorizza

Mercoledì 14 ottobre dalle 19.30 all’interno del Carcere di Opera, eccezionalmente aperto al pubblico, si terrà il Concert-Show per la pace nel mondo “L’amore vincerà”, lo spettacolo interpretato dai detenuti del circuito di alta sicurezza della Casa di Reclusione di Opera.

Banner-Evento-Telethon-Opera Con la collaborazione Rotary Club Milano Parco Sud e Laboratorio di Musical del Carcere e il coinvolgimento di Simply, l’insegna dei supermercati del Gruppo Auchan, è stata organizzata una serata dedicata a Telethon, che riceverà la somma ricavata dalla vendita dei biglietti d’ingresso. I carcerati, che in veste di attori e cantanti daranno vita a questo originalissimo musical, rinunceranno al ricavato per donarlo alla ricerca scientifica contro le malattie genetiche rare di Telethon. Una troupe RAI riprenderà la serata per trasmettere una sintesi dello spettacolo nel corso della tradizionale maratona televisiva di dicembre dedicata alla raccolta fondi a favore di Telethon.
La Casa di Reclusione di Opera è il più grande carcere italiano di massima sicurezza per numero di detenuti: 1.400 persone, di cui 1.300 con condanne definitive. Da otto anni, all’interno è stato avviato dalla cantautrice e regista Isabella Biffi (in arte “Isabeau”) in collaborazione con EDV Associazione Culturale e Ex.it Consorzio di Cooperative Sociali, un Laboratorio artistico del Musical. Il fine è il recupero e reinserimento lavorativo dei detenuti.
L’Amministrazione Penitenziaria crede fermamente nell’importanza, nel valore e nell’utilità di questo grande progetto sociale, conscia delle molteplici finalità e ricadute positive che si sprigionano dalla rivoluzione umana di detenuti ergastolani. Il profilo rieducativo è stato completamente riconosciuto dall’Area Pedagogica dell’Istituto, ma anche il profilo artistico ha raggiunto livelli sorprendenti.
All’interno della Casa di Reclusione di Opera è stato costruito un teatro da 400 posti. Gli spettacoli messi in scena dai detenuti hanno attirato quest’anno oltre 2.000 spettatori. Nel 2011 i detenuti ergastolani del Carcere di Opera sono stati autorizzati in via straordinaria a recitare presso il prestigioso Teatro degli Arcimboldi di Milano. Lo spettacolo ha richiesto un imponente spiegamento di forze di sicurezza, ripagato dal tutto esaurito del Teatro con oltre 1800 spettatori.
Per vedere lo spettacolo è necessario riservare il posto accedendo a questo link . Il biglietto si paga direttamente all’ingresso prima dello spettacolo.

Made in Italy e agromafie: le filiere sono “pulite”? Caselli presenta la nuova legge

Un momento del convegno organizzato da Cir Food a Expo: da sinistra Luca Ponzi, moderatore, Andrea di Stefano (Novamont), Silvio Barbero (Slow Food), Gian Carlo Caselli e Alessandro Leo (Libera Terra).

L’agroalimentare è un settore che si presta ancor più di altri alle infiltrazioni mafiose, fatto di piccole aziende “aggredibili” da quella “mafia liquida” che penetra ovunque ci sia la possibilità di fare o riciclare denaro: 15,4 miliardi di euro è la stima dei guadagni dalle agromafie nel 2014 (secondo il terzo rapporto Agromafie Coldiretti / Eurispes).
«Quando entra in un settore la mafia tende a impadronirsene e a svuotarlo – spiega l’ex pocuratore Gian Carlo Caselli – cancellando i diritti sindacali e ricorrendo anche alla forza per risolvere problematiche che gli altri imprenditori devono affrontare rispettando le regole. L’agroalimentare è un settore florido, che non subisce più di tanto la crisi, l’appeal del Made in Italy nel mondo è innegabile. Dunque presenta alla mafia grandi possibilità di guadagno, in tutta la filiera, dalla coltivazione alla distribuzione e ristorazione, passando per il trasporto».
Insomma, “il piatto è ricco”. E il rischio di avere conseguenze, in caso di frodi e contraffazioni, oggi è basso.

Contraffazione bio e mancato ritiro della merce nuovi reati

Gian Carlo Caselli e a sin. Silvio Barbero.
Gian Carlo Caselli e a sin. Silvio Barbero.

Servono nuove leggi più incisive: il 14 ottobre la Commissione ministeriale presieduta da Gian Carlo Caselli presenterà al ministro della Giustizia Andrea Orlando il testo definitivo della riforma dei reati agroalimentari. Volto ad aggiornare una legge “obsoleta e financo criminosa nella sua incapacità a rendere poco conveniente la contraffazione” ha detto lo stesso Caselli al convegno “Filiera della legalità nel settore alimentare” organizzato dalla cooperativa di ristorazione Cir Food a Expo. Il testo prevede nuovi reati come il disastro sanitario (avvelenamento, contaminazione o corruzione di acque o sostanze alimentari), l’omesso ritiro dal mercato di sostanze alimentari pericolose nel ciclo produttivo e distributivo, il reato di agropirateria ovvero il crimine agroalimentare perpetrato da organizzazione criminale non ascrivibile ad associazione mafiosa (che non rientra dunque nel 416bis), la simulazione di metodi di agricoltura biologica e la falsa indicazione geografica di un prodotto. Sono poi previsti modelli organizzativi aziendali che individuino responsabilità amministrativa anche alle persone giuridiche come strumento di prevenzione dei reati alimentari.

«Il fulcro della nuova normativa è la tutela dei prodotti alimentari imperniata sulla figura del consumatore finale – ha spiegato Caselli -. La frode è considerata lesiva soprattutto dei suoi interessi, tendendo anche conto del maggior valore che ha progressivamente assunto l’identità del cibo nella cultura dei territori, delle comunità locali e dei piccoli produttori. È una legge pragmatica, con sanzioni pesanti, tra cui la sospensione ed espulsione dal mercato, che valorizza il ravvedimento operoso. E c’è la prospettiva di un’etichetta “narrante”, comprensibile e trasparente, che faccia capire chiaramente cosa c’è dentro cibi e bevande».
«Una buona legge insomma ricordando – ammonisce Caselli – che anche la legge migliore se non è applicata, se il processo non funziona rimane sulla carta. Non servono solo nuove norme ma controlli e la diffusione di una cultura della legalità».

Slow Food: la distribuzione deve assicurare la pulizia della filiera
«Dobbiamo cambiare il paradigma del nostro rapporto con il cibo cambiando la scala di valori: non è più sufficiente che il cibo sia “buono” nel senso della sicurezza alimentare, ma deve anche essere “legale” per poter essere messo sul mercato. Deve includere valori quali i diritti dei lavoratori, deve essere il frutto di un corretto rapporto con il territorio che lo produce, di un’economia democratica, di piccola e media scala, e di una filiera trasparente» ha detto Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università delle scienze Gastronomiche di Pollenzo e tra i fondatori di Slow Food.
«Al mondo della distribuzione chiediamo che assuma alcuni elementi di codice per cui certi prodotti siano esclusi dalle politiche di acquisto, garantendo al consumatore la pulizia della filiera. Non è difficile, in questo Paese le cose si sanno. Ma è necessario fare formazione sulle tematiche della legalità agli addetti agli acquisti. I consumatori devono essere messi in condizione di poter scegliere in modo chiaro: oggi non lo sono».

Chiara Nasi, presidente Cir Food.
Chiara Nasi, presidente Cir Food.

“Pessimista” si è dichiarata Chiara Nasi, presidente di Cir. «La politica del contenimento dei prezzi per forza di cose apre le porte a player che non sono legali, praticano il lavoro in nero, non rispettano i capitolati. È vero, le aziende che praticano l’illegalità devono uscire dal mercato, ma spesso anche quando ciò avviene rientrano con un altro nome. Oggi, anche grazie alle nuove tecnologie, alle app che leggono le etichette ad esempio, si potrebbe fare moltissimo. Non è però solo questione di buone norme, il problema è applicarle e diffondere una rivoluzione culturale che vedo ancora molto lontana. Ma è una battaglia che dobbiamo vincere».

Caporalato si deve fare di più
La piaga del caporalato balzata alle cronache questa estate non è considerata nel disegno di legge «ma – ha annunciato l’ex procuratore – chiederemo al ministro l’istituzione di una Commissione apposita. È una piaga di cui sappiamo tutto, eppure si sta espandendo nelle aree più ricche, come dimostrano i recenti casi in Piemonte. Si tende ad appocciare secondo logiche emergenziali, se c’è un morto o nella stagione della raccolta, per poi dimenticarsene il resto dell’anno: andrebbe invece affrontata in una logica strutturale, come un’economia perversa che ha legami con la mafia».
«Si è scoperto che un fenomeno che sembrava toccare solo stranieri e migranti riguarda, complice la crisi, anche cittadini italiani, soprattutto donne – dice Alessandro Leo, presidente del Consorzio Libera Terra Mediterraneo – . Noi ci opponiamo a questo modello dimostrando che sui terreni confiscati alla mafia si può praticare un’economia diversa, che crea lavoro e valore tramite il biologico e le eccellenze agroalimentari. Ricordando che chi è schiavo non controlla il proprio lavoro, e utilizzerà e sarà vittima dell’uso di diserbanti e pesticidi ad esempio».

Il prezzo della legalità
Tutto ciò si scontra spesso con un consumatore abituato a scegliere i prodotti alimentari guardando al prezzo più basso. «La sintesi del nostro lavoro sono i prodotti venduti sugli scaffali dei supermercati – dice ancora Leo -. Coop ma ora anche Auchan e Carrefour,  segno che stiamo riuscendo ad avere prezzi sostenibili con il mercato anche non cooperativo -. Dimostrano che l’acquisto di un prodotto è una presa di posizione, un atto politico che però presuppone una conoscenza da parte del consumatore. Il rispetto dei diritti dei lavoratori per noi è scontato ma non lo è per tutti, e nemmeno la paga minima ai braccianti agricoli. Siamo un’impresa pulita che crea opportunità di lavoro, tutelando il territorio e il reddito dei contadini che lo custodiscono, anche attraverso l’agricoltura biologica, creando lavoro e rapporti».
«I cittadini devono capire che il prezzo non è tutto, specie per quanto riguarda i prodotti alimentari: ogni anno ne buttiamo via 13 miliardi di euro. Bisogna diffondere e far vincere la cultura di consumare meno ma consumare meglio su quella del prezzo più basso» ha commentato Andrea Di Stefano di Novamont, azienda attiva nel settore delle plastiche biodegradabili.
«I consumatori devono sapere che, se spendono un po’ di più per un prodotto, lo fanno per un Paese più pulito» conclude Barbero.

Gruppo Finiper: Donor Card alla cassa per Salvare l’Italia con FAI

Quando gli occhi sono puntati sui prodotti del territorio e regionali, ovvero il nostro patrimonio agroalimentare, non si può ignorare il giacimento artistico-culturale immenso presente in ogni angolo d’Italia: per questo anche quest’anno il Gruppo Finiper sostiene la campagna nazionale di raccolta fondi “Ricordiamoci di salvare l’Italia” promossa dal FAI Fondo Ambiente Italiano. E lo fa direttamente in cassa, proponendo ai clienti fino al 31 ottobre, in tutti gli ipermercati Iper, La grande i, e i supermercati U! e U2 del gruppo, una Donor Card del valore di 2 euro, che permetterà di sostenere e tutelare l’ingente patrimonio di natura, arte e paesaggio italiano. La carta inoltre darà diritto a un ingresso gratuito in un Bene FAI, la fondazione nazionale senza scopo di lucro nata nel 1975 con l’obiettivo appunto di salvaguardare il patrimonio d’arte e natura italiano. L’elenco dei luoghi visitabili è consultabile sul sito www.fondoambiente.it.

In tutti i punti vendita coinvolti verranno esposte locandine informative e distribuiti leaflet per promuovere la campagna di raccolta fondi e far conoscere le attività del FAI. Il personale sarà a disposizione per incentivare la raccolta e ricordare come ogni piccolo contributo può salvare un bene immenso a disposizione di tutti. Buoni i risultati ottenuti negli anni scorsi dalla campagna: solo nel 2014, il Gruppo Finiper ha raccolto oltre 90.000 euro.
50X70_IPER«Anche per il 2015 la nostra azienda rinnova il suo impegno a sostegno del FAI – dichiara Antonella Emilio, Direttore Comunicazione e Relazioni esterne di Iper, La grande i -. Un appuntamento che condividiamo con i nostri clienti così come tutte le altre attività e i progetti valoriali che Iper promuove nell’ambito delle politiche di responsabilità sociale come la lotta allo spreco e l’attenzione all’ambiente e alla sicurezza alimentare: solo alcune delle sfide collettive cui l’umanità è chiamata a rispondere nel prossimo futuro e il nostro Gruppo intende portare il proprio contributo, sia attraverso un’offerta mirata di prodotti sia con pratiche di gestione attente all’ambiente e alla persona».
«La partnership con il FAI ci permette, con il fondamentale aiuto dei nostri clienti, di salvaguardare e valorizzare uno dei maggiori patrimoni collettivi che l’Italia possiede: una preziosa e unica eredità fatta di natura, arte e paesaggio – spiega il direttore marketing di Unes Paolo Paronzini -. Questo tema si coniuga alla Responsabilità Sociale Unes che si impegna quotidianamente a rispettare l’ambiente grazie alla riduzione degli sprechi limitando il conseguente impatto sull’ambiente, tramite innovazioni strutturali come le ante a chiusura dei banchi refrigerati e progetti quali “È stupido sprecare, è bello scoprirlo”, che si concluderà il 18 ottobre 2015, il cui scopo è rendere noto che non sprecare non solo è utile ma può essere anche bello, facile e divertente».

Torna il panettone Fraccaro Tre Presidi, Slow Food, solidale e con l’etichetta narrante

È gourmet e sostenibile, come vogliono i dictat food del nuovo milllennio, con un’etichetta che ne narra la storia il panettone dell’azienda artigianale veneta Fraccaro Spumadoro “Tre Presìdi – Eccellente e Solidale” realizzato per il secondo anno in collaborazione con la Fondazione Slow Food, che sosterrà progetti solidali per la Biodiversità. Il panettone tra l’altro promette di essere il dolce dell’anno, complice le tante iniziative che lo hanno riguardato in concomitanza con Expo coinvolgendo anche chef stellati e pop-up dedicati.

Il “Panettone Tre Presìdi”, prodotto in edizione limitata, senza conservanti e aromi, ha tra gli ingredienti i datteri dell’oasi di Siwa (Egitto), la vaniglia di Mananara (Madagascar) e i canditi provenienti dagli agrumi del Gargano (Puglia), tutti Presìdi Slow Food, che assieme all’antico lievito madre che ha oltre 80 anni e alla farina tipo 0 prodotta da un mulino di Vicenza, al miele italiano e alle uova fresche, rendono questo panettone un dolce della tradizione natalizia “Eccellente e Solidale”. «Con la partecipazione anche quest’anno ai progetti della Fondazione Slow Food per noi è la conferma di un nuovo percorso – afferma Luca Fraccaro – non vincolato ai soli concetti di redditività, ma che sostiene una causa valida come la salvaguardia della biodiversità».

Proposto nelle eleganti scatole di latta in acciaio riciclato realizzate da Ricrea (Consorzio Nazionale Riciclo e Recupero dell’Acciaio), il panettone ha ricevuto, durante la scorsa edizione del Salone del Gusto, la prestigiosa Menzione Speciale del Premio Slow Pack per la Sostenibilità Sociale.

Questo panettone presenta anche “l’etichetta narrante”, dove si racconta descrivendo chi lo produce e tutta la filiera. Un cammino verso la completa trasparenza dell’etichetta, che spiega in modo dettagliato l’origine, la storia e la tecnica di trasformazione, consentendo così al consumatore di capire meglio come la produzione avvenga nel rispetto dell’ambiente.

Conad per il riutilizzo dei sacchetti della spesa, anche quelli biodegradabili

 

spesa ConadConad – fa sapere una nota diffusa oggi – ha distribuito sinora 250 milioni di sacchetti per la spesa in Mater-Bi, pari a 4.300 tonnellate di plastica biodegradabile. In una ricerca condotta tra i propri clienti, è emerso che 8 su 10 si dichiarano non disposti a tornare all’utilizzo dei vecchi sacchetti in plastica tradizionale e 1 su 3 li riutilizza abitualmente in occasione di una nuova spesa. I dati sono stati presentati nel convegno “Consumatori consapevoli ed eco-friendly: dai sacchetti di plastica alle borse riutilizzabili” in svolgimento oggi a Roma, a Palazzo Santa Chiara.

Più di 7.300 comuni hanno da tempo avviato la raccolta differenziata – la produzione di imballaggi ha raggiunto lo scorso anno i 2,1 milioni di tonnellate, in crescita dell’1,9 per cento rispetto all’anno precedente –, raccolta che coinvolge 57 milioni di abitanti, il 96 per cento della popolazione. La raccolta differenziata ha prodotto benefici all’ambiente: evitata l’emissione in atmosfera di 388 mila tonnellate di CO2, risparmiati 8 mila GWh di energia, ridotto di 27 milioni di m3 il conferimento in discarica (fonte: Corepla 2014). Di imballaggi in plastica ne sono state raccolte 846 mila tonnellate, l’8 per cento in più rispetto al 2013 (13,9 kg a testa).

Conad sta spingendo sull’uso di borse in plastica riciclata e in cotone e per il loro ri-uso, oltre che di sacchetti in carta e scatole ripiegate in cartone certificati Fsc, il sistema di certificazione internazionale specifico per i prodotti derivati dal legno delle foreste.

«Trattiamo questi prodotti, componente del nostro forte legame con il territorio, come veri e propri prodotti a marchio, destinati a ricevere tutte le attenzioni e i controlli che riserviamo agli alimentari e al non food che portano la nostra firma», annota il direttore marketing canali distributivi Conad Alberto Moretti. «Nel 2014 abbiamo emesso 516 milioni di scontrini e distribuito 250 milioni di sacchetti monouso biodegradabili. Oltre il 50 per cento dei nostri clienti si serve di una delle nostre borse riutilizzabili o sta riutilizzando un sacchetto biodegradabile. Visto che in media un cliente fa la spesa nei punti di vendita Conad 68 volte all’anno, se si servisse sempre di una borsa riutilizzabile, potrebbe risparmiare all’ambiente 1,2 kg di plastica, per quanto biodegradabile, visto che ogni sacchetto pesa 17 grammi. Vae a dire 4.250 tonnellate di plastica, con un risparmio di circa 10 mila tonnellate di CO2».

Gdo contro lo spreco/2. Pam lancia “Reimpiatta il piatto”, concorso zero waste

Incrocia la passione per la cucina “creativa” con la sensibilizzazione alla gestione degli avanzi alimentari e alla lotta allo spreco il nuovo concorso web lanciato da Pam Panorama, “Reimpiatta il piatto”.

Dal 5 ottobre sino al 4 novembre sul portale reimpiattailpiatto.pampanorama.it, si potrà caricare l’immagine e il nome di un piatto, la cosiddetta “ricetta originaria”, e l’immagine e il procedimento della “ricetta di recupero”, ovvero la ricetta ottenuta utilizzando come ingrediente principale gli avanzi della ricetta originaria. I piatti saranno valutati da una giuria di esperti e dal giudizio popolare mediante votazione sul sito, e le migliori cinque ricette potranno accedere al montepremi finale di 5.000 euro in buoni spesa. Il concorso è aperto a tutti i possessori di Carta Per Te Pam Panorama previa iscrizione al sito pampanorama.it.

Sembra proprio che le insegne italiane si stiano sensibilizzando verso i temi della responsabilità sociale d’impresa e ambientale, puntando a coinvolgere un consumatore che in certi casi era arrivato prima di loro, e intercettandolo sulla strada del web e dei farmers’ market.

L’economia circolare di Caviro: la sostenibilità che crea valore

Nel 2016 festeggerà 50 anni di vita, Caviro, la prima azienda vitivinicola italiana che ha colto l’occasione di questi ultimi scampoli di Expo per raccontare – e ce n’è bisogno, perché poco conosciuta – la sua interpretazione di sostenibilità, lontana dal green washing o da convenineze di marketing, ma ben radicata nel suo dna di cooperativa.

Caviro, al grande pubblico, non dice molto. Ben più noto è il suo prodotto di punta, quel Tavernello confezionato in brik che guarda al vino con un approccio poetico snobba, ma che ogni 7 secondi passa dalle casse dei supermercati italiani, acquistato in 90 milioni di litri da 4 milioni di famiglie ed è la prima marca di vino italiano nel mondo.

Ma Caviro non è solo Tavernello, comprende un arcipelago di marchi per i diversi canali e per i differenti target di consumatori che contemplano veri must, come il Chianti Leonardo (leader di categoria negli Stati Uniti con l’etichetta Da Vinci) o la cantina Cesari con il suo Amarone pluripremiato.

Soprattutto, ancora meno noto, è l’insieme di attività che costituiscono l’economia circolare di questa azienda, capace di trasformare lo scarto in risorsa.

Negli ultimi sei anni Caviro ha investito 100 milioni di euro che – afferma il direttore generale Sergio Dagnino – «ci hanno permesso di ottenere un continuo miglioramento delle performance in termini di qualità e rispetto dell’ambiente. L’impegno in materia di ecosostenibilità però ci accompagna sin dalle origini, basti pensare che il nostro Gruppo recupera il 30% delle acque e risparmia 50.000 tonnellate sul packaging ed imballaggi grazie all’utilizzo di brik e vetro leggero». A titolo esemplificativo, un milione di litri di vino in un brik Tetra Pack da 75 centilitri (prodotto con cellulosa da foreste certificate Fsc) può risparmiare fino a 463 tonnellate di imballaggi.

L'impianto di distillazione
L’impianto di distillazione

Il gruppo, che oggi conta 535 dipendenti in 4 diversi stabilimenti produttivi e che ha registrato 314 milioni di euro di fatturato nel 2014, opera meccanismi virtuosi che coinvolgono almeno 4 ambiti diversi:  l’estrazione di polifenoli dai vinaccioli, enocianina e acido tartarico; l’autosufficienza energetica  e lo sfruttamento delle rinnovabili; il recupero delle acque e la creazione di compost, anche per le culture biologiche. Con un immediato riflesso nei numeri: il 99,9% dei rifiuti prodotti viene recuperato e l’energia autoprodotta è pari a 110.627.569 kWh, equivalente a 20.687 tonnellate di petrolio (Tep) risparmiate.

Il presidente di Caviro Carlo Belmonte
Il presidente di Caviro Carlo Belmonte

«Il modello di economia circolare di Caviro – sintetizza il presidente di Caviro Carlo Dalmonte – consente di recuperare gran parte degli scarti per produrre valore. Ciò permette di ammortizzare parte del costo, arrivando sul mercato con un prodotto di qualità e con prezzi in linea con le aspettative del consumatore».

E dal sottosegretario al ministero dell’Ambiente Barbara Degani è arrivata la conferma di un impegno a sostenere le imprese verso lo sviluppo di un’economia circolare. «Stiamo lavorando su due fronti – ha dichiarato Degani – da una parte sulla base di accordi volontari con le aziende che dimostrano come ci sia una nuova sensibilità su questo tema e dall’altra attraverso politiche di defiscalizzazione che agevolino le realtà che già applicano l’economia circolare».

Il 14 ottobre è il Fairtrade Day: gli agricoltori del mondo si incontrano a Expo

Il 14 ottobre rappresentanti del circuito Fairtrade da tutto il mondo saranno in Expo a Milano in occasione del Fairtrade Day, la giornata dedicata al ruolo dei piccoli produttori agricoli del commercio equosolidale per nutrire il pianeta. Saranno molte le iniziative organizzate da partner e sostenitori per valorizzare produzioni ottenute nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Tra queste, alle 17 al Future Food District un gruppo di persone unite dall’interesse per la spesa responsabile si incontrerà per un realizzare un cash mob, ovvero un flash mob in cui i partecipanti si impegnano a fare acquisti di prodotti che migliorano la vita delle persone e rispettano l’ambiente, a testimonianza di come ciascuno attraverso le sue scelte può fare la differenza. L’evento è realizzato in collaborazione con Next Nuova Economia per tutti, GVC e Banca Etica.

Durante l’incontro “Fairtrade energia positiva per le persone e il pianeta” sarà presentato un report di Fairtrade International sul ruolo che Fairtrade può svolgere in partnership con i governi nell’implementazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) nell’agenda post-2015, e ci sarà spazio per approfondire le tematiche riguardanti specifici prodotti come un focus sulla filiera della banana e sulle noci di anacardio del Brasile.

Nuovo standard Fairtrade sul clima

Per dare uno strumento ancora più incisivo ai contadini e ai produttori del Sud del mondo di fronte ai cambiamenti climatici l’associazione ha appena presentato il nuovo Standard Fairtrade sul clima, un protocollo elaborato dall’organizzazione internazionale di riferimento per la certificazione del commercio equo, Fairtrade International. Vi potranno aderire aziende, organizzazioni e privati interessati a ridurre il loro impatto ambientale e a compensare le proprie emissioni.

La diffusione dello Standard è l’ultimo passo prima del lancio dei Crediti di Carbonio Fairtrade a Parigi il prossimo dicembre in occasione della Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico – COP21. Il nuovo Standard Fairtrade si aggiunge alla certificazione della riduzione di emissioni di CO2. Grazie al nuovo Standard gli agricoltori Fairtrade e le comunità più vulnerabili dei Paesi in via di sviluppo avranno accesso al mercato dei crediti di carbonio attraverso progetti di efficienza energetica, energia rinnovabile e riforestazione. «Questo è il primo Standard che cerca di dare una risposta alle disuguaglianze nel mercato dei crediti di CO2. E per la prima volta si fa in modo che i produttori che vi partecipano abbiano un tornaconto equo – ha dichiarato Andreas Kratz, Direttore dell’unità Standard e Pricing in Fairtrade International -. Inoltre assicura un supporto reale ai produttori nel contrastare i cambiamenti climatici».

Attualmente sono al vaglio alcuni progetti che possono ottenere la certificazione. I primi Crediti di Carbonio Fairtrade saranno disponibili dall’inizio del 2016

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