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Conserve Italia certifica la propria water footprint

Conserve Italia riduce anche il consumo di acqua, divenendo, così,  la prima azienda alimentare italiana ad aver conseguito la certificazione della propria impronta idrica (water footprint) secondo lo standard internazionale ISO14046, introdotto per la prima volta nell’agosto 2014.
La Water Footprint è stata calcolata su tre prodotti di punta del marchio Valfrutta (polpa di pomodoro, borlotto, nettare di pera), dei quali sono stati quantificati i potenziali impatti ambientali relativi all’acqua. Dopo aver identificato le fasi più significative dal punto di vista idrico lungo tutto il ciclo di vita produttivo, ora Conserve Italia sta avviando specifiche procedure interne finalizzate a ridurre l’impronta idrica.
“Anche l’agricoltura è chiamata a fare la sua parte per ridurre i consumi di acqua, che è un bene di tutti ed una risorsa da tutelare in quanto limitata” spiega il presidente di Conserve Italia Maurizio Gardini. “Il volume idrico complessivamente utilizzato in Italia è pari a 42 miliardi di m3/anno, dei quali il 60% è impiegato dal settore agricolo, contro il 25% del settore industriale e il 15% di quello civile. Di qui la necessità di un ripensamento dei modi d’utilizzo dell’acqua in agricoltura e l’impegno per individuare metodi di irrigazione e di utilizzazione che riducano gli sprechi di questa preziosa risorsa”.
Le analisi sui primi prodotti di cui è stata certificata l’impronta idrica hanno evidenziato che le aree di miglioramento sulle quali intervenire sono per lo più relative alla parte agricola e riguardano fondamentalmente la scelta e la gestione delle colture, le pratiche agronomiche, i metodi irrigui e l’uso di risorse idriche alternative.
“Abbiamo il grande vantaggio di essere una cooperativa – conclude Gardini – e di avere, attraverso i nostri 14.000 soci agricoli, il controllo di tutta la filiera a partire dal seme. Siamo quindi assolutamente in grado di migliorare la nostra efficienza sin dall’inizio del processo produttivo. Attualmente, nell’ambito di un complessivo progetto di agricoltura sostenibile, si stanno raccogliendo dati e indicatori per analizzare la gestione agronomica delle coltivazioni vegetali e individuare interventi di miglioramento: verrà successivamente realizzato un documento tecnico a supporto dei nostri agricoltori, che potranno utilizzarlo come prontuario di best practice per fare le migliori scelte dal punto di vista ambientale ed economico”.

Unes va controcorrente: d’estate solo limoni italiani

Scelta etica per Unes che ha deciso,Limoni solo provenienza Italiana senza badare all’estetica ma puntando alla tutela del consumatore e a valorizzare la produzione nazionale, di vendere per tutto il periodo estivo solo limoni di provenienza italiana che non hanno alle spalle un viaggio di migliaia di chilometri e che, anche se nell’aspetto sono un po’ meno accattivanti, mantengono un gusto ed un sapore di assoluta qualità.

I limoni d’estate hanno infatti un appeal estetico inferiore rispetto a quelli provenienti dall’estero (prevalentemente dal sud America), che normalmente si trovano nei reparti della Gdo.

Fra le tipologie di limone proposte: il limone Costiera (di origine campana), il limone Verdello e il Primofiore (questi ultimi di origine siciliana).

Unes è presente in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna con oltre 180 punti vendita tra diretti e franchising e occupa 2.500 dipendenti.

illy mette in mostra l’arte sostenibile: otto artisti riflettono sui temi di Expo

Provengono tutti da Paesi produttori di caffè gli otto artisti coinvolti da illy nel corso degli ultimi due anni per interpretare le illy sustainArt Collection, due collezioni di tazze da caffè per Expo Milano 2015 di cui illy è Official Coffee Partner. Fino al 31 agosto le opere firmate da Adán Vallecillo, Elias Sime, Esteban Piedra León, Naufus Ramírez-Figueroa, Felipe Arturo, Ernesto Bautista, Wanja Kimani e Marcelo Moscheta sono in mostra all’illyartlab alla Triennale di Milano.

“Sustainable connections – the illy sustainArt world” non vuole essere una semplice mostra d’arte ma anche una riflessione sui tema della sostenibilità: le tecniche e pratiche artistiche utilizzate nella realizzazione dei lavori esposti infatti stimolano il dialogo sul significato di sostenibilità nei rispettivi territori di provenienza e raccontano nuove frontiere della creatività, in un viaggio multidisciplinare alla scoperta delle nuove tendenze che caratterizzano la scena artistica internazionale.

Gli otto artisti sono stati selezionati nell’ambito del progetto illy sustainArt, ideato nel 2007 da illy per estendere alla comunità artistica internazionale il suo approccio a una crescita sostenibile. Il programma offre così occasioni di visibilità ai talenti creativi dei Paesi emergenti. Il sito www.illysustainArt.org è diventato una sorta di vetrina aperta sul mondo dell’arte contemporanea, luogo d’incontro e di scambio culturale per artisti e curatori, che hanno la possibilità di mostrare e far conoscere il proprio lavoro.

Al Senso ritrovato di Plef in Expo è di scena il lavoro per la sostenibilità

Proseguono gli appuntamento della serie il Senso ritrovato  in Expo 2015 organizzati da Plef – Planet life economy foundation, fondazione senza scopo di lucro che si occupa di dare concretezza ai principi della Sostenibilità promuovendo la realizzazione di un nuovo modello economico e sociale in grado di creare vero “Valore” (economico, sociale, ambientale, umano) superando le tesi contrapposte della “Crescita” o della “Decrescita”.

Il 7 luglio sempre alla Cascina Triulza, lo spazio della società civile all’Esposizione universale, è la volta del workshop dedicato a Il lavoro dell’uomo, il lavoro del consulente di management per la sostenibilità.

La sostenibilità dell’azione economica dell’uomo e del suo stile di vita sono la vera sfida dell’oggi e dei decenni a venire, si legge nella presentazione del workshop. In questa sfida essenziale è l’apporto dei consulenti di management che, con le loro competenze, sono i naturali portatori d’innovazione e cambiamento.

L’evento promosso da Apco, Associazione italiana dei consulenti di management, assieme al proprio network internazionale, ICMCI, vuole portare su questa sfida i professionisti italiani e i loro colleghi di ben 54 Paesi, affinché le eccellenze non rimangano sconosciute o isolate, ma costituiscano radice e stimolo all’ulteriore divulgazione di una cultura della sostenibilità, consapevole sintesi di idealità e convenienze.

Qui il programma. Per iscrizioni e informazioni rivolgersi ad Apco (02 7750449).

Nel Biomarket Naturasì a Expo i banchi refrigerati di Costan a impatto zero

Uso più razionale delle risorse, bassi consumi energetici, tutela ambientale sono, in senso lato, dei pilastri su cui si fonda il settore del biologico e contemporaneamente sono anche temi cruciali per Expo. Da queste pemesse nasce la collaborazione di Costan (marchio del gruppo Epta) con Naturasì, presente a Expo proprio con il Biomarket, un punto vendita di 350 metri quadrati nel cuore del Parco delle Biodiversità, dove l’esperienza d’acquisto si coniuga con la sostenibilità. E che per Naturasì e Costan si esprime nella tutela ambientale, in particolare con la riduzione dei consumi nella catena del freddo che in un punto vendita pesano in media per il 40% sul totale, grazie all’adozione di banchi a basse emissioni ed un impianto a refrigerante naturale CO2 transcritico, per un impatto sul global warming potential (GWP) pressoché nullo.

«Le soluzioni green adottate, a refrigerante naturale – afferma il Group Marketing Director di Epta William Pagani – si inseriscono perfettamente all’interno di un progetto più ampio, che ci vede al fianco di NaturaSì per favorire il rispetto del territorio ed un uso più razionale delle risorse».

BelliniTrend_NaturaSiAttraverso soluzioni tecnologicamente avanzate, Epta assicura una presentazione a regola d’arte ed una perfetta conservazione degli alimenti, preservandone il valore. Nello specifico Costan ha fornito i plug-in (banchi a gruppo incorporato) Bellini Trend e GranVista della Rev UP Family, personalizzati con rivestimenti e spalle in legno chiaro, a garanzia della massima omogeneità di esposizione ed ecosostenibilità dello store, grazie ai materiali naturali scelti, riciclabili al 100%. Inoltre, gli arredi della nuova gamma Rev UP sono progettati per essere energeticamente efficienti, con un risparmio pari al 62%, se confrontati con un mobile aperto e una riduzione della carbon footprint del 49,5%, rispetto ai modelli precedenti.

GranVista_NaturaSi_2Il progetto realizzato in partnership con Costan – commenta il direttore generale di EcornaturaSì Roberto Zanoni – intende promuovere l’agricoltura e l’allevamento biologico e biodinamico italiano quale modello sostenibile che, grazie alle sue caratteristiche, si configura come il regime alimentare in grado di rispondere alle grandi sfide lanciate da Expo 2015. Per noi, nutrire il Pianeta significa, infatti, tutelare la fertilità dei suoli, non inquinare le falde acquifere e rispettare l’equilibrio naturale, dalla fase di produzione, alla commercializzazione dei cibi».

Polimi e IIT brevettano l’Etichetta dinamica, “parlante”, economica e sostenibile

Ha tutto le qualifiche per diventare l’etichetta per imballaggi del futuro: è parlante, ovvero riporta su un display tutta una serie di informazioni utili. È sostenibile, cioè riciclabile perché interamente realizzata con materiali recuperabili: tutti i componenti elettronici sono plastici o facilmente separabili dalla plastica e tutti i materiali elettronici della componentistica sono caratterizzati da una bassa temperatura di fusione che permette il recupero di metalli o ossidi di metallo tramite filtraggio. Inoltre, il display che si autoalimenta con energia solare. Infine, è economicamente sostenibile.

Denominata “Etichetta Dinamica, è un brevetto di IIT, Istituto Italiano di Tecnologia e PoliMi – Politecnico di Milano. Può essere stampata o integrata sulla confezione di carta o plastica.

L’etichetta è dotata di una sorgente energetica fotovoltaica che autoalimenta un modulo di controllo (transistor a film sottile organico a bassa tensione di alimentazione) e un display di visualizzazione (realizzato nella forma di uno strato di materiale elettro-cromico). Il modulo di controllo è predisposto per inviare al display i messaggi desiderati.
L’etichetta, infine, è compatibile con gli attuali processi di produzione degli imballaggi, aggiungendo un costo trascurabile.

Il manifesto della Green Economy per l’agroalimentare: dall’Italia 7 proposte per l’agricoltura del futuro

UN momento della presentazione. Da sinistra: Carlo Blasi, Direttore del Museo dell’Orto Botanico, Andrea Olivero, Vice-Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, e Claudia Sorlini, Presidente, Comitato Scientifico di Expo Milano 2015.

“Il punto di vista della green economy sulla produzione agroalimentare, articolato in proposte sui temi cruciali per l’agricoltura della nostra epoca”, ai tempi di Expo2015: vuole essere questo il Manifesto della green economy per l’agroalimentare elaborato con un ampio processo partecipativo dei gruppi di lavoro degli Stati Generali della Green Economy e approvato al Consiglio Nazionale della Green Economy che raggruppa 65 organizzazione di imprese green (tra cui Confagricoltura, Comieco, Federambiente, Legacoop Servizi), e presentato a Roma presso la Sala Aranciera del Museo dell’Orto Botanico.
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Temi che riguardano, come ha spiegato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che è l’organismo di supporto del Consiglio nazionale della green economy “la necessità di uno sviluppo durevole e di buona qualità delle produzioni agroalimentari per nutrire la popolazione mondiale, il rapporto che va regolato per coordinare la priorità della produzione di cibo con le altre attività e produzioni non alimentari cresciute nelle campagne, le misure da adottare anche nell’agricoltura per far fronte alla crisi climatica in atto, la necessità di sostenere la diffusione delle buone pratiche di un’agricoltura sostenibile e di qualità, quelle per rafforzare i controlli e la sicurezza alimentare, come combattere lo spreco di alimenti e di risorse agricole e come far fronte agli inquinamenti e al continuo consumo di suoli agricoli. Questo manifesto si propone di diffondere, su questi temi, il punto di vista della green economy per contribuire a un dibattito nazionale e internazionale”.

Il settore agricolo italiano ha un valore aggiunto annuo che supera i 260 miliardi di euro, oltre 3,3 milioni di occupati e un’incidenza sul PIL dell’8,7%. Negli ultimi anni le relazioni con la green economy si sono intensificate: la produzione di energia rinnovabile di origine agricola è cresciuta da 6 a 7,8 milioni di Tep tra il 2010 e il 2012 e oltre 21.500 aziende agricole possiedono impianti per la produzione di energia rinnovabile; l’agricoltura italiana ha ridotto le emissione di gas serra di 10 Mton di CO2Eq dal 1990 al 2013 ed è responsabile del 7,1% delle emissioni di gas serra nazionali. In flessione anche il consumo di fitofarmaci passati da 11,2 Kg/Ha nel 2010 a 9,2 Kg nel 2013, inoltre il 10% della superficie agricola italiana è occupata da coltivazioni biologiche (1,3 mln ettari) e l’Italia è seconda in Europa per coltivazioni bio subito dopo la Spagna. Tra le criticità, l’aumento delle frodi alimentari che sono cresciute del 48,6% tra il 2010 e il 2012, la riduzione della superficie agricola (15 milioni di ettari nel 1990 e 12,8 nel 2012) e il consumo del suolo, che continua a crescere a un ritmo, nel 2013, di 55 ettari al giorno.

Ecco, nel dettaglio, le sette proposte del Manifesto:

Adottare la visione della green economy per assicurare uno sviluppo durevole e di qualità della produzione agroalimentare. L’agricoltura deve essere in grado di produrre il cibo necessario alle generazioni presenti e alle future e di produrre reddito adeguato per gli agricoltori, occupazione e qualità ecologica dei prodotti e delle modalità di coltivazione. La green economy è in grado di integrare qualità eccellente, redditività e tutela del capitale naturale, utilizzando i saperi, le buone tecniche e le buone pratiche dell’eco-innovazione.

Coordinare la multifunzionalità con la priorità della produzione di alimenti. La conservazione di una ricca biodiversità è una delle attività proprie e strategiche di un’agricoltura multifunzionale orientata alla green economy. L’agricoltura alimenta anche la bioeconomia, le biomasse impiegate per generare energie rinnovabili e fornire materiali in settori come la chimica verde. Attività che, se sono integrate e sostenibili per i territori e non sottraggono suoli e produzioni destinate all’alimentazione, contribuiscono a migliorare il presidio e la cura del territorio.

Attuare misure di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica. L’agricoltura può dare un contributo importante alla mitigazione della crisi climatica, sia con attività di assorbimento di gas serra (con un’accorta gestione delle risorse forestali, dei terreni e dei pascoli), sia riducendo le emissioni (con l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, un minore utilizzo di fertilizzanti azotati, un controllo della dieta per gli allevamenti ecc). Ma è anche necessario rafforzare ed estendere misure di adattamento accelerandone la diffusione di azioni e pratiche agronomiche in grado di aumentare la resilienza dell’agricoltura ai cambiamenti climatici (con la scelta di varietà vegetali e specie animali più resistenti, il reintegro sistematico nel suolo della sostanza organica, l’adozione regolare di rotazioni con leguminose, la diffusione di tecniche e misure di risparmio idrico).

Superare modelli agricoli non più sostenibili e promuovere la diffusione delle buone pratiche. I modelli agro-industriali che inseguono logiche di un mercato a breve termine e a basso costo possono essere definitivamente superati promuovendo una green economy agroalimentare basata su produzioni sostenibili di qualità, veri e propri motori di sviluppo delle economie e delle culture locali. Occorre puntare su territori ben coltivati con buone pratiche agricole – senza l’impiego in campo aperto di organismi geneticamente modificati (OGM) – supportate da buoni livelli di formazione e di conoscenza e da un maggiore contributo della ricerca e dell’eco-innovazione.

Tutelare la sicurezza alimentare, potenziare i controlli e le filiere corte. Occorre: migliorare e potenziare i controlli su scala globale; rafforzare la lotta alle frodi e alle manipolazioni nocive degli alimenti; armonizzare le normative ambientali e sanitarie; puntare sulla tracciabilità, sull’origine garantita e protetta dei prodotti agroalimentari; rafforzare le filiere agroalimentari corte e le produzioni locali. Le filiere corte possono essere favorite anche dallo sviluppo dell’agricoltura urbana e periurbana.

Fermare lo spreco di alimenti, assicurare la circolarità dell’economia delle risorse agroalimentari. Gli sprechi possono essere eliminati tramite una corretta informazione e una migliore educazione alimentare. È, inoltre, necessario applicare alle filiere agroalimentari un sistema di economia circolare, puntando a minimizzare i rifiuti, a prevenire attivamente scarti e perdite in tutte le fasi. Occorre diffondere le buone pratiche e le migliori tecniche disponibili per utilizzare tutti i sottoprodotti.

Fermare le minacce alla produzione agroalimentare e ai suoli agricoli. Oltre alla crisi climatica, numerosi sono i fattori di pressione ambientale (emissione di inquinanti atmosferici, prelievi massicci e l’inquinamento delle acque, smaltimenti illegali di rifiuti). Particolare allarme suscita lo sviluppo incontrollato delle urbanizzazioni e delle infrastrutture che alimenta un consumo dissennato di suolo agricolo. Le politiche di gestione e di uso dei suoli vanno cambiate; l’abbondante cubatura – abitativa, industriale e per servizi – inutilizzata, va recuperata e impiegata in alterativa a nuovo consumo di suolo. Il suolo agricolo è un capitale naturale non sostituibile, va conservato perché è un’infrastruttura verde strategica.

Per aderire al Manifesto andare su: http://www.statigenerali.org/manifesto-green-economy-agroalimentare-expo-2015/

Infografica: da social, blog e forum il packaging alimentare sotto la lente. E gli sfusi sono graditi

In Italia si stima che l’industria alimentare nel corso dell’ultimo anno siano state “movimentate” 3.,5 milioni di tonnellate di imballaggi. Nonostante Conai e Federalimentare citino dati confortanti a testimonianza dell’impegno che si sono assunti in tema di miglioramento dell’efficienza per quanto riguarda il packaging e l’imballaggio, tra cui la riduzione del 40% degli imballaggi rispetto a 10 anni fa, il popolo della rete quando scrive in tema di packaging è fortemente negativo. Il 74% esprime pareri sfavorevoli e negativi sull’imballaggio alimentare, contro il 21% di giudizi positivi e il 5% di neutri. In particolare il 26% di questi ultimi si riferisce alle informazioni in etichetta, alla praticità e funzionalità del pack, dei formati, alla funzione di conservazione degli alimenti. Al contrario e specularmente, i pareri negativi riguardano l’impatto ambientale dei materiali utilizzati, lo smaltimento e la dispersione nell’ambiente (per 3 dei sei materiali utilizzati), il fatto che l’imballaggio non favorisce le logiche di localismo e di produzione a chilometro zero, la mancanza di informazioni sul prodotto o una scarsa chiarezza in etichetta, la mancanza di determinati formati, la scarsa praticità.

packaging_web research

Se il 76% dei pareri non negativi è rinvenuto nei Social, il 78% dei pareri negativi è invece stato intercettato in Blog e Forum e un andamento analogo ha anche la ripartizione tra Influencer (72% tra i negativi) e Naviganti (79% tra i favorevoli), a testimonianza del fatto che l’impatto ambientale degli imballaggi alimentari è un tema che scalda gli animi.

Ricordiamo infatti che più il dibattito si svolge nei Social più l’argomento è trattato in maniera generalista; quando invece se ne scrive in ambienti web dedicati la materia è trattata con maggiore conoscenza e approfondimento. Inoltre precisiamo che con Influencer indichiamo quei naviganti ritenuti dagli altri fonte attendibile nell’80% dei casi e che la media web nazionale di Influencer è il 20%: è indicativo che nel caso dei pareri negativi gli Influencer siano 3 volte e mezzo la media web nazionale.

Precisiamo di avere escluso per scelta metodologica siti proprietary, articoli della stampa specializzate e news, per analizzare unicamente il sentiment che i consumatori hanno lasciato spontaneamente nel web nazionale.

I prodotti sfusi

L’analisi semantica dei testi rinvenuti, effettuata con i software di intelligenza artificiale che emulano il funzionamento delle reti neurali, ha permesso di individuare un argomento menzionato nel 26% dei casi e sempre positivamente: l’elogio dei prodotti sfusi o alla spina.

Abbiamo ritenuto che questo argomento meritasse un approfondimento.

Da quando nel 2012 a Berlino nacque Original Unverpackt, per iniziativa di due giovani imprenditrici (Sara Wolf di 23 anni e Milena Glimbovski di 30, che si finanziarono col crowfunding), hanno iniziato a diffondersi in tutta Europa e quindi anche in Italia, negozi dove è possibile acquistare prodotti sia alimentari che cura-casa, cura–persona e in alcuni casi anche per l’infanzia e pet care, non confezionati.

Altra peculiarità di tali negozi alla spina sono l’approvvigionamento da produttori locali, la vendita di prodotti Bio ed equosolidali.

In Italia sono nate alcune catene/franchising, cooperative oltre a numerosi negozi singoli (privati) abbastanza conosciute dal popolo del web.

I prodotti citati, per quanto riguarda l’acquisto in negozi alla spina, si accorpano nelle varie categorie vedono ovviamene gli alimentari primeggiare, seguiti dalla cura casa. Più distanziati la cura persona, il Pet e altri prodotti. Nell’infografica, un dettaglio delle ricorrenze dei diversi prodotti alimentari.

E le insegne della Gdo?

Non sono certo rimaste a guardare questo nascente mercato e si sono parzialmente attivate.

La frequenza di citazione di insegne della GDO menzionate quando si parla di prodotti alla spina (menzioni multiple) riguarda però solo cinque insegne e quattro gruppi: Auchan/Simpòy, Coop, Conad, Crai.

È doveroso precisare che stando al popolo della rete ci si reca presso Coop e Conad quasi esclusivamente per acquistare biodetersivi alla spina; da Auchan / Simly e Crai non solo per i detersivi ma anche e soprattutto per gli alimentari sfusi (poche ma statisticamente rappresentative anche le citazioni per il petfoood alla spina).

Segnaliamo che Crai, per lo studio di fattibilità e la realizzazione del progetto, si è affidata alla consulenza di una Onlus – Plef (Planet Life Economy Foundation) – e ciò è premiato dai consumatori che lo menzionano nel 22% dei casi (fatto 100 il totale dei pareri intercettati su Crai e la spesa alla spina).

Quanto alle motivazioni d’acquisto, ai primi due posti si posizionano i prodotti ecologici e bio e il fatto che si pensa siano cibi più sani e salutari. A seguire la consapevolezza di ridurre gli imballaggi, il risparmio di denaro, il localismo dei prodotti e la riduzione di emissioni di CO2.

Si digita per commentare l’imballaggio dei prodotti alimentari e la spesa alla spina quasi esclusivamente dal Nord (46%) e dal Centro (39%); più donne (61%), di età giovane – media (fascia 18 – 45 anni: 72%), di cultura media-medio/alta (68%); soprattutto residenti in aree metropolitane (38%) e urbane (32%).

Conclusioni

Il popolo della rete domestica è pesantemente schierato contro l’imballaggio dei prodotti alimentari; come sempre non entriamo nel merito delle ragioni alla base del sentiment che analizziamo; sicuramente il web è una grande cassa di risonanza soprattutto per le criticità che suscitano spesso fenomeni virali; di contro anche istituzioni ed associazioni si sono attivate da oltre un decennio per la riduzione del packaging e sono sempre più i consumatori che premiano questi comportamenti; sicuramente la GDO è in ritardo; quando i netsurfer nazionali digitano di spesa alla spina comunque le motivazioni salutiste sono superiori a quelle ecologiste.

 

Gian Marco Stefanini

www.web-research.it

 

Ulteriori dati sulla web research effettuata sono disponibili contattando
www.web-research.it Srl

È un istituto di ricerche di mercato e consulenze di marketing che offre servizi rivolti ad aziende e multinazionali presenti nel mercato domestico. Ha portato tra i primi in Italia una nuova metodologia di ricerche ed analisi di mercato: Web listening – Web research – Web monitoring.

 

Gourmet e regionalisti i Millennials bevono birra e mangiano sano

Valentina Simonetta, Marketing Manager HEINEKEN ITALIA, Federico Quaranta della trasmissione RAI Decanter, Alfredo Pratolongo, direttore comunicazione e relazioni istituzionali Birra Moretti e Marilena Colussi alla presentazione.

Amano il cibo e considerano l’alimentazione come identitaria. Si rapportano al cibo in termini di sapere, e hanno un forte legame con il territorio d’origine, ma sono anche attenti alla salute e all’ambiente e sono disposti, per il cibo, a spendere di più per acquistare cibi di qualità. È questa la fotografia del Millennial italiano, di entrambi i sessi, tra i 18 e i 35 anni, che emerge dal quinto Osservatorio Birra Moretti “generazione Buongustai” diretto da Marilena Colussi, sociologa dell’alimentazione e ricercatrice delle tendenze alimentari in collaborazione con Doxa Marketing Advice.

Infografica-Osservatorio-Birra-Moretti-2015_Generazione-BuongustaiUn’indagine interessante perché indaga una generazione, fatta di 12 milioni di individui, emergente e pronta a prendere le redini del Paese in un vicino futuro, ma già protagonista nei consumi, e perché, dopo tante ricerche anglosassoni, indaga nelle pieghe dello Stivale. “In questo se da un lato i Millennials italiani hanno molto in comune con i loro coetanei di tutto il mondo, la connettività, le dinamiche social, l’atttenzione alla salute e all’ambiente, ed è vero che le differenze con gli altri Pesi rispetto alle generazioni precedenti si attenuano, dall’altro hanno delle loro specificità forti – spiega Marilena Colussi -. Ad esempio, il forte legame con il territorio, che si esplica soprattutto nel food. Amano i piatti regionali e quando cucinano a questi si rivolgono per lo più. Però è una preferenza senza preclusioni, che non impedisce loro di apprezzare altre cucine regionali. È una generazione che si sente “italiana” solo quando va all’estero. Si sentono più legati alla propria regione.

 

Tutti pazzi per la birra, “facile” e informale

I Millennials italiani, 9 su 10, dichiarano di bere birra (525 intervistati su 602, pari all’87%) e, dato inimmaginabile fino a pochi anni fa, il 71% ama abbinarla a ciò che mangia, ritenendola degna compagna della cucina italiana e regionale nel 59% dei casi. E i dati si impennano ulteriormente quando a rispondere sono i “Beer Lover*, ovvero quei 3,4 milioni (il 28% dei Millennial) che nutrono nei confronti della birra una vera e propria passione privilegiandola, in maniera assoluta, rispetto a tutte le altre bevande e attribuendole valori che esulano dal puro contesto gustativo. Un trend in significativa crescita se consideriamo che solo nel 2010 non superavano il 17% (Osservatorio Birra Moretti “Italiani a Raggi Eat”).

 

Cibo buono, ma anche sano

Ai Millennial piace mangiare bene ma tra i primi pensieri c’è anche la salute. Se è vero, infatti, che per ben il 93% di essi la ‘buona tavola’ rappresenta uno dei piaceri della vita e che l’85% predilige la cucina saporita, è altrettanto vero che il 77% evita di mangiare ciò che pensa potrebbe nuocere all’organismo. L’aspetto salutistico, dunque, pare controbilanciare la pura ricerca del piacere del palato nel momento in cui si prendono in mano le posate: il 92% ritiene l’alimentazione uno dei pilastri fondamentali del proprio benessere, l’87% cerca di consumare prodotti freschi, il 67% cerca di ridurre i grassi, il 61% sta attento alle calorie, il 60% consuma alimenti integrali. Da evidenziare che 1 su 2 (il 54%) dichiara di consumare prodotti biologici e ben 1 su 3 (30%) cerca di evitare la carne.

 

Ieri astronauti (o rivoluzionari), oggi chef: l’aspirazione dei Millennials

L’82% dei Millennial italiani si considera un buongustaio. E buona parte di essi (77%) ama cucinare a tal punto che il 33,7% di loro ha frequentato corsi amatoriali di cucina o di degustazione di vini e di birre. Non a caso, il 44% e il 27% del campione indica rispettivamente fra le professioni preferite per il proprio futuro quella di chef e di sommelier e la percentuale sfiora il 48% quando a rispondere sono le donne, che reputano la professione dello Chef particolarmente aspirazionale. Potere dei media? Forse anche, visto che il 53% degli intervistati dichiara di apprezzare e seguire Master Chef. Infine, e nonostante le limitazioni economiche, ben l’86% degli intervistati si dichiara disposto a spendere di più per acquistare cibi di qualità.

Il Cash Mob Etico a Milano, Genova e Lipari

Il 27 giugno è la prima Giornata nazionale del Cash Mob Etico.

Milano si mobilita per tutta la giornata, dalle 11 alle 19, coinvolgendo due quartieri molto attivi: Zona5-Vigentina e Quarto Oggiaro e coinvolgendo una decina di aziende, tra le quali  Altromercato, il Panificio Doppio Zero, che acquista le farine dal gruppo Filiera del Grano del Parco Agricolo Sud di Milano, Ipercoop, con la vendita dei prodotti sostenibili a marchio Fairtrade, Libera Terra, Vivi Verde Coop, Terre di Pace e Banca Etica.

Genova realizzerà un Cash Mob Etico particolare: un tour delle aziende sostenibili produttrici di vino, olio e generi agroalimentari ma non solo che continuerà nelle settimane a seguire.

Lipari organizza invece un Ristomob sulla spiaggia, durante il quale saranno valorizzati i produttori locali e i loro prodotti organizzando un pranzo sostenibile.

Il cash mob è una forma di mobilitazione organizzata dai cittadini a sostegno di esercizi e attività commerciali in forte difficoltà economica, ma che in qualche modo siano significativi per il proprio quartiere. I partecipanti a questa forma di flash mob sono coinvolti nell’acquisto di prodotti presso l’azienda/impresa protagonista, come segnale di un riconoscimento sociale assegnato a quella realtà locale.

NeXt ha “rieditato” il cash mob, realizzando un format che aggiunga l’etica sociale, economica e ambientale a queste mobilitazioni dal basso. Il Cash Mob Etico è diventato in Italia uno strumento molto potente per avvicinare cittadini e imprese ad un nuovo concetto di economia, che veda come protagonista il consum-attore responsabile e informato. Fulcro di questo strumento è il “voto col portafoglio”, il momento dell’acquisto di un bene o servizio dichiarato sostenibile dall’azienda, che viene premiata da chi lo acquista. In Italia, negli ultimi due anni, NeXt ha organizzato insieme ai suoi partner circa 9 Cash Mob e più di 100 Slotmob insieme a più di 140 organizzazioni.

«Fino ad ora – afferma Luca Raffaele, project manager di NeXt – abbiamo lavorato principalmente su Roma, Napoli e Milano e in alcuni dei loro quartieri e comuni più problematici, esercitando il voto con il portafoglio dei cittadini in supermercati, ristoranti e bar, per dare un forte e concreto segnale: che la Nuova Economia dal basso è già reale e può crescere fino a diventare un sistema applicabile su larga scala, nel rispetto degli scambi economici, della società e dell’ambiente che ci circondano».

Numerose le organizzazioni coinvolte nella Giornata nazionale: Acli, Adiconsum, BCC, Cittadinanzattiva, Centro San Fedele, Circolo Acli Lambrate, Convoi Onlus, Economia:)Felicità, Fiba/Cisl, Funmob, Sodalitas, UCID, Vita, Plef.

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