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Tag: sostenibilità

Parte da Torino il progetto Salsamenteria del quartiere, la salumeria 3.0: vicinato sostenibile

Dieci strutture a Torino di proprietà, recuperate da spazi commerciali chiusi da anni: è partito così, a febbraio di quest’anno, il progetto Salsamenteria del quartiere. Batir Spa [finanziata da Figerbiella Spa, che partecipa per il 75%, e da Roberto Gualco e altri investitori, ndr] è partita con un’idea: ripopolare la città di negozi di alimentari. Adattati però alle esigenze dei consumatori, pardon “clienti”, del Terzo Millennio. Il progetto è ambizioso, e prevede una prima fase di espansione a Torino, con altri 25 negozi, e poi lo spostamento in altri grandi centri urbani, con l’obiettivo di aprire punti vendita in tutta Italia.

Chiara Priotti Ci facciamo spiegare la filosofia delle Salsamenteria [dalla Treccani: Pizzicheria, salumeria] da Chiara Priotti, responsabile del personale e delegata per la comunicazione e il marketing di Batir.

Cosa si trova nei punti vendita della Salsamenteria?

Una selezione di prodotti italiani, ove possibile della zona. Acquistiamo direttamente dai produttori, saltando gli intermediari in modo da garantire prezzi migliori. Abbiamo un agronomo che seleziona i prodotti e verifica che non vi siano ingredienti “non graditi” come olio di palma, conservanti o additivi. Il magazzino è a Santena e da qui la merce è smistata ai negozi con consegne giornaliere, con l’eccezione dei latticini che sono consegnati direttamente in negozio.

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A chi vi rivolgete?

Essenzialmente alle persone del quartiere. Vogliamo abbandonare il concetto di consumatore considerato come un numero a cui vendere il più possibile, e instaurare un rapporto diretto tra i commessi e il cliente che viene a fare la spesa. Per questi i commessi, due per negozio, tutti giovani, sono stati formati con un corso di due mesi e costantemente aggiornati sui prodotti che vendono e le lavorazioni, con visite presso i fornitori. Pensiamo che ci sia voglia di un commercio diverso dalla spersonalizzazione della GDO, che molte persone non gradiscono più. Abbiamo notato una prevalenza di anziani e famiglie con bambini, attenti all’alimentazione e alla provenienza dei prodotti.

Qual è la vostro politica di prezzi?

In linea con la GDO, a parità di qualità: non siamo Eataly! Le nostre iniziative promozionali sono volte a far conoscere determinati prodotti, con sconti anche del 25/30%, anche perché non teniamo grandi marche. Siamo contrari all’accumulo, proponiamo una spesa quotidiana che consenta di avere prodotti sempre freschi ed evitare sprechi. Abbiamo anche biologico ma non in esclusiva, non siamo un negozio bio.

Come si presenta un negozio della Salsamenteria?

Abbiamo cercato di riqualificare strutture preesistenti, negozi di alimentari chiusi da tempo, ristrutturandole. Sono spazi di circa 100 mq. All’interno abbiamo una cartellonistica semplice che spiega la nostra filosofia e la scelta dei prodotti. Il nome varia a seconda della via.

Che ruolo ha la tecnologia nel vostro progetto?

Il gestionale per le casse e il magazzino è un software open source adattato alle nostre esigenze. Non facciamo e-commerce ma le consegne sono previste nel prossimo sviluppo della catena. La pagina Facebook è aggiornata non solo con novità di prodotto ma anche con eventi della città e del quartiere, in un’ottica di servizio. Nei negozi abbiamo installato dei frigoriferi con il motore esterno all’area di vendita, per evitare l’inquinamento acustico ed elettromagnetico.

Come sono andati questi primi mesi?

Abbiamo dovuto farci conoscere; ora dopo una campagna pubblicitaria su “la Stampa” siamo più noti. Abbiamo fidelizzato molti clienti, che tornano dopo aver capito la nostra filosofia e la coerenza dell’offerta. Frutta e verdura di stagione (tra cui gli asparagi di Santena), farina del molino Bongiovanni macinata a pietra, sughi e conserve senza additivi, pane fatto con lievito di pasta madre della cooperativa sociale Articolo 1 (che dà lavoro a persone in difficoltà) e dal carcere di Torino. A breve entreranno nell’assortimento anche i detergenti ecologici, i libri della casa editrice Giunti e la gastronomia.

 

Heineken sceglie la logistica ecologica di Pgm, consegna merci a emissioni zero

La logistica ecologica è non solo un impegno che ogni azienda dovrebbe affrontare all’interno delle pratiche di responsabilità aziendale, ma anche una necessità data la presenza sempre più diffusa nelle aree urbane di Ztl, zone a traffico limitato. Heineken Italia ha scelto PGM Logistica, azienda di distribuzione beverage operante a Bergamo e provincia con mezzi elettrici, per effettuare consegne “ad emissione zero” nell’area coperta. La multinazionale della birra a partire dal 2011 ha avviato diverse iniziative volte a ridurre le emissioni di CO2 prodotte dalle attività logistiche, sviluppando in particolare l’intermodalità e scegliendo mezzi sempre più ecologici.

Pgm dispone al momento di un furgone Nissan e-NV200 a zero emissioni, cui presto se ne aggiungeranno altri (si prevede di arrivare a 30 veicoli nei prossimi tre anni), per le consegne dell’ultimo miglio (per la distribuzione delle merci a Milano e a Bergamo, a partire dalle ZTL del centro e in Città Alta). Una colonnina per la ricarica è già attiva nel piazzale dell’azienda, e a breve entrerà in funzione un impianto fotovoltaico capace di azzerare i costi di carburante dei mezzi della PGM ma anche totalmente le sue emissioni di CO2.
L’azienda è certificata UNI EN ISO 9001 e registrata alla piattaforma internazionale ECOVADIS, società che opera nel campo della valutazione, il monitoraggio e la certificazione delle catene di approvvigionamento globali, con il fine di migliorare le politiche ambientali e migliorare le performance di sostenibilità..

Allarme da Greenpeace: nei meleti europei un cocktail di pesticidi

Greenpeace ha pubblicato il rapporto sulla presenza di pesticidi nei meleti europei dal titolo Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. E le notizie non sono propriamente buone per i consumatori.

Il rapporto presenta i risultati delle analisi di 85 campioni di acqua e suolo prelevati in dodici Paesi europei, tra cui l’Italia (in Val di Non e in Valtellina, due tra le zone di maggiore produzione di mele) ed esempi di pratiche agricole ecologiche per effettuare una produzione sostenibile senza contaminare il suolo e l’acqua.

36 campioni di acqua e 49 di suolo sono stati raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 in meleti a gestione convenzionale e analizzati per verificare la presenza di residui di pesticidi. I campioni rappresentano una “fotografia” della situazione all’inizio del periodo della fioritura.

Su 85 campioni, sono stati rilevati 53 pesticidi differenti. Il 78 per cento dei campioni di suolo e il 72 per cento dei campioni di acqua contenevano residui di almeno un pesticida.

Il pesticida riscontrato con maggior frequenza nel suolo e nelle acque è il fungicida boscalid (presente nel 38 per cento dei campioni di suolo e nel 40 per cento dei campioni di acqua). Addirittura sette dei pesticidi trovati non sono attualmente approvati nell’Ue, ma possono essere utilizzati solo per eccezionali deroghe temporanee. La presenza di questi residui potrebbe essere il risultato di applicazioni pregresse, mentre in un caso potrebbe trattarsi di un fenomeno di degradazione.

Due terzi dei campioni di suolo e acqua prelevati nei meleti europei inoltre contengono residui di pesticidi e il 70% dei pesticidi identificati hanno livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. In un singolo campione di suolo raccolto in Italia sono state rilevate fino a tredici sostanze chimiche diverse, e dieci in un campione di acqua, un vero e proprio cocktail di pesticidi.

Nella seconda parte del documento viene illustrata una selezione di soluzioni sostenibili per la produzione di mele e la loro possibile applicazione senza contaminare il suolo e le acque.

“L’Italia è uno dei maggiori produttori di mele a livello europeo – dichiara Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia –. Abbandonare un modello agricolo fortemente dipendente dai prodotti chimici è fondamentale, anche per proteggere i nostri agricoltori e le loro famiglie, che sono i primi a essere direttamente esposti  L’imponente uso di queste sostanze nella produzione intensiva di mele è un altro fallimento dell’agricoltura industriale”.

Due le richieste di Greenpeace ai Paesi europei. L’eliminazione graduale dell’uso dei pesticidi chimici di sintesi in agricoltura, a partire da quelli che hanno effetti cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, che interferiscono con il sistema ormonale (EDC) o che hanno proprietà neurotossiche. Un maggior impegno nel promuovere e investire nella ricerca e nello sviluppo di pratiche ecologiche per la gestione e il controllo dei parassiti che non dipendano dall’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.

“Esistono già soluzioni ecologiche adottate da migliaia di agricoltori in tutta Europa. Per lo sviluppo di queste buone pratiche, è necessario che anche la grande distribuzione faccia la sua parte incentivando il passaggio a pratiche sostenibili” conclude Ferrario.

 

 

Lotta allo spreco e Gdo: cosa stanno facendo le insegne in Europa

Dopo la Francia, potrebbe arrivare anche l’Europa a varare una legge per forzare la grande distribuzione a prendersi cura dei prodotti alimentari scartati perché, per vari motivi, invendibili. Ma molte insegne europee già da tempo hanno intrapreso iniziative interne e campagne di sensibilizzazione per affrontare il tema. Un quadro complessivo delle azioni realizzate sul campo lo fa – con dovizia di case histories – il rapporto 2014 “Retail Agreement on Waste” a cura di Eurocommerce, che raggruppa le associazioni di categoria del Vecchio Continente, e European Retail Round Table.

Le 20 insegne di vari settori, dall’abbigliamento agli alimentari all’arredamento all’elettronica di consumo, hanno aderito nel 2012 al Retail Waste Agreement, impegnandosi a intraprendere entro la metà de 2014 almeno due campagne di sensibilizzazione contro lo spreco rivolte al cliente finale. Recentemente, altre sei insegne hanno firmato lo stesso accordo. L’iniziativa si è svolta all’interno del Retailers’ Environmental Action Programme (REAP) sostenuto dalla Commissione Europea.

Di seguito segnaliamo la tipologia di iniziative intraprese e i filoni coperti. L’intero rapporto è scaricabile qui.

“Dritte” per il consumatore. Ricette per utilizzare gli avanzi, informazioni su come gestire la catena del freddo (a cominciare, banalmente, come fa El Corte Inglès, da come trasportare i surgelati dal pdv a casa, come organizzare gli alimenti nel frigorifero e quanto durano una volta aperti), tramite volantini, house organ, social o cartellonistica in negozio. Asda l’hanno scorso ha lanciato il packaging Simply Roast in the Bag, una busta per pollo arrosto sulla quale erano stampate ricette e consigli su come utilizzare gli avanzi, e un QR Code che rimandava alla pagina web con video e ricette. Albert Heijn ha distribuito un milione di “misurini” per dosare la giusta quantità di pasta e riso. L’olandese Vak Centrum invita i clienti a prendere i prodotti freschi con la data più vicina se sanno che li utilizzeranno a breve: l’abitudine a selezionare il prodotto con la data più estesa aumenta lo spreco.

Il packaging conta. Coop Danimarca ha deciso di vendere banane singole perché il pacco, se contiene anche una sola banana segnata come spesso accade, non è acquistato, e 6mila banane al giorno venivano buttate. Coop Uk ha scoperto che i fori nelle confezioni di fresco per ridurre l’umidità interna, se gestiti da laser guidati da un computer, consentono di allungare la shelf life di un giorno e di ridurre lo spreco. Coop Norvegia ha indicato su sacchetti e confezioni la percentuale di spreco di frutta e verdura, ma anche nei confezionati lo spreco di quel particolare prodotto.

Sensibilizzare lo staff. Il 75% degli impiegati degli uffici centrali di Carrefour in Polonia hanno seguito un programma su come ridurre il carico energetico a casa e al lavoro.

Imparo mentre mi diverto: quiz, giochi, concorsi. Carrefour ha messo online un questionario per determinare il proprio consumo energetico: al primo estratto è andata una lavastoviglie a risparmio energetico. Ikea in Repubblica Ceca ha invitato i clienti a creare oggetti con materiale di scarto. I creatori dei progetti migliori hanno partecipato a un corso tenuto da designer professionisti. Il ricavato della vendita degli oggetti è andato in beneficenza. Molti corsi e concorsi coinvolgono le scuole.

Come ti educo il fornitore. Carrefour Francia ha ideato un premio per il fornitore più virtuoso. La giuria è composta, oltre che da retailer, da ministero dell’Ambiente, WWF e un pool di giornalisti.

Promozioni.. sostenibili. Le classiche promozioni 2×1 sono state messe sotto accusa perché portano il consumatore a comprare di più, aumentando i rischi di spreco specie per alimenti con data di scadenza. Alcune catene hanno deciso di toglierle. Auchan ha intrapreso negli ipermercati francesi una terza via: il 2×1 “dilazionato”. Per una settimana al mese, all’acquisto del primo prodotto si ottiene un buono per ritirare il secondo una settimana dopo. Dei 100mila coupon distribuiti ogni mese la metà è utilizzato.

„Wunderlinge“ bei BILLA, MERKUR und ADEG: REWE International AG stellt neue Eigenmarke für nicht-konformes Obst und Gemüse vorBrutti ma buoni. Billa in Germania ha creato il brand “Wunderlinge” per frutta e verdura di forma anomale ma perfettamente sana.

Economia circolare. Ovvero ciò che è prodotto viene riciclato e riutilizzato. Lidl in Germania ricicla il 50% delle bottiglie in Pet dei suoi marchi Saskia e Freeway. Rewe sta aumentando la percentuale di plastica riciclata e ritira sul posto le confezioni dei prodotti Frosch-Cleaning. Il ristorante olandese Instock utilizza prodotti invendibili (scadenze vicine, packaging rovinati) prelevate con veicoli elettrici dai supermercati Albert Heijn. Dalla scorsa estate ha già “salvato” 20mila porzioni.

 

Ferrero, svolta equosolidale: 100% di cacao certificato entro il 2020

Non è una questione da poco, quando il terzo produttore al mondo di prodotti a base di cioccolato, decide di votarsi al cacao equosolidale. Ne ha parlato Aldo Cristiano, Director cocoa procurement Ferrero, alla conferenza di presentazione dei dati FairTrade Italia tenutasi in Expo. Che anche per il 2014 segnalano una crescita a due cifre: +17,8% il valore del venduto sul 2013, pari a 90 mln di euro.

Un impegno, quello di Ferrero, che copre tutti gli ingredienti principali dei prodotti della multinazionale di Alba, ovvero oltre al cacao (l’azienda ne acquista 4 milioni di tonnellate l’anno, il 3% della produzione mondiale), zucchero di canna, olio di palma, nocciole, uova e latte.

“Oggi siamo al 40% di cacao certificato, superiore alla previsione che avevamo stabilito per fine 2014 del 20%, e sono certo che raggiungeremo questo traguardo nei tempi stabiliti, o anche prima” ha detto Cristiano. La scelta di Ferrero è stata motivata, oltre che dai valori etici e di sostenibilità di impresa, da un fatto incontrovertibile: le pratiche equosolidali, tramite l’educazione dei contadini, permettono di ottenere non solo una resa maggiore dei terreni (in Costa d’Avorio si è passati da 400 a 1000 Kg per ettaro, ma in Ecuador si arriva a 3000 Kg per ettaro), ma anche di garantirne la qualità. “Ad oggi abbiamo formato 60mila contadini, tramite FairTrade o cooperative od enti che sono poi stati sottoposti ad audit”.  La qualità, appunto, è risultata la molla che ha fatto scattare il meccanismo virtuoso. “Dopo il 1999 abbiamo notato un progressivo degrado della qualità e delle proprietà organolettiche del cacao prodotto, ma anche della quantità. Oggi da un terzo a un quarto del raccolto è perso a causa delle malattie, che potrebbero essere evitate usando pratiche agricole corrette”. In altre parole, ci sono ragioni economicamente valide per scegliere un commercio “justo”, come si chiama in spagnolo. “Lo scopo non è la competitività con le altre aziende, ma la soddisfazione delle esigenze dei consumatori” spiega Aldo Cristiano.

Dunque dobbiamo aspettarci a breve una Nutella con marchio Fair Trade? “Non ci interessa avere prodotti “buoni” e altri no, per noi è più importante certificare che il 40% del nostro cacao è equosostenibile, ed è equamente distribuito in tutti i nostri prodotti. E possiamo farlo, perché importiamo le fave di cacao, non semilavorati di cui non è sempre facile tracciare le origini. La trasparenza è fondamentale, ciò che è indicato in etichetta deve essere ciò che c’è nel prodotto” conclude Aldo Cristiano.

Responsabilità sociale d’impresa: Sainsbury’s lancia il customer service per non udenti

Si chiama SignVideo e consente alle persone non udenti di comunicare, via video e con il linguaggio dei segni, gratuitamente. Lo sta testando la catena britannica Sainsbury’s nel suo customer service.

“Siamo orgogliosi del nostro servizio clienti, e parte del nostro lavoro è assicurarci che sia il più facile possibile per tutti i nostri clienti comunicare e ottenere informazioni sul loro punto vendita. Abbiamo già impianti a induzione magnetica per non udenti in tutti i nostri punti vendita e siamo contenti di testare questo nuovo soluzione in modo che sia ancora più facile per i nostri clienti non udenti contattarci quando ne hanno la necessità” ha detto Tim Fallowfield, Company Secretary, Corporate Services Director e Board Champion for Disability and Carers di Sainsbury’s.

La catena è già da tempo intrapreso un percorso per rimuovere gli ostacoli per le persone con disabilità. Nel 2011 ha creato il primo supermercato con segnali in Braille, e ha anche ideato un gioco per non vedenti. È Disability Confident partner del Ministero per le persone diabili britannico.

Les Gueules Cassées, la lotta antispreco che arriva dalla Francia

La lotta contro lo spreco alimentare si fa largo in molti Paesi. Mentre la legge francese che sanziona la distruzione dei prodotti invenduti da parte della distribuzione solleva alcune perplessità, come segnala  Enrico Colla su Tendenzeonline, relative soprattutto al fatto che già oggi la gdo d’Oltralpe ha in atto buone pratiche antispreco, tanto da essere responsabile (solo)  dell’11% degli sprechi, contro il 67% dei nuclei famigliari, dalla Francia si segnala una iniziativa che merita un approfondimento.

base line changé_PASTILLE_OKSi tratta di un sistema anti spreco che si chiama Les gueules cassées (le facce rotte, che potremmo tradurre con “brutti ma buoni”) che si occupa di immettere sul mercato i prodotti (ortaggi, prodotti confezionati, formaggi, ecc) brutti da vedere ma decisamente commestibili. L’iniziativa, finanziata in crowdfuding, è stata fondata da due figli di agricoltori, ha creato una propria etichetta e in soli otto mesi di attività ha venduto più di 10 mila tonnellate di frutta e legumi. Certo, le pere sono un po’ macchiate e le carote e melanzane non sono perfette e non hanno lo stesso calibro, ma sono ugualmente commestibili.

Lo stesso si dica poi del camembert di latte crudo prodotto in Normandia che, per la sua forma non regolare, non può fregiarsi del marchio di denominazione o dei cereali per la prima colazione troppo grandi o troppo piccoli rispetto alla norma. Tutti però hanno un comune denominatore. Costano al consumatore il 30% in meno dei prezzi normalmente esposti. Il che spiega il rapido aumento di notorietà in tutta la Francia e l’inserimento della gamma di questi prodotti nelle maggiori insegne: Carrefour, Leclerc, Monoprix, Franprix, Casino, Spar et Vival.

7778640852_1L’ultima novità sono i prodotti freschi. Con l’etichetta Les Gueules Cassées costano il 50% in meno, rimangono sullo scaffale fino alla data di scadenza e i retailer non devono sopportare i costi del ritiro.

L’iniziativa sarà presto estesa anche al dettaglio tradizionale e ha attirato l’attenzione di ben 18 Paesi esteri e entro giugno è annunciato un incontro con una delegazione dagli Stati Uniti.

Lotta allo spreco: Tesco parte in Uk e si fa aiutare da un’App

Anche Tesco si impegna per lottare contro lo spreco alimentare: è partito in dieci pdv del Regno Unito il programma FareShare FoodCloud per recuperare il cibo scaduto o prossimo alla scadenza che non può più essere venduto, ma è ancora buono e può essere utilizzato da persone in difficoltà. L’accordo è stato messo in atto con le associazioni di volontariato FareShare e FoodCloud che si occupano di povertà e indigenza. Grazie a un’apposita App, i manager dei negozi avvisano gli enti benefici indicando precisamente il tipo e la quantità di alimenti disponibili, così da poterne organizzare facilmente ritiro e ridistribuzione.

Sebbene Tesco “elimini” solo l’1% di alimenti, stiamo comunque parlando di cifre importanti: nei pdv Tesco britannici l’anno scorso sono stati eliminati 55.400 tonnellate di cibo, 35mila tonnellate delle quali erano ancora commestibili. Il reparto più interessato è la panetteria, seguito da frutta e verdura e alimenti pronti quali sandwich e insalate.

Dopo la legge passata in Francia (vedi In Francia una legge contro lo spreco alimentare nel retail), anche il parlamento britannico sta pensando di introdurre norme che obblighino la Grande distribuzione a prendere misure concrete per arginare il problema. I numeri sono sconfortanti: 1,3 miliardi di tonnellate di cibo buttato ogni anno, sufficiente per sfamare quattro volte gli oltre 800 milioni di persone che muoiono di fame ogni anno.

La GDO è responsabile dell’1% dello spreco alimentare totale, che avviene in gran parte alla fonte (agricoltura e distribuzione) e presso l’utente finale. Per questo Tesco già in passato ha deciso di eliminare le promozioni “2 per uno” e ha inserito nei packaging della propria private label informazioni e consigli su come sprecare di meno in modo da sensibilizzare il consumatore. In Italia Coop, firmataria del Protocollo di Milano che ha tra i suoi obiettivi proprio la riduzione dello spreco (con l’abbattimento del 50% entro il 2020), segue il programma “Buon fine” e “Brutti ma buoni” in 544 punti vendita che ha donato ad enti benefici 4.604 tonnellate di alimenti (dati 2012). Ma chi più chi meno, tutte le grandi catene hanno programmi di riutilizzo, che spesso passando per associazioni quali Banco Alimentare, Croce Rossa o anche la parrocchia più vicina: mancano per lo più dei programmi centralizzati e monitorati. Ultimamente poi molte insegne hanno deciso di mettere in vendita a prezzo fortemente scontato i prodotti prossimi alla scadenza, e a livello europeo si sta ragionando su come eliminare o prolungare la dicitura Termine minimo di conservazione (TMC) dagli alimenti a lunga conservazione.

Sostenibilità: continuano a Expo gli incontri sul senso ritrovato organizzati da Plef

 

Prosegue il programma di incontri organizzati da Plef (Planet life economy foundation) sotto l’unico cappello de Il senso ritrovato alla Cascina Triulza all’interno di Expo 2015. L’iniziativa, che ha ricevuto gli elogi anche dal Presidente Emerito Giorgio Napolitano, in visita allo stand di Plef, si articola in dodici eventi tra convegni, seminari, laboratori, performance teatrali e concerti, coniugati all’insegna dell’unico denominatore comune della ricerca di un nuovo più ragionato, etico e sostenibile stile di vita. Ogni volta, una organizzazione no profit aderente a Plef, secondo la propria esperienza e la propria visione di sostenibilità affronterà un tema fra  economia, comunità, salute, ambiente, lavoro, città, pace, filatelia, turismo, arte, micro finanza e  nuova imprenditoria, in una cornice di culture provenienti da tutto il mondo, dall’Europa, all’Oriente, all’Africa, ma con un’attenzione speciale al nostro territorio.

Plef in quanto Onlus promuove la realizzazione di un nuovo modello economico e sociale (Renaissance Capitalism), evoluzione dell’attuale (Financial Capitalism) in via di degenerazione. Il modello di PLEF è in grado di creare vero “Valore“ (economico, sociale, ambientale, umano) e occupazione, superando le tesi contrapposte della “Crescita” o della “Decrescita”.

Prossimo appuntamento il 13 giugno, nel padiglione della Società Civile di Expo: Sicc – Società italiana chimici e cosmetologi, realizza un percorso sensoriale, per prendere confidenza con l’universo dei sensi e la loro importanza nell’elaborazione effettuata dall’intelletto umano. Un’occasione per capire come affinare la capacità di utilizzare i sensi per scegliere in maniera più consapevole i prodotti per la cura della persona, sperimentando direttamente come gli stimoli sensoriali contribuiscono alla sostenibilità planetaria e alla tutela e ridistribuzione delle risorse.

L’evento si articola in due momenti: durante l’intera giornata nell’area workshop, si svolgono delle sessioni di analisi sensoriale discriminativa e descrittiva per valutare l’acutezza dei sensi.

Nel pomeriggio in auditorium, esperti della comunicazione e della cosmetologia, argomenteranno le esperienze vissute nel percorso sensoriale. Ad aprire i lavori Roberto Rondinelli di MPR – comunicazione integrata, sponsor del progetto di PLEF “Il Senso Ritrovato”. Barbara Colonnello di Promoest parlerà del potere dei sensi nella comunicazione; Antonio Bettero del TVS Network di Padova, Marcello Monti di MOST, ed Elio Mignini di SICC spiegheranno la centralità della cute per la conoscenza del proprio stato di benessere; il presidente dell’Ordine dei Chimici della Lombardia tratterà poi della chimica verde e di come alcuni ingredienti di sintesi abbiano profili di sostenibilità migliori dei corrispondenti prodotti di origine naturale. L’incontro ospita anche l’anteprima di uno spettacolo teatrale comico clownesco in cartellone a settembre a Broadway: VIE Silent Show.

Per informazioni e aggiornamenti su programma: www.ilsensoritrovato.com | www.plef.org

Nielsen e Assobio, cresce il biologico: 3,2 mln i clienti abituali, +14,8%

Non si arresta la crescita degli acquisti di prodotti biologici, che continuano ad avanzare incuranti della contrazione dei consumi: sono ormai ben 18,4 milioni le famiglie italiane che acquistano prodotti bio. Di queste, 3,2 milioni (+14,8% sul 2013) sono clienti abituali e acquistano bio tutte le settimane; 3,2 milioni (+8,4%) acquistano bio una volta al mese e 12 milioni acquistano bio ogni tre mesi. Stiamo parlando di un settore che vale 2,5 miliardi con una crescita del fatturato del 16% nei primi 4 mesi del 2015 e del 12% nel 2014. Una crescita che non ha lasciato indietro il Sud Italia, che anzi incassa un incremento del 30%, contro il +16% del Centro, il +15% del Nord Est e il +13% del Nord Ovest.

È quanto emerge dalla ricerca Nielsen “L’alimentare e il biologico in Italia” commissionata da Assobio, l’associazione di rappresentanza delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici parte di FederBio, e presentata oggi al Parco della Biodiversità, l’area tematica in EXPO realizzata da BolognaFiere e dedicata all’agricoltura biologica e all’agrobiodiversità.
Tracciata anche la fotografia della consumatrice tipo: donna, è nella fascia di età tra i 25 e i 44 anni e fra i 55 e i 64 anni. Le cinque categorie più gettonate per fatturato sono invece uova, confetture e spalmabili a base di frutta, panetti croccanti, bevande di riso, mandorla e riso, pasta di semola integrale/farro/kamut.
“La ricerca Nielsen dimostra come sempre più italiani esprimono fiducia nel bio – sottolinea Roberto Zanoni, Presidente di Assobio – La qualità degli alimenti è un fattore chiave che porta il 20% delle famiglie italiane a scegliere prodotti biologici sia nella grande distribuzione che nei negozi e nei supermercati specializzati. Molte famiglie ricercano sicurezza alimentare, molti consumatori richiedono il bio perché guidati da esperti o per una questione di intolleranze e allergie alimentari, molti altri compiono una scelta consapevole anche per tutelare l’ambiente, la biodiversità, il lavoro degli agricoltori”.

Insieme alla ricerca è stato presentato il libro bilingue “Biologico, la parola alla scienza/What science says about organics” curato da Roberto Pinton. Una selezione di oltre 70 ricerche pubblicate da una trentina delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, da Science al British Medical Journal, da Pediatrics a Environmental Health Perspectives, sugli aspetti nutrizionali, sull’impatto dei pesticidi sulla salute, su microtossine e contaminanti organici, su biodiversità e ambiente.

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