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U2 Unes Milano Premuda tra sostenibilità, convenienza e foodie

Cambio di format per l'Unes U! di viale Premuda a Milano che riapre come U2.

All’inizio, alla fine e in alcuni cambi di assortimento che puntano verso l’alto di gamma: queste le novità del punto vendita Unes di viale Premuda a Milano, 900 mq, riaperto dopo una breve ristrutturazione con il format U2.

Tutto per “coccolare” quell’utenza, di fascia medio-alta, che viene spesso a fare la spesa “anche non piccola” e si aspetta delle novità. “Prima di tutto abbiamo ampliato l’area dei freschi, che accoglie il cliente all’entrata – spiega il direttore comunicazione e marketing Paolo Paronzini – con la volontà di ricreare quell’atmosfera “da mercato” di una volta, con una parte a servizio. Alla fine abbiamo sostituito i tradizionali avancasse, regno da sempre di alcune multinazionali italiane , con snack a base di frutta. Un passo intrapreso da alcune catene inglesi (ne avevamo parlato) ma che in Italia non ha ancora fatto nessuno. Del resto sono proprio i clienti che richiedono un’attenzione maggior al salutismo”.
I capisaldi del format sono due: l’attenzione all’ambiente e allo spreco, sottolineato da varie azioni come i frigo chiusi e gli scontrini stampati sui due lati, e evidenziata da vari cartelli che spiegano al cliente la filosofia del non spreco, ma anche dell’Everyday Low Price: niente promo, niente volantini, prezzi bassi tutti i giorni. Anche grazie alle due private label “Una U!, che garantisce prezzi più bassi fino al 50% rispetto alla marca, e Viaggiatore Goloso contraddistinta da un prezzo in linea o poco più basso rispetto alla marca, ma da prodotti di qualità, italiani, selezionati” spiega Maurizio Garbin, responsabile marca privata U2. “La quota delle vendite delle due pl è dl 39% a valore, e della metà a pezzo”
Le casse sono tutte assistite “non amiamo il self scanning perché nel punto vendita privilegiamo il rapporto umano con il personale, che da una ricerca è ciò che piace ai nostri clienti”.
Il wi-fi gratuito previa registrazione per due ore, presente ormai in 97 pdv della catena, prelude all’ingresso nel mondo delle App, previsto il prossimo ottobre. “Entreremo nel mondo del click and collect, dando la possibilità di fare la spesa grocery da casa, e lasciando i freschi per il pdv, perché riteniamo che la spesa dei freschi sia un piacere per il cliente che si fa guidare dall’assortimento, mentre il grocery è un po’ una routine”. Per ora ci sono gli armadietti-cassaforte con ricarica per gli smartphone: un servizio senz’altro utile e apprezzato dai clienti, che però non si sentiranno “nudi” a fare la spesa senza telefonino?

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Più birra meno consumi per Peroni: presentato il rapporto di sostenibilità

A fronte di un aumento nella produzione di birra rispetto allo scorso anno (+7%), Peroni, storico birrificio oggi del gruppo Sab Miller, ha ridotti i consumi di energia (-10,7%) e di acqua (-6,4%) necessari per fabbricare un ettolitro di birra. È ciò che emerge dal Rapporto di Sostenibilità 2013-2014 di Birra Peroni presentato ieri a Roma.

L’azienda quest’anno ha prodotto 4,93 mln di ettolitri di birra, 7% in più rispetto all’anno precedente, di cui 1,39 mln destinati all’esportazione. I dati presentati evidenziano il forte legame dell’azienda con la propria filiera agricola, con 1.600 coltivatori e 17.300 ettari di terra seminata destinati alla produzione di birra, e oltre 19 mila posti di lavoro in Italia (tra diretti e indiretti) attribuibili all’attività di Birra Peroni.
Migliorano, poi, i risultati in termini di impatto ambientale grazie a numerose iniziative nell’ambito dei processi produttivi. In particolare, il consumo di acqua si è ridotto del 6,4% mediante netti miglioramenti nel processo di pastorizzazione e di imbottigliamento, nonché nei processi di lavaggio. A differenza di 10 anni fa, Birra Peroni è oggi in grado di produrre l’attuale quantitativo di birra utilizzando 1.770 mln di litri di acqua in meno, pari al consumo giornaliero di una città delle dimensioni di Roma. I consumi energetici, invece, si sono ridotti del 10,7% grazie al recupero e alla diminuzione dei consumi nei reparti che presuppongono l’impiego di combustibili fossili per la produzione di energia elettrica e termica. L’azienda oggi per produrre un ettolitro di birra utilizza circa la metà dell’energia utilizzata nel 2001 (si è infatti passati da un consumo di 180,6 MJ/hl a 89,25 MJ/hl). Tale risultato è stato conseguito attraverso l’impiego di gas refrigeranti ecologici di cui sono stati dotati sia le frigo vetrine sia gli impianti per spillare la birra. Non solo: tra il 2013 e il 2014, la percentuale di rifiuti riciclati dall’azienda si è attestata al 98% a fronte di una maggiore produzione di birra (+7%).
“La nostra politica di sviluppo sostenibile – ha spiegato Federico Sannella, Direttore Relazioni Esterne Birra Peroni – ha come obiettivo principale impattare positivamente sulla nostra filiera. Oggi, per contribuire in maniera decisiva alla creazione di un futuro sostenibile, abbiamo definito la nostra azione “Prosper”. Quest’approccio amplifica e racchiude in sé il significato delle parole “crescita, miglioramento, sviluppo”. Per questo motivo – da sempre – ci concentriamo sulla tutela dell’ambiente, sul consumo responsabile, sullo sviluppo dell’imprenditorialità lungo la nostra catena del valore; dall’agricoltura fino a raggiungere i nostri partner commerciali e i nostri clienti. I risultati ottenuti nel periodo 2013-2014 segnano un ulteriore passo in questa direzione.”
Nel 2014 è proseguito, infine, il progetto Birra Peroni per l’agricoltura a supporto dell’imprenditorialità dei giovani agricoltori italiani, fornitori della malteria Saplo. Cinquanta coltivatori hanno partecipato alla seconda edizione del progetto realizzato in collaborazione con ENAPRA (Ente Nazionale per la Ricerca e la Formazione in Agricoltura di Confagricoltura) e rivolto alla formazione specialistica sulla sostenibilità. A sottolineare ulteriormente l’impegno dell’azienda in tal senso, la firma del recente accordo con Confagricoltura per promuovere una filiera sostenibile della birra.

Expo:la Carta di Milano per continuare a camminare insieme

Ieri è stata resa pubblica la versione definitiva della Carta di Milano, “un manifesto concreto e attuabile che coinvolge tutti, donne e uomini, cittadini di questo pianeta, nel combattere la denutrizione, la malnutrizione e lo spreco, promuovere un equo accesso alle risorse naturali e garantire una gestione sostenibile dei processi produttivi”.

È un documento denso di contenuti che costituisce – a due giorni dall’inaugurazione – l’eredità di Expo Milano 2015 rivolto a cittadini, istituzioni, imprese, associazioni e ai Paesi che vorranno sottoscriverla.

Qui puoi leggere e sottoscrivere la Carta di Milano

È una sintesi nata delle proposte e delle idee discusse durante l’evento “Expo delle Idee” svoltosi a Milano nella giornata del 7 febbraio scorso, dove 500 esperti organizzati in più di quaranta tavoli tematici si sono confrontati sullo sviluppo sostenibile e sul diritto al cibo, attraverso quattro prospettive interconnesse: cibo, energia, identità e dinamiche della convivenza.

La Carta di Milano costituisce un impegno in relazione al diritto al cibo considerato un diritto umano fondamentale al quale sono chiamati gli individui, la società civile le imprese e i governi. Uno strumento di cittadinanza globale, l’ha definito il ministro Martina nel corso della presentazione della Carta: «Per la prima volta nella sua storia una Esposizione universale promuove un atto d’impegno verso i governi, che tutti i cittadini potranno sottoscrivere contribuendo alla definizione di precise responsabilità dei singoli, delle imprese e delle associazioni».

Gli impegni sono fondamentali per il futuro di tutti: lotta allo spreco e alle perdite alimentari, difesa del suolo agricolo e della biodiversità, tutela del reddito di contadini, allevatori e pescatori, investimento in educazione alimentare e ambientale a partire dall’infanzia, riconoscimento e valorizzazione del contributo essenziale delle donne nella produzione agricola e nella nutrizione. E ancora: investimenti nella ricerca tecnologica, favorire l’accesso all’energia pulita,  corretta gestione dell’acqua, azioni per salvaguardare l’ambiente marino, proteggere con leggi adeguate il cibo da contraffazioni e frodi, contrasto del lavoro minorile e irregolare.

La Carta di Milano è sicuramente una summa di tutto quello che costituisce un mondo buono e giusto e va dato atto alle centinaia di persone che hanno contribuito a realizzarla della straordinaria capacità di sintesi. qualcuno dirà che è utopia. Ma rispondendo con le parole di Salvatore Veca, coordinatore della redazione della Carta di Milano, «l’utopia, come l’orizzonte, serve a continuare a camminare, insieme».

L’impegno per le imprese

“In quanto imprse noi ci impegniamo a:
• applicare le normative e le convenzioni internazionali in materia ambientale e sociale e favorire forme di occupazione che contribuiscano alla realizzazione personale delle lavoratrici e dei lavoratori

• investire nella ricerca promuovendo una maggiore condivisione dei risultati e sviluppandola nell’interesse della collettività, senza contrapposizione tra pubblico e privato;

• promuovere la diversificazione delle produzioni agricole e di allevamento al fine di preservare la biodiversità e il benessere degli animali;

• migliorare la produzione, la conservazione e la logistica, in modo da evitare (o eliminare) la contaminazione e da minimizzare lo spreco, anche dell’acqua, in tutte le fasi della filiera produttiva;

• produrre e commercializzare alimenti sani e sicuri, informando i consumatori su contenuti nutrizionali, impatti ambientali e implicazioni sociali del prodotto;

• promuovere adeguate tecniche di imballaggio che permettano di ridurre i rifiuti e facilitino lo smaltimento e il recupero dei materiali usati.

• promuovere innovazioni che informino i consumatori su tempi di consumo compatibili con la natura, qualità e modalità di conservazione degli alimenti;

• riconoscere il contributo positivo della cooperazione e degli accordi strutturali sulla filiera, specialmente quella alimentare, tra agricoltori, produttori e distributori, per una più efficace previsione della domanda;

• contribuire agli obiettivi dello sviluppo sostenibile sia attraverso l’innovazione dei processi, dei prodotti e dei servizi sia attraverso l’adozione e l’adempimento di codici di responsabilità sociale;

• applicare le normative e le convenzioni internazionali in materia ambientale e sociale e favorire forme di occupazione che contribuiscano alla realizzazione personale delle lavoratrici e dei lavoratori

• investire nella ricerca promuovendo una maggiore condivisione dei risultati e sviluppandola nell’interesse della collettività, senza contrapposizione tra pubblico e privato;

• promuovere la diversificazione delle produzioni agricole e di allevamento al fine di preservare la biodiversità e il benessere degli animali;

• migliorare la produzione, la conservazione e la logistica, in modo da evitare (o eliminare) la contaminazione e da minimizzare lo spreco, anche dell’acqua, in tutte le fasi della filiera produttiva;

• produrre e commercializzare alimenti sani e sicuri, informando i consumatori su contenuti nutrizionali, impatti ambientali e implicazioni sociali del prodotto;

• promuovere adeguate tecniche di imballaggio che permettano di ridurre i rifiuti e facilitino lo smaltimento e il recupero dei materiali usati.

• promuovere innovazioni che informino i consumatori su tempi di consumo compatibili con la natura, qualità e modalità di conservazione degli alimenti;

• riconoscere il contributo positivo della cooperazione e degli accordi strutturali sulla filiera, specialmente quella alimentare, tra agricoltori, produttori e distributori, per una più efficace previsione della domanda;

• contribuire agli obiettivi dello sviluppo sostenibile sia attraverso l’innovazione dei processi, dei prodotti e dei servizi sia attraverso l’adozione e l’adempimento di codici di responsabilità sociale”.

 

70 tonnellate di pasta Sgambaro a impatto zero per Expo

La prima pasta “a impatto zero”, come si conviene al tema dell’esposizione universale: sarà quella fornita dal Pastificio Sgambaro di Castello di Godego (Treviso) ai cinque ristoranti allestiti tra i padiglioni da CIR Food, che ha scelto l’azienda veneta quale fornitore unico di pasta.

I numeri sono imponenti. Per tutta la durata della manifestazione si prevede una media di circa 150 mila pasti serviti ogni mese: in tutto fanno oltre 70 tonnellate di spaghetti, pennette, fusilli, che dalla pianura trevigiana prenderanno la via di Expo 2015, per incontrare i condimenti della tradizione, le preparazioni più fresche e originali e gli esperimenti culinari dei cuochi del gruppo Chic – Charming Italian Chef, che aggiorneranno settimana dopo settimana il menù del ristorante “Aromatica” puntando sull’italianità.

Le linee “Etichetta gialla” e “Ristorazione” di Sgambaro sono “ad impatto zero” perché utilizzano grano duro 100% italiano certificato. Di questo, circa il 90% proviene da campi distanti al massimo 150 chilometri dal pastificio, per limitare al massimo i trasporti. Non solo. Per ridurre la propria impronta ecologica, l’azienda ha puntato sull’utilizzo esclusivo di energia proveniente da fonti rinnovabili, sull’acquisto di auto elettriche, e su iniziative di compensazione: prima l’adozione dei boschi di Mel, in provincia di Belluno, e Lusiana, in provincia di Vicenza, poi il sostegno al progetto Bosco Limite, azioni che evidenziano non solo l’impegno dell’azienda per la sostenibilità, ma anche il suo forte legame con il Veneto e il suo territorio. Ora grazie alla collaborazione con Blue Valley, bacino ittico che attraverso il CCS System punta allo “stoccaggio” di grandi quantità di anidride carbonica nel suolo fangoso della laguna veneta evitandone la dispersione in atmosfera, Sgambaro mira a un ulteriore salto di qualità: “Investire sulla tutela boschiva è stato un buon primo passo – sottolinea il presidente Pierantonio Sgambaro – ma adesso vogliamo fare di più e offrire un prodotto che per la prima volta in Italia sia realmente a impatto zero”.

Il tutto senza perdere di vista la qualità: “Selezioniamo con attenzione le migliori varietà di grano e lo lavoriamo nel massimo rispetto della materia prima, puntando sulla trafilatura al bronzo e sull’essiccazione lenta. Così otteniamo una pasta dall’alto valore proteico e dall’ottima tenuta in cottura, adatta quindi a un contesto di ristorazione come quello proposto a Expo 2015” spiega Sgambaro. “Per noi non c’è modo migliore di farsi ambasciatori di un’Italia ‘vera’, fatta di aziende che tengono alta la bandiera del Made in Italy puntando sulla qualità. Con questa scelta abbiamo ricevuto il giusto riconoscimento per un lavoro ventennale mirato al miglioramento continuo dei nostri prodotti e alla tutela dell’ambiente. CIR ha fatto dell’italianità e della sostenibilità due principi fondanti nella gestione dei punti di ristoro all’interno di Expo 2015 e ha trovato in noi un partner ideale”.

OGM e UE, Stati membri liberi di (non) decidere. Ed entrano 12 nuovi alimenti geneticamente modificati

Come già a gennaio per le coltivazioni, la UE ha preso in considerazione la commercializzazione di alimenti e mangimi geneticamente modificati, rivedendo il processo decisionale per l’autorizzazione in modo da garantire agli Stati Membri maggior flessibilità e potere di divieto: “La novità consiste nel fatto che, una volta che un OGM è autorizzato per l’uso in Europa come alimento o come mangime, gli Stati membri avranno la possibilità di decidere se consentire o no che un determinato OGM venga usato nella loro catena alimentare (misure di opt-out)”.

Le ragioni per cui uno stato potrebbe attuare l’opt-out sono però inintelligibili. Secondo la proposta di revisione: “Gli Stati membri dovranno giustificare la compatibilità delle loro misure di opt-out con la legislazione dell’UE, compresi i principi che disciplinano il mercato interno, e con gli obblighi internazionali dell’UE, di cui sono parte integrante gli obblighi assunti dall’UE nell’ambito dell’OMC [Organizzazione Mondiale del Commercio]. Le misure di opt-out dovranno fondarsi su motivi legittimi diversi da quelli valutati a livello dell’UE, vale a dire su rischi per la salute umana o animale o per l’ambiente”.
Fortemente critiche le associazioni, come Greenpeace. “La Commissione sta offrendo ai Paesi membri una falsa libertà di scelta, che non regge in nessun tribunale. Le regole del libero mercato in UE prevarrebbero sempre sulle scelte dei singoli Stati, in particolar modo se ai governi sarà negata la possibilità di giustificare i divieti adottati a livello nazionale per ragioni di carattere ambientale o sanitario”.
Tra le polemiche, la proposta legislativa sarà ora trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio e seguirà la procedura legislativa ordinaria.

Intanto, come ideale risposta alle critiche, la Commissione ha approvato l’ingresso (non la coltivazione) di 19 Ogm (tra cui 7 rinnovi) nel suo territorio: tre tipi di mais, cinque tipi di soia, due di colza e sette di cotone, oltre a 2 varietà di garofani. Secondo Federica Ferrario, responsabile della Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia: «Queste autorizzazioni confermano che Juncker non ha alcuna intenzione di avvicinare l’Unione Europea ai suoi cittadini, ma vuole solamente agevolare gli interessi di Stati Uniti e Monsanto. Solo pochi giorni fa il presidente della Commissione europea si è rimangiato quanto promesso ad inizio mandato: nessuna cancellazione delle norme che obbligano la Commissione UE ad approvare nuovi OGM in Europa anche se la maggioranza degli Stati è contraria. Oggi spalanca le porte dell’Europa a una nuova ondata di OGM solo per compiacere le aziende biotech statunitensi. Questo è un esempio di TTIP (il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) in azione».

Végé cresce in Puglia con il Gruppo Ferì

Il Gruppo Enzo Ferì, mandatario di Gruppo VéGé, attivo nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto ha registrato nel primo trimestre un incremento delle vendite sia nei punti di vendita diretti (3%) sia in quelli affiliati (23%) confermando il trend di crescita che ha portato l’azienda a chiudere il 2014 con un fatturato di 52 milioni di euro.

L’azienda opera con una rete distributiva di 44 punti vendita a insegna Dimeglio e 10  a insegna Sidis, per complessivi 22 mila metri quadrati di superficie e ha in programma una ulteriore espansione territoriale, con l’apertura nel corso dell’anno di 9 punti vendita in affiliazione e gestione diretta. Le prime aperture riguarderanno l’ipermercato Sidis da 1.300 mq a Squinzano, con tutti i reparti merceologici incluso l’abbigliamento sportivo, e due supermercati Sidis a Martano e Scorrano, rispettivamente da 450 e 380 mq.

Enzo Feri
Enzo Ferì, presidente dell’omonimo Gruppo

“Il nostro proposito è affermarci come realtà di riferimento regionale della distribuzione, capace di combinare radici nel territorio, efficienza e innovazione, perché è esattamente questo ciò che serve oggi per riequilibrare un settore fragile e frammentato ridando spazio alle piccole e medie imprese locali”, ha dichiarato imprevidente Enzo Ferì.

Sarà anche estesa nei prossimi mesi a tutta la rete l’iniziativa di sensibilizzazione ambientale già sperimentata con successo in quattro punti vendita a Lecce, Campi Salentina, Salice Salentino e Squinzano: la presenza presso i punti vendita di ecocompattatori che incoraggiano il conferimento di bottiglie di plastica, flaconi di detersivi e lattine riconoscendo buoni sconto spendibili direttamente nel supermercato

Federdistribuzione presenta il bilancio di sostenibilità della distribuzione moderna

«Siamo le aziende del prezzo giusto, non del prezzo basso»: così il presidente di Federdistribuzione  Giovanni Cobolli Gigli ha introdotto l’incontro di presentazione del secondo Bilancio di sostenibilità della Distribuzione moderna organizzata (Dmo). «Uno strumento – ha aggiunto – nel quale esprimere la nostra identità, dichiarando i valori forti intorno ai quali le aziende della Dmo rappresentano, pur nella loro diversità, un insieme coeso». Un concetto ribadito anche da Mario Gasbarrino, amministratore delegato di Unes, per il quale: «In un settore ad elevata competitività come quello della distribuzione, la sostenibilità è un fattore di incontro, di scambio delle best practice».

L’obiettivo del bilancio di sostenibilità (l’unico, salvo errori, che riguarda un intero settore) è infatti quello di «trasmettere l’idea che l’impegno delle imprese sull’ambiente, nei confronti  di collaboratori e clienti, verso i fornitori e la comunità non è sporadico o casuale, ma rappresenta un atto consapevole che entra a far parte della più autentica strategia d’impresa e sul quale il commitment è molto forte. È la testimonianza che la sostenibilità non viene più intesa solo come una leva di posizionamento, ma sta diventando una leva economica». Federdistribuzione, ricordiamolo, rappresenta un variegato universo di imprese distributive per un totale di 14,600 punti vendita, 60,6 miliardi di euro di giro d’affari, pari al 47,9% della Dmo.

Va detto che, poiché la cronaca ha il sopravvento sui temi di un convegno, a poche ore di distanza, la notizia che qualche centinaia di dipendenti di Auchan hanno occupato piazza Montecitorio in seguito al fatto che il retailer francese si appresterebbe a licenziare oltre mille dipendenti, quale effetto della crisi di questi anni e della necessità di una riorganizzazione della propria presenza in Italia (cìè anche chi paventa una sua uscita), getta qualche ombra su queste affermazioni. Tuttavia non ne mina la sostanza.

Nel completo rapporto di bilancio, gli aspetti citati da Cobolli sono sintetizzati in una serie di numeri a significare un percorso virtuoso, come l’ha definito Mario Molteni, direttore di Altis (Università Cattolica di Milano): «La seconda edizione del Bilancio di Sostenibilità di Settore racconta di aziende che credono e investono in iniziative di responsabilità sociale e ambientale, assumendo il ruolo di propulsore di crescita». Nelle otto aree oggetto dell’indagine (clienti, fornitori, collaboratori, comunità, certificazione, ambiente, comunicazione), che censisce 60 iniziative diverse delle imprese associate, le attività delle imprese della Dmo hanno tassi di penetrazione elevati, che sfiorano il 100% in alcuni casi come i sistemi di riduzione dei consumi energetici, l’attivazione del servizio di ascolto dei clienti, l’inserimento di informazioni addizionali sull’etichetta dei prodotti a Marca del Distributore.

«Il dato più significativo – ha sottolineato Molteni – è che in tutte le aree si registra un incremento, con l’eccezione delle certificazioni, ma per il semplice motivo che è già completamente presidiata».

L’area che registra l’evoluzione più significativa è quella dei fornitori: +15% rispetto all’indagine 2012. Le aziende distributive lavorano con i fornitori in logica di partnership e per una loro valorizzazione, favorendo un percorso di crescita delle PMI. Pratiche quali l’instaurazione con le PMI di un rapporto di lunga durata (79% delle imprese), la valutazione del Codice etico del fornitore o la firma congiunta di un codice di condotta (75% delle imprese), la dematerializzazione degli scambi di documenti (82% delle imprese) favoriscono nelle imprese fornitrici l’avvio di un percorso di Responsabilità Sociale d’Impresa e di innovazione.

Anche l’area clienti segna un trend positivo dell’11%. Nei confronti dei clienti le imprese distributive tutelano il potere d’acquisto e mostrano attenzione alle nuove dimensioni sociali, andando spesso oltre gli obblighi di legge.

sostenibilità Dmo 2014

«La sostenibilità – ha concluso Molteni – è diventata un aspetto strutturale del business per le imprese della Dmo, che svolge, per di più, un ruolo proattivo verso le imprese fornitrici e di educazione della clientela. Il fatto che la riduzione degli imballaggi sia aumentata del 18% e la riduzione dei rifiuti del 12% testimonia di un approccio pragmatico alla sostenibilità, che fa bene immediatamente al conto economico dell’impresa».

Sono numerosi gli spunti emersi dalla duplice tavola rotonda che ha discusso i risultati del bilancio di sostenibilità di settore. Proviamo a sintetizzarli.

Consumo di suolo. Per le imprese della Dmo che vuole continuare a investire e a crescere, il tema è particolarmente importante. Intorno al consumo di suolo, in discussione nei palazzi della politica,  si intrecciano infatti gli interessi delle comunità locali, quelli della Dmo (per la quale è centrale la redditività del punto vendita), quelli delle amministrazioni locali. «Ma dobbiamo operare tutti all’interno di un quadro di certezze: oggi quando si parte non si sa quando si arriva e quando e in quali condizioni si arriva a compimento del progetto», ha detto Valerio di Bussolo, direttore della comunicazione di Ikea Italia.

Anche perché, ha illustrato il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, sono numerosi i casi in cui le Regioni e le amministrazioni locali hanno posto vincoli all’apertura di punti vendita e agli orari di apertura, nonostante le disposizioni contenute nei decreti Cresci Italia e Salva Italia che avevano invece aperto le porte a una maggiore liberalizzazione al riguardo, tanto che l’Antitrust è dovuto intervenire presentando ricorsi contro gli atti degli enti locali.

Rapporti con i fornitori. Per Luigi Mastruobuono, direttore generale di Confagricoltura sono quattro le aree di lavoro comune con la Dmo: la condivisione di dati per comprendere e migliorare le relazioni con i consumatori; valorizzare la filiera agroalimentare che vale il 14% del Pil; l’internazionalizzazione, perché la Dmo può essere la piattaforma di diffusione dei prodotti italiani all’estero; la comunicazione per creare maggiore valore veicolando nuovi contenuti relativi alla sostenibilità.

E Mario Gasbarrino ha aggiunto che quando si parla di prodotti a marchio del distributore questi rapporti sono già a livelli elevati tanto che molte Pmi sono cresciute fino ad affacciarsi ai mercati internazionali grazie alla Dmo e che la valorizzazione dei prodotti locali in futuro è destinata a crescere. Non solo, ma «quando un distributore sognatore e un produttore inventore si incontrano si raggiunge un equilibrio perfetto. Tanto che con il nostro fornitore di acqua minerale abbiamo eliminato il fardello in polietilene, risparmiando circa 480 camion di plaastica indifferenziata. E noi valiamo solo l’1% del fatturato complessivo della distribuzione alimentare».

Convegno Bilancio di sostnibilità distribuzione moderna 2

Filiera. «Il futuro si giocherà su una visione della filiera diversa, con progetti a lungo termine. Ma occorre fare rapidamente un salto di qualità. Mi auguro che l’industria recuperi quella capacità di innovazione  che in questi ultimi anni è stata più appannaggio della distribuzione. Dobbiamo tornare a metterci in gioco per costruire una visione più integrata più documentata con la distribuzione e con l’agricoltura». Alberto Frausin, amministratore delegato Carlsberg Italia.

Eccedenze alimentari. La Francia recupera le eccedenze 6-7 volte di più che l’Italia. L’auspicio del presidente di Fondazione Banco Alimentare Andrea Giussani è che la lotta contro lo spreco possa diventare un processo ordinario all’interno delle imprese distributive, per far si che da opportunità etico-sociale possa diventare una normale attività. Dando poi evidenza dei risultati ottenuti per favorirne il contagio e la diffusione.

Effetto Expo: da Granarolo la prima bottiglia 100% compostabile

Granarolo Bottiglia CassavaUna bottiglia per il latte compostabile  in 12 settimane. È questo il prototipo che Granarolo, presenta in ccasione di Expo per la prima volta, in una special edition.

Granarolo ha scelto di utilizzare una bottiglia costituta al 100% da Cassava, che ha la potenzialità di biodegradarsi in compost entro 12 settimane. La scelta dell’utilizzo della Cassava è anche etica: il materiale non deriva da prodotti vegetali utilizzati per soddisfare il fabbisogno alimentare e di conseguenza non intacca la catena alimentare umana.

La prima bottiglia compostabile di Granarolo è anche tra i finalisti dell’Oscar dell’Imballaggio 2015

San Benedetto disseta i partecipanti alla Suissegas Milano Marathon

Acqua Minerale San Benedetto è l’acqua ufficiale della Suissegas Milano Marathon (12 aprile), il primo evento sportivo in Italia (come Milano City Marathon nel 2013-2014) e la prima maratona in Europa ad ottenere dagli Stati Uniti la ReSport Certification: la certificazione, rilasciata dal Council for Responsibile Sport che misura e attesta la responsabilità ambientale e sociale degli eventi sportivi.

San Benedetto disseterà tutti i partecipanti alla 15ma edizione della classica internazionale su strada con il formato da mezzo litro della linea “progetto ecogreen”, la prima linea di acqua minerale in Italia a ricevere dal Ministero dell’Ambiente il logo del programma per la valutazione dell’impronta ambientale.

L’impegno ambientale di San Benedetto è parte integrante della Csr dell’azienda ormai da molti anni.

Nel 2009 un accordo volontario con il ministero dell’Ambiente volto alla riduzione delle proprie emissioni di CO2 in tutto il ciclo produttivo fino a neutralizzarle del tutto. Nel periodo 2008-2012, l’azienda di Scorzè ha ridotto, a parità di volumi, le emissioni complessive di CO2equivalente del 19,4% sulla linea Acqua Minerale San Benedetto, ben tre volte al di sopra degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto per l’Italia.

Ha introdotto nel 2010 sul mercato italiano il primo formato di acqua minerale a CO2 equivalente compensata 1 litro Easy (il 100% delle emissioni neutralizzate attraverso l’acquisto di crediti di carbonio di tipo VERs che finanziano progetti legati alla riduzione dei gas effetto serra), caratterizzato oggi dalla presenza di un 50% di RPet (Pet rigenerato proveniente dal riciclo della plastica, riducendo il fabbisogno di materia prima vergine e quindi di petrolio), il massimo previsto dalla normativa. Un’innovazione attraverso la quale San Benedetto si è guadagnata presto il gradimento dei consumatori e la leadership assoluta di segmento con una quota di più del 40% a volume.

Nel 2012 è stata estesa l’esperienza di successo di Easy ad una nuova linea di prodotti “progetto ecogreen” comprendente due formati famiglia da 2 litri e da 1,5 l (che utilizzano il 30% di RPet) nonché un formato da mezzo litro  per il consumo on the go, tutti caratterizzati dalla completa compensazione delle emissioni prodotte, sempre secondo il meccanismo dell’acquisto dei crediti.

Buonissimo a Brescia riqualifica il Corso Mameli

 

Decoro urbano, comunicazione, cultura e identità sono le parole chiave che hanno fatto da guida al progetto di riqualificazione di Corso Mameli a Brescia di cui Buonissimo, l’Arcipelago del gusto si è fatto parte attiva e promotore.

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Un angolo di Buonissimo

Buonissimo è il gourmet store dedicato alle tipicità italiane facente capo al Gruppo Martini (associato Sisa Centro Nord) dove nei suoi quattro piani e tremila metri quadrati di superficie, si incontrano numerose isole. Isole dedicate ai prodotti di qualità che produce la tradizione gastronomica italiana, oppure ai freschissimi (carne, ortofrutta, pane fresco, salumi e formaggi), alla spesa di tutti i giorni, alla degustazione o alla ristorazione. Fino ad arrivare alle isole riservate alla scuola di cucina, alla formazione per bambini e alla conferenze.

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Un corso di cucina da Buonissimo con lo chef Carlo Bresciani

È situato in un edificio storico in Corso Mameli – anticamente Corso delle Mercanzie – che per i motivi più svariati ha vissuto un lento ma irreversibile declino, di cui la chiuisura di numerosi negozi esistenti è stato insieme causa ed effetto.

Abbandono, insicurezza, degrado urbano: alla fine dell’anno scorso Buonissimo ha deciso di intervenire, proponendosi non solo come on come luogo dove fare la spesa, pranzare, cenare o frequentare un corso, ma come un protagonista attivo della vita della città, che crea benessere, senso di comunità e bellezza.

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Affiancando un Comitato di residenti ha individuato, coordinato e co-finanziato una serie di operazioni organiche inserite in una precisa strategia di rigenerazione urbana con l’obiettivo di favorire nel medio periodo la riapertura dei negozi sfitti, aumentare il passaggio di cittadini e rendere la via più vivibile per i residenti.

20150314_181056Numerosi i progetti già realizzati e programmati tra i quali il ciclo di conferenze sulla alla storia della via, le visite guidate alle principali bellezze storico artistiche della via, esposizioni d’arte, degustazioni di vini e la prima Social Street della Provincia di Brescia su Facebook. Uno spazio di scambio e confronto sul social network per gli abitanti, i commercianti e i frequentatori della via.

Buonissimo ha altri punti vendita a Cittadella, Rovereto e San Benedetto del Tronto.

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