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Gancia distribuisce in Italia il whiskey irlandese Bushmills in tre referenze

BushmillsGancia, marchio storico di proprietà del Gruppo Roust, ha cominciato la distribuzione in Italia del  Irish whiskey Bushmills nelle 3 referenze Original, Black Bush e 10 anni Single Malt. Bushmills Irish Whiskey è prodotto artigianalmente presso una delle distillerie più antiche d’Irlanda, a Bushmills, nella Contea di Antrim, in Irlanda del Nord.

Per Alessandro Picchi, Presidente di Gancia, «Bushmills rappresenta una grande opportunità grazie alla sua forte immagine e alla sua qualità. La presenza di questo whiskey nel nostro portfolio s’inserisce perfettamente all’interno del nostro obiettivo strategico, che punta ad avere un incremento nelle referenze degli spirits, con marchi unici e di alta qualità. Siamo fiduciosi di riuscire ad intraprendere un percorso di reciproca crescita e successo».

L’Italia è un mercato in crescita per il whiskey irlandese e il marchio Bushmills ha un ottimo potenziale, nei canali on e off trade.

Bushmills è un marchio di proprietà di Jose Cuervo International, storica azienda familiare con sede a Messico City.

Manuel lancia Samtime, la sambuca al caffè

SAMtime è una sambuca al caffè, ed è l’ultima arrivata in casa Manuel Caffè, azienda che da quarant’anni produce miscele di caffè d’eccellenza.

In vendita nel canale di distribuzione tradizionale e moderno, adatta da gustare a fine pasto, ha un packaging elegante e moderno, e rivisita la più tradizionale ricetta della sambuca, creando una sintonia tra l’avvolgente aroma della miscela 100% Arabica Manuel con il gusto fresco dell’anice e dei fiori di sambuco.

La sambuca SAMtime Manuel, 38 gradi, può essere degustata con ghiaccio o liscia o come base per creare speciali cocktail.

Dal 1975 l’azienda Manuel Caffè crea prodotti che spaziano dalle miscele classiche, robuste, speziate e dolci, fino alla gamma di tè, infusi e cioccolata.

I 170 anni di eccellenza (e successi internazionali) di Fratelli Branca

Nata a Milano 170 anni fa e ancora oggi la sua sede e il suo stabilimento sono rimasti nella città meneghina. È un anniversario d’eccezione quello di Branca, azienda famigliare, oggi alla quinta generazione, che è presente in 160 Paesi del mondo con i suoi prodotti, primo tra tutti il Fernet-Branca (che in Argentina è davvero un cult). Proprio recentemente ha conquistato il quarto posto assoluto, affermandosi come primo brand italiano, con una crescita del 10%, nella classifica internazionale di Shanken’s Impact Databank dedicata ai Top 100 brand di spirits in tutto il mondo che hanno registrato la crescita più veloce.

Un po’ di storia
È nel 1845 che Bernardino Branca e i suoi tre figli iniziano l’avventura proprio con il Fernet-Branca, frutto della loro inventiva e intraprendenza: un prodotto con erbe e radici provenienti da quattro continenti, la cui formula segreta, tuttora custodita dalla famiglia Branca, ha dato vita a un elisir dalle qualità tanto benefiche da essere stato a lungo venduto (fino al 1950) nelle farmacie. La decisione di investire fin da subito in ricerca, insieme alla scelta di seguire le rotte degli italiani in Europa e oltreoceano, soprattutto negli Stati Uniti e in Sud America, furono le due grandi intuizioni della famiglia Branca, che hanno segnato l’esordio di una storia unica, contraddistinta dall’attenzione all’innovazione nel rispetto delle tradizioni, come ricordato nel leitmotiv aziendale “Novare Serbando” (rinnovare conservando).

Su questo leit motiv si è sviluppata l’azienda che oggi ha un portafoglio di prodotti che annovera anche Brancamenta, Stravecchio Branca, Caffè Borghetti, Grappa Candolini, Grappa Sensèa, Punt e Mes, Carpano Classico e Bianco, Antica Formula, Sambuca Borghetti, il distillato premium Magnamater, la vodka Sernova, i vini Chianti Classici Villa Branca, lo spumante Bellarco e l’ultimo nato, Carpano Dry.

Niccolo Branca
Niccolò Branca, presidente e amministratore delegato Fratelli Branca

«Questo anniversario – commenta il presidente e amministratore delegato  Niccolò Branca – segna un traguardo storico per la nostra azienda, ma anche per il made in Italy: la storia di Branca indica come l’attenzione alla qualità, all’innovazione, insieme alla conservazione delle tradizioni, possono fare grande l’impresa italiana facendole superare i momenti difficili senza perdere le proprie radici e i propri valori. Da sempre in Branca poniamo un’attenzione particolare alla ricerca, alla qualità delle materie prime, all’attenzione alle norme etiche e al rispetto per l’ambiente. E soprattutto l’attenzione alla persona, a tutti i lavoratori, che dell’azienda sono parte fondante e ogni giorno ne determinano il successo”.

In occasione dell’anniversario è stato emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico il francobollo appartenente alla serie tematica “Le eccellenze del sistema produttivo ed economico” dedicato a Branca ed è stato edito da Rizzoli il volume “Sulle ali dell’eccellenza”: un ritratto dell’azienda, dai celebri prodotti ai manifesti storici alle tappe della sua storia, dalla fondazione a Milano all’espansione internazionale che ne ha segnato lo sviluppo fin dall’Ottocento.

 

Grappa, alla scoperta di un rito emotivo profondo

Fiera Milano Media e Centro Studi Assaggiatori propongono un programma per la valorizzazione della grappa attraverso la ricerca di un rito che la possa distinguere a livello internazionale. Il programma, a cadenza annuale e con respiro poliennale, si struttura in una ricerca rivolta ai professionisti dell’ospitalità, ai giornalisti e ai tecnici del settore che ha come obiettivo di individuare riti per il consumo della grappa. Ogni anno Fiera Milano Media e Centro Studi Assaggiatori organizzeranno questo evento che si concluderà con una dimostrazione dei riti proposti e assegnando il riconoscimento ai migliori riti.

Il rito discende dal mito. E se quest’ultimo è la narrazione di qualcosa di straordinario e trascendentale, il rito indica un atto – o un’insieme di atti – che vengono svolti secondo una precisa procedura, in virtù di un mito, capaci di riassumerlo e di renderlo attuale.

Il rito ha una derivazione inconscia, a volte superstiziosa e intima (come quando ci si bagna il retro del lobo dell’orecchio con il vino versato sperando che porti bene), ma in genere ha una valenza sociale per riaffermare un credo e l’appartenenza a un gruppo. In questo ambito il rito rafforza i legami sociali e rinnova il mito.

Comunque sia, il rito necessita di un coinvolgimento emotivo profondo, raggiungibile attraverso una precisa sequenza di azioni e molte volte con il compendio imprescindibile di stimoli esogeni: luci, suoni, movimenti, odori e sapori.

Al rito, religioso o pagano, ci si prepara, e la preparazione fa già parte del rito. Una ragazza che si trucca e poi si veste per andare in discoteca sta già entrando nel rito, il barman che elabora un cocktail con movimenti studiati sta officiando un rito, alla pari del maître che gestisce un piatto alla lampada davanti ai commensali.

Se è vero che molti riti si compiono con l’acqua, i più comuni trovano sempre elementi rafforzativi in bevande che contengono almeno un po’ di alcol o di caffeina.

Come logica conseguenza i riti sono diventati i maggiori sponsor delle bevande fermentate e alcaloidee.

Possiamo immaginare che la vostra mente sia corsa al rito anglosassone del tè delle 5 caro al mondo londinese o alla ben più complessa cerimonia che si svolge intorno alla bevanda in estremo oriente e in Giappone in particolare, subito pensando che queste costituiscano una vistosa eccezione alla tesi di cui sopra, ma così non è: anche il tè contiene una significativa quantità di stimolanti.

Dai riti rinascono i miti

Lo possono diventare la bevanda e il suo produttore assumendo valori sbalorditivi, come può entrare nel mito l’officiante: l’assaggiatore, il narratore, il sommelier, il barman, il cuoco e il maître.

Ecco quindi che il mito rafforza il rito, lo rende esclusivo di un gruppo o di un momento e pienamente appagante del bisogno per il quale era sorto. Nello stesso tempo il rito genera una forte valorizzazione degli elementi che lo compongono, templi i cui si svolge inclusi.

I cardini sui quali un rito si svolge e si afferma sono sostanzialmente tre: il luogo, il narratore e gli elementi di mediazione. Tra questi ultimi quelli di maggior spicco sono le bevande: il vino in primis, a seguire birra e altri fermentati (si pensi al sakè), acquaviti, caffè e tè.

Se è difficile trovare un rito senza una bevanda, non esiste una grande bevanda senza un rito. E non di rado è stato proprio il rito a generare il successo di una bevanda.

Pensiamo un attimo al tequila: ricavato da una materia prima povera di sostanze aromatiche e facile preda di microrganismi, distillato un tempo in alambicchi primitivi, non è mai stato una gioia dei sensi. Per sopperire a questa carenza naturale fu introdotto l’uso del limone e del sale sull’incavo formato dall’indice e dal pollice: una leccata e poi un bicchierino d’acquavite tutto d’un fiato. Divenne rito e per il tequila fu la fortuna.

Non meno importante, volendo riferirci a tempi più vicini a noi, è stato il recupero della tradizione dello spritz (pirlo per i Bresciani, furlan per i Friulani) con un conseguente insperato business per gli ingredienti (Prosecco, Aperol, Campari) e per i bar che organizzano aperitivi.

Qui sorge spontanea un’altra riflessione: la complessità del rito

Recarsi al bar al mattino per un espresso veloce è comunque un rito, per molti irrinunciabile, ma è decisamente semplice. Sedersi in un bar a Vienna, farsi servire un caffè in tazza di porcellana fine con panna e latte a parte, dosare con cura gli ingredienti, intercalare il sorseggio con piccola pasticceria costituisce un rito decisamente più complesso.

Ecco che i riti possono nascere da abbinamenti tra più elementi sapientemente uniti dal partecipante o dall’officiante del rito. Se invece di essere una caffè alla viennese avessimo preso come esempio un cappuccino a Costa Masnaga, a fare la parte del leone sarebbe stato il barista con la sua capacità di montare il latte alla perfezione e di versarlo con arte su di un espresso eccellente.

Molti riti – da quello del tequila al cappuccino – sono costruiti attraverso abbinamenti.

L’ombra con l’ovetto, tipicamente veneta, è costituita da un semplice bicchiere di vino (in genere bianco) con un nuovo sodo: il piacere di un’abitudine che diventa rito irrinunciabile, con conseguente aumento dei consumi.

Una bevanda semplice diventa rito quando soddisfa un mito collocandosi in un preciso momento di aggregazione, come può farsi complessa diventando rito stesso la sua preparazione. Caso classico la caipirinha.

Ma un mito può volere un rito: quanti prenderebbero mai in mano disinvoltamente una bottiglia di vino da qualche centinaio di euro e la stapperebbero distrattamente versandone il contenuto in un vetraccio di infimo ordine?

Un rito ha naturalmente la necessità di una scenografia, coerente con il rito stesso. Fanno parte di questa il luogo, gli arredi e i complementi di arredo. La piazza di Manzanarre in Spagna è il luogo del rito dell’aperitivo serale per tutta la città. Quattro bar offrono preziosi Xeres serviti in piccoli bicchieri e accompagnati da formaggi e stuzzichini a base di pesci, entrambi scelti con estrema cura.

La poltrona di casa vostra può essere il tempio in cui officiate il rito di un incontro con voi stessi accompagnato da un Cognac d’annata, servito per l’occasione in un balloon di vetro leggerissimo da avvolgere nel palmo della mano.

Ma non meno importante è l’officiante di un rito che ha il compito di preparare il tempio curando ogni minimo particolare, ma anche di dimostrarsi all’altezza del proprio ruolo attraverso uno stile impeccabile. Se un ballon può essere riscaldato nel palmo della mano e un tumbler gestito con disinvoltura e incuranza, un calice da degustazione va tenuto rigorosamente per lo stelo pinzandolo tra il l’indice e il medio o, se volete fare i fighetti, pinzando il piede con il pollice e l’indice.

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Alexandre Ricard è il nuovo Ceo del gruppo Pernod Ricard

Dopo 15 anni al vertice di Pernod Ricard Pierre Pringuet lascia il posto al nuovo Ceo Alexandre Ricard, nipote di Paul Ricard, fondatore dell’impero dei superalcolici. Ricard giunge al vertice del gruppo dopo una carriera cominciata nel 2003 che l’ha portato ad assumere responsabilità crescenti fino a diventare Managing Director della rete distributiva del gruppo.

Al momento dell’insediamento Ricard ha dichiarato di condividere la strada fin qui intrapresa e di volere accelerare il percorso di crescita.  «La strategia di organizzazione decentrata e gli investimenti nei prodotti di fascia alta rimarranno gli asset fondamentali del nostro modello di crescita. L’eccellenza operativa in ogni mercato sarà la chiave vincente per continuare a crescere», ha detto.

In concomitanza della nomina di Alexandre Ricard e del rinnovo dei vertici, il gruppo ha annunciato il buon andamento dell’ultimo semestre. I dati hanno infatti rilevato un consolidamento delle vendite (+1%) per un totale di 4,6 miliardi di euro e un utile stabile a 1,3 miliardi di euro. Per il 2014/15 è stata confermata l’indicazione di crescita organica tra l’1% e il 3% del profitto da operazioni ricorrenti.

Pernod Ricard è l’azienda co-leader a livello mondiale nel settore wine & spirits con un fatturato nell’esercizio 2013-2014 di 7.945 milioni di euro. In portafoglio numerosi marchi, tra i quali Absolut Vodka, Ramazzotti, Havana Club, Chivas Regal, Wyborowa, Ballantine’s, The Glenlivet, Jameson, Ricard, Malibu, Martell, Beefeater, Kahlúa, Jacob’s Creek, Montana, G.H. Mumm, Perrier-Jouët.

Caffo compie 100 anni e con il calendario 2015 fa il giro del mondo in 12 cocktail

Calendario da parete_Caffo Un viaggio nel gusto 2 dicembre3Per Caffo, produttore del Vecchio Amaro del Capo, il 2015 è l’anno del centenario e per l’occasione l’azienda calabrese ha ideato un calendario che, come un viaggio nel tempo, celebri il carattere cosmopolita del suo amaro simbolo e degli altri suoi distillati, suggerendo una serie di cocktail realizzati con i prodotti tipici di dodici città internazionali.

Ispirate alle antiche mappe di navigazione,  le pagine dedicate ai dodici mesi regalano un viaggio intorno al mondo attraverso nuovi mix ma  raccontano anche la storia di questa realtà che la famiglia Caffo guida con passione da generazioni.  Ad arricchire questo calendario, infatti, anche foto e documenti tratti dall’archivio della distilleria di Limbadi che vanta  un secolo di esperienza votata alla qualità.

«Le immagini sullo sfondo sono vecchi documenti e vecchie foto dell’archivio privato Caffo  e sembrano appoggiate su un tavolo da lavoro con gli appunti di una vita, o meglio di più vite – spiega Sebastiano Caffo – abbiamo scelto di raccontare in questo modo la nostra storia, che è una storia di famiglia ma è anche un modo per valorizzare il nostro territorio nel mondo».

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