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Wardrobing no grazie, la tecnologia Checkpoint System dice stop

È un costo secco, una perdita e un danno per l’ambiente, insomma è una vera piaga per il retailer il wardrobing, una pratica sempre più diffusa che vede gli acquirenti online acquistare un capo, indossarlo e poi restituirlo.

I resi totali nel settore retail hanno raggiunto i 642,6 miliardi di dollari l’anno, valore che colloca il fenomeno al 21° posto tra i principali ranking economici mondiali. Mentre molti sono da attribuire alla qualità del prodotto, alla taglia sbagliata o semplicemente ad un ripensamento del consumatore, esiste una tendenza crescente, quella del “wardrobing”.

Una soluzione viene da Checkpoint Systems, con il lancio europeo della nuova generazione di soluzioni R-Turn Tag sviluppata proprio per consentire ai retailer di ridurre il numero di resi fraudolenti.

Il wardrobing è assai praticato da una particolare categoria di acquirenti, gli acquirenti compulsivi, spesso caratterizzati da un basso potere d’acquisto ma che sono soliti andare alla ricerca di un cambio di look anche ogni settimana. Due terzi (64,5%) dei retailer ha dichiarato di essersi imbattuto in clienti che hanno utilizzato il prodotto solo una volta per poi restituirlo e chiederne il rimborso, con “wardrober” seriali che restituiscono anche 20 prodotti all’anno. Questa cifra aumenta quanto più il cliente è certo che il negozio non rifiuterà la merce. Per esplorare le abitudini dei “wardrober” e il loro impatto sull’industria del Retail un giornale spagnolo El Español ha intervistato una “wardrober” di 29 anni, che ha spiegato la sua dipendenza: “Quando devo partecipare a un evento importante, come una conferenza, desidero un outfit diverso per ogni giorno. Compro quindi cose che poi so già che darò indietro, le voglio solo indossare una volta, è come avere a disposizione un’intera collezione ogni stagione”.

Proprio come i taccheggiatori, molti “wardrober” condividono tra loro informazioni su come e dove è più facile praticare wardrobing, aggravando il problema per i retailer. E per ogni articolo acquistato online o in negozio con l’unico scopo di poterlo restituire in un secondo momento aumenta anche il rischio per il negoziante di esaurire le scorte a magazzino. I prodotti acquistati online e poi restituiti in negozio creano, tra l’altro, un problema di logistica.

 

Come contrastare il wardrobing

È importante che i retailer si avvalgano di una rigida politica di restituzione, che però non allontani i clienti. Proprio per questo motivo Checkpoint Systems ha sviluppato R-Turn Tag: si tratta di una semplice etichetta, che può essere personalizzata con il marchio del retailer, da applicare agli articoli in negozio. L’etichetta rimane applicata fino al momento in cui il cliente non indossa la merce, rimuovendola quindi una volta giunto a casa. Il meccanismo di chiusura di cui è composta si rompe manualmente con poche semplici torsioni, senza doversi avvalere di utensili aggiuntivi.

“I retailer sono stati vittime di resi fraudolenti per molti anni e solo ultimamente le aziende stanno realizzando a quanto ammonti il costo reale di tale fenomeno – spiega Irene Fernandez, Product Management Europea di Checkpoint Systems -. È importante ovviamente che i retailer non smettano di accettare resi, poiché dopotutto la maggior parte di questi vengono effettuati proprio perché un articolo ha un difetto o è della taglia sbagliata.  Altrettanto fondamentale però è introdurre nuove pratiche che limitino la possibilità per gli utenti disonesti di acquistare un prodotto, indossarlo e poi restituirlo. R-Turn Tag è la risposta tecnologica più evoluta a questa criticità e sta già consentendo ai retailer europei di fare passi da gigante nell’affrontare il fenomeno del wardrobing”.

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