Italiani: incubi e paure. La ricerca Censis-Conad

Foto di Khusen Rustamov da Pixabay

Italiani preoccupati, per l’oggi, ma ancora di più per il domani. Ma anche nervosi e sospettosi, verso tutto ciò che è diverso. Ecco alcune delle evidenze emerse dalla ricerca «Cosa sognano gli italiani» realizzata dal Censis in collaborazione con Conad nell’ambito del progetto «Il nuovo immaginario collettivo degli italiani».

Secondo il 55,4% degli italiani, infatti, negli ultimi dodici mesi la situazione economica del Paese è peggiorata (per il 36,9% è rimasta uguale, solo per il 7,7% è migliorata). Per il 42,3% è peggiorato anche l’ordine pubblico, il rischio di essere vittima di reati (la situazione è rimasta uguale per il 47,6%, è migliorata per il 10,1%). E forte è il timore che il peggio debba ancora arrivare: infatti sono il 48,8% degli italiani è convinto che nei prossimi dodici mesi la situazione economica peggiorerà  (resterà uguale per il 34,7%, migliorerà solo per il 16,9%), per il 40,2% peggiorerà anche la sicurezza (resterà stabile per il 42,4%, migliorerà per il 17,4%).

Episodi di intolleranza

Per il 70% degli italiani nell’ultimo anno sono aumentati gli episodi di intolleranza e razzismo verso gli immigrati. Le cause sono: le difficoltà economiche e l’insoddisfazione della gente (50,9%), la paura di subire reati (35,6%), la percezione che gli immigrati in Italia siano troppi (23,4%). Il peggioramento della situazione economica e della percezione delle condizioni di sicurezza porta alla caccia del capro espiatorio. Da qui il rischio che le attuali distanze divengano incolmabili: il 20,4% degli italiani si sente distante da persone con valori diversi dai propri (sul ruolo della donna, la famiglia, ecc.), il 19,8% da persone che conducono stili di vita diversi dai propri, il 17,5% da persone con altre idee politiche, il 15,7% dalle persone di un’altra nazionalità, il 15,5% da chi è di un’altra religione.

Aumenta la sfiducia

Sono poche le figure istituzionali di cui ci si può ancora fidare: si possono contare sulle dita di una mano: grandi scienziati (40,7%), il Presidente della Repubblica (30,7%), il Papa (29,4%) e i vertici delle forze dell’ordine (25,5%). Mentre godono di una fiducia ai minimi termini: i vertici dei partiti (4%), i parlamentari (3,2%), i direttori di giornali e telegiornali (3,6%), gli editorialisti e gli opinion maker (3,8%), soprattutto i banchieri (1,5%). Poco più alta è la fiducia riposta nei grandi imprenditori industriali (10,9%) e nei vertici dei corpi intermedi e delle associazioni di categoria (8,1%). La post-verità ha generato la voglia di figure rassicuranti, che siano l’incarnazione del senso di responsabilità e in grado di trasmettere sicurezza.

Italexit?

Non sembra che gli italiani ne abbiano voglia, almeno non il 66,2% di essi.

Il 65,8% è contrario al ritorno alla sovranità nazionale con l’uscita dall’Unione europea. Il 52% non è favorevole all’idea di ristabilire confini impermeabili e controlli alle dogane tra i Paesi europei. Però tra le persone con redditi bassi sono più elevate le percentuali di chi si dice d’accordo con il ritorno alla lira (il 31%, rispetto all’8,8% delle persone con redditi alti), l’uscita dall’Ue (il 31,6%, contro l’11% delle persone con redditi alti), il ripristino di frontiere e dogane tra i Paesi europei (il 39,2%, rispetto al 25,3% delle persone con redditi alti). In questi casi, una Unione europea disattenta alle condizioni dei ceti meno abbienti è percepita come matrigna, da cui sarebbe meglio fuggire.

Voglia del “giusto”

Il grande sogno italiano non è fatto però di assistenzialismo, né di «Stato padrone», né di un generico buonismo, ma è quello di ricevere il giusto riconoscimento economico. Secondo gli italiani, i fattori irrinunciabili per una crescita senza esclusi sono: dare più spazio al merito e a chi è bravo, favorendo i più capaci e i meritevoli (52,1%), maggiore uguaglianza e una distribuzione più equa delle risorse (47,8%), più welfare e protezione sociale per dare maggiore sicurezza alle persone (34,3%), minore aggressività e rancore verso gli altri (33,1%). Concretamente, il 73,9% degli italiani si dice favorevole all’imposizione di una tassa sui grandi patrimoni e il 74,9% all’introduzione di un salario minimo per legge.

«Mentre tutto il dibattito pubblico si arrovella sulle piccole variazioni da zero virgola al rialzo o al ribasso del Pil, rischiamo di sottovalutare quanto sia importante poter contare su un immaginario collettivo ricco e vitale, positivo e propulsivo, come ingrediente indispensabile dello sviluppo» annota Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis.

«I risultati della ricerca Censis Conad ci raccontano un‘Italia ancora immersa nell’incertezza. Un dato, questo, che trova conferma nelle indagini realizzate da Conad sulle scelte di acquisto dei consumatori: il 42% di loro è convinto che il potere di acquisto delle famiglie sia diminuito, il 38% ritiene che sia rimasto invariato, solo il 10% crede che sia cresciuto. Emergono però anche comportamenti positivi, come l’attenzione alla lotta agli sprechi, che in una scala di valori da 1 a 5, per gli italiani vale 4,3 punti, alla sostenibilità dei prodotti (3,96 punti) e al rispetto dei diritti degli attori della filiera (4 punti). Non solo. Per un consumatore su tre la fiducia nel territorio di provenienza dei prodotti alimentari costituisce una delle maggiori leve di acquisto. È un messaggio molto chiaro: mai come in questo momento gli italiani sono in cerca di punti di riferimento solidi,  chiedono di potersi fidare», sottolinea l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese