
Lo shopping? Un piacere, non certo un dovere. Fare acquisti rappresenta una delle occupazioni preferite per una donna su tre. Con buona pace della crisi e per il piacere di imprese e distribuzione.
L’indicazione viene dall’indagine “Qual è la tua ambizione”, elaborata dall’istituto di Ricerca Episteme e presentata dal settimanale Gioia! in collaborazione con Centromarca, con l’obiettivo dichiarato di scattare una fotografia delle tendenze che interessano i consumi dell’universo femminile. Una fotografia che lascia intravedere conferme e novità.
Distintività, pubblicità e web
Tra le prime, come detto, si colloca la conferma della passione delle italiane per lo shopping: una buona notizia che diventa ancora più positiva se si considera come la propensione agli acquisti sia particolarmente sentita dal segmento più giovane della popolazione rosa (44,2%). In questo quadro si inserisce però una variazione di non poco conto: la crescente tendenza a scegliere prodotti che consentano di distinguersi, indicata da ben il 63,3% del campione. “Nell’ultimo decennio – spiega Monica Fabris, presidente di Episteme – si è assistito a un progressivo calo degli acquisti indotti dall’omologazione, espressione di uno status symbol condiviso, che hanno lasciato spazio alla necessità di differenziarsi”.
Nel solco della continuità si colloca poi l’influenza esercitata dalla pubblicità. “Nonostante la contrazione degli investimenti che ha segnato gli ultimi anni – osserva Fabris -, l’advertising resta una driver importante nelle decisioni di spesa: quasi due donne su tre dicono, infatti, di essere aiutate nella scelta proprio dai commercial”.
Più recente, e in netta espansione, è invece l’abitudine di acquistare online, che tocca il 62,7% delle intervistate. “L’e-commerce si sta rivelando uno strumento in grado di vivificare i consumi – rileva Fabris – grazie a due importanti plus: la capacità di risparmio e la comodità”. Due aspetti nodali che dovrebbero garantire alle vendite digitali un buon margine di crescita anche per il futuro. A tutto vantaggio delle marche, che proprio grazie all’online potranno ottenere nuova attenzione e lucentezza.
Cambio di paradigma
Per raggiungere questo obiettivo, però, i brand saranno chiamati anche a investire su altri fattori, indicati come premianti dalle consumatrici. “Tra questi – rileva Fabris -, il più rilevante è il tema della tradizione: per ben 8 donne su 10 la marca non può, infatti, esaurirsi nei soli suoi prodotti, ma deve tenere conto – e saper valorizzare – anche la propria storia. E in questo scenario, è evidente che la capacità di raccontarsi fornisce – e fornirà in futuro – ai brand una marcia in più”. “La narrazione della marca – aggiunge Ivo Ferrario, direttore comunicazione e relazioni esterne di Centromarca – rappresenterà sempre più un elemento distintivo fondamentale nella competizione tra imprese. Nell’era del digitale, e del social in particolare, la differenza la fa, e la farà sempre più, la capacità di disporre non solo di una struttura di ascolto dei dialoghi che avvengono in relazione al prodotto, alle categorie merceologiche o più in generale al contesto generale di consumo, ma anche di sviluppare accanto al prodotto giusto, i giusti contenuti da comunicare. Contenuti che dovranno essere di interesse, avvincenti e attuali”.
In seconda battuta, si dovrà considerare poi il fattore ambientale. “Le marche che se ne fanno carico – precisa Fabris – sono preferite al momento dell’acquisto dal 73,2% delle intervistate”. Ma rilevante è anche la capacità della marca di veicolare un’identità forte: il 68,4% delle donne interpellate sostiene, infatti, che i brand acquistati raccontano molto delle persone che li scelgono.
Solo molto più distanziata è invece l’indicazione relativa alla qualità, ferma al 59,8%. Un caso? Tutt’altro. I dati emersi dalla ricerca raccontano, infatti, di un netto cambio di paradigma nella percezione dei brand da parte delle donne. Un cambio che vede gli attributi intangibili della marca prevalere rispetto agli storici caposaldi sui quali veniva costruita la marca, quali appunto la qualità delle referenze o la fedeltà al brand, che per l’appunto scivola tra gli item meno quotati, con un riscontro non superiore al 34,8%. “L’industria – dice Fabris – deve insomma confrontarsi con una consumatrice più libera e più volubile rispetto a un decennio fa”. Un bel problema per le marche che però, rovesciando la prospettiva, può tradursi anche in un’opportunità. “Sulla base delle evidenze di questa come di altre ricerche – osserva Fabris -, rileviamo una crescente disponibilità alla sperimentazione e, dunque, un terreno favorevole all’innovazione”.
Sfide e opportunità
Il panorama futuro lascia quindi intravedere spunti interessanti per i brand, a patto che questi ultimi sappiano restare al passo con la continua evoluzione dei clienti. “Le marche di oggi che vogliono essere le marche di domani – sottolinea Ferrario – devono accettare la sfida: per continuare ad essere leader, occorre rendere attuale la proposta di ogni brand rispetto alle necessità del consumatore di oggi. E questo vuol dire puntare su un contenuto di innovazione costante e allineato alle esigenze di performance, come pure su una qualità dinamica, capace di rispondere all’evolversi dei desideri dei clienti”.
La metodologia
Presentata dal settimanale del gruppo Hearst Gioia! in collaborazione con Centromarca , la ricerca “Qual è la tua ambizione” è stata condotta dall’istituto di Ricerca Episteme tra il 3 marzo e il 20 aprile 2016. Sono state intervistate 1.729 lettrici di Gioia! attraverso la raccolta di 1.636 questionari online accessibili dal sito della rivista e 93 questionari cartacei allegati alla rivista. Il campione è costituito nella quasi totalità da donne (1.679 donne e 50 uomini), alto istruite (poco meno della metà laureate e poco meno della metà diplomate), residenti in prevalenza al Nord-Ovest. Per quanto riguarda le fasce d’età, le donne 30-50enni rappresentano il segmento più consistente (quasi metà campione), le giovani under 30 sono il secondo segmento rappresentato (quasi il 40%), mentre le over 50 costituiscono una parte minoritaria del campione (il 15%).
Manuela Falchero