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Anna Muzio

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Istat, inflazione all’1% e vendite ferme, bene solo i discount

Gli ultimi dati Istat per i consumi di dicembre e i prezzi di gennaio non fotografano un Paese in salute. Nel 2016 le vendite del commercio al dettaglio sono rimaste “sostanzialmente stabili” in valore con una crescita dello 0,1% rispetto al 2015.
In volume c’è stato invece un calo dello 0,3%. E nella Gdo a trainare sono stati ancora una volta i discount alimentari (+2%) e i grandi esercizi specializzati in prodotti non alimentari (+1,7%). Sono cresciuti molto di meno i supermercati (+0,2%) mentre è crisi per gli ipermercati (in flessione dello 0,5%). Gli acquisti alimentari sono aumentati dello 0,1% in valore e calati dello 0,1% in volume mentre quelli non alimentari sono rimesti invariati in valore e hanno perso lo 0,6% in volume.

Preoccupata Federdistribuzione «Dopo un 2015 di lieve ripresa delle vendite (+0,7% a valore), il 2016 è tornato a evidenziare una dinamica assolutamente piatta. Un fatto molto negativo, perché si associa a un incremento del potere d’acquisto delle famiglie che si è tradotto in risparmio e in liquidità anziché in acquisti capaci di riattivare un circolo virtuoso di maggiore produzione e occupazione».

Secondo l’Istat dal 2010 si sono persi il 10,1% dei volumi di vendite al dettaglio e il 4,8% a valore. Un trend dovuto, oltre che alle difficoltà concrete delle famiglie in questi lunghi anni di crisi, anche a un senso generale di incertezza e preoccupazione per il futuro, che ha frenato i consumi. Un dato confermato anche dalle ultime rilevazioni Nielsen (italiani avanti pianissimo) che vedono ancora l’Italia fanalino di coda in quanto a fiducia in Europa davanti solo alla Grecia.

«Per avviare un solido percorso di ripresa occorre stimolare la crescita dei consumi. Ma questo può essere fatto solo ridando alle famiglie nuove e migliori aspettative, puntando su un cambiamento strutturale del Paese, attraverso il completamento del programma di riforme avviato, profondi interventi di semplificazioni e introduzione di maggiore concorrenza nei mercati, superando le anacronistiche “resistenze” che sempre più si manifestano».

 

Inflazione, 300 euro in più per le famiglie

A gennaio Istat indica un’inflazione all’1%: il dato più alto registrato da tre anni e mezzo a questa parte. A contribuire al rialzo sarebbero stati gli aumenti di benzina e gasolio e il rincaro per verdura e frutta, dovuti anche al maltempo: +14,6% e dello +0,9%.

Per le famiglie ciò comporta una maggiore spesa su base annua pari a oltre 300 euro per la famiglia tipo secondo il Codacons.

«La ripresa dell’inflazione non sorprende ed era ampiamente prevista – spiega il Codacons – Nel mese di gennaio, infatti, si è verificata una ondata di rialzi dei prezzi e delle tariffe, sui quali ha pesato sia il maltempo sia l’incremento dei carburanti. In particolare nel settore alimentare si sono registrati fortissimi rincari dei listini, a causa del gelo e della neve che ha colpito nelle settimane scorse la penisola. Ma il mese di gennaio è stato caratterizzato anche dagli aumenti delle tariffe energetiche e dal caro-benzina, con effetto domino su una moltitudine di prodotti».

Coop firma con Gruppo AZ e sbarca in Calabria con 34 punti vendita in master franchising

La Coop sbarca in Calabria. Lo fa grazie all’accordo sottoscritto nei giorni scorsi a Catanzaro tra Coop Alleanza 3.0 (nata il 1° gennaio 2016 dalla fusione di Coop Adriatica, Coop Consumatori Nordest e Coop Estense e attualmente la più grande cooperativa italiana) e il gruppo AZ, una catena della grande distribuzione molto diffusa nella regione, con un fatturato annuo di circa 300 milioni di euro. Si tratta del primo accordo sottoscritto in Italia da Coop di master franchising con un gruppo dotato di proprie strutture e propria rete distributiva.

L'Ad AZ Spa Desiderio Noto (a sinistra) e l'Ad alla Gestione Coop Alleanza 3.0 Massimo Ferrari.
L’Ad AZ Spa Desiderio Noto (a sinistra) e l’Ad alla Gestione Coop Alleanza 3.0 Massimo Ferrari.

Trentaquattro i punti vendita del gruppo AZ che innalzeranno la nuova insegna Coop, in tutte cinque le cinque province della Calabria (Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia): master ipercoop-Coop Alleanza 3.0 per gli ipermercati, che hanno cambiato insegna il 22 febbraio; master/affiliato Coop Alleanza 3.0 per i supermercati che si “ribattezzeranno” il 9 marzo. La partnership apre alle due realtà nuove prospettive di sviluppo: da un lato consente a Coop Alleanza 3.0 di rafforzare il proprio impegno e la propria presenza nel Sud Italia, e dall’altro permette ad AZ di proseguire nel consolidamento nella regione grazie a una solida intesa commerciale. L’accordo prevede anche, in esclusiva, l’apertura in franchising di nuovi punti vendita nel Mezzogiorno e precisamente nelle province di Salerno, Potenza e Messina.

 

Assortimento più green e local, e 1500 referenze Coop

I 34 punti vendita coinvolti assommano una superficie di vendita di oltre 80mila metri quadrati e impiegano circa 2.200 lavoratori, tra dipendenti diretti del Gruppo AZ e indotto. L’investimento complessivo per il cambio di insegna per il 2017 ammonta a 2 milioni di euro. I lavori saranno curati da AZ, che manterrà la gestione dei negozi, con nuovi elementi di ambientazione interna secondo lo stile di Coop Alleanza 3.0. Il rinnovo interesserà anche l’assortimento, che sarà caratterizzato da un’attenzione ancora maggiore alla qualità, alla sostenibilità e alle produzioni dei territori, con tante specialità dei fornitori locali calabresi. Sugli scaffali arriveranno inoltre tanti prodotti a marchio Coop, mediamente circa 1.500 per negozio, in tutti i settori merceologici. I clienti potranno richiedere la carta Coop Card, per avere accesso a promozioni e benefici riservati.

 

“M’illumino di meno”, Gruppo Gabrielli aderisce e sconta la spesa “a luci basse”

Un’iniziativa sociale e uno sconto per i propri clienti: è questo il senso dell’operazione di Gruppo Gabrielli, azienda attiva nella Gdo con i marchi Tigre e Oasi che propone uno sconto del 10% sulla spesa effettuata il 24 febbraio dalle ore 18 alle ore 19 in occasione dell’appuntamento con M’Illumino di meno.  Nello stesso orario in tutti i punti vendita verrà ridotta l’intensità dell’illuminazione. La campagna promossa dal programma radiofonico Caterpillar su Radio 2 e giunta alla tredicesima edizione invita tutti, privati ma anche enti pubblici, a spegnere le luci come gesto simbolico di risparmio energetico e di un approccio attivo verso i temi ambientali. Come in passato, il Gruppo Gabrielli aderisce anche a questa edizione del movimento. che ormai è diventato un appuntamento consolidato.

0861170_a4_milluminodimeno_sconto10_oasiL’edizione 2017 si caratterizza per l’enfasi attribuita al principio della condivisione finalizzata all’ottimizzazione del concetto di risparmio inteso in senso lato: oltre agli spegnimenti o riduzione di intensità energetica, quest’anno l’impegno è anche nell’adottare un gesto di condivisione contro lo spreco di risorse, compreso quello alimentare. Il Gruppo Gabrielli ha quindi deciso di “personalizzare” questa edizione intervenendo in maniera concreta sul risparmio degli acquisti effettuati nella fascia oraria dedicata all’operazione promossa da Caterpillar sia per dare un segno di vicinanza, sia per sostenere il concetto di condivisione e del food sharing .

«Siamo sempre pronti a cogliere l’opportunità di aderire ad iniziative volte a promuovere e tutelare condotte green in maniera poliedrica – dichiara Barbara Gabrielli vicepresidente del Gruppo Gabrielli –. Con un semplice gesto si può contribuire al benessere dell’ambiente e soprattutto sensibilizzare la collettività verso gesti virtuosi ed ecosostenibili».

Naturalmente sono tante le insegne della Gdo che, come ogni anno, aderiranno all’iniziativa: tra queste Lidl e Coop Tirreno. In questo caso però a essere premiato, oltre all’ambiente, c’è anche il cliente.

Pam, è ancora Local: apre a Roma il 15° punto vendita in una location storica

Continuano le aperture di Pam Local, il format di prossimità di Pam Panorama, nella capitale: il nuovo store debutta a due passi dalla celebre Piazza Barberini, nel cuore del centro storico di Roma, in una porzione della splendida Corte della Cavalleresca che, per la sua importanza artistica, è soggetta a vincolo monumentale e architettonico. Arrivano quindi a 15 i punti vendita in città.

ingresso-pam-local-barberiniLo store di Via Barberini sarà aperto 7 giorni su 7 fino alle 22.00 e offrirà a residenti, lavoratori e turisti un’ampia gamma di prodotti tra cui i piatti pronti e le confezioni monoporzione, prodotti biologici, DOP, IGP ma anche etnici e vegan. Sugli scaffali sarà possibile trovare anche prodotti dedicati a chi soffre di intolleranze alimentari, come quelli senza glutine o lattosio. Il punto vendita impiega circa 10 dipendenti, tutti under 28.

Il palazzo si trova nella nota Via Barberini, conosciuta per la fontana del Tritone realizzata da Gian Lorenzo Bernini nel 1643 su commissione del papa Urbano VIII Barberini, tra il colle Quirinale e gli Horti Sallustiani. I portali di ingresso visibili ancora oggi sono in travertino e la facciata è sormontata da una balaustra a colonnine in pietra: il risultato è una location che ancora oggi ha un fascino unico e irripetibile nell’intero centro storico e commerciale di Roma. La strategia di Pam local del resto è quella di scegliere una posizione strategica e di spicco al servizio di un format innovativo e versatile, per un’esperienza di spesa nuova, facile e conveniente.

 

Easycoop, l’e-commerce con magazzino di Coop Alleanza 3.0 parte da Roma

EASYCOOP SPESA ON LINE

Coop Alleanza 3.0 sbarca nell’e-commerce con EasyCoop, a Roma, e lo fa in modo evoluto: con un magazzino dedicato, un assortimento poderoso, con oltre 10mila referenze di cui tremila nel fresco, la consegna gratuita nell’arco dell’ora prescelta, con ordinazioni un giorno prima. E gli stessi prezzi degli ipermercati.

Caratteristiche peculiari per l’Italia su una piazza ricca, perché siamo nella capitale con un bacino d’utenza imponente (le consegne avvengono ovunque all’interno del Grande Raccordo Anulare) ma non semplice per le note problematiche di traffico e movimentazione. Un bel banco di prova insomma per la cooperativa, presente in 12 regioni in tutta Italia, che ha investito nel progetto 50 milioni di euro da qui a tre anni. E che naturalmente ha tutta l’intenzione di replicare a livello nazionale.

 

Consegna gratuita e funzioni avanzate

Il sito è facile da usare, intuitivo, personalizzabile e accessibile da qualunque apparecchio (PC, tablet e smartphone). I clienti possono creare più liste della spesa, anche per altre persone (ad esempio i genitori anziani, che hanno difficoltà ad uscire a fare la spesa), salvandole e modificandole anche successivamente. A questo proposito una delle funzioni più avanzate riguarda l’avviso non solo dell’orario preciso di consegna (via sms) con circa una mezz’ora di anticipo, ma anche l’indicazione del codice identificativo dell’addetto incaricato di portare la spesa, e, in futuro, l’invio di una sua foto che consenta di identificarlo al primo sguardo.

Gli ordini si possono effettuare in qualunque momento, per un importo minimo di 50 euro. Il servizio di consegna è disponibile dal giorno successivo a quello in cui viene effettuato l’ordine, dal lunedì al sabato dalle 8 alle 22, con fasce e costi personalizzabili e flessibili: da tutta la giornata fino a un minimo di un’ora (per esempio 19.15-20.15), a partire da un contributo per la consegna di soli 2,90 euro. Il pagamento può essere effettuato in totale sicurezza online, oppure alla consegna con carta di credito, prepagata o bancomat.

La presenza di un magazzino interamente dedicato all’e-commerce permette di garantire la massima efficienza ed efficacia nelle consegne, che avvengono sempre in ambienti controllati e alla temperatura ideale.

EASYCOOPDigitail, partecipata ad hoc

Per il suo sviluppo e la sua gestione, Coop Alleanza 3.0 ha dato vita, con alcuni partner di consolidata esperienza, alla società partecipata Digitail, specializzata in soluzioni digitali per la vendita al dettaglio.

«EasyCoop rappresenta una novità significativa nel panorama della grande distribuzione in Italia e, più in generale, in quello dell’e-commerce, di cui recepisce le migliori pratiche in termini di servizio, scelta, flessibilità, consegna – ha detto Andrea Zocchi, amministratore delegato di Digitail – E per partire abbiamo scelto, non a caso, la Capitale: una città con un grande potenziale di sviluppo per un mercato, quello dell’online, ancora giovane e in rapida evoluzione. Siamo il primo e-commerce nel Paese per ampiezza dell’assortimento per la spesa quotidiana, e puntiamo ad arrivare ad offrire oltre 12mila prodotti. I prezzi sono bassi sempre e le promozioni quelle di un ipermercato a cui si vanno ad aggiungere quelle specifiche del canale online. La spesa è quindi particolarmente conveniente rispetto alla concorrenza: è come avere un grande supermercato sul pianerottolo di casa».

Coop Alleanza 3.0 conta oltre 2,5 milioni di soci, 22 mila lavoratori e più di 400 negozi, tra ipercoop e supermercati

 

Pasta con grano cento per cento italiano, anche Voiello firma

Italiana sì, ma quanto è italiana? Monta la polemica sull’utilizzo di grani stranieri da parte delle aziende di pasta Made in Italy.  E qualcosa si muove. Barilla, ha firmato un accordo triennale, fino al 2019, per garantire la produzione di pasta al 100% italiana venduta con marchio Voiello. Siglato dalla multinazionale di Parma con gli agricoltori italiani prevede l’acquisto di 900mila tonnellate di grano duro per la produzione dei vari tipi di pasta. Si tratta soprattutto del grano duro di tipo Aureo, prodotto di alta qualità e di livello proteico elevato – pari al 15,5% – con cui si realizza la totalità delle tipologie di pasta Voiello. L’accordo premia gli agricoltori del Centro-sud, quelli di Abruzzo, Molise, Campania e Puglia, che in tre anni dovranno produrre 210mila tonnellate di grano duro, tra Aureo (130.000 tonnellate) e Svevo (80 mila tonnellate), per un investimento totale da parte di Barilla di circa 62 milioni di euro; per le aziende la remunerazione sarà elevata, pari a 270 euro a tonnellata come prezzo minimo di vendita rispetto ai 150 euro di qualche anno fa.

Secondo ColdirettiL’accordo per garantire la produzione di pasta al 100% italiana venduta con marchio Voiello è un importante contributo per salvare il grano italiano con le semine 2017 che sono crollate del 7,3% per la scomparsa di centomila ettari coltivati”.

 

Più rischi col Ceta

Sotto la lente la riduzione delle semine sull’intero territorio nazionale – che varia dal -11,6% nel Nord-Est al -5,4% nel Centro mentre nel Sud e Isole si registra un -7,4% – e il crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che nella campagna 2016 sono praticamente dimezzati. Ma anche l’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che rappresenta il primo esportatore di grano duro in Italia. L’accordo dovrà essere ratificato dal Parlamento nazionale contro il quale, secondo Coldiretti, rischia di scatenarsi una nuova guerra del grano, mettendo in pericolo “non solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”. La soluzione potrebbe essere l’entrata in vigore dell’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta.

Una soluzione in passato avversata da Barilla,c he ha spiegato la sua posizione sul suo sito “Al fine di garantire la stessa qualità, il gusto e la sicurezza della pasta Barilla in tutto il mondo non è possibile utilizzare un’unica varietà di grano, un prodotto naturale, soggetto a cambiamenti anche significativi da una campagna all’altra. È necessario realizzare delle miscele in grado di fornire sempre lo stesso livello di proteine per dare alla pasta il gusto e la consistenza “al dente“ Barilla riconosciuti in tutto il mondo. All’interno di queste linee guida, Barilla cerca quanto più possibile di acquistare il grano negli stessi Paesi in cui produce la propria pasta. Il grano importato dall’estero da Barilla è sempre grano di qualità, acquistato spesso a un prezzo molto più alto di quello che si potrebbe trovare in Italia”.

Sta di fatto che questo richiedono i consumatori sempre più agguerriti e le cui battaglie a volte vincono, come spiega il caso recente dell’olio di palma. Recentemente Il Fatto Alimentare ha pubblicato la lista (in fieri) delle paste “davvero italiane”.

 

Kinder Pinguì, arriva nel banco frigo la versione al caramello

Più dolce che mai: si chiama Kinder Pinguì Caramel la novità della ormai storica merendina Kinder, nei banchi frigo da febbraio: è contraddistinta da una croccante copertura di cioccolato fondente, morbido pan di spagna lievitato naturalmente e una farcitura al latte e crema al caramello.

Kinder Pinguì Caramel arricchisce la gamma Pinguì insieme alle altre due varianti, Kinder Pinguí Cioccolato, preparato con latte fresco e morbido pan di spagna ricoperto da croccante cioccolato fondente, e Kinder Pinguí Cocco, con latte fresco e cocco, e pan di spagna ricoperto da cioccolato finissimo al latte.

Per il lancio del prodotto gli Iperstore italiani ospiteranno un banco prova con delle hostess pronte a far assaggiare la nuova linea a grandi e piccini.

Accanto a Pinguì nel banco frigo Kinder propone anche:

Kinder Fetta al latte: la Merendina preparata con latte fresco e miele in un semplice pan di spagna. Ideale per una merenda nutriente.

Kinder Paradiso: Soffice pasta paradiso con una fresca e delicata crema al latte.

Kinder Maxi King: Snack ricoperto al cioccolato con granella di nocciole e con all’interno fresca crema al latte e mou.

Kinder Choco Fresh: Croccante cioccolato, morbida crema al latte e nocciole selezionate con cura.

La tecnologia è amica o nemica del lavoro? Italiani ottimisti, manager e giovani preoccupati

Che le tecnologie stiano trasformando il mondo del lavoro è cosa evidente: macchine sempre più intelligenti e precise, veloci e in grado di eseguire ogni genere di compiti sono pronte a sostituire cuochi e cassieri, autisti e infermieri (anche nel retail, vedi I robot prenderanno il controllo del supermercato del futuro?). Per contro, la tecnologia rende più semplice svolgere varie mansioni, evitare di recarsi i ufficio ma lavorare da casa, analizzare i Big Data, organizzare il lavoro e programmarlo per prendersi spazi di vita, in tutti i settori. Ma qual è la percezione “sul campo”, delle persone, a proposito? Lo ha indagato uno studio condotto da Epson su oltre 7.000 lavoratori nei cinque principali Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna). Anche perché il mondo del lavoro sarà trasformato dalle nuove tecnologie in tempi più brevi di quanto si pensasse: molti infatti ritengono che non sia così lontano un mondo dove la produzione di massa appartiene al passato.

 

Il 64% di posti in meno, il 63% disposto a cambiare

Eppure, c’è poco spazio per l’ottimismo. Oltre la metà (57%) dei dipendenti europei – ma ben il 62% di quelli italiani – che lavorano nella sanità, formazione, retail e produzione ritiene che la tecnologia rivoluzionerà settori e modelli aziendali. Soprattutto, il 6% degli intervistati in Europa (e il 4% in Italia) crede che nel futuro la propria mansione non esisterà più: una previsione addirittura al ribasso, visto che stando ai modelli attuali si parla di una possibile riduzione dei livelli di occupazione in Europa al 64%, un valore inferiore a quello registrato nel 2005. Ciò nonostante, chi lavora mostra di essere cittadino a pieno titolo della learning society e gli italiani (86%) si dichiarano ancora una volta più ottimisti degli europei (72%), con il 63% disposto ad aggiornare le proprie conoscenze per poter svolgere nuove mansioni.

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Tuttavia, questo ottimismo potrebbe essere vanificato dal fatto che, nelle opinioni dei dipendenti, le aziende sembrano non voler trarre il massimo vantaggio dalle nuove tecnologie: infatti solo il 15% dei lavoratori italiani considera la propria organizzazione “eccellente” nel monitorare i nuovi sviluppi tecnologici e meno di un terzo (27%) la ritiene particolarmente abile quando si tratta di implementare nuove tecnologie. In questo scenario, sostanzialmente allineato ai valori europei, rimane quindi una certa sfiducia da parte dei lavoratori sulla capacità o volontà delle organizzazioni circa l’implementazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie.

Lo studio che ha messo a confronto le opinioni fornite da 17 esperti di vari settori con quelle di oltre 7.000 dipendenti e manager, evidenzia come singoli individui, datori di lavoro e istituzioni debbano affrontare scelte non facili circa l’adozione delle nuove tecnologie. Le opinioni siano contrastanti sia sui potenziali vantaggi che sulle possibili minacce circa l’avvento dell’innovazione tecnologica nei vari settori e nelle diverse economie.

In ogni caso, il 75% dei lavoratori europei (e il 78% degli italiani) ritiene che l’utilizzo di nuove tecnologie potrebbe comportare una riduzione del numero di dipendenti nell’azienda. A tale riguardo, i più preoccupati sono gli spagnoli (80%) seguiti a ruota dagli italiani (78%), mentre i tedeschi (67%) lo sono molto meno.

Il settore manifatturiero, probabilmente perché già ampiamente colpito in passato dalla “caduta di teste” risultato della robotizzazione della produzione, si è rivelato particolarmente ottimista: qui il 75% prevede il passaggio a un modello di produzione più localizzato, con il 55% degli intervistati (57% in Italia) concorde sul fatto che i livelli di occupazione rimarranno invariati o aumenteranno.

Nel settore della formazione l’ottimismo è meno diffuso: mancanza di finanziamenti, formazione degli insegnanti e tecnologie obsolete vengono indicate come le principali minacce per il futuro della formazione. Il 61% a livello europeo (68% in Italia) degli intervistati, inoltre, ritiene che gli insegnanti non dispongano delle conoscenze necessarie per utilizzare le nuove tecnologie nei prossimi 10 anni, con conseguenti difficoltà nell’impartire lezioni agli studenti.

Oltre i tre quarti degli intervistati hanno dichiarato che la tecnologia potrebbe aumentare i profitti delle aziende e offrire nuove opportunità di crescita. Tuttavia, per le realtà che vogliono investire sulle nuove tecnologie con l’obiettivo di mantenere la loro competitività e trarre vantaggio dal cambiamento, lo studio ha evidenziato tre tendenze principali che non devono essere trascurate:

I maggiori timori di perdere il posto di lavoro provengono dai giovani e dai top manager.
Mentre in media solo il 6% dei dipendenti ha dichiarato di voler fermare o impedire di proposito l’introduzione della tecnologia qualora questa rappresentasse una minaccia per la mansione svolta, sorprendentemente questa percentuale aumenta tra i Millennials (giovani tra 18 e 29 anni) con il 12% e tra i dirigenti, con addirittura il 17%.

Le nuove tecnologie esercitano un forte fascino, ma sono poche conosciute.
In media, gli intervistati sono affascinati dalle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, la realtà` aumentata, i dispositivi indossabili, le tecnologie per la collaborazione e la robotica, ma la loro conoscenza e` piuttosto limitata.

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C’è grande disponibilità a “rimettersi in gioco” per acquisire nuove competenze.
Quasi un terzo degli intervistati ritiene che la propria azienda non comunichi in maniera efficace quale possa essere l’impatto generato dai cambiamenti tecnologici sulle varie mansioni. Inoltre, benché il 65% (63% in Italia) degli intervistati ritenga che la propria azienda abbia la possibilità di formare i dipendenti nell’utilizzo di nuove tecnologie, crede anche che i datori di lavoro siano molto più propensi ad assumere nuovo personale già competente anziché formare e riallocare i dipendenti potenzialmente in esubero. Di questi, solo il 47% valuta positivamente la capacità del proprio datore di lavoro nel ricollocare i dipendenti in esubero. Ciò nonostante, ben il 72% degli italiani (il valore più alto registrato, con una media europea del 65%) si dichiara disposto ad acquisire nuove conoscenze per poter svolgere mansioni diverse qualora il proprio ruolo fosse minacciato.

«L’attuale preoccupazione legata al progresso tecnologico è del tutto comprensibile ma la tecnologia offre enormi opportunità, se gestita in maniera corretta. Indipendentemente dalla nostra attuale situazione lavorativa, essa è destinata a cambiare in futuro e, come evidenziato anche dai risultati dello studio, occorre intensificare il dialogo tra la Pubblica Amministrazione, le aziende e la società in generale affinché tutti possano acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per assumere nuovi ruoli e sfide. Le modalità con cui gestiremo l’evoluzione determineranno il nostro ruolo lavorativo – e non solo – per i prossimi 10 o 20 anni» ha dichiarato Minoru Usui, Presidente di Epson.

Lo studio in due fasi è stato condotto da FTI Consulting. Durante la prima fase (settembre – ottobre 2016) si sono svolte interviste telefoniche basate sul metodo qualitativo a 17 persone fra esperti di previsione di scenari futuri provenienti da vari Paesi ed esperti europei in vari settori, per ottenere informazioni e formulare ipotesi sull’ambiente di lavoro del futuro e su come cambieranno ruoli e funzioni dei dipendenti nei prossimi anni, fino al 2025. La seconda fase, che si è svolta online nel dicembre 2016, consisteva invece in un’indagine quantitativa condotta dal team Strategy Consulting &Research di FTI Consulting. All’intervista hanno partecipato i dipendenti full-time di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna impiegati in cinque settori principali (corporate, produzione, formazione, settore sanitario e retail) per un totale di 7.016 dipendenti.

Fiducia, per Nielsen italiani avanti pianissimo, ma uno su 5 è pronto agli acquisti

Cresce piano la fiducia degli italiani, con l’indice che, secondo la Global Consumer Confidence Survey di Nielsen effettuata a livello mondiale su un campione di 30mila individui in 63 nazioni, nel nostro Paese si colloca nel quarto trimestre 2016 a quota 58. Un dato molto inferiore alla media europea (81, con davanti a tutti la Germania, 101), ma comunque in aumento di un punto rispetto al trimestre precedente: un dato inferiore al 61 registrato un anno prima ma molto al di sopra rispetto alla soglia minima dei 39 punti del quarto trimestre 2012, e comunque tra i valori più alti dal 2010.

Insomma, un segnale tutto sommato positivo che si riflette anche sulla propensione al consumo. Un italiano su cinque (19%) dichiara che quello presente è il momento giusto per fare acquisti, sulla base di una valutazione positiva dello stato della propria situazione finanziaria. Il 25% è infatti convinto che quest’ultima migliorerà entro dodici mesi. Questo risultato si configura sensibilmente in crescita sia su base tendenziale (+2 punti) che congiunturale (+6 punti). Dall’altra parte c’è però chi pensa che il risparmio resti la migliore collocazione del denaro dopo le spese essenziali (39%), in calo di tre punti rispetto allo scorso anno (42%) ma in linea con il terzo trimestre 2016. Il 32% degli italiani dichiara anche che ha intenzione di spendere per le vacanze (due punti in più del quarto trimestre 2015), il 31% per l’abbigliamento (un punto più del 2015), il 25% per l’intrattenimento fuori casa (due punti più dell’anno precedente).

 

Un italiano su due ha cambiato i consumi per risparmiare

Sempre restando ai consumi, l’indagine Nielsen registra che il 52% degli italiani ha modificato le proprie abitudini di spesa per poter risparmiare, molto meno rispetto al 72% dello stesso periodo del 2015. Tra le azioni intraprese dagli intervistati per ridurre le spese nel budget familiare, lo studio di Nielsen evidenzia la decisione di ridurre i pasti take-away (62%, tre punti in più rispetto al dato di fine 2015), l’acquisto di nuovi capi di abbigliamento (57%) e l’intrattenimento fuori casa (53%). Al contempo, nel settore food, si cerca di scegliere i brand più economici all’interno dei supermercati (51%), di spendere meno per vacanze/weekend fuori porta (40%) e limitare i consumi di gas ed elettricità (37%).

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«Dall’ultima edizione della Survey di Nielsen sull’indice di fiducia dei consumatori, a livello globale e italiano – commenta l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia – emergono segnali, seppure non eclatanti, tuttavia evidenti, di inversione del ciclo congiunturale. L’indice di fiducia tiene, anzi è in lieve crescita, la propensione ai consumi si configura in aumento, la tendenza al risparmio, seppure ancora consistente, ha imboccato la via del decremento. Un italiano su quattro ritiene che la propria posizione economica sia in miglioramento. Tali indicazioni, che vengono evidenziate nello studio, si possono leggere anche dal punto di vista dell’economia reale. Ci riferiamo, per esempio all’incremento dell’e-commerce, al rialzo delle vendite dei prodotti premium, al miglioramento, seppure timido, del mercato del lavoro, all’aumento costante delle immatricolazioni di nuovi veicoli, all’inversione dell’indice dei prezzi non più in contesto deflattivo. La sfida che quindi ci si pone è quella di investire in tutte quelle risposte che siano all’altezza delle attese del consumatore. Colpire i sensi, imprimere nei ricordi le offerte, offrire la possibilità di interagire costituiscono i passi per incrementare l’esperienza di valore che viene richiesta oggi da chi si accinge a perfezionare l’acquisto. La moltiplicazione dei touchpoint risulta un elemento fondamentale nel rapporto domanda/offerta. In sintesi – ha concluso l’amministratore delegato di Nielsen Italia – crediamo che sostenere la ripresa della domanda sia il primo compito che dobbiamo affrontare all’interno del presente quadro congiunturale, senza farci scappare l’occasione fornita da uno scenario socio-economico in lenta ma costante risalita».

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All’interno della Survey, il dato italiano della fiducia dei consumatori viene raffrontato con quello della media europea, che raggiunge un valore sensibilmente più alto (81 punti vs 58), trainato dalle performance di Germania (101) e Regno Unito che, nonostante la Brexit, detiene il primato nel Vecchio Continente (102). Germania e Regno Unito sono rispettivamente in crescita di 3 punti e 1 punto rispetto al quarto trimestre 2015. Rimane alto il gap che ci divide anche dalla Francia (66 punti) e dalla Spagna (86) e l’unico Paese con un livello di fiducia più basso del nostro resta la Grecia (53).

Mercati contadini, agli italiani piacciono: cosa possono insegnare alla Gdo?

È boom dei mercati contadini in Italia, con un aumento del 55% dei consumi negli ultimi cinque anni, in controtendenza con il calo dei consumi alimentari generato dalla crisi. Un mercato che non rappresenta una vera alternativa alla spesa nella Gdo, ma che piuttosto viene vissuta come un’esperienza “militante” ma estemporanea, e che pure rappresenta un modello di cui la grande distribuzione deve tener conto.

I dati arrivano dall’indagine su dati Ipr presentata a Roma al Parco della Musica in occasione dell’apertura del mercato degli agricoltori Campagna Amica, di recente “sfrattato” dalla ormai tradizionale sede del Circo Massimo (con coda polemica e petizione con 50mila firme raccolte su change.org per il ritorno): ebbene, oltre 4 italiani su 10 (il 43%) nel 2016 hanno fatto la spesa dal contadino nei cosiddetti mercati degli agricoltori con un aumento record del 55% negli ultimi 5 anni.

 

Più “green” e sicuri, vari e “social” della Gdo

Dal dopoguerra non era mai successo che tanti italiani si rivolgessero direttamente agli agricoltori. Merito, sottolinea Coldiretti, della maggiore attenzione al benessere e alla salute, alla sostenibilità ambientale e in parte anche alla voglia di difendere e valorizzare l’economia e l’occupazione del proprio territorio. L’83% degli italiani considera l’acquisto di prodotti alimentari direttamente nei mercati degli agricoltori sicuro, con una percentuale che è superiore del 23% rispetto ai supermercati e del 15% rispetto al dettaglio tradizionale. Non è un caso che l’81% degli italiani se fosse libero di scegliere preferirebbe comperare la frutta direttamente dagli agricoltori e l’88% degli italiani vorrebbe avere un mercato vicino a casa per avere più possibilità di scelta ed acquisto.

I mercati degli agricoltori vengono scelti per trovare prodotti locali del territorio, cosiddetti a chilometri zero, messi in vendita direttamente dall’agricoltore nel rispetto della stagionalità dei prodotti in alternativa ai cibi che devono percorrere lunghe distanze con le emissioni in atmosfera dovute alla combustione di benzina e gasolio. Gli effetti positivi per i consumatori si fanno sentire anche sugli sprechi che vengono ridotti per la maggiore freschezza della frutta e verdura in vendita, che dura anche una settimana in più, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio. Oltre a ciò, nei mercati dei contadini è possibile trovare specialità del passato a rischio di estinzione che sono state salvate grazie all’importante azione di recupero degli agricoltori e che non trovano spazi nei normali canali di vendita, dove prevalgono rigidi criteri dettati dalla necessità di standardizzazione e di grandi quantità offerte. I mercati si sono in realtà trasformati nel tempo da luoghi di commercio a momenti di aggregazione, svago e socializzazione. L’Italia vanta la leadership mondiale nei mercati contadini davanti agli Usa e Francia grazie anche alla rete di Campagna Amica alla quale vanno riferimento oggi circa 20mila agricoltori e che è composta da 9.030 fattorie, 1.135 mercati, e 171 botteghe, cui si aggiungono 485 ristoranti, 211 orti urbani e 34 punti di street food, dove arrivano prodotti coltivati su circa 200mila ettari di terreno.

 

Dal mercato allo scaffale…

Un fenomeno che la Grande distribuzione non può ignorare. Per questo sempre più spesso ipermercati e supermercati propongono sugli scaffali prodotti bio e a chilometro zero o comunque regionali, con linee dedicate di prodotti nazionali “private label”, oppure corner in cui i contadini del territorio propongono i loro prodotti, o con degustazioni degli stessi. E sempre più spesso i punti vendita della grande distribuzione sono concepiti con soluzioni architettoniche e tecnologiche che ne abbassano l’impatto sull’ambiente e sul clima. Non solo: le grandi catene stanno sperimentando tecniche per cambiare l’esperienza di acquisto in un ipermercato rendendola sempre più personale e soddisfacente. Anche il contadino ha molto da insegnare.

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