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Anna Muzio

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Retail Innovation 11, tutti i trend per traghettare il punto vendita nel futuro

Da un’acqua calma e tranquilla a una rapida di montagna, veloce e sfidante, difficile da navigare ma che dà a chi ci riesce un grande vantaggio competitivo: si è così sviluppato l’ambiente del retailer secondo la metafora di Fabrizio Valente, partner fondatore di Kiki Lab-Ebeltoft Italy. Difficile trovare la giusta via ma uno sguardo sul futuro ci è fornito dalla annuale ricerca di Kiki Lab sulla Retail Innovation, realizzata con i partner di Ebeltoft Group, che ha analizzato 17 tendenze retail, illustrate con 45 casi provenienti da 21 Paesi.

Green e servizio, multisensorialità ed eticità, nuovi formati che fanno dialogare punto vendita fisico e virtuale, personalizzazione e cross-canalità, glocalism e storytelling. Tra experience, assortimento, valori e digital si snodano le esperienze più originali e nuove del retail mondiale, analizzate dalla ricerca.

Tesco combatte lo spreco in tutti i pdv con il cloud, dalla fattoria alla tavola

È realmente “from farm to fork”, dalla produzione all’utente finale, il progetto, ambizioso, di Tesco, una delle Bìg Four, le maggiori catene della Gdo britannica, per combattere lo spreco lungo tutta la filiera. Il mezzo è il cloud, una piattaforma integrata che si chiama FareShare FoodCloud e che promette di realizzare milioni di pasti con le eccedenze dei supermercati della catena e il tramite delle associazioni benefiche. Tesco pensa di mettere in rete tutti i suoi punti vendita entro la fine del 2017.

Community Food Connection with FareShare FoodCloud funziona così: alla fine della giornata i responsabili di ogni punto vendita contattano l’associazione di riferimento che conferma se e quanto cibo verrà a ritirare, per poi trasformarlo in pasti per chi ha più bisogno. Ma la novità, oltre alla copertura nazionale, è anche il fatto che con lo stesso sistema, un’app, anche il consumatore finale può abbracciare il progetto donando le proprie eccedenze (che valgono oltre la metà del cibo sprecato).

Saldi invernali 2016, spese degli stranieri in crescita secondo Visa

Visa Europe fa il bilancio sui consumi dei visitatori stranieri in Italia durante il periodo dei saldi invernali appena concluso. Con 15 milioni di operazioni i dati delle transazioni transfrontaliere registrati da Visa Europe nel nostro Paese indicano una crescita dell’11,3% anno su anno, per un volume totale delle spese che raggiunge 1,7 miliardi di euro, in crescita del 4% rispetto allo stesso periodo 2015. Il valore medio delle transazioni su Visa è a 113 euro, in crescita di circa il 30% rispetto al periodo dei saldi invernali 2015. “Questi indicatori – sottolinea Davide Steffanini, Direttore Generale Visa Europe in Italia – evidenziano non solo una maggiore frequenza di utilizzo degli strumenti elettronici da parte dei consumatori, ma anche un’accettazione più ampia degli stessi da parte degli esercenti italiani”.

 

Britannici primi dei Big Spender

I dieci Paesi big spender hanno generato in Italia una spesa pari a 1,3 miliardi di euro, che contribuisce al 76,5% del totale dei volumi nel periodo dei saldi per un incremento di spesa cumulativa dell’8,4%. Le prima posizione nella top 10 dei big spender spetta ai titolari Visa del Regno Unito, che con 536 milioni di euro di spesa e una crescita del 13% si confermano come nel 2015 in testa alla classifica. Sul podio il secondo posto è occupato dai titolari francesi, con una spesa di 171,6 milioni di euro (+5,7%) e il terzo dai titolari USA, con 132,8 milioni di euro (+0,2%). Seguono la Germania (120,7 milioni, +6,1%), la Svizzera (81,7 milioni, +0,4%) e la Cina (80,0 milioni, +0,2%). I titolari russi e spagnoli, pur rimanendo nella top 10, riportano rispettivamente una flessione nei consumi di -7,5% e -3,6%, una tendenza negativa che Visa sta registrando da oltre un anno.
Da segnalare anche la crescita di spesa dei titolari Visa della Corea del Sud, che entrano nella top 10 con una percentuale positiva del 7% e una spesa di 23,1 milioni di euro, nonché la ripresa dei consumi in Italia da parte dei cittadini giapponesi, che con 40,0 milioni di euro incrementano la spesa di circa il 4%.

 

Abbigliamento ancora al top, ristorazione incrementa a due cifre

La regina dei saldi rimane la moda/abbigliamento. Che nel periodo considerato si attesta su 346,4 milioni di euro, in crescita del 5% anno su anno. Visa registra poi un incremento dei volumi di spesa anche per l’elettronica di consumo (113,7 milioni di euro) e negli store delle grandi catene o magazzini, sia mono sia multimarca (17 milioni di euro), che segnano rispettivamente una crescita del 6% e del 3,7%.
Anche alberghi e strutture ricettive registrano una crescita in termini di volumi, pari a 371 milioni di euro, ovvero +7,2% rispetto al periodo dei saldi invernali 2015. Ma la crescita maggiore in termini percentuali viene raggiunta nel settore ristorazione-bar/caffetterie (21,4 milioni di euro) e nel settore dell’intrattenimento (146,3 milioni di euro), rispettivamente +17% e +11,2%.
La spesa legata ad accessori, beauty e profumi, pur con volumi pari a quasi 110 milioni di euro, è la sola voce di spesa che registra un segno negativo, con una percentuale del -5,2% rispetto allo stesso periodo nel 2015.

La legge anti-spreco arriva alla Camera. Obiettivo: ridurre le eccedenze in tutta la filiera

Dopo la Francia, l’Italia. Anzi prima, secondo alcuni. La proposta di legge infatti che approda oggi alla Camera ha un obiettivo: ridurre gli sprechi nella produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari o di altri prodotti, e in particolare favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari, in via prioritaria ai fini dell’utilizzo umano. Ma non è la prima che ha favorito il recupero perché in questo almeno una volta il Bel Paese è stato pionieristico:  è di 12 anni fa infatti la legge 155-2003 detta “del Buon Samaritano” che facilita la donazione rendendo i donatori responsabili solo nei confronti dello stato degli alimenti consegnati all’organizzazione non profit cui vengono donati gli alimenti, sollevandoli da ogni responsabilità legale rispetto a ciò che succede (trasporto, conservazione) dopo aver affidato l’alimento per il riutilizzo. Semplice, ma efficace. Un primo passo.

Ora si cerca di andare oltre. Lo scopo del nuovo progetto di legge è quello di incentivare il recupero di quei prodotti alimentari adatti al consumo ma invenduti o non idonei alla commercializzazione per vari motivi (dalla confezione danneggiata alle “imperfezioni estetiche” nel caso di frutta e verdura, alla vicinanza della data di scadenza) semplificando le procedure burocratiche e rendendo non solo più semplice, ma in qualche modo più conveniente donare piuttosto che gettare via.

Secondo Banco Alimentare, la principale organizzazione che in Italia si occupa di recuperare e destinare agli indigenti le eccedenze alimentari (dall’inizio de 2016 ne ha “salvate” oltre 16mila tonnellate), ogni anno finiscono nella spazzatura 5,1 milioni di tonnellate di cibo (per un valore di quasi 13 miliardi di euro), e più della metà (il 53%) è ancora adatto al consumo umano. Secondo uno studio del Politecnico di Milano, in Italia il 58,1% degli sprechi alimentari va imputato agli attori economici della filiera contro il 41,9% che è dovuto ai consumatori. Escluso il consumo domestico, la distribuzione è responsabile per il 22,3% dell’eccedenza contro il 66,5% della produzione, il 6% della ristorazione e il 5,2% della trasformazione.

Con la proposta di legge “Puntiamo a far crescere – ha commentato il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina – la consapevolezza nei consumatori rispetto alle abitudini alimentari, e a semplificare le donazioni per le aziende e per la prima volta anche per l’agricoltura si disegna un ruolo da protagonista, attraverso le donazioni dirette agli indigenti. Sotto questo versante l’Italia rappresenta già una buona pratica a livello internazionale: ogni anno recuperiamo 550mila tonnellate di eccedenza in tutta la filiera. Nel 2016 vogliamo arrivare a 1 milione”.

La proposta di legge prende in considerazione anche i prodotti farmaceutici ed altri articoli, proponendo meccanismi che ne favoriscano il recupero a fini di solidarietà sociale.

Scalpore aveva fatto l’anno scorso l’approvazione della legge anti-spreco francese, che obbliga i supermercati di oltre 400 metri quadrati a recuperare le eccedenze attraverso donazioni, destinando l’invenduto all’alimentazione animale o ad usi agricoli come compost o per il recupero di energia.

Secondo Una buona Occasione le cause principali dello spreco nella Gdo sono le imperfezioni estetiche dei prodotti agroalimentari, gli accordi di ritiro presi dall’industria alimentare dei prodotti rimasti invenduti nei supermercati, la pratica di mantenere scaffali traboccanti di merci fino a fine giornata, i packaging “scaduti” (perché riportano concorsi o promozioni terminate), e il ritiro dagli scaffali della merce in anticipo rispetto alla scadenza (i consumatori tendono ad evitarne l’acquisto).

Per quanto riguarda le iniziative “spontanee” delle catene della Gdo invece leggi Lotta allo spreco e Gdo: cosa stanno facendo le insegne in Europa.

Mediobanca fotografa la Gdo 2010-2014 e anche in Italia il discount vince

Eurospin Italia campione di crescita (+48,7%) e di redditività con un roe nel 2014 pari al 24,2%; Esselunga, seconda ma staccata, di efficienza,  con 16mila euro di vendite per metro quadro. Questi i dati che colpiscono a una prima lettura del rapporto “I maggiori gruppi italiani della Gdo alimentare, 2010-2014″ dell’Area Studi Mediobanca. A conferma della forza davvero dirompente del modello discount che non accenna a recedere e vince anche in Italia, oltre che in molti altri Pesi europei (emblematico è il caso del Regno Unito che abbiamo raccontato in vari suoi aspetti).

La fotografia è a dir poco in bianco e nero: tra 2010 e 2014 infatti il fatturato dei maggiori operatori della Gdo italiana è cresciuto  dell’1,5%, ma ha ceduto l’1% nell’ultimo anno. Il contesto italiano risulta contraddistinto da uno scenario particolare e anche contradditorio con una bassa presenza di grandi superfici (1,4% degli esercizi) e un libero servizio che copre il 50% del totale; un’offerta complessiva elevata pari a 226mq ogni mille abitanti, meno della Germania (343 mq), ma davanti a Spagna (, i 193 della Francia e i 99mq del Regno Unito; forte apertura del mercato, con i primi tre operatori della Gdo rappresentano il 34% del mercato contro il 53/54% di Francia e Spagna e il 61% di Germania e Regno Unito.

fatturato-gdo

Eurospin “vince” su vari fronti: veloce riciclo del magazzino (17,5 giorni), rapido pagamento dei fornitori (67 giorni), bassa incidenza dei costi del personale (5,6% del fatturato), meno della metà della media degli altri operatori, con un fatturato per addetto doppio rispetto ad Esselunga: 650mila euro contro 325mila. Eurospin conta 6.300 dipendenti contro i 21.100 di Esselunga. Dal 2010 Eurospin ha cumulato utili netti per 550 milioni, metà di quanto realizzato da Esselunga che ha toccato 1,1 miliardi. Profondo il rosso di Carrefour: -2,4 miliardi di euro.
Ed è innegabile la sofferenza delle insegne francesi. La perdita di fatturato ha fatto seguito a dinamiche differenti delle strutture commerciali. Dal 2010 Carrefour ha ridotto dell’ 11,1% i punti vendita complessivi (diretti e franchising/affiliazione), passando da 1.302 a 1.158 (-144 unità). Nel caso di Auchan-SMA si è invece avuto un progresso del 2,6%, da 1.827 a 1.875 (+48). Le maggiori espansioni sono segnate da Eurospin Italia (+19,4%) e Coop (+9,3% su base omogenea), seguite da Esselunga (+5,7%). La rete più estesa nel 2014 è quella di Auchan-SMA con 1.875 punti vendita, dei quali oltre l’82% in franchising/affiliazione, formula cui il gruppo francese fa ricorso più estensivo (81,9% del totale), seguito da Carrefour con 1.158 punti (55% circa in franchising/affiliazione) e Eurospin Italia con 1.003 punti (diretti e franchising). Esselunga (149) e Coop (802) gestiscono solo proprietà.
pdv-gdo

Sguardo sulle Coop

Il sistema Coop ha chiuso il 2014 con un fatturato aggregato a 11,2 miliardi, in perdita operativa (-0,2% il mon sul fatturato), ma con un risultato corrente (2,6% del fatturato), grazie al contributo della gestione finanziaria (2,8% del fatturato). Sei delle 11 società dell’aggregato Coop hanno chiuso il 2014 con una perdita operativa. Coop Liguria è stata la migliore (mon al 2,7% del fatturato). In cinque anni l’aggregato delle coop ha cumulato utili per 53 milioni, rivenienti da proventi finanziari netti per 1.036 milioni, margini industriali per 136 milioni e proventi non ricorrenti per 194 milioni, a fronte di svalutazioni finanziarie per 814 milioni e imposte per 499 milioni. Unicoop Firenze è la cooperativa di maggiori dimensioni (2,7 miliardi) e quella più efficiente (13.800 euro per mq). Dal 2016 è operativa Coop Alleanza 3.0, fusione di tre precedenti cooperative, con ricavi stimati in 5 miliardi di euro.

Fatturato_aggregate_Coop

Il report esamina sei tra i maggiori Gruppi italiani della Gdo operanti prevalentemente nella distribuzione alimentare al dettaglio: Auchan-SMA; Canova 2007, holding della famiglia Brunelli cui fa capo la Finiper, con i marchi Iper e Unes; Carrefour Italia; Eurospin Italia, catena discount controllata con quote paritetiche del 25% ciascuna dalla cooperativa DAO – Dettaglianti Alimentari Organizzati (Lavis, Tn), Migross (della famiglia veronese Mion), Shop (della famiglia Pozzi, attraverso la Supermarkets Dugan) e Vega (cooperativa di dettaglianti attiva in Veneto e Friuli VG); Supermarkets Italiani della famiglia Caprotti con il marchio Esselunga; e le cooperative di consumatori (nove più due società da esse controllate) operanti a marchio “Coop”.

Una sintesi del rapporto è scaricabile a questo link.

 

Leggi anche:

Studio Iri: il discount in Italia, la convenienza e i valori dell’insegna

L’ascesa di Poundland e l’evoluzione del discount in Uk

L’U! di Via Perego a Cologno Monzese diventa il 113° U2 Supermercato

Si converte in U2 Supermercato il punto vendita U! Come tu mi vuoi di Via Perego 1/3 angolo Corso Roma, a Cologno Monzese.
Il “nuovo” supermercato, di 503 mq di vendita con quattro casse e 12 addetti, fedele alla filosofia che contraddistingue gli U2, è caratterizzato da un forte e costante impegno nella tutela dell’ambiente e dall’adozione del format Every Day Low Price, che garantiscono risparmi medi (con una percentuale di risparmio che si attesta fra il 15 ed il 50% su tutta la merce), e un assortimento ampio e vario, particolarmente nel reparto fresco.

Prezzi ribassati, prodotti selezionati, personale competente e disponibile permetteranno una spesa facile, veloce, consapevole, conveniente e volta alla massima soddisfazione del cliente che potrà scegliere tra 5490 referenze fra le quali 300 di gastronomia e panetteria, insieme a un ampio assortimento di frutta e verdura (150 referenze), carne (300 referenze), surgelati (290 referenze), latticini (450 referenze), scatolame (2600 referenze) e prodotti non food (1400 referenze). Per un totale di 750 referenze freschissime e di 4.740 referenze a scaffale.

La forte attenzione alla salvaguardia dell’ambiente che da sempre contraddistingue l’azienda, spinge a progettare sempre nuove soluzioni volte a ridurre l’impatto negativo sullo stesso e a promuovere iniziative utili alla divulgazione di comportamenti e stili di vita capaci di salvaguardare la ricchezza ambientale. Tra le misure ecosostenibili adottate nel nuovo supermercato U2 di Via Perego 1/3, angolo Corso Roma, rientrano: la vendita esclusiva di lampadine a basso consumo per il progetto di riduzione di consumi e rifiuti; l’utilizzo di barre denominate “Cliente successivo”, nate dal recupero di 54 bottiglie PET; la vendita di bottiglie d’acqua senza imballo, per proseguire l’impegno nella riduzione dei rifiuti; la proposta, oltre ai classici sacchetti biodegradabili in mater B, di borse riutilizzabili in tessuto non
tessuto a 0,50 Euro.

Yogurt Yomo Melinda partnership nel segno della naturalità italiana

Del tutto naturale, solo da latte italiano, con mele Golden Melinda: lo Yogurt Yomo Melinda è ora disponibile con due referenze in GDO dopo un test che ha confermato ottime rotazioni a scaffale.

Le referenze nascono da un accordo di partnership siglato tra Consorzio Melinda e Granarolo, proprietaria del marchio Yomo, che legherà le due aziende per il prossimo biennio.

Golden Melinda, la varietà scelta per questo nuovo yogurt, è la mela più amata e consumata dalle famiglie italiane. Yomo è lo yogurt italiano nato nel 1947, che impiega latte rigorosamente italiano, senza aromi, addensanti e conservanti.

Nato con grandi aspettative lo Yogurt Yomo Melinda, sottoposto a una fase di test negli ultimi mesi del 2015 all’interno di alcune importanti insegne della GDO italiana, ha ottenuto ottime rotazioni a scaffale dopo l’introduzione visibile del marchio Melinda. Risulta infatti fondamentale nella scelta d’acquisto la fiducia che i consumatori ripongono nel marchio che gode di un’altissima brand awareness e di una grande fedeltà da parte degli acquirenti.

Lo Yogurt Yomo Melinda si presenta al mercato in due varianti: Yogurt & Mele Golden Melinda e una versione dal gusto più corposo, Yogurt & Biscotto ai 4 cereali e Mele Golden Melinda.
Garantisce grande visibilità nel banco frigo a questo prodotto una grafica che sposa i due marchi, con tutto il loro patrimonio di valori: l’incarto è esattamente diviso a metà, trasferendo l’idea che la naturalità dello Yogurt Yomo è completata con la genuinità della Golden Melinda. Un incontro che genera uno yogurt dal gusto trasversale pronto a conquistare un’ampia fascia di mercato

Il make-up si “indossa” nel sito e-commerce di Cargo, grazie alla realtà aumentata

Cargo Cosmetics, azienda americana, ha dotato il proprio sito di e-commerce di una funzione che promette di fare storia e incrementare le vendite online: si tratta della possibilità di indossare, virtualmente, ombretto e rossetto di varie tinte sul proprio viso. È sufficiente la normale telecamera del computer o dello smartphone.

Schermata 2016-03-07 alle 22.59.25La piattaforma che consente ciò si chiama FaceCake e permette di applicare il makeup al viso “seguendo” anche i movimenti (se non sono troppo veloci).  L’abbiamo provato e funziona. È in effetti un modo di rendere gli acquisti di make-up online più accattivanti perché, come è accaduto per anni nell’abbigliamento, la possibilità di non poter “toccare con mano” il prodotto, o meglio il risultato su se stessi, può essere respingente. Se in questo caso la texture o la brillantezza sono “fuori portata” la possibilità di testare il colore con il proprio tipo di pelle, praticamente dal vivo grazie alla realtà aumentata, può in effetti rendere più sicuro l’acquisto e aumentare le vendite.

Una funzione dunque, quella della realtà aumentata, che immaginiamo si diffonderà sempre più in futuro nei siti di e-commerce, come nei camerini dei negozi d’abbigliamento.

Demandware fotografa l’e-commerce del 2016, tra smartphone e generazione Z

Sempre più smartphone per gli acquisti e nelle decisioni di spesa, in una tendenza già in atto che non farà che affermarsi sempre di più. Ma anche una nuova generazione, la “z” ovvero quella dei 12-17enni, che affronta il retail con nuovi occhi e strumenti. E l’analisi dei dati che diventa elemento fondante di ogni strategia di marketing. Questi i contorni della fotografia dell’e-commerce nel 2016 scattata da Demandware,  fornitore leader globale del settore di soluzioni cloud commerce per le imprese, frutto di una analisi sui dati di oltre 400 milioni di clienti che transitano sui 1300 siti di eCommerce che si servono della sua piattaforma cloud, compreso il valore lordo delle merci, i giorni di picco per gli acquisti, il tasso di sconto e la quota di mercato da dispositivi mobili nei settori moda, lusso, abbigliamento, bellezza e salute.

L’analisi individua tre tendenze fondamentali che promettono di influenzare profondamente le vendite online (e non solo) nel corso di quest’anno. Eccole.

1- Addio omni-canalità: benvenuto commercio unificato

Dopo essere stato al centro delle discussioni sul retail negli ultimi anni, nel 2016 il termine omnicanalità diventerà potrebbe passare di moda. Perché il numero di acquirenti che comprano prodotti da più canali su più dispositivi supererà quello di chi acquista su un unico canale. L’omnicanalità sarà sostituita da un termine più adatto: commercio unificato, che si riferisce ad una singola piattaforma di commercio che offre ai rivenditori una visione unificata dei clienti e del magazzino attraverso tutti i canali.

Da gennaio a dicembre 2015 la quota degli ordini da smartphone ha registrato una crescita del 41%, passando dal 17% al 24%.
Da gennaio a dicembre 2015 la quota degli ordini da smartphone ha registrato una crescita del 41%, passando dal 17% al 24%.

“Il commercio unificato è già realtà, aiutando i retailer a raggiungere in maniera efficace i clienti connessi. Stando alla ricerca del National Retail Federation (NRF) ed Ecommerce Europe, l’86% dei retailer intervistati prevede di implementare nei prossimi 10 anni una piattaforma di commercio unificata per vendere in maniera più efficace ai consumatori connessi – spiega Maurizio Capobianco, Sales Director di Demandware Italia – . I consumatori vogliono una interazione veloce, personalizzata e fluida con i retailer, ancora oggi ostacolati da tecnologie complesse. La soluzione è una piattaforma di commercio unificata che migliori il margine, il valore del brand, e il suo fatturato”.

 

2- La generazione Z (e i social) guideranno l’e-commerce

Grazie soprattutto all’integrazione tra e- commerce e social media, in Nord America la generazione Z, i ragazzi di età compresa tra i 12 e i 17 anni, rappresenterà la quota più importante degli acquisti online. La semplicità dei sistemi di pagamento come il Touch ID, il lettore di impronte digitali presente sui dispositivi mobili, consentirà agli adolescenti l’accesso al conto dei genitori, eliminando la necessità di avere una propria carta di credito fisica.
Secondo il recente sondaggio condotto da Demandware su un campione di 7000 persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni (Millennials e Generazione Y) invece, il 77% dei Millennials completa il proprio acquisto dopo aver visto un prodotto che qualcun altro ha preferito o condiviso online. In totale, il 59% degli intervistati agisce sui suggerimenti di Facebook e il 41% su quelli di YouTube; seguono gli altri social network, con Instagram al 25%, Pinterest al 14%, Snapchat al 12%, WhatsApp al 20%, Twitter al 29% e Google+ al 15%.

 

3- Il data-driven decision marketing alimenterà la personalizzazione

Il 2016 sarà l’anno in cui la maggior parte dei retailer si sposterà da decisioni basate sulle intuizioni a quelle fondate su analisi dei dati, un trend che porterà a una forte carenza di talenti di “data expert”, già di per sé scarsi. I grandi nomi del retail sanno che i big data possono supportare fortemente il business, ad approcciare meglio il mercato e approfondire il rapporto con i clienti, pertanto si comporteranno in modo da favorire queste azioni.

Il 2016 sarà anche l’anno del ritorno del Push Marketing. I rivenditori cercheranno di rimuovere possibili elementi di attrito nel processo di acquisto e abilitare i clienti all’acquisto non solo nel negozio fisico e online, ma anche nel momento stesso dell’interazione. Allo stesso tempo, nel 2016 la tradizionale divisione tra marketing e commercio verrà meno per molti dei principali retailer. Il loro successo dipenderà nella capacità di portare i clienti ad acquistare il prodotto o l’offerta perfetta, applicando un insieme di abilità che uniscono la conoscenza approfondita del singolo cliente a una ricca offerta di contenuti.

Illy premiata World’s Most Ethical Company da Ethisphere Institute

Per il quarto anno consecutivo Illy ha ottenuto il riconoscimento tra le 2016 World’s Most Ethical Company da Ethisphere Institute. La società è una delle quattro aziende premiate nella categoria Alimenti, Bevande e Agricoltura per il 2016, ed è la sola azienda italiana della prestigiosa “lista”.

Il riconoscimento conferito da Ethisphere, giunto alla decima edizione, ha come scopo di redigere la lista delle aziende più etiche al mondo, inserendovi le società che trasformano i propri principi in azioni, in cui la fiducia è parte integrante del DNA aziendale, favorendo la creazione di nuovi standard di settore, introducendo oggi le best practices di domani.

“Essere nominata da Ethisphere come World’s Most Ethical Company per il quarto anno consecutivo è un onore, ed è il riconoscimento formale dell’impegno costante di illy verso i suoi stakeholder lungo tutta la catena del valore, dai coltivatori ai clienti – afferma Andrea Illy, Presidente e CEO di illycaffè – . Il perseguimento dei più alti standard etici è al centro dei nostri valori e del nostro modello operativo e ha dato avvio ad un circolo virtuoso essenziale per realizzare il nostro sogno di offrire il caffè migliore al mondo.”
Dalla fine degli anni Ottanta illycaffè ha messo a punto un sistema di relazioni dirette con i propri fornitori basato su tre pilastri:

• Selezionare e lavorare direttamente con i migliori produttori di caffè Arabica, sviluppando con loro un rapporto diretto, duraturo e reciprocamente proficuo
• trasferire a questi coltivatori, attraverso l’Università del Caffè e il lavoro quotidiano sul campo di agronomi specializzati, tutte quelle conoscenze maturate in ottant’anni di storia d’impresa e di ricerca necessarie per raggiungere i picchi d’eccellenza richiesti dagli standard illy;
• acquistare le produzioni migliori dai coltivatori, pagando loro prezzi superiori a quelli di mercato per premiare la qualità prodotta e stimolare il miglioramento continuo.

“Le società si affidano a Ethisphere per misurare e accrescere i propri standard di comportamento. Le aziende che si dimostrano leader in aree quali la cittadinanza d’impresa, l’integrità e la trasparenza creano maggior valore per gli investitori, le comunità, i clienti e i dipendenti, consolidando un vantaggio commerciale sostenibile” spiega Timothy Erblich, Chief Executive Officer di Ethisphere.
La valutazione di World’s Best Ethical Company si basa sul Quoziente Etico dell’Istituto, che offre un approccio quantitativo alla valutazione della performance delle società in modo oggettivo, coerente e standardizzato. Le informazioni raccolte offrono un campionario completo di criteri che definiscono le competenze di base, piuttosto che tutti gli aspetti di gestione aziendale, rischio, sostenibilità, conformità ed etica. I punteggi sono elaborati in cinque categorie principali: programma di etica e conformità (35%), cittadinanza d’impresa e responsabilità sociale (20%), cultura dell’etica (20%), governance (15%) e leadership, innovazione e reputazione (10%), e sono forniti a tutte le aziende che partecipano a questo processo.

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