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Anna Muzio

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Il 51% degli italiani corre almeno una volta al mese, cosa si compra online

L’Italia va di corsa. E le offerte online anche. Lo dicono le statistiche: il 51% degli italiani corre almeno una volta al mese, soprattutto nella bella stagione. E molti di loro cercano di acquistare l’attrezzatura – le scarpe ma non solo – sui siti specializzati. E il motivo è presto detto: secondo una ricerca di Idealo, il portale internazionale di comparazione dei prezzi degli acquisti digitali, acquistare le scarpe da corsa sull’e-commerce garantisce un risparmio medio del 44,3% nei mesi invernali e del 27,3% durante i mesi di maggio e giugno, quelli in cui si verifica il picco della domanda. Risparmi ingenti sono ottenuti anche nell’acquisto di orologi sportivi (mediamente del 29,5% ma anche in questo caso vale la pena pensarci nei primi mesi dell’anno), delle magliette tecniche anti-intemperie (risparmio medio del 42,1%), dei guanti touch-screen (50%), del cardiofrequenzimetro (33,5%), delle giacche da running (38,7%).

 

Boom dei dispositivi tech

Ma quali sono gli articoli più ricercati in rete dagli amanti della corsa? In Italia tra i dieci prodotti più ricercati in questo scorcio del 2018, ben nove sono tecnologici: smartwatch, Gps, ciclo-computer. L’unico articolo “analogico” sono proprio le scarpe da corsa. Eppure sono proprio queste ultime ad avere avuto nel 2018 un boom di interesse rispetto all’anno precedente: +12,6%. Il dato diventa addirittura astronomico se il raffronto è sul 2016: +156,8%.

La ricerca di idealo dimostra che il settore è ancora appannaggio del genere maschile, a cui appartiene il 73,3% di quanti cercano articoli da corsa e offerte in rete. In entrambi i sessi in ogni caso i più appassionati sono quelli della fascia di età tra i 35 e i 44 anni (32,7% degli uomini e 28,9% delle donne). Curioso il fatto che la regione più interessata all’e-commerce del running cambia a seconda del sesso: Lombardia tra le donne e Lazio tra i maschietti.

“Il successo della corsa – spiega Fabio Plebani, country manager di Idealo per l’Italia – è certamente da attribuire al fatto che si tratta di uno sport facile da praticare e ideale per ottenere gli stessi risultati senza spendere elevati costi di palestra. Ciononostante non si deve pensare che sia uno sport a costo zero, in quanto è essenziale essere dotati dell’attrezzatura idonea e ovviamente quella più performante ha un costo. L’e-commerce viene incontro ai runner offrendo risparmi considerevoli nel corso dell’intero anno”.

Gdpr questo sconosciuto: al via il 25 maggio, ma molte aziende non sono ancora pronte

Il 25 maggio entra in vigore il General Data Protection Regulation (Gdpr), la nuova normativa europea sulla protezione della privacy che mira a standardizzare per tutti i Paesi membri dell’Ue la legislazione in materia, e a cui sono tenuti ad adeguarsi tutte le società che gestiscono dati personali. In base alla nuova normativa dovrà essere garantito a qualsiasi cittadino l’accesso, il controllo, la visualizzazione e il diritto di cancellare i dati raccolti dalle aziende nell’ambiente digitale. I cittadini dovranno essere informati su quali dati le aziende raccolgono e per quale scopo e dovranno fornire il proprio consenso esplicito. Inoltre, le aziende saranno tenute a implementare i meccanismi di sicurezza volti a impedire a terzi l’accesso alle informazioni sensibili e dovranno avere la protezione dei dati personali degli utenti e dei clienti in massimo conto, formando del personale addestrato in materia e prevedendo in taluni casi la figura nuova del Dpo, il Data Protection Officer..

Il tema è particolarmente importante dopo gli scandali che hanno coinvolto Facebook e Cambridge Analytica. Eppure, secondo un’indagine condotta dalla società leader negli analytics Sas su 183 manager di aziende a una settimana dalla fatidica scadenza, il 93% del campione afferma di non essere ancora totalmente conforme al nuovo regolamento. E se il 46% delle organizzazioni conta di mettere a punto tutto negli ultimi sette giorni che precedono il 25 maggio, il resto crede di non farcela, percentuale più alta per le aziende americane.

L’84% degli intervistati (il 91% degli europei) crede che il regolamento Gdpr migliorerà la gestione e l’amministrazione dei dati, mentre per il 69% esso addirittura aumenterà la fiducia dei clienti nei confronti delle organizzazioni. La metà degli intervistati europei sottolinea come il Gdpr avrà un impatto significativo sui progetti legati all’Artificial Intelligence. Preoccupano in particolare gli aspetti legati ai consensi informati, alla profilazione dei dati e al coinvolgimento umano nelle decisioni di Ai.

Ma che cosa succederà alle aziende o alle organizzazioni che il 25 maggio non saranno pronte? Le conseguenze potranno essere rilevanti. Le aziende fuorilegge sui dati personali potranno infatti subire sanzioni economiche fino al 4% del fatturato annuo e comunque fino a 20 milioni di euro.

Il biologico tra Gdo e negozi specializzati, l’analisi di Biobank

Cresce in Italia il mercato dei biologico, e lo fa grazie soprattutto ai supermercati, che un tempo erano indietro rispetto ai negozi specializzati. Ora i rapporti di forza tra i due canali si sono invertiti ma questo non è un dato né definitivo né immodificabile, visto che si tratta di un settore che premia coloro che sono più aperti al cambiamento. Quindi i negozi specializzati hanno ancora molte frecce al proprio arco.

Il pareggio nel 2015, poi la forbice s’allarga

L’analisi del settore è fatto dal rapporto “Supermercati&Specializzati 2018” di Focus Bio Bank, alla sua seconda edizione. Secondo lo studio l’anno zero del settore è stato il 2015, quello in cui le vendite di prodotti biologici nella grande distribuzione organizzata hanno praticamente pareggiato quelle nei negozi dedicati: 873 milioni di euro nei “super” e 862 nei negozi bio, in un mercato interno che valeva 2.660 milioni. Nel 2016 il divario si è accentuato: 1.191 milioni venduti nei supermercati e 892 nei negozi, in un mercato interno da 3.093 milioni complessivi.

Negli ultimi anni molte catene di ipermercati e supermercati si sono dotati di private label di alimenti biologici e le referenze sono passate dalle 644 del primo censimento Bio Bank del 2001 alle 3.529 del 2017. Oggi le prime tre catene per numero di referenze sono Coop (marca Vivi Verde Coop con 604 prodotti), Iper (marche iNaturale Bio e iNaturale Zerotre Bio, con 371 articoli) e Carrefour (Carrefour Bio, 308). Prodotti che ovviamente si sommano a quelli a marchio dei produttori. Dieci invece le catene con private label equosolidali, per un totale di 62 referenze.

Interessante lo studio degli approcci comunicativi dei prodotti di marca bio, che sono secondo Bio Bank essenzialmente quattro: il trasversale, che mette al centro lo stile di vita; il dedicato; il bollino biologico, che compare anche sugli articoli convenzionali; e il no logo scelto da Todis che non adotta un marchio particolare. Fermento intorno alla cosmesi naturale e bio: sono otto le catene che hanno una “private label” dedicata, con 135 referenze in tutto.

Quanto ai negozi specializzati, quarantaquattro anni dopo l’apertura del primo a Milano, “Il Girasole”, sono ormai 1.437, con Roma, Milano e Torino in testa tra le province con il maggiore numero assoluto e Imperia, Bolzano e Rimini con il maggior numero di insegne per abitanti.

E il futuro? L’Italia probabilmente seguirà l’esempio degli altri Paesi europei come le Francia, dove Carrefour vanta ormai 15 punti vendita specializzati e dove Leclerc ha annunciato addirittura 200 negozi bio.

Il report digitale Focus Bio Bank – Supermercati & Specializzati 2018 si può sfogliare, leggere e consultare liberamente su Issuu all’indirizzo https://bit.ly/2k4AWZ1.

Mercato immobiliare Italia, segni di ripresa (ma non nei prezzi), e Milano rinasce

È un mercato vivace quello dell’immobiliare in Italia, ma con caratteristiche nuove, con alcune punte di grande dinamicità nelle città a grande flusso turistico (Milano in primis, ma anche Napoli, Palermo, Torino) e nel centro, o nelle zone adiacenti ai centri commerciali, ma soffre nelle periferie e nelle vie a minor flusso. A meno che non siano state riqualificate sfruttando in certi casi la logica del “district”: e in questo vari casi emblematici si trovano proprio nel capoluogo lombardo, dove ad esempio Lambrate risorge nel segno del design, sulla scorta del fuorisalone.

Un quadro dettagliato del settore è stato fornito ieri a Milano alla Conferenza Stampa congiunta di Gruppo Tecnocasa e Confesercenti Milano sull’andamento del mercato immobiliare, industriale e commerciale. In cui si è evidenziato come nel 2017 le transazioni, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, hanno chiuso in aumento: capannoni (+7,5%), uffici (+6,4%) e negozi (+6,9%). A questa ripresa dei volumi non corrisponde però un aumento dei prezzi a livello nazionale. E la maggioranza delle richieste interessa la locazione.

 

Nel retail, bene high street e località turistiche

Bene ma non benissimo: dal 2008 ad oggi nel commercio gli immobili in via di passaggio hanno perso il 34,1% del loro valore, nelle vie non di passaggio il 40,2%. I canoni di locazione sono scesi notevolmente perdendo rispettivamente il 37,7% e il 43%. Sono dati che rivelano non solo la crisi del mercato immobiliare, ma le difficoltà dell’economia in generale, incluso il settore del commercio che ha visto molte attività chiudere in seguito alla riduzione dei consumi e all’avvento dei centri commerciali.

Molte soluzioni posizionate in vie a basso transito, negli ultimi anni, si sono trasformate in uffici su strada (una domanda in crescita soprattutto a Milano) o sono rimaste vuote.

Anche le compravendite, in aumento negli ultimi anni, si sono notevolmente ridimensionate rispetto ai picchi raggiunti negli anni passati. Non dimentichiamo infatti che i negozi sono sempre stati un asset interessante per gli investitori. L’analisi delle richieste ci dice che l’82,9% di esse sono per immobili in locazione, il 17,1% in acquisto. E, tra chi cerca in acquisto, il 47% è rappresentato da investitori alla ricerca di rendimenti annui lordi che, mediamente sono intorno al 7-8% annuo lordo ma possono arrivare anche al 10% annuo lordo in funzione della rischiosità dell’investimento, e scendere al 3-4% in zone più centrali. Si orientano quasi sempre su tagli piccoli, fino a 100 metri quadri.

Location, location, location: i retailer anche nei momenti di crisi si sono dimostrati interessati alle soluzioni ben posizionate. Attualmente si registra una domanda sostenuta di immobili nelle high street delle principali città, in particolare, di quelle interessate da importanti flussi turistici (Milano, Roma, Verona, Torino e Napoli). Tra le aziende interessate si registrano quelle del lusso che cerca spazi sempre più ampi (intorno a 300 metri quadrati) e di rappresentanza (i cosiddetti destination store). Un esempio di come l’aumento del turismo in città può modificarne il volto commerciale è rappresentata da Torino, città che negli ultimi anni ha vissuto una svolta: dopo le Olimpiadi Invernali c’è stato un forte incremento del turismo (+48,5% dal 2006 al 2015) che ha contribuito all’arrivo in città di nuovi brand e nuovi format. Roma e Firenze sono sempre state caratterizzate da importanti flussi turistici, motivo per cui in queste due città la richiesta nelle top location è stata sempre elevata. Milano, il cui boom del turismo è evidente dopo l’Expo, sta vivendo una vera e propria trasformazione commerciale, avviata anche dall’importante cambiamento urbanistico che la città ha saputo mettere in atto.

 

E-commerce e ristorazione cambiano le carte di tavola

Altri due fenomeni importanti stanno rivoluzionando il settore: l’esplosione dell’e-commerce e l’avanzare prepotente della ristorazione (food and beverage). Il digitale sta trasformando l’esperienza di acquisto e sempre più retailer cercano spazi commerciali dove l’acquisto fisico e quello on line convergono. Le aziende che hanno iniziato vendendo on line sono alla ricerca di spazi fisici anche in vie laterali a quelle di passaggio e in vie non di passaggio, locati a canoni decisamente vantaggiosi a start up che si sono fatti conoscere prima sul canale digitale.

L’altra vera trasformazione è stata l’esplosione del food. La banca dati Tecnocasa rileva come a livello nazionale, tra coloro che cercano in locazione, il 28% intende aprire un’attività di ristorazione-somministrazione, il 10,4% un negozio di abbigliamento-accessori, l’8,1% un negozio di vendita di alimentari, il 4,2% vorrebbe aprire un centro benessere e sempre un 4,2% cerca un negozio per fare un ufficio su strada. La food experience, sempre più importante, ha portato alla creazione di nuovi format e alla conseguente richiesta di nuovi spazi che non sempre disponibili sul mercato.

Se nelle grandi città il retail sembra in qualche modo tenere sulle vie di transito, non si può dire la stessa cosa per i comuni capoluogo e le realtà più piccole dove si registra una maggiore sofferenza e numerosi negozi chiudono anche in via di passaggio a causa della concorrenza dei centri commerciali. A prescindere comunque dalla dimensione metropolitana, si nota una buona tenuta dei negozi di quartiere e un interesse da parte di catene della Gdo ad aprire supermercati e superette, a conferma che la prossimità non è ancora tramontata.

 

Capannoni spinti da logistica e eCommerce, anche della Gdo

I capannoni mai come in questi ultimi anni sono una cartina al tornasole dei profondi cambiamenti che hanno interessato il settore del commercio. C’è un maggiore interesse verso l’acquisto: i prezzi di mercato sono arrivati a livelli tali per cui soprattutto le aziende con una buona solidità patrimoniale approfittano per acquistare. Dal 2008 i capannoni nuovi hanno visto un calo dei prezzi del 30,1% e quelli usati del 35,3%. Sul versante delle locazioni il ribasso è stato rispettivamente del 35,5% e del 35,2%. I capannoni presenti sul mercato sono prevalentemente usati, e questo consente di sfruttare importanti ribassi di prezzo (anche del 25-30%). La crisi immobiliare degli anni scorsi ha bloccato i nuovi sviluppi e le soluzioni più recenti, risalenti ai primi anni 2000, risultano pertanto “obsolete”. Oggi il 31,6% di richieste riguarda l’acquisto (in leggero aumento) e il 68,4% la locazione.

Tra le zone dinamiche in termini di acquisto l’area industriale del Veneto e della Lombardia con imprenditori altamente specializzati a fare da traino. Non è un caso che i dati Eurostat certificano in questa zona un tasso di disoccupazione intorno al 6%. A premiare la qualità del prodotto e il fatto che molte aziende hanno investito in tecnologia e ampliato gli orizzonti del mercato.

Sempre più appeal, tra investitori ed aziende, suscitano i capannoni a destinazione logistica: questa tipologia di immobile sta vivendo una fase in cui la domanda è decisamente superiore rispetto all’offerta, sia in acquisto e sia in locazione. A spingere il mercato soprattutto, la crescita degli acquisti on-line che, per rispondere alla velocità di consegna hanno bisogno di una catena di distribuzione sempre più veloce. Per questo motivo, l’ubicazione dei magazzini e delle sedi di smercio nelle location strategiche, vale a dire vicine alle arterie che portano velocemente in città, è la caratteristica più richiesta, insieme alla presenza di un’importante area di carico e scarico e alle altezze.

Fonte Essenziale, Ferrarelle e Vitasnella i brand più social di Acque Minerali secondo Blogmeter

Sono Fonte Essenziale, Ferrarelle e Vitasnella i brand più social di Acque Minerali secondo analisi svolta da Blogmeter. 

L’appuntamento mensile della Top Brands questa volta analizza le performance di tutte le pagine ufficiali Facebook, Twitter, Instagram e YouTube dei principali brand di Acque Minerali presenti sul mercato italiano e che si rivolgono allo stesso. Partendo dai 32 brand presi in esame, è stata creata una classifica in cui sono stati evidenziati i cinque brand risultati migliori per interazioni totali (escludendo le views di YouTube) nel trimestre che va dall’1 gennaio al 31 marzo 2018. La classifica dei brand più engaging sui principali social media è stata effettuata utilizzando il nuovo tool di Social Analytics, uno strumento migliorato sia dal punto di vista grafico sia nelle funzionalità, che permette di mettere a confronto non solo i diversi brand, ma anche i diversi canali social di un singolo brand.

Nell’analisi svolta da Blogmeter sono state valutate anche le performance relative al Total Engagement, per i cinque brand risultati primi nel ranking per total interactions. In questa direzione, il gradino più alto del podio è stato conquistato da Fonte Essenziale, l’acqua minerale naturale Antica Fonte che sgorga dalle Terme di Boario in Valle Camonica, grazie alla sua attività di comunicazione concentrata esclusivamente sul proprio canale Facebook, da cui provengono il 100% delle interazioni del trimestre, pari a 53.500. Il top content di Fonte Essenziale per engagement (oltre 5.500 interazioni) è quello pubblicato in data 1 gennaio, in cui l’azienda augura ai suoi fan un sereno anno nuovo al motto di “Iniziare bene il 2018 è Essenziale”.

Secondo posto per Ferrarelle con un engagement che supera la cifra di 51.700, proveniente per il 98% da Facebook e per appena l’1% da YouTube. Nel periodo di analisi è un post di Ferrarelle a guadagnare il titolo di contenuto con più reazioni del trimestre: si tratta di un post dedicato all’epifania e al formato in bottiglia mini-ferrarelle, pensato per i più piccoli.

In terza posizione troviamo Acqua Vitasnella, che raccoglie un total engagement di 32.400 durante il periodo preso in analisi. Il 98% dell’engagement proviene da Facebook, mentre solo l’1,5% proviene dalla pagina Instagram del brand. Il post risultato più engaging di Vitasnella è anche il post che si aggiudica il premio di most engaging content del periodo di riferimento. Con un simpatico gioco di parole, Vitasnella ironizza sulla comune “usanza” di tenere addobbata la casa a tema natalizio, ad oltranza.

Al quarto posto del ranking troviamo Uliveto, acqua proveniente dall’omonima sorgente toscana, con un total engagement pari a 23.700, per il 96% proveniente da Facebook e per il 4% proveniente dal suo canale Instagram. Il most engaging post (1.820 interazioni) di Uliveto proviene proprio da Facebook ed è un post-quiz in cui si chiede di rispondere alla domanda, a tema acqua, con una reaction.

Al quinto posto si piazza Rocchetta, con un engagement totale di 20.900 ottenuto attraverso Facebook per il 93% e Instagram per il 7%. Rocchetta risulta essere anche il brand che ha guadagnato più follower nel periodo di riferimento: 11.200 nuovi fan. Il post di Rocchetta che ha ottenuto più successo nel trimestre è stato quello dedicato alle mamme con l’hashtag #mammacheforza.

Infine, una menzione speciale per Levissima, che con una foto panoramica visibile a 360° invita i suoi follower ad indovinare la vetta immortalata e guadagna, quindi, il titolo di most commented post.

La Blogmeter Top Brands Energy è stata realizzata a partire da un panel di profili/pagine corporate ufficiali italiane delle principali aziende del settore di riferimento. Il valore del “Total Interactions” rappresenta la somma delle interazioni ricevute dai singoli profili social, ovvero da Facebook: likes e reactions, comments e shares. Da Twitter: retweets, favorites e replies. Da Instagram: Likes e comments. Da YouTube: likes, dislikes e comments. Il valore del “Source Engagement” rappresenta la somma delle interazioni ricevute dai singoli profili social.

Supermercato24 e Maxi Di: ora anche a Mantova, Brescia e Varese

È una partnership già testata nel 2017 su Verona quella tra Supermercato24, il primo player italiano della spesa online con consegna a domicilio, e Maxi Di Srl (Gruppo Selex, insegna Famila) che ora sbarca anche nelle province di Mantova, Brescia e Varese.

Si allarga la base di utenti che potranno fare la spesa online, dunque, agli stessi prezzi dei loro punti vendita Famila preferiti, scegliendo tra le oltre 15.000 referenze presenti sulla piattaforma, compreso un assortimento di oltre 500 prodotti freschi, 1.500 prodotti in offerta e 1.500 articoli private label (dalla cura del corpo all’enogastronomia).
I clienti riceveranno poi la spesa all’indirizzo desiderato, in giornata o anche entro un’ora, direttamente dal personal shopper che l’ha realizzata al posto loro. Il servizio è attivo 7 giorni su 7, dalle ore 9 alle ore 20, ad un costo di consegna di 4,90 euro, senza alcun canone aggiuntivo di iscrizione al servizio. Il personal shopper, diventa così un “moderno maggiordomo” che si reca a fare la spesa al posto del cliente e lo contatta telefonicamente quando necessario per realizzare al meglio gli acquisti, liberandolo così dall’incombenza di questo impegno.

In un mercato sempre più digitale, dove risparmio di tempo, comodità e velocità del servizio sono ormai irrinunciabili per i consumatori, il servizio di Supermercato24 è assai apprezzato anche dagli operatori della Gdo, che hanno l’opportunità di ampliare i servizi offerti alla propria clientela nella duplice ottica di soddisfarne al meglio i fabbisogni e al contempo fidelizzarli alla propria insegna.

“In un contesto in continua evoluzione, dove tutti sono sempre più propensi all’uso delle tecnologie digitali in grado di migliorare la qualità della propria vita, diventa per noi fondamentale conseguire una capillare copertura del territorio nazionale e raggiungere così con Supermercato24 sempre più persone – ha dichiarato Federico Sargenti, Amministratore Delegato di Supermercato24 -. Siamo molto orgogliosi di questo nuovo accordo con un operatore importante come Maxi Di, ci permette di potenziare e ampliare ulteriormente l’offerta del nostro servizio in importanti città e continuare così a perseguire i nostri obiettivi aziendali e quelli dei nostri partner”.

“Siamo da sempre attenti ai bisogni dei nostri clienti e con la collaborazione di Supermercato24 soddisferemo le richieste del mercato – ha detto Mauro Muraro, direttore Marketing di Maxi Di Srl -. L’utilizzo del digitale per fare la spesa anche nelle province di Brescia, Mantova e Varese dopo la fase pilota del 2017 nella provincia di Verona ci consente di dare maggiore servizio ai nostri clienti e di competere con più forza nel canale e-commerce”.

Il settore delle vendite e-food in Italia è in costante crescita, nell’ultimo anno si è registrato un +19%. Supermercato24 è secondo una ricerca Nielsen, uno dei primi tre e-commerce grocery in Italia e ha chiuso il 2017 triplicando i suoi volumi di vendita e il fatturato.
Supermercato24 è attualmente attivo in 23 provincie e oltre 400 comuni su tutto il territorio nazionale.

Ai britannici piacciono le etichette: ora arriva quella “Plastic free”

Una nuova etichetta è apparsa su alcuni scaffali della Gdo britannica: questa volta non dichiara calorie e contenuti di grassi e zuccheri (come le controverse etichette a semaforo) ma l’assenza di plastica nel packaging.

Promotore dell’iniziativa è A Plastic Planet, un gruppo ambientalista britannico già protagonista della prima corsia senza plastica in un supermercato olandese, Ekoplaza.

E proprio qui era comparsa lo scorso febbraio per la prima volta il logo, che ora però è diventato un “marchio di fiducia” che indica con chiarezza al consumatore quando una confezione è priva di plastica non biodegradabile. Ekoplaza impiegherà l’etichetta in tutti i suoi 74 punti vendita olandesi entro la fine dell’anno.

Tra le prime insegne ad adottare la nuova label nel Regno Unito c’è Iceland (nella foto sopra): comparirà su uova, torta salata e hamburger vegetali private label già da questo mese: l’azienda ha dichiarato che sono con questi tre prodotti pensa di risparmiare l’uso di 600 tonnellate di plastica l’anno. L’insegna si è anche impegnata a eliminare completamente la plastica dai suoi prodotti a marchio entro il 2023.

Anche il produttore di tè britannico Teapigs ha adottato l’etichetta per  suoi prodotti.

Come ha dichiarato la cofondatrice Louise Cheadle: “Molti consumatori di tè sono sorpresi nello scoprire che molte bustine contengono plastica. Le nostre sono fatte di Natureflex, un materiale che sembra plastica ma è realizzato con cellulosa. Il marchio di fiducia (l’etichetta, ndr) consentirà ai consumatori che vogliono evitare la plastica di fare la giusta scelta”.

 

“Conosciamo tutti i danni causati dalla nostra dipendenza dalla plastica, dunque vogliamo fare la cosa giusta e comprare prodotti senza plastica – ha detto Sian Sutherland, cofondatore di A Plastic Planet -. Ma fare ciò è più difficile di quello che si possa pensare, e c’è realmente bisogno di un’etichetta chiara e incontrovertibile. In moda che gli acquirenti possano partecipare a risolvere il problema anziché peggiorarlo. Il nostro marchio di fiducia risolve la confusione di simboli ed etichette e dice una sola cosa: che quella confezione non contiene plastica.”

Secondo le Nazioni Unite sono otto milioni le tonnellate di plastica tra bottiglie, confezioni varie ed altri rifiuti a finire negli oceani ogni anno, mettendo a rischio ogni forma di vita marina.

Sono già varie le azioni intraprese dalle insegne della Gdo nel mondo per cercare di affrontare il problema.

Il mese scorso oltre 40 aziende, comprese le maggiori insegne di supermercati britanniche e Coca Cola, Nestlé e Procter & Gamble hanno firmato lo UK Plastics Pact, impegnandosi ad eliminare tutte le confezione di plastica non necessaria entro il 2025.

La distribuzione britannica è responsabile del 40% degli imballaggi in plastica.

È Coca-Cola il marchio più scelto del mondo per Kantar, Mulino Bianco vince in Italia

Per il sesto anno consecutivo. è Coca-Cola il marchio più scelto dai consumatori nel mondo: lo stabilisce l’edizione 2018 del rapporto di Kantar Worldpanel Brand Footprint. Altri 16 marchi sono stati scelti più di un miliardo di volte dai consumatori nell’anno passato.

La globalizzazione dei marchi e delle merci corre strane vie, e il rapporto di Kantar fotografa le affinità che corrono nei mercati apparentemente più lontani. Ad esempio Colgate, il secondo marchio più scelto dai consumatori globali, è l’unico scelto da più di metà della popolazione mondiale: ha infatti una penetrazione mondiale del 62%.
Il terzo in classifica, Maggi è quello che ha registrato la crescita maggiore nella Top 50, con il 14% di Consumer Reach Points (CRPs)
Però non si può non sottolineare come la globalizzazione impera sì, ma i marchi local incalzano, erodendo quote alle multinazionali: nel 2017 si sono portate a casa il 64,6% degli acquisti di marca, mentre la quota dei marchi globali è del 35,4%.

Secondo il rapporto 2018 di Kantar Worldpanel ci sono 17 marchi di beni di largo consumo che vengono scelte più di un miliardo di volte all’anno in tutto il mondo, e sei di questi sono proprietà di Unilever (Lifebuoy al quarto posto, Sunsilk e Knorr nella Top 10 e Dove, Lux e Sunlight). Il rapporto stabilisce proprio quali beni sono acquistati più spesso e dal maggior numero di consumatori. Coca-Cola ad esempio è stata presa dagli scaffali ben 5,8 miliardi di volte in un anno. 

“Si è parlato molto di un mercato dei beni di largo consumo sempre più competitivo, ma nonostante ciò nell’ultimo anno 22 delle 50 marche globali sono riuscite a farsi scegliere dai consumatori più che nei 12 mesi precedenti – ha detto Josep Montserrat, Ceo di Kantar Worldpanel -. Le opportunità di crescita ci sono, e le marche dovranno andare più a fondo per coglierle perch<è potrebbero non trovarsi dov’erano in passato. I nostri dati mostrano che il fuoricasa e canali in crescita come l’e-commerce, i discount, i cash and carry e i convenience store avanzano più velocemente del mercato dei beni di largo consumo totale, ed è ora di investire in modo più deciso in ciò che stanno che chiedono i consumatori”.

Quanto ai settori, le marche globali guadagnano quote, da tre anni, sono nel beverage (38,3% contro il 61,7% delle locali nel 2018 contro il 38,1% e 61,9% del 2015) e sono più forti ma perdono quote nella casa, bellezza e igiene personale (47% e 58,4% delle vendite globali rispettivamente). 

Guardando ai mercati locali, in Italia la marca più forte è Mulino Bianco.

Un quadro decisamente differente emerge dalla classifica delle marche online.

 

Il rapporto annuale di Kantar Worldpane Brand Footprint si basa su ricerche dal 73% della popolazione mondiale, con un miliardo di famiglie in 43 Paesi nei cinque continenti, e copre il 75% del PIL mondiale. Nello studio sono coperti oltre 18mila marche nei settori beverage, alimentari, latticini, salute, bellezza e cura della casa. I Consumer Reach Points (CRP) considerano non le attitudini di spesa ma gli acquisti reali delle famiglie per penetrazione e frequenza.  

Il rapporto è scaricabile a questo link.

Costa d’Oro si allea con Gruppo Avril: nasce il terzo gruppo mondiale dell’olio di oliva

COSTA D’ORO, aziende familiare umbra, si allea con il francese Gruppo AVRIL: l’operazione segna la nascita del terzo gruppo mondiale dell’olio di oliva di marca. I partner puntano a elevare il marchio COSTA D’ORO al rango di referenza mondiale dell’olio di oliva di prima qualità.

Tra gli obiettivi dell’alleanza c’è la crescita sostenibile di COSTA D’ORO nel mercato dell’olio di oliva di marca in Italia, dove il brand ha raggiunto recentemente le prime tre posizioni di mercato, e a livello internazionale, dove è presente in oltre 100 Paesi e realizza la metà delle vendite. Per raggiungere questo obiettivo si svilupperanno le potenziali sinergie derivanti dai rispettivi know-how nel campo della qualità e dell’innovazione, sia sul piano nutrizionale e gustativo, sia in termini di sviluppo di nuove gamme di oli e di condimenti e sulla conquista di nuovi mercati internazionali, in particolare Cina e America del Nord.

Luciano Sabatini, Presidente di COSTA D’ORO e fondatore insieme alla famiglia Santirosi, che quest’anno celebra i 50 anni di attività, ha commentato: “Questa operazione non è il punto di arrivo del nostro progetto famigliare e industriale, ma è un passo che consente di accelerare il progetto di crescita e sviluppo con un partner internazionale di primissimo livello, con cui condividiamo la visione strategica e i valori industriali, un’opportunità per la nostra impresa e per il nostro Paese di creare ricchezza e valore”.

Il Gruppo AVRIL proseguirà la propria crescita a livello internazionale, dove realizza un terzo del proprio fatturato, sviluppando la sua quota di mercato dell’olio di oliva rimanendo fedeli al modello della filiera integrata, tra l’agricoltura e l’industria, che costituisce la specificità del settore degli oli e delle proteine. Per questa operazione, il Gruppo AVRIL è stato appoggiato dal Gruppo CASTEL, un importante player francese e internazionale nel settore dei vini, delle birre e delle bevande analcoliche, rafforzando la storica partnership tra i due gruppi francesi.

“Attraverso questa alleanza, mettiamo insieme risorse umane, know-how e prodotti eccezionali. Ci sono tutte le premesse per fare di Costa d’Oro un grande marchio italiano di olio di oliva a livello mondiale” ha commentato Olivier Delamea, direttore generale del settore Oli & Condimenti del Gruppo AVRIL. 

Nel 2017 il mercato mondiale dell’olio di oliva ha registrato un fatturato di 12 miliardi di Euro con una potenziale crescita annua dal 4% al 5% raggiungendo 17 miliardi di Euro entro il 2025, grazie all’incremento della domanda soprattutto in Cina e in America del Nord e al crescente interesse per un prodotto le cui peculiarità sono apprezzate dai consumatori più esigenti: prima qualità, naturalezza, tracciabilità, oltre ai benefici nutrizionali e gustativi della dieta mediterranea generalmente associata all’Italia.

Gruppo AVRIL, fondato nel 1983 su iniziativa del mondo agricolo per garantire sbocchi permanenti alle produzioni francesi, è presente in Francia e nel mondo in settori molto diversificati come l’alimentazione umana, la nutrizione e le competenze sull’alimentazione animale, la chimica e le energie rinnovabili, attraverso un portafoglio di marche forti, leader nei rispettivi mercati tra cui Diester, Sanders, Lesieur, Puget, Matines, Bunica, Taous. Nel 2016 il gruppo Avril ha realizzato un giro d’affari di 5,9 miliardi di euro e ha 7.200 collaboratori sparsi in 21 Paesi.

COSTA D’ORO è un leader italiano nella produzione e distribuzione di olio di oliva di prima qualità. Impresa familiare, è stata fondata nel 1968 a Spoleto, in Umbria, dalle famiglie Sabatini e Santirosi, desiderose di mettere insieme le rispettive esperienze per produrre un olio di oliva di prima qualità. Nel 2017 ha realizzato un giro d’affari di 143,5 milioni di Euro.

Grande Fratello 15, Consorzio Sun interrompe la sponsorizzazione

Anche Consorzio Sun – Supermercati Uniti Nazionali, proprietario del marchio Consilia, come molti altri sponsor del primo e più famoso tra i reality, ha deciso di recedere dal contratto di sponsorizzazione della trasmissione “Grande Fratello 15”.

Come si chiarisce in una nota, “la decisione è stata adottata a seguito dei gravissimi fatti accaduti nel corso della trasmissione andati in onda nei giorni scorsi. Il Consorzio Sun ha già provveduto fin dalle prime puntate del programma, a segnalare nelle opportune sedi che Consilia prende le distanze dal comportamento assunto da alcuni partecipanti al reality “Grande Fratello 15”, chiedendo alla produzione di intervenire in maniera decisa per porre fine alla deriva negativa verso cui il programma si stava spingendo, purtroppo senza successo”.

Al di là della tutela del nome dell’azienda e del marchio Consilia, l’insegna chiarisce come “certe esternazioni, certi comportamenti non sono in linea con i valori in cui crediamo, come uomini e donne, come cittadini ancor prima che come rappresentanti di un’azienda. Il rispetto delle donne e il disprezzo per qualsiasi forma di violenza o bullismo sono valori fondamentali e imprescindibili per la nostra azienda”.

Sun comunica inoltre che ogni riferimento e contenuto su questa edizione televisiva verrà rimosso dalle proprie pagine presenti sui social networks e dal proprio sito internet.

Oltre a Sun, dalla trasmissione hanno già ritirato la propria sponsorizzazione altri brand quali Nintendo, Caffè Borbone e BellaOGGI (makeup).

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