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Nuovo incarico per Larry Smith Italia

Larry Smith Italia è stata incaricata da Virgilio s.r.l. della gestione e ri-commercializzazione esclusiva del centro commerciale Continente Mapello (BG). Il centro commerciale Continente Mapello, inaugurato ad ottobre 2011, dispone di una galleria commerciale di circa 23.000 mq con un’insegna alimentare a marchio IperCoop e circa 60 negozi tra esercizi commerciali, ristorazioni e servizi. L’obiettivo immediato di Larry Smith Italia è quello di definire ed attuare un piano di sviluppo che permetta il continuo miglioramento delle performance incrementando la penetrazione del centro in un bacino molto competitivo attraverso scelte strategiche mirate.

“Essere scelti tra i vari player nazionali indipendenti per la gestione di un centro commerciale come Continente Mapello è l’ennesima dimostrazione del buon operato di Larry Smith sul mercato – dichiara Christian Recalcati, amministratore delegato di Larry Smith Italia. – Tutto il team di riferimento è già all’opera per poter velocemente trasferire il nostro know how, gli standard gestionali e di commercializzazione all’intera struttura”. Il team di Larry Smith Italia è composto da 90 professionisti con esperienza e forte specializzazione nel settore del retail immobiliare.

Fondata nel 1984, Larry Smith si occupa, nel mercato Italiano ed internazionale, di ricerche di mercato, concept, piani di merchandising, commercializzazione, gestione, valutazione e servizi di advisory nell’acquisizione/vendita di asset immobiliari. Larry Smith Italia attualmente gestisce e ri-commercializza 20 centri commerciali e commercializza 14 nuovi progetti. Attualmente le società del gruppo sono: Larry Smith Italia a Milano; Larry Smith International a Mosca e Larry Smith Asia a Hong Kong e Shanghai.

 

Certificazione BREEAM per IGD

“IGD – Immobiliare Grande Distribuzione SIIQ S.p.A., uno dei principali player in Italia nella proprietà e gestione di Centri Commerciali della Grande Distribuzione Organizzata e quotata sul segmento STAR di Borsa Italiana, rende noto che il Centro Commerciale Sarca ha ottenuto, dopo l’intervento di restyling, la certificazione ambientale BREEAM, fra i primi ad ottenerla in Italia su un Centro già in funzione. Questa certificazione rappresenta uno degli standard internazionali più importanti e riconosciuti per la sostenibilità ambientale degli edifici e si caratterizza per la particolare attenzione verso il miglioramento complessivo del benessere di chi li frequenta. La BREEAM al Centro Sarca, che si aggiunge alla certificazione ambientale UNI EN ISO 14001 ottenuta nel 2013, è stata raggiunta in virtù dell’attenzione alle istanze ambientali nella gestione del cantiere (con una significativa differenziazione dei rifiuti prodotti ed una particolare attenzione al loro smaltimento) e negli interventi effettuati sia internamente (il Centro è interamente illuminato con tecnologia LED) che esternamente (è possibile accedervi tramite una nuova ciclabile). Complessivamente, il Centro (inaugurato nel 2003) è stato sottoposto ad un restyling sia interno che esterno, in modo da poterlo adeguare alle esigenze di un visitatore sempre più attento alle novità, alla funzionalità ed al confort, per il quale l’attenzione all’ambiente rappresenta un plus significativo. Terminati alla fine del  2015, i lavori hanno permesso un miglioramento delle performance: un esempio è la crescita delle vendite degli operatori (+21,5% nei primi 5 mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2015). ‘L’ottenimento di questa certificazione è un passaggio significativo all’interno del percorso di sostenibilità che IGD ha intrapreso dal 2010 ed un obiettivo importante del nostro Piano di Sostenibilità 2015-2018. Testimonia un impegno verso la sostenibilità ambientale a 360 gradi, sia nella fase di realizzazione/restyling delle strutture che in quella gestionale. Questa certificazione, infatti, va di pari passo con il lavoro che stiamo svolgendo per certificare UNI EN ISO 14001 il 90% dei nostri Centri entro il 2018.’ ha commentato Roberto Zoia, Direttore Patrimonio e Sviluppo IGD SIIQ”. (Fonte: www.gruppoigd.it, “IGD SIIQ SPA ottiene la certificazione BREEAM per il Centro Sarca”, 1 luglio 2016).

Abitazioni: volumi su, prezzi giù

“Nel primo trimestre 2016, sulla base delle stime preliminari, l’indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, diminuisce dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,2% nei confronti dello stesso periodo del 2015 (era -1,7% nel trimestre precedente). La persistenza dei cali dei prezzi delle abitazioni determina un tasso di variazione acquisito dell’IPAB per il 2016 (la variazione media annua se nei successivi tre trimestri i prezzi non variassero) negativo e pari -1,0%. Il primo trimestre del 2016 conferma quindi la vischiosità dei prezzi rispetto agli andamenti del numero di abitazioni scambiate che è invece in marcato aumento (+20,6% rispetto al primo trimestre del 2015 secondo i dati diffusi dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate). La riduzione della flessione tendenziale dell’IPAB riguarda sia i prezzi delle abitazioni esistenti (-1,4% da -1,8% del quarto trimestre 2015) sia quelli delle abitazioni nuove (-0,7% da -1,4%). Analogamente, il ribasso congiunturale dell’IPAB è dovuto, in uguale misura, sia ai prezzi delle abitazioni nuove sia ai prezzi di quelle esistenti (-0,4% in entrambi i casi). Rispetto al 2010, nel primo trimestre 2016 i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 14,9% (-2,3% le abitazioni nuove, -20,0% le esistenti). Con i dati del primo trimestre del 2016, sono stati aggiornati i pesi con i quali le abitazioni nuove e quelle esistenti contribuiscono al calcolo dell’IPAB. Tra il 2010 e il 2016, il peso delle abitazioni nuove è passato da circa un terzo a poco più di un quinto”. (Fonte: www.istat.it, “Prezzi delle abitazioni (dati provvisori)”, 4 luglio 2016).

CSC su Brexit e Referendum

“Nello scenario globale la matassa dell’incertezza si è ancor più ingarbugliata. Agli alti rischi economici, acuiti dalle lunghe code della crisi, si sono sommati i ben più minacciosi e incombenti rischi di instabilità politica. Le sofferenze sociali derivanti da disoccupazione e impoverimento e la mancanza di risposte appropriate hanno fatto riemergere nei paesi avanzati (soprattutto europei) pulsioni profonde di xenofobia e nazionalismo. L’Italia appare come una piccola nave (con nocchiero) in un mare in gran tempesta. E con importanti riparazioni in corso mentre deve proseguire la navigazione. Nello scenario ordinario prosegue, benché azzoppata dalla Brexit, la modesta risalita del PIL, cominciata al principio del 2015, e dell’occupazione. Neppure questo risultato può essere, però, dato per scontato. Il passaggio chiave è costituito dal referendum in autunno sulla nuova Costituzione. La vittoria del fronte del ‘No’ avrebbe pesanti ripercussioni economiche. Secondo le stime del CSC, il costo per l’Italia della Brexit si traduce, nel biennio 2016-17, in 0,6 punti di PIL, 81mila unità di occupazione, 154 euro di reddito pro-capite e 113mila poveri. Ma sono stime prudenziali, che non incorporano alcune variabili qualitative, e il bilancio finale potrebbe risultare peggiore. Le nuove previsioni CSC sul PIL italiano sono di +0,8% nel 2016 e +0,6% nel 2017. Nel biennio sarà creata occupazione per 250mila unità di lavoro, che portano a +650mila il totale da quando sono ricominciate ad aumentare; ne mancheranno ancora 1,37 milioni per colmare la voragine causata dalla crisi. Questi risultati positivi, ma certo non entusiasmanti, sarebbero del tutto compromessi dalle conseguenze della bocciatura della riforma costituzionale al referendum confermativo. Il CSC ha delineato uno scenario alternativo che parte da tale responso delle urne. Rispetto alle tendenze in atto, l’economia italiana perderebbe in tre anni 4 punti percentuali di PIL, 17 punti di investimenti e quasi 600mila unità di lavoro; nel 2019 il debito pubblico sfonderebbe quota 144% del PIL.  Il reddito pro-capite diminuirebbe cumulativamente di 590 euro e ci sarebbero 430mila poveri in più. Si tratta di calcoli conservativi, che largamente sottostimano i veri effetti che si materializzerebbero. Il Paese, già estremamente provato, dovrebbe fronteggiare una nuova grave emergenza economico-sociale, con inevitabili spinte verso soluzioni populistiche. Proprio perché fuori minaccia tempesta, l’Italia dovrebbe puntare ad attrezzarsi e a diventare più solida, anziché confermare le proprie storiche debolezze”. (Fonte: www.confindustria.it, “Scenari economici n. 26. La risalita modesta e i rischi di instabilità”, 1 luglio 2016). Alles klar? Così è, se vi pare…

Banche: scudo da 150 miliardi

“A un giorno dallo schiaffo di Angela Merkel, arriva per Matteo Renzi e per l’Italia la vittoria sulle banche. Oggi pomeriggio la commissione europea ha annunciato di aver concesso all’Italia la possibilità di attivare una garanzia pubblica sui debiti delle banche per sostenerle, qualora ce ne fosse la necessità. Un super scudo che potrà arrivare fino a 150 miliardi di euro, da attivare all’evenienza. Da qui il dolce e l’amaro di questa vittoria. Perché da una parte il via libera della commissione viene letta da fonti di governo come un ‘successo politico’, un segnale forte, per i mercati certo, ma anche per testare il peso del nostro Paese nell’Unione. Dall’altra parte però la velocità nell’aver concesso all’Italia questa deroga sulle norme europee, e la concessione stessa, apre un fronte di incertezza sulla salute del nostro sistema bancario. Perché presuppone che il problema banche post-Brexit, in Italia, ci sia. E sebbene fonti governative sostengano che lo scudo sia preventivo e che non necessariamente ci sarà la necessità di attivarlo, le stesse fonti continuano a confermare che il problema che preoccupa di più si chiama Monte dei Paschi di Siena. Che dall’inizio dell’anno ha perso il 67% del suo valore e che anche oggi chiude in Borsa a -2,4%, nonostante il rimbalzo di fine giornata dopo l’annuncio dell’accordo con l’Ue. Ma di vittoria, prima di tutto politica, comunque si tratta. Soprattutto se si pensa che le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel, quello schiaffo al gusto di ‘le regole sulle banche non si cambiano ogni due anni’, sembrava aver messo un macigno sulle aspirazioni dell’Italia e sulla trattativa stessa. E invece, a 24 ore, arriva la notizia che il nostro Paese ha ottenuto ciò che voleva, ovvero una deroga eccezionale di sei mesi, perché lo Stato possa fare da garante per banche in difficoltà, ad esempio attraverso il prestito obbligazionario. Il ministero dell’Economia spiega che lo schema proposto dall’Italia e autorizzato dalla Commissione fino al 31 dicembre 2016 prevede che lo Stato, attraverso il Tesoro, possa prestare la propria garanzia sul debito di banche solvibili, ovvero su bond senior di nuova emissione. Questa flessibilità che ci è stata concessa è consentita in casi specifici di deroga alla normativa sulla Brrd ed è compatibile con la comunicazione della Commissione sugli aiuti di Stato nel settore bancario. Si tratta di uno schema in vigore anche in altri paesi partner dell’Ue e dall’esplosione della crisi finanziaria per il crac Lehman Brothers, Bruxelles ha approvato numerosi programmi di supporto per il sistema finanziario. Attualmente sono in vigore schemi di garanzia statale per le banche autorizzati dalla Ue in Grecia, Cipro, Polonia e Portogallo. Ovvero tutti Paesi che certo non brillano in Europa per stabilità. ‘Si tratta – spiegano comunque fonti del Mef – di uno schema che mette il Governo in condizioni di intervenire in caso di scenari avversi. Davanti alle turbolenze dei mercati finanziari dei giorni scorsi, il Governo ha ritenuto opportuno ipotizzare tutti gli scenari, anche i più improbabili, per essere pronto a intervenire a tutela dei risparmiatori. Come indicato dal Presidente del Consiglio lo scorso venerdì 24, per ragioni di cautela il Governo attrezza tutte le misure necessarie ad affrontare qualsiasi scenario, nonostante al momento non si ravvisino le condizioni perché tali scenari possano realizzarsi’. Anche la portavoce della commissione europea ha sottolineato che l’Italia ha chiesto la misura ‘per ragioni precauzionali’ e ‘che non c’è l’aspettativa che emerga la necessità’ di usare lo scudo. Il solo fatto di averlo concesso, però, solleva il dubbio che il pericolo di una emergenza sistemica delle banche in Italia ci sia, e che il governo voglia avere in mano tutti gli strumenti necessari per farvi fronte. Su quali saranno questi strumenti, molte le ipotesi in campo a cui stanno lavorando i tecnici del Tesoro: si va dalla garanzia attraverso una sorta di fidejussione bancaria all’utilizzo per la Cdp per l’acquisto di bond di una banca con garanzia del Tesoro. Allo stesso tempo, viene spiegato, l’accordo con l’Ue potrebbe essere usato anche nella creazione del fondo Atlante 2, dedicato a smaltire i crediti deteriorati delle banche, con una garanzia pubblica, per tranquillizzare gli operatori”. (Fonte: www.huffingtonpost.it, “Banche, autorizzazione Ue all’Italia per garanzia pubblica fino a 150 miliardi. Per Matteo Renzi una vittoria con retrogusto”, 30 giugno 2016). “Adesso bisogna davvero fare ripartire il credito per sostenere la ripresa”, rilevavamo su inStore di aprile/maggio 2016 (pag. 39).; citando Pier Carlo Padoan: “Malgrado le turbolenze c’è una solidità di fondo del sistema bancario italiano che va avanti e che non a caso viene considerato uno dei più affidabili e attraenti dove investire”. Tenderemmo a dubitarne: ribadendo che “la riduzione dello stock di sofferenze assume una valenza decisiva”.

Fmi: crescita e banche tedesche

“La locomotiva tedesca accelera. L’Fmi rivede al rialzo le stime di crescita della Germania per il 2016, quando il pil dovrebbe salire dell’1,7% contro il +1,5% stimato in aprile. Limata invece al ribasso di 0,1 punti percentuali la previsione per il 2017, a +1,5%. Ma gli esperti di Washington avvertono: sull’economia tedesca pesa il rischio Brexit. L’Article IV, il check up del Fondo monetario internazionale, infatti è stato completato prima del voto del Regno Unito e le stime sono soggette a una revisione al ribasso. ‘Stiamo valutando una revisione. Nel rapporto è già indicato che il referendum sulla Brexit è un rischio al ribasso’, afferma Enrica Detragiache del Dipartimento europeo dell’Fmi. La Gran Bretagna è infatti un importante partner commerciale della Germania e un cambio nelle relazioni fra Londra e l’Ue avrà ripercussioni sull’economia tedesca. ‘Prevediamo che la crescita’ della Germania ‘sara’ spinta dalla domanda interna piuttosto che da quella estera’’, mette in evidenza Detragiache precisando che ad aiutare la ripresa sono la buona crescita dei salari, i bassi prezzi dell’energia e le politiche di bilancio e monetarie’. L’Fmi raccomanda a Berlino di concentrarsi su politiche che aumentino il potenziale di crescita e rafforzino il riequilibrio dell’economia, che aiuterebbe anche la fragile ripresa dell’area euro. Le sfide politiche riguardano anche l’invecchiamento della popolazione, un nodo da risolvere, e gli immigrati da inserire nella forza lavoro. Il sistema bancario tedesco ‘resta forte e ben capitalizzato’. Ma le banche dovrebbero riformarsi per adeguarsi a un periodo prolungato di tassi bassi. Un basso costo del denaro è infatti positivo dal punto di vista macroeconomico, ma il modello di business delle banche tedesche ne è suscettibile. ‘’E’ importante che le banche accelerino i loro sforzi per migliorare la gestione del rischio’ afferma il Fmi, sottolineando che le autorità dovrebbero monitorare ‘da vicino il settore assicurativo’”. (Fonte: www.ansa.it, “Fmi rivede al rialzo pil Germania, ma rischi da Brexit”, 30 giugno 2016). Circa il sistema bancario, sull’onda della presa di posizione della Bundeskanzlerin in materia di regole, con precipuo riferimento all’Italia, una piccola notazione s’impone. “Anche mettendo insieme cose che non stanno insieme, titoli di stato in pancia alle banche italiane e soffereneze nette, siamo a una frazione di un terzo/quarto del Pil, ma se andiamo a esplorare i derivati posseduti da banche tedesche e francesi scopriremo che i totali dell’attivo sono un multiplo del Pil dei loro Paesi, un multiplo, non una frazione. Qual è il rischio maggiore?” (Carlo Messina, Ceo di Intesa San Paolo, “‘Brexit? Occasione di crescita per l’Italia’”, Il Sole 24 Ore, 26 giugno 2016). A proposito di derivati: “E’ bensì vero che, secondo un’analisi di Unimpresa stessa basata su dati della Banca d’Italia, le perdite potenziali nel Belpaese ammontavano a giugno 2015 a oltre 160 miliardi di euro (quasi il 10% del Pil): e 114 riguardavano proprio il mondo bancario. Ma se Deutsche Bank è arrivata a sedere su “$75 Trillion” di prodotti speculativi, pari a 20 volte il Pil tedesco (Fonte: www.zerohedge.com), sono pampuglie…”. (I Am the Secret Player, “E trovare davvero il modo di fare ripartire il credito?”, RE-Retail 119, Novembre 2015, pag. 97).

Brexit: export a rischio

In margine alla Brexit: “Auto, abbigliamento, forni, bruciatori, macchine di sollevamento, medicinali, motori e turbine, vini, mobili, accessori auto, macchine speciali per i settori industriali e calzature sono i principali beni che esportiamo nel Regno Unito. Tutti prodotti che fanno parte della grande famiglia del nostro ‘’made in Italy’ che, alla luce della decisione dei britannici di uscire dall’Ue, potrebbero subire una contrazione con effetti negativi per i rispettivi settori di appartenenza.

L’Ufficio studi della CGIA ha elencato le principali 35 voci di prodotto che caratterizzano il nostro export oltre Manica, che nel 2015 ha toccato un valore complessivo di 22,4 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto quota 10,5 miliardi. Pertanto, il saldo commerciale è stato positivo e pari a 11,9 miliardi di euro. Dalla CGIA segnalano che l’export verso Londra è stato pari al 5,4 per cento del totale e nell’ultimo anno le vendite nel Regno Unito sono aumentate del 7,4 per cento.

‘E’ difficile prevedere cosa succederà. Nei prossimi 2 anni – ricorda il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – tra Londra e Bruxelles dovranno essere ratificati 54 accordi commerciali e, salvo sorprese, le transazioni ritorneranno ad essere soggette ai dazi doganali e al pagamento dell’Iva. Non è da escludere, inoltre, la possibilità che vengano introdotte alla dogana barriere non tariffarie che potrebbero ostacolare l’attività commerciale, imponendo agli esportatori livelli particolari di sicurezza e di certificazione dei prodotti. Pertanto, la trattativa tra il Regno Unito e l’Unione europea sarà lunga, complessa, estenuante e dagli esiti attualmente non prevedibili’.

La Brexit, ovviamente, ha scatenato un vero e proprio tsunami politico che rischia di travolgere tutto e tutti.

‘Se fino a qualche anno fa c’era la fila per entrare nell’Unione europea – dichiara il segretario della CGIA Renato Mason – ora, invece, in molti chiedono di andarsene. La responsabilità di questa metamorfosi è quasi del tutto ascrivibile agli euro burocrati che hanno intrapreso politiche economiche poco oculate, prolungando gli effetti della crisi e facendoci precipitare in una spirale deflazionistica molto preoccupante. Se dopo la Brexit si vuole evitare un effetto domino che travolga tutto bisogna cambiare registro; rilanciando le politiche di sviluppo in grado di riportare lavoro, crescita e benessere’.

A livello territoriale è il Nordest (7,9 miliardi di euro) la macro area più interessata dalle esportazioni in Gran Bretagna. Segue il Nordovest (7,8 miliardi) il Centro (3,6 miliardi) e il Mezzogiorno (2,7 miliardi). A livello regionale, invece, la parte del leone la fanno la Lombardia (5,3 miliardi di euro), il Veneto e l’Emilia Romagna (ciascuna con 3,4 miliardi di euro), il Piemonte (2,3 miliardi) e la Toscana (1,8 miliardi). Queste 5 regioni esportano più del 70 per cento del totale”. (Fonte: www.cgiamestre.com, “Brexit: ecco i principali prodotti esportati in UK”, 27 giugno 2016).

Fiducia giù, vendite piatte

“Gli indici elaborati dall’Istat scendono a quota 110,2 per i consumatori (il livello più basso da agosto 2015) e a 101,3 per le imprese (il risultato peggiore da marzo 2016).

A giugno l’indice della fiducia dei consumatori prosegue il calo avviato ad aprile e passa a 110,2 da 112,5 di maggio. Le imprese vedono invece l’indicatore diminuire a 101,2 da 103. Per la fiducia dei consumatori si tratta del livello più basso da agosto 2015, mentre per quella delle imprese è il risultato peggiore da marzo 2016. Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori risultano in diminuzione: il clima personale (a 103,0 da 105,4) e quello economico (a 131,8 da 135,7), così come il clima corrente (a 108,2 da 109,8) e quello futuro (a 112,9 da 117,6). I giudizi e le attese sulla situazione economica del Paese si confermano in peggioramento (a -48 da -47 e a -5 da 3, i rispettivi saldi). In recupero emerge il saldo relativo ai giudizi sull’andamento dei prezzi nei passati 12 mesi (a -26 da -27), mentre resta stabile sui valori dello scorso mese quello delle attese sull’andamento per i prossimi 12 mesi (a -20). Peggiorano le aspettative sulla disoccupazione (a 32 da 26, il saldo). Riguardo le imprese, il clima di fiducia sale nella manifattura (a 102,8 da 102,1) e nelle costruzioni (a 121,6 da 120,4), mentre scende nei servizi di mercato (a 105,0 da 107,3) e nel commercio al dettaglio (a 99,7 da 101,0). Per una corretta interpretazione dell’andamento dell’indice composito (Iesi) rispetto alle dinamiche settoriali si rimanda alla nota in calce. Nelle imprese manifatturiere migliorano i giudizi sugli ordini (a -13 da -15) mentre le attese sulla produzione rimangono stabili a 9; il saldo dei giudizi sulle scorte rimane stabile a 3. Nelle costruzioni migliorano i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione (a -30 da -34) e peggiorano le attese sull’occupazione (a -9 da -7). Nei servizi si contraggono i saldi relativi ai giudizi e alle attese sugli ordini (a 4 da 10 e a 7 da 11, rispettivamente); aumentano, invece, le attese sull’andamento generale dell’economia italiana (a 2 da -1). Nel commercio al dettaglio migliorano le attese sulle vendite future (a 22 da 14) ma peggiorano i giudizi sulle vendite correnti (a 0 da 2) e il saldo sulle scorte di magazzino passa a 16 da 6”.  (Fonte: www.confcommercio.it, “Fiducia di consumatori e imprese in calo a giugno”, 28 giugno 2016)

Sul fronte delle vendite al dettaglio, invece:

“L’Istat segnala un incremento dello 0,1% del valore delle vendite rispetto al mese precedente, mentre resta invariato l’indice in volume. Su base annua, cali rispettivi dello 0,5 e dello 0,9%.

Ad aprile le vendite al dettaglio registrano in valore un incremento dello 0,1% rispetto al mese precedente, mentre restano invariate quelle in volume. Le vendite di prodotti alimentari aumentano dello 0,2% in valore e dello 0,1% in volume. Lo ha reso noto l’Istat precisando che nella media del trimestre febbraio-aprile, l’indice in valore registra una variazione negativa dello 0,3%, mentre quello in volume diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Rispetto ad aprile 2015, le vendite diminuiscono complessivamente sia in valore (-0,5%), sia in volume (-0,9%). Il calo più sostenuto si rileva per i prodotti alimentari: -1,6% in valore e -1,5% in volume.  Per quanto riguarda i gruppi di prodotti non alimentari, si registrano andamenti eterogenei. Le variazioni positive più marcate in valore si rilevano per i gruppi elettrodomestici, radio, tv e registratori (+1,5%) e altri prodotti (gioiellerie, orologerie) (+1,3%). Il valore delle vendite al dettaglio diminuisce sia nelle imprese che operano nella grande distribuzione sia in quelle operanti su piccole superfici, rispettivamente: -0,5% e -0,6%”. (Fonte: www.confcommercio.it, “Aprile ‘piatto’ per le vendite al dettaglio”, 27 giugno 2016).

Rispetto alla congiuntura, ricordiamo che per il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli siamo di fronte a “una ripresa senza slancio, senza intensità e senza mordente”; e bisogna “intervenire sui nodi strutturali che bloccano la crescita”; il destino dipenderà da “riforme ed equità”. Mentre alla Brexit si associano ulteriori rischi nel medio periodo.

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