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Fase 2, riaperture e distanziamento: che confusione! L’indagine Facile.it

L’Italia ha ufficialmente “riaperto”, molti ristoratori ma gli italiani sono pronti a tornare a pranzare e cenare fuori casa? La maggior parte, purtroppo, no. Secondo l’indagine realizzata per Facile.it da mUp research e Norstat su un campione rappresentativo della popolazione nazionale adulta, più di un intervistato su due (54,5%) ha dichiarato che, almeno nella prima settimana di riapertura, non mangerà fuori casa perché non si sente sicuro; il 22% è ancora indeciso e il 10,3% continuerà ad utilizzare la modalità di asporto o consegna a domicilio. Insomma, nonostante le fatiche di molti ristoranti, pizzerie e pub, sembra che solo il 13,3% degli italiani tornerà subito a mettere le gambe sotto al tavolo.

Le principali evidenze

Ma il dato forse ancor più preoccupante, si legge nell’indagine, è che questa scelta non sembra essere momentanea ma pare corrispondere ad un cambiamento di abitudine più radicale. Alla domanda “Con quale frequenza, rispetto a prima dell’emergenza coronavirus, crede che andrà a pranzo o a cena in un ristorante, una pizzeria o un pub da qui alla fine del 2020?” solo il 21,6% degli intervistati ha dichiarato che ci andrà con la stessa frequenza di prima; il 60,4%, pari a quasi 26,5 milioni di italiani, ha invece ammesso che ci andrà meno spesso di prima, mentre il 16,8% addirittura non ci andrà proprio.

A cambiare maggiormente abitudini sembra saranno i più anziani; nella fascia di età compresa fra i 65 ed i 74 andranno al ristorante/pizzeria meno di quanto facessero prima dell’emergenza il 63,2% dei rispondenti, e ancora meno (64,8%) coloro che hanno una età compresa fra i 55 ed i 64 anni.

Distanziamento sociale

Altro tema affrontato dall’indagine è stato quello del distanziamento sociale; se, a livello generale, la quasi totalità della popolazione afferma di aver chiaro il concetto (solo l’1,2% dei rispondenti ha ammesso di non sapere o non essere sicuro di sapere cosa sia), approfondendo il tema emerge che sono oltre 29,5 milioni gli italiani che hanno ancora le idee confuse sulle distanze da mantenere in alcuni dei più comuni contesti quotidiani.

Analizzando le principali situazioni comuni e luoghi pubblici, quelli in cui i rispondenti sembrano avere le idee meno chiare sono la spiaggia (il 32,4% dichiara di non sapere con certezza quale sia la distanza corretta da rispettare), i negozi di parrucchieri o saloni di estetica (31,5%), i mezzi pubblici (23%) e quelli privati come auto e moto (20,6%); ma il dato che forse più di tutti preoccupa è quello relativo alla distanza corretta da osservare nei giochi fra bambini; in questo caso, oltre la metà dei rispondenti (il 50,9%) ha dichiarato di non sapere quale sia il comportamento corretto da tenere.

Se non si conoscono le distanze da mantenere, difficilmente si possono rispettare; sono molti i rispondenti che hanno ammesso di non essere sicuri di riuscirci o, peggio, di sapere già da ora che non lo potranno fare. Ancora una volta il caso più critico è quella dei giochi fra bambini, una situazione nella quale 1 rispondente su 2 (50,2%) ha dichiarato che difficilmente riuscirà a rispettare le indicazioni di sicurezza. Ma sono molti coloro che faranno fatica ad attenersi al distanziamento sociale anche in altri contesti comuni, ad esempio, sui mezzi pubblici (32,5%) e in spiaggia (30,1%).

I ristoratori

L’indagine ha poi voluto affrontare il tema del distanziamento sociale e delle riaperture dal punto di vista degli esercenti della ristorazione; se, come detto, a livello nazionale solo l’1,2% ha dichiarato di non sapere o di non essere sicuro di sapere cosa sia il distanziamento sociale, guardando le risposte fornite alla stessa domanda dal campione di ristoratori coinvolto nell’indagine, la percentuale arriva addirittura al 13%.

E se poi si entra nel dettaglio delle distanze che devono essere garantite all’interno del proprio locale, la percentuale degli esercenti che non sanno o non sono sicuri di sapere arriva al 19%; un dato preoccupante se si considera che sono proprio loro a dover applicare le regole per garantire il corretto distanziamento tra i clienti. Va detto che la rilevazione è stata fatta prima della pubblicazione del DPCM, pertanto non vi erano ancona notizie certe riguardo le distanze definitive cui attenersi.

Molti non hanno riaperto e alcuni non lo faranno più

Nonostante le oggettive difficoltà, gli esercenti della ristorazione stanno facendo di tutto per ripartire e hanno già messo in atto moltissime, e sovente costosissime, azioni per adeguarsi alle direttive nazionali.

Tra le più comuni, l’86% dei rispondenti ha detto di aver dotato il proprio personale dei necessari dispositivi di protezione individuale (mascherina FFP2 e guanti monouso), l’81% ha riorganizzato gli spazi interni del locale, il 72% ha dovuto procedere a modifiche della capacità ricettiva, il 71% ha dotato il proprio ristorante di dispenser automatici per l’erogazione di gel disinfettante.

Pochi, per ora, coloro che hanno optato per l’installazione di separatori in plexiglass (24%) e ancora meno i rispondenti che hanno previsto la misurazione della temperatura corporea dei clienti prima dell’ingresso al locale (17%). Solo il 6% degli intervistati dichiara di non aver ancora intrapreso alcuna azione.

Nonostante tutti questi sforzi, però, la situazione rimane molto preoccupante e il 22% degli esercenti intervistati pensa di non riuscire o comunque non è certo di riuscire, nel proprio locale, a rispettare le distanze malgrado le misure adottate.

 

e-commerce: 6 consigli per gestire resi e rimborsi

Il dilagare del Coronavirus, ha impresso un’accelerazione sull’e-commerce. Come rivela l’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano, secondo cui il 77% delle aziende che vende online nei diversi settori dichiara di aver acquisito nuovi clienti nell’ultimo periodo. Questo porta però ad affrontare nuove sfide: gestione di resi, rimborsi e chargeback.  Come prepararsi al meglio ad affrontare questa evenienza?

La piattaforma di pagamento Adyen, ha preparato alcuni consigli utili a prevenire le richieste di rimborsi, saperle gestire e consolidare i rapporti con i clienti durante l’intera procedura.

I resi

Potrebbe sembrare un paradosso, ma secondo uno studio dell’Università del Texas, più tempo viene concesso ai clienti per restituire un prodotto, meno è probabile che lo facciano.

Quindi>? meglio allungare i termini per la consegna.

I fattori psicologici in gioco sono in particolare due: la cosiddetta “Teoria dei livelli di rappresentazione”, secondo la quale più le cose sono lontane più ci sembrano meno concrete. Dunque, se 30 giorni rappresenta una scadenza dietro l’angolo, 60 giorni sono invece una data lontana nel tempo, un limite più astratto che riduce l’urgenza e ci assicura tempo per valutare con più calma. Elemento questo che si collega in modo diretto all’altro grande fattore, chiamato “L’effetto dotazione”, ovvero più si possiede qualcosa, più si tende a volerlo tenere. Un concetto che è anche alla base del successo del modello di business freemium nell’ultimo decennio.

Prevenire descrivendo

Spesso la restituzione di un articolo deriva dal fatto che esso non corrisponde alle aspettaive. Ergo, meglio fare una descrizione più articolata e fornire quante più informazioni possibile per ogni articolo, includendo immagini ad alta risoluzione per dare agli utenti un’idea esatta di come sia il prodotto.

Informativa sui resi coerente con il brand

In pochi sanno che l’informativa sui resi è uno dei contenuti più letti del proprio sito. Ben 2 utenti su 3, infatti, prima di procedere ad un acquisto la leggono con attenzione, perciò è bene redigerla prestandovi la dovuta cura. Gli ingredienti principali sono semplicità, trasparenza e coerenza con il brand: ovvero una marca che ha come target la generazione Y corre il rischio, con una informativa molto formale, di creare un effetto di dissonanza. Dunque, se il proprio stile di comunicazione sul sito utilizza un tono diretto e informale, l’informativa dovrebbe essere redatta con lo stesso spirito.

Comunicare in modo chiaro e tempestivo

È fondamentale essere chiari, disponibili e tempestivi in tutte le comunicazioni relative ai resi. Se ai clienti piace essere sempre aggiornati sullo stato dei propri ordini, si aspettano lo stesso livello di trasparenza anche sui resi. Ad esempio, offrire loro diverse opzioni, come la possibilità di riprogrammare la consegna o l’emissione di voucher, potrebbe essere utile a mantenere il cliente felice e soddisfatto.

Ottimizzare il servizio clienti

Adyen annovera fra i propri clienti dei veri e propri maestri nella gestione dei resi, come ad esempio Zalando. Il brand è celebre in tutto il mondo per la sua efficienza e capacità gestione dei resi, e questo perché ha compreso che i clienti migliori sono anche quelli che restituiscono il maggior numero di articoli. Pertanto, ha iniziato a usare i resi come un’ulteriore opportunità per consolidare i rapporti con clienti più inclini a spendere.

Evitare il chargeback 

I rimborsi possono rivelarsi complicati da gestire, perché richiedono un trasferimento di fondi dal conto bancario del merchant a quello del cliente. Creare un fondo dedicato appositamente a questo può rendere le cose più semplici. Un fondo per rimborsi consiste in un pool di fondi disponibili sul conto bancario dell’azienda, dal lato del processore di pagamento. In questo modo i rimborsi possono essere emessi in automatico, riducendo il tempo necessario ad amministrarli e garantendo che il denaro torni disponibile sul conto del cliente in pochissimo tempo.

I resi fanno parte di qualunque attività commerciale. Purtroppo, in questo periodo le aziende si trovano a dover emettere molti più resi della norma. Il modo migliore per affrontarli è cercare di ridurne la frequenza” commenta Philippe De Passorio, Country Manager, Adyen Italia. “Quando si verificano, però, vi si può far fronte con una comunicazione trasparente e un fondo apposito ben gestito. Usare un’unica piattaforma di pagamento, poi, può aiutare a ridurre la pressione sull’azienda, in particolare nel riconciliare, effettuare o contestare i rimborsi”.

Booox, il sanificatore ad ozono che rimuove il 99% di virus e batteri

Da un’idea di Enrico Pandian nasce Booox, il primo sanificatore ad ozono ‘made in Italy’, che permette di rimuovere oltre il 99% di virus e batteri da oggetti e alimenti confezionati in assoluta sicurezza e comodità. L’utilizzo è molto semplice: è sufficiente collegare booox alla presa elettrica, inserire i prodotti che si desidera sanificare (giocattoli, pacchi e confezioni, alimenti sigillati, smartphone, PC, tessuti, accessori di uso quotidiano, ecc.) ed azionare il timer.  La box o vasca sanificante ha una capienza di 60L, pesa come un piccolo elettrodomestico ed il processo di sanificazione richiede tra i 10 ed i 15 minuti, in base alla tipologia di prodotto che si desidera igienizzare.

Diversi sono i vantaggi che offre la sanificazione tramite ozono: è sicura poichè si elimina completamente l’utilizzo di detergenti chimici; non comporta costi accessori dal momento che non servono ricariche di gas, in quanto l’ozono viene generato automaticamente all’interno di booox da un innovativo sistema ad elettrodi; è comoda e rapida, dato che servono pochi minuti per il processo di igienizzazione; ed è eco-friendly, infatti non lascia residui, odori, tossine e terminato il trattamento l’ozono si riconverte in ossigeno in brevissimo tempo.

Lo sviluppo tecnico di booox è stato gestito da Antonino Lo Iacono, ingegnere meccatronico con esperienze in FCA e WIB. Booox è pensato sia per ambito domestico sia per rendere più sicuro il proprio luogo di lavoro: in questo caso, alcune categorie professionali possono usufruire del 50% di credito d’imposta previsto dal decreto Liquidità (Dl 23/2020). Al momento lo sterilizzatore è disponibile per e-commerce sul sito: https://getbooox.com/.

La sanificazione con l’ozono 

E’ un procedimento che elimina oltre il 99% di germi, batteri, virus, muffe, funghi, spore e lieviti; si basa sulle proprietà ossidanti dell’ozono: gas non infiammabile, composto da 3 molecole di ossigeno, che viene generato da un sistema di elettrodi direttamente all’interno di booox in modo totalmente sicuro. L’ozono essendo un gas più pesante dell’aria consente di raggiungere e sanificare anche i punti più difficili da igienizzare con i tradizionali detergenti chimici liquidi. Terminato il trattamento, l’ozono si riconverte in ossigeno; l’ozono non è infiammabile, abrasivo o esplosivo, non deteriora i tessuti, gli arredi, le attrezzature e gli oggetti; non danneggia le persone, gli animali e l’ambiente. La Food and Drug Administration lo ha definito agente sicuro (Gras) e in Italia è stato riconosciuto ‘presidio naturale per la sterilizzazione di ambienti contaminati da batteri, virus, spore, ecc., dal Ministero della Salute nel luglio 1996 con protocollo n. 24482.

Sesamo, la start-up B2B per gli operatori di e-commerce

E’ nata durante il lockdown e forse la chiusura totale delle attività è stata un catalizzatore importante. Si chiama Sesamo, la sua matrice è veneta ed ha due obiettivi importanti: proporre i prezzi più bassi sul mercato e gestire le spedizioni più veloci nel segmento ecommerce B2B. Il metodo è rivoluzionario per gli e-shop B2B: spazi di stoccaggio gestititi direttamente, merce di proprietà e una logistica integrata. È la definitiva rivoluzione nella digitalizzazione del business-to-business: il Veneto è in prima fila in questo processo, che porterà l’Italia a riorganizzare questo canale di vendita con un ecommerce più performante rispetto ai marketplace e aggregatori di vendite oggi esistenti.

Sullo scenario internazionale, esiste già un leader di questa metodologia: Alibaba, player dominante nel mercato online B2B. I negozianti non fanno acquisti al centro ingrosso, comprano on line. In Italia però questo modello stenta ad attecchire: le piattaforme che collegano fornitori e partite Iva si contano sulle dita di una mano. Il motivo? Tempistiche di spedizione e prezzi non competitivi; si spende meno e si compera più velocemente in magazzino che non usando un marketplace online.

La start-up Sesamo si ripropone di colmare questa lacuna.

Da sinistra, Leusink, Bakdounes e Zhao

I soci fondatori sono tre manager quarantenni. A guidare il team, Bassel Bakdounes, di padre siriano ma cresciuto in Italia, founder di Velvet Media, agenzia di marketing che ha tra i propri core business la vendita on line: la sua azienda avrà il timone del progetto. C’è poi Ken Zhao, di origini cinesi, vive nel Padovano: CEO di Obor Group, gruppo internazionale composto da aziende dedicate al commercio a vari livelli, tra cui JG Europe di base a Carmignano di Brenta che si occupa di importazione e distribuzione di prodotti esteri e di esportazione di prodotti italiani. Il terzo è Edwin Leusink, olandese che si occupa di business development e internazionalizzazione in Italia, Medio Oriente e Asia. Il progetto ha visto la collaborazione di importanti realtà del mondo del commercio elettronico, da citare la supervisione di Giovanni Cappellotto, guru dell’ecommerce italiano.

“Mettiamo a disposizione un catalogo di decine di migliaia di referenze ai prezzi più bassi esistenti sul mercato con la garanzia di consegna in 24/48 ore in tutta Italia”, spiegano i tre soci fondatori di Sesamo. “I prodotti saranno scelti tra quelli a maggior tasso di innovazione e qualità, i fornitori saranno aziende italiane, ma anche cinesi. Se fino a un paio di mesi fa gli imprenditori erano molto restii a cambiare abitudini di approvvigionamento ormai consolidate, l’emergenza Coronavirus ha accelerato di almeno due anni l’evoluzione digitale in Italia. Oggi il mercato è pronto ad abbracciare questa rivoluzione nella cultura dell’acquistare online. Il primo vero ecommerce B2B è arrivato in Italia, si chiama Sesamo ed è la nostra ricetta per aiutare le pmi ad uscire dalla crisi del Covid-19”.

Concretamente, la start up ha iniziato a lavorare circa un anno fa. I primi mesi sono stati necessari per la scelta del magazzino per lo stoccaggio (uno di questi è a Padova) e degli hub logistici e per la gestione dei processi di sdoganamento della merce. Si è poi proceduto alla digitalizzazione del vasto catalogo di prodotti a disposizione, che spazia da casa e cucina a cancelleria, elettronica, fai da te e illuminazione. C’è di tutto: dalle siringhe per i dolci ai decanter per il vino, passando per cannucce decorate di carta per party, fluidi di ricarica per accendini, lampadine a led, carta fluorescente e cavi usb. Sesamo è un magazzino virtuale gigantesco e che cresce di giorno in giorno.

“Grazie al nostro ampio network di contatti e relazioni internazionali, ci siamo dati un orizzonte temporale di tre anni per allargare la portata del portale in tutta Europa”, precisano ancora i founder, che hanno lanciato il sito www.sesamoshop.it proprio il 4 maggio, giornata simbolo della ripartenza dell’Italia. “Oggi, però, la nostra missione è quella di aiutare a far ripartire le circa ottomila partite Iva venete che comprano in stock. Quando conosceranno i nostri prezzi e potranno evitare inutili attese per lo sdoganamento dei prodotti, capiranno che il mondo è cambiato. Sesamo è la rivoluzione degli ecommerce B2B in Italia”.

Capire, prevenire e curare l’out of stock. Il Monitor ECR-OSA

Stando all’ultimo rapporto mensile del Barometro ECR-OSA, complice l’emergenza Covid-19, in marzo il tasso di out-of-stock nel largo consumo confezionato è salito al 4,2% e le vendite perse sono arrivate al 6,4%. Ma cosa fa il consumatore se non trova a scaffale il prodotto desiderato?

Il tema è stato trattato e approfondito nel  report che riporta le evidenze emerse dal progetto pilota “Monitor ECR-OSA” avviato da GS1 Italy in ambito ECR con un gruppo di aziende di produzione e distribuzione del largo consumo italianoBarilla, Ferrero, L’Oréal e Dimarin collaborazione con IRI.

Ecco gli atteggiamenti più comuni nel cliente deluso: nel 25% dei giri si cancella l’acquisto mentre nel 10% si cambia pdv (in entrambi i casi c’è un’inconfutabile perdita di vendite da parte del negozio).

Poi c’è invecce chi sostituisce il prodotto (65% dei giri di spesa), con l’acquisto di un altro prodotto nella categoria (40% dei casi) o con l’acquisto di un prodotto al di fuori della categoria (25% dei casi).

Il tema, a questo punto, diventa: perché mancano i prodotti a scaffale? E come ridurre il fenomeno dell’out-of-stock?

Il report indica alcune strategie:

  • Controllare in modo continuativo la disponibilità dei prodotti a scaffale.
  • Identificare le cause dell’out-of-stock.
  • Costruire, quindi, un modello operativo di Optimal Shelf Availability management.

 “Il Monitor ECR-OSA” è disponibile gratuitamente sul sito di GS1 Italy

 

Igiene a portata di bambini in bar, ristoranti, negozi e parchi

In vista di una graduale riapertura delle attività commerciali e dei parchi, Eurostands, azienda brianzola leader nel settore degli allestimenti fieristici, ha lanciato COVISTOP T Sanitizer Kids, un distributore automatico di gel igienizzante pensato per i bambini.

Grazie al design semplice e lineare e a un linguaggio chiaro ed efficace, la colonnina colorata dialoga con i bambini aiutandoli a capire l’importanza di un gesto semplice, come quello dell’igienizzazione delle mani, destinato a diventare parte della loro nuova routine quotidiana.

“Utilizzare i gel igienizzanti, disponibili all’ingresso e all’uscita di supermercati e negozi – commenta l’amministratore delegato di Eurostands Maurizio Cozzani  – è centrale per tutelare la salute della collettività, ma spesso i distributori si trovano ad altezze non raggiungibili per i bambini, anche in luoghi da loro frequentati come librerie e negozi di giocattoli. Da qui l’idea di rivolgersi anche ai più piccoli con prodotti ad hoc in grado di dialogare con loro e rendere più facile e divertente lo svolgimento delle numerose pratiche da seguire”.

COVISTOP T Sanitizer Kids è composto da un montante in legno e un basamento in acciaio, che lo rendono stabile e sicuro. L’apparecchio è dotato inoltre di un meccanismo automatico a fotocellula che permette di dosare il prodotto secondo le necessità dei più piccoli. Il cartonato in forex stampato permette di rivolgersi ai bambini con un linguaggio semplice e chiaro.

Covid-19: Fairtrade stanzia 3,1 milioni per la ripresa

Il circuito Fairtrade annuncia il lancio del “Fondo di assistenza per i produttori Fairtrade” e del “Fondo per la resilienza dei produttori Fairtrade”. I due meccanismi di finanziamento partono con un investimento iniziale di 3,1 milioni di euro, che serviranno per soddisfare i bisogni primari di contadini, lavoratori e comunità, e gettare le basi per una ripresa di lungo termine.

Il “Fondo di assistenza per i produttori Fairtrade” mette innanzitutto a disposizione delle organizzazioni dei produttori certificati 2,1 milioni di euro per gli investimenti sulla sicurezza più urgenti e per il sostentamento delle comunità : acquisto di mascherine, strumentazione medica e protettiva di base, pagamento dei salari dei lavoratori temporaneamente inoccupati, organizzazione di attività di sicurezza alimentare, formazione sui dispositivi di sicurezza, costruzione di strutture mediche di emergenza e spese per piani di continuità operativa delle aziende. Il fondo è stato istituito grazie al contributo delle organizzazioni nazionali Fairtrade.

“Come sistema, Fairtrade lavora ogni giorno per cambiare il mercato in modo che contadini e lavoratori abbiano redditi dignitosi. In tempi di crisi dobbiamo fare un passo in più e assicurare salute, sicurezza e un futuro a chi lavora duramente per produrre i nostri cibi preferiti” ha dichiarato Darío Soto Abril, CEO di Fairtrade International. “Sappiamo che questi fondi non sono sufficienti per rispondere a tutti i bisogni dei produttori colpiti dalla pandemia, ragione per cui continueremo a cercare altri fondi all’interno del sistema”.

“Le organizzazioni di produttori si sono mobilizzate fin da subito per dare supporto ai loro associati e alle comunità. Ad esempio in Colombia hanno distribuito cibo e pacchetti per l’igiene ai più anziani. È successo così nella maggior parte delle organizzazioni. Avere questo supporto finanziario aggiuntivo permetterà loro di fare la differenza nella qualità del sostegno che potranno dare alle comunità, che sono le più bisognose di assistenza, ha dichiarato Xiomara J. Parades, Direttore esecutivo della CLAC, che raggruppa i produttori dell’America latina.

Il fondo risponde ai bisogni immediati. Tuttavia è chiaro che la pandemia avrà delle conseguenze sulle catene di fornitura globali e sul commercio internazionale. In molti casi gli effetti di quanto avviene oggi si vedranno nella prossima stagione di semina e raccolta. Per questo è stato istituito un secondo strumento, il “Fondo per la resilienza dei produttori Fairtrade”, il cui obiettivo è andare incontro alle necessità di lungo termine dei produttori, per risollevarsi dopo la COVID-19. Per questo secondo fondo attualmente è stato raccolto 1 milione di euro tra le aziende partner del sistema Fairtrade.

Tra gli interventi di lungo termine a cui mira il Fondo per la resilienza: la ricostruzione economica, la formazione di competenze tecnologiche, l’identificazione dei rischi per i diritti umani nelle catene di fornitura attraverso degli interventi programmatici, il rafforzamento delle finanze per affrontare i rischi futuri, l’advocacy. “Oltre a chiedere contributi dalle organizzazioni nazionali Fairtrade, siamo alla ricerca di partner che vogliano contribuire a questo fondo che guarda al futuro; vogliamo dare possibilità in più ai produttori una volta che si saranno ripresi dagli effetti della COVID-19: assicurare il sostentamento e costruire filiere più resilienti” ha dichiarato Soto-Abril.

“La crisi non finirà quando sarà calata la diffusione della COVID-19. Già vediamo l’incombente crisi economica globale in arrivo”, ha dichiarato Nygagoy Nyong’o, Direttore esecutivo di Fairtrade Africa, che raggruppa i produttori del continente: “I lavoratori e i contadini sono resilienti e creativi. Questo fondo li aiuterà ad identificare opportunità e altri modelli di business, ma anche a continuare a investire nelle loro comunità”.

Fairtrade invita aziende, retailer, organizzazioni non governative e agenzie governative a contribuire. Il denaro raccolto da entrambi i Fondi sarà distribuito in modo proporzionale tra i tre network di produttori Fairtrade in Asia, Africa e America Latina. I network dei produttori, a turno, amministreranno e gestiranno la distribuzione, il monitoraggio e l’impatto del Fondo presso le organizzazioni di produttori certificati.

Foto d’apertura: piantagione di tè.

Crediti: archivio Fairtrade.

 

 

Lockdown: come cambiano le abitudini degli italiani. L’analisi Facile.it

Il lockdown ha costretto milioni di italiani a stare in casa e di conseguenza a cambiare le proprie abitudini, non solo di consumo ma anche di acquisto. Esempio eclatante, in questo senso, la riscoperta dei piccoli negozi di vicinato da parte dei nostri connazionali, evidenza che emerge dall’indagine che Facile.it ha commissionato all’istituto di ricerca mUp Research in collaborazione con Norstat*

Negozi di quartiere vs grandi supermercati

Come anticipato, il 19,7% degli italiani, corrispondenti a 8.655.000 individui, ha modificato le proprie abitudini di acquisto, riscoprendo i piccoli negozi di quartiere, preferendoli alle grandi catene; a scegliere i market sotto casa anziché spostarsi verso centri commerciali o grandi supermercati sono stati soprattutto i residenti nei grandi comuni (23,6% fra chi vive nelle città con oltre 250.000 abitanti), i rispondenti del Sud e delle Isole (24%) e quelli con età compresa tra i 55 e i 64 anni (24,3%).

Nello specifico, quasi 1 rispondente su 5 (18,3%), pari a più di 8 milioni di individui, ha cercato di sostenere i negozi del proprio quartiere attraverso le consegne a domicilio, percentuale che sale al 24% fra i rispondenti con età superiore ai 54 anni, cioè una fetta della popolazione corrispondente a poco meno di 3.150.000 individui.

Boom di donazioni e volontariato

L’indagine ha messo poi in evidenza come gli italiani si siano dedicati a sostenere chi era in difficoltà e lo abbiano fatto in molti modi diversi. Tra le attività cui gli italiani si sono dedicati maggiormente per aiutare le persone in difficoltà ci sono proprio libere donazioni e volontariato; il 17% dei nostri connazionali (7.450.000 individui circa) ha contribuito economicamente a raccolte fondi promosse da enti pubblici o soggetti privati. Ad averlo fatto sono soprattutto i giovani appartenenti alla fascia d’età 18-24 anni (21,3%) e le donne (18,8% vs 15% fra gli uomini).  

Le donazioni, tuttavia, non sono state solo economiche, ma anche di beni di prima necessità dati direttamente a persone in difficoltà. Hanno scelto questa via il 13,6% degli intervistati, pari a 5.945.000 individui, percentuale che sale al 19,1% fra i rispondenti con un’età compresa tra i 65 e i 74 anni, fino a raggiungere il 20,2% nel Sud e nelle Isole.

Secondo l’indagine, poi, il 14,8% degli italiani (6.500.000 persone) si è offerto di fare personalmente la spesa al posto di anziani, di chi si trovava in situazione di bisogno o, anche, non poteva uscire di casa; ad averlo fatto sono state soprattutto le donne (17,9% vs 11,6% fra gli uomini) e i rispondenti appartenenti alla fascia di età 45-54 anni (18,3%).

Bello notare come l’emergenza Coronavirus abbia dato nuova linfa anche al volontariato; sono quasi 1,4 milioni (3,2%) gli italiani che hanno cominciato a farlo presso enti o associazioni impegnate nell’emergenza, valore che raggiunge il 5,2% fra i rispondenti con un’età compresa tra i 45 e i 54 anni.

Altrettanto bello vedere come ci sia, poi, un modo tutto nuovo di aiutare; il 10,5% dei rispondenti, dato equivalente a più di 4,6 milioni di individui, ha dichiarato di aver contribuito a rendere più leggera la situazione mettendo gratuitamente a disposizione del prossimo le proprie competenze personali o professionali. In particolare, sono i liberi professionisti ad essersi dati da fare: il 16,4% di costoro ha offerto le proprie competenze, anche se a distanza; c’è chi ha fatto ripetizioni via chat per aiutare i ragazzi che si sono trovati a gestire da soli necessità scolastiche; idraulici che hanno guidato via web persone che nemmeno avevano mai visto per aiutarli a riparare rubinetti che gocciolavano o elettricisti che, attraverso una videochiamata, sono riusciti a risolvere piccoli e grandi problemi che si sono verificati nelle case di vicini o….lontani.

* Metodologia: n. 1.504 interviste CAWI ad un campione rappresentativo della popolazione adulta, in età 18-74 anni, sull’intero territorio nazionale. Indagine condotta ad Aprile 2020.

Italiani e Fase 2: tutto dipende da una (buona) comunicazione. I dati GfK

Dal 4 maggio l’Italia ha ricominciato lentamente a riaprire dopo quasi due mesi di lockdown. È ormai chiaro che la cosiddetta Fase 2 sarà un percorso graduale verso una “nuova normalità”. Ma dopo la crisi legata al Coronavirus saremo gli stessi di prima? Quali scenari si profilano dal punto di vista dei consumi, del sentiment e della comunicazione?

Durante il live event “Attivarsi per la Fase 2: insight GfK su Largo Consumo, Media e Comunicazione” gli esperti GfK hanno fornito nuovi spunti alle aziende su come affrontare la crisi attuale e l’incertezza futura. Tutti gli insight presentati derivano dal monitoraggio settimanale a 360 gradi sugli effetti del Coronavirus sui mercati, i consumatori e i media che GfK ha attivato nel mese di febbraio.

Nuove abitudini di spesa nel Largo Consumo

Daniele Novello -Sub-Lead Consumer Insight – ha parlato di come è evoluto il sentiment dei consumatori italiani nelle ultime settimane, presentando i risultati più aggiornati della ricerca GfK COVID-19 Tracking, che da quasi un mese monitora l’evoluzione su base settimanale delle abitudini, gli stili di vita e le strategie di acquisto degli italiani.

Nel suo intervento “FMCG Shopper unlocked” Marco Pellizzoni– Commercial Lead Consumer Panels – ha sottolineato come l’emergenza COVID-19 sta rivoluzionando le abitudini di acquisto nel Largo Consumo. “Nelle prime settimane del lockdown è cresciuta in maniera significativa la spesa nel FMCG (+19,8%), in particolare per  famiglie giovani con bambini. – Spiega Marco Pellizzoni. Gli italiani continuano a fare scorta di prodotti, riducendo la frequenza di acquisto. È cambiato profondamente il Channel Mix, con la crescita dei canali di prossimità (inclusi i negozi tradizionali) e dell’online: l’11,5% delle famiglie italiane ha fatto la spesa online a marzo. Una abitudine nuova per molti (il 37% non aveva mai fatto la spesa online nell’ultimo anno) ma con grandi potenzialità di crescita: infatti a marzo il 19% degli Italiani ha provato a fare la spesa online ma non c’è riuscita, per limitazioni del Canale nel gestire una domanda esplosa”. Oltre ai prodotti di prima necessità e quelli legati alla pulizia, durante il lockdown sono cresciuti tutti i prodotti legati alla sfera del Benessere (Biologico, Plant Based, Senza Lattosio e Senza Glutine).

Ma cosa possiamo aspettarci per la Fase 2? Spiega Pellizzoni: “Le categorie con maggiore prospettiva di crescita sono quelle che hanno attivato Penetrazione aggiuntiva nelle ultime settimane e che sono in linea con le nuove occasioni di consumo che, in molti casi, continueranno anche nella Fase 2. Vengono meno le leve tattiche da azione in-store e ritorna centrale la comunicazione, anche da indirizzare a target di acquirenti profondamente diversi dal solito. Per sostenere la crescita durante la Fase 2, sarà centrale focalizzarsi sul mantenimento della Penetrazione, ripensare il ruolo dei Canali e stare più vicino al Consumatore, anche valutando il Direct to Consumer.”

Comunicazione di marca e strategie multimediali

Dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, GfK sta monitorando come le aziende stanno adattano le proprie strategie di comunicazione alla crisi e ha attivato un monitoraggio settimanale per seguire l’evoluzione dei sentiment e delle attese dei consumatori nei confronti della comunicazione. Durante la web conference, Cristiana Zocchi-Solution Lead Marketing Effectiveness- ha presentato i risultati del monitoraggio, facendo il punto sul come sta reagendo la comunicazione di marca e su quali sono le attese future dei consumatori. Le nostre ricerche mostrano un elevato interesse a mantenere attivo il dialogo – commenta Zocchi – attraverso una comunicazione che dovrà però adeguarsi alla nuova normalità. Nelle attese delle persone, le aziende dovranno porre attenzione ad alcuni temi di responsabilità sociale ed economica, portati in primo piano dalla pandemia. I brand saranno poi chiamati a rispondere ai ‘nuovi’ bisogni dei cittadini-consumatori con iniziative di marketing e comunicazione specifiche per il settore in cui operano”.

Anche la fruizione dei Media è cambiata molto dopo l’inizio dell’emergenza COVID-19. Ne hanno goduto in maniera importante TV (+18%) e Web (+25%), che fanno registrare incrementi inediti, trainati da un’altissima domanda di contenuti informativi, di intrattenimento, di comunicazione. La Radio, nonostante il collasso del drive time, ha mantenuto buoni livelli di fruizione grazie, da un lato, a una consistente porzione di popolazione che ha continuato a muoversi (prevalentemente in auto), dall’altro alla possibilità di essere ascoltata attraverso un gran numero di piattaforme. Segnali simili arrivano anche dal lato della Stampa (fisica o digitale).

Durante il lockdown gli italiani sono diventati anche più multimediali, come ha spiegato Giorgio Licastro -Solution Lead Media Measurement-: “In generale la ‘carcerazione’ forzata a casa ha indotto gli Italiani ad attivare nuove modalità di fruizione dei mezzi e li ha resi più multimediali. Inducendo le generazioni più giovani a scoprire e aprirsi ai mezzi tradizionali, e le generazioni più mature ad accelerare la conversione al digitale. Tutto questo può essere un lascito per la nuova normalità, alla fine dell’emergenza sanitaria”.

In chiusura della conference, Giuseppe Minoia -Insight Advisor- ha presentato una riflessione sul ruolo “salvavita” che ha l’Entertainment ha avuto durante il lockdown – e che può avere ancora nella Fase 2. “Gli italiani, i cittadini, i consumatori come si comporteranno nella riapertura, dopo la fase acuta di COVID-19? Dai nostri dati settimanali affiora un consumatore bifronte, rispettoso degli input degli esperti, ma anche desideroso di tornare a fare altro, ad intrattenersi con altri, insomma motivato verso l’Entertainment. Dopo tanto smart working, schooling e shopping,  vogliamo tornare a rilassarci, da soli e con gli altri”.

Secondo i dati GfK, gli acquirenti di Entertainment sono cresciuti negli ultimi due anni e anche nella Fase 2 ci sono molte opportunità per questo settore: “Gli italiani non vedono l’ora di uscire  con gli amici, fare un viaggio, fare shopping non da soli, andare al bar e al ristorante, tornare dall’estetista e in palestra, entrare di nuovo in un cinema, in un teatro, in uno stadio, in un evento. Per ora non si può fare, ma i consumatori di Entertainment non vedono l’ora di poter essere i primi ad uscire per condividere questi consumi che ieri chiamavamo esperienze. Per gli operatori del settore è quindi fondamentale tornare a comunicare e a programmare, elaborando anche nuove strategie di promozione e vendita in ottica early bird”.

Caffè tostato in Gdo ante e post Covid-19. L’analisi di IRI

Il Caffè tostato, con un giro d’affari di oltre 1,2 miliardi di euro e 345 milioni di unità vendute, ha chiuso il 2019 con una crescita debole confermando, nel canale moderno, una situazione di instabilità già evidente da alcuni anni, in  cui le vendite sono state guidate da promozioni e prezzi. Tuttavia per comprendere le recenti dinamiche del mercato del Caffè è necessario tracciare due orizzonti distinti, come ci stiamo abituando a fare per la lettura di molti fenomeni dall’avvento del COVID-19.
L’obiettivo di questo studio è proprio quello di delineare la situazione evolutiva del mercato del Caffè tostato in Distribuzione Moderna nell’ultimo anno e gli sviluppi imprevedibili dell’ultimo periodo, segnato dall’emergenza legata al Coronavirus. Appariranno due scenari molto diversi, sullo sfondo di un rivoluzionamento profondo che cambierà ulteriormente le abitudini ed i comportamenti dei consumatori. Sarà forse un ritorno alle origini ed un’opportunità di rinnovamento per la categoria?

Il segmento nel 2019
In Distribuzione Moderna (Ipermercati, Supermercati, Libero Servizio Piccolo e Discount) oltre la metà delle confezioni vendute e del valore della categoria Caffè sono spiegati dal segmento Moka che, nel 2019, mostra una decisa flessione (-5,1% in valore e -4,4% in unità) e, con il segmento Espresso (-5,1% in valore e -4,8% in unità) risulta essere responsabile dell’instabilità del mercato. Le vendite sono ancora fortemente guidate da un’attività promozionale intensa che sfiora e talvolta supera la metà dei volumi sviluppati. Le Capsule (+11,2% in valore e +14,9 in unità) e, in misura minore le Cialde (+2,8% in valore e +0,1 in unità), sono i segmenti di valore che sostengono la categoria. In particolare le prime, con un’incidenza del 30,5% sul valore della categoria ed un posizionamento di prezzo sopra la media, mostrano interessanti livelli di crescita e di innovazione, incrementando l’assortimento di circa 9 referenze medie a scaffale nel mese di dicembre 2019 rispetto all’anno precedente. Anche i Grani mostrano segnali più positivirispetto alla categoria, con una crescita interessante (+3,8% in valore e +6,3in unità) in particolare nel canale Discount.
Nel corso dell’ultimo anno il Caffè tostato ha mostrato un andamento migliore nel canale Supermercati e nel Discount rispetto agli Ipermercati e alle superfici più piccole a Libero Servizio, per effetto del buon andamento delle Capsule e delle Cialde; mentre a livello geografico il Nord Ovest è stata l’area con le migliori performance. Nel 2019 tuttavia le vendite del mercato si sono espresse in maniera significativa anche fuori dal canale moderno. Il Caffè infatti, secondo IRI e-commerce Panel, risulta essere la categoria più venduta online, mentre si trova in quinta posizione in Distribuzione moderna. La crescita del canale online e le favorevoli caratteristiche del prodotto costituiscono una potenzialità per la categoria.

2020: effetto Covid-19

Lo scenario della categoria Caffè tostato tracciato nel 2019 non corrisponde però alla realtà sulla quale ci siamo affacciati nell’anno in corso. L’emergenza legata al COVID-19, che dalla fine di febbraio ha rivoluzionato le vite di tutti, ha inciso in maniera sino ad ora impensabile sugli stili di vita e sui comportamenti di acquisto e di consumo. In una manciata di giorni i consumatori si sono trovati confinati tra le mura domestiche, con conseguente azzeramento di ogni possibile consumo
fuori casa. Il Caffè non fa eccezione e la gestione casalinga dei pasti – in
primis la colazione – lo smart working e i momenti di relax ed intrattenimento hanno riportato a domicilio la quasi totalità dei consumi di Caffè. I numeri ci confermano infatti un rinnovato impulso della categoria nel canale moderno, anche per quei segmenti che risultavano da tempo in flessione.
La crescita del valore della categoria torna in campo positivo con un +10,7% nel primo trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; crescita che raggiunge il +18,7% se consideriamo il solo mese di marzo 2020.
I consumi premiano tutti i segmenti del mercato e, anche se Capsule e Cialde continuano ad essere predilette (+24,6% e +16,7% in valore sull’anno progressivo a marzo), il segmento Moka cresce del +3,4% nelprimo trimestre  2020 e del +10,9% nel mese di marzo.
Il lockdown legato all’emergenza COVID-19 ha evidentemente un impatto molto forte non solo sugli stili di vita, ma anche sulle modalità di acquisto. Per il Caffè così come per la maggior parte delle categorie merceologiche, gli Ipermercati restano penalizzati a vantaggio non solo dei Supermercati ma soprattutto delle piccole superfici di prossimità.

Il canale online

Evidentemente le forti limitazioni imposte dal lockdown e le disposizioni ancora più stringenti imposte a coloro che sono sottoposti a quarantena, costituiscono un impulso molto forte per lo sviluppo delle vendite nel canale online.
Già negli anni scorsi avevamo assistito ad un’importante crescita delle
vendite del Caffè nel canale online: nel 2018 il fatturato fu di 19,5 milioni di
Euro con un incremento del 149% rispetto all’anno precedente. Nel 2019 il
fatturato ha mostrato un ulteriore incremento del 50% per un totale di 29,3
milioni di Euro e, nei soli primi tre mesi del 2020, il fatturato è già arrivato a
11,4 milioni di Euro, con un incremento dell’84% rispetto al primo trimestre
dell’anno precedente.
Nuove opportunità

Come tutti auspichiamo, l’emergenza COVID-19 rientrerà ed i consumatori torneranno ad una nuova normalità; tuttavia il percorso non sembra essere
breve e, in questo periodo i consumatori stanno sperimentando nuovi stili di vita e nuove abitudini che entreranno a far parte di una nuova realtà. Il ritorno ai consumi in casa sta offrendo nuove opportunità per molte categorie del Food alle quali i consumatori si sono avvicinati nelle ultime settimane e hanno avuto il tempo di apprezzarne le caratteristiche e le qualità, in una modalità sino ad oggi impossibile.In questo periodo l’opportunità di conquistare consumatori esiste anche per il Caffè nelle diverse declinazioni di tipologie, aromi, qualità ed occasioni di acquisto e consumo.

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