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Personale, ma non troppo: il 28% degli italiani accetta di condividere dati con i brand

Personale, ma non troppo: sempre più consumatori oggi sono disposti a derogare alla propria privacy, condividendo i propri dati personali con brand e retailer.

A patto, però, di ricevere qualcosa in cambio: servizi, promozioni o un’esperienza di acquisto più rapida e personalizzata.
Secondo un’indagine internazionale di GfK – che ha coinvolto oltre 22.000 persone di 17 paesi – circa un quarto degli intervistati (27%) si è dichiarato d’accordo con la possibilità di condividere i propri dati personali in cambio di servizi e vantaggi. Mentre il 19% delle persone ha dichiarato di essere totalmente in disaccordo con questa idea.gfk_condivisione-dati-personali_tot_infografica

In Italia
Le risposte degli italiani si collocano leggermente al di sopra della media internazionale: il 28% degli intervistati ha infatti dichiarato di essere disposto a comunicare i propri dati in cambio di benefici di qualche sorta.

Se in merito la differenza tra i due sessi è pressochè nulla, la situazione cambia invece in rapporto all’età degli intervistati: emerge infatt chiaramente come i più favorevoli alla condivisione dei dati siano i trentenni (32%), seguiti dalle fasce d’età 20-29 anni (31%) e 40-49 anni (30%). Molto refrattari  sono gli over 60 con il 24%, ma (sorprendentemente) i più ostili sono i più giovani compresi nella fascia d’età 15-19 anni: ben il 31% degli intervistati, infatti, si dichiara fortemente in disaccordo.

L’indagine a livello internazionale

La Cina conta la percentuale più alta di persone disposte a condividere i propri dati personali in cambio di benefici: ben il 38% degli intervistati ha dichiarato di essere sicuramente disposta a farlo. Altri paesi dove la percentuale di persone favorevoli è più alta della media sono il Messico (30%), la Russia (29%) e appunto l’Italia (28%).

I cinque paesi con le percentuali più alte di persone fermamente contrarie alla possibilità di condividere i propri dati sono Germania (40%), Francia (37%), Brasile (34%), Canada (31%) e Paesi Bassi (30%).

L’età dell’intervistato sembra influenzare la facilità con cui si accetta di condividere i dati personali. Ventenni e trentenni sono in assoluto i più propensi a comunicare i propri dati: nella fascia 30-39 anni i favorevoli sono il 34%, mentre nella fascia 20-29 anni sono il 33%. A differenza di quanto succede in Italia, a livello internazionale gli adolescenti (15-19 anni) sono abbastanza favorevoli (28%) rispetto a questa opportunità.gfk_condivisione-dati-personali_paesi_infografica

Anche a livello internazionale non emergono  grandi differenze tra uomini e donne su questo tema: entrambi i generi si attestano al 27% di persone favorevoli. Tra le donne è però più alta la percentuale di chi si dichiara fortemente in disaccordo con la possibilità di condividere i propri dati in cambio di un vantaggio (21%, contro il 18% degli uomini).

Arcaplanet avvia “un’inaugurazione massiva”: aprendo contemporaneamente 17 pdv

Arcaplanet si fa in 17, inaugurando contemporaneamente 17 nuovi punti vendita: un’operazione che ha dato lavoro a 85 nuove risorse ed è supportata da una campagna territoriale del valore di 600.000 euro.

Con i nuovi store salgono a quota 183 i punti vendita in Italia su 15 regioni servite e a oltre 1000 dipendenti.
4 in Toscana, 3 in Lombardia, 3 in Veneto, 2 in Lazio come in Piemonte, 1 in Emilia, 1 in Friuli e 1 in Puglia.
Si tratta di negozi di grande superfici (in media 800 mq per un totale di 34 casse totali). Tutti gli store sono riforniti con assortimenti completi per il food e il non food per gli animali da compagnia grazie a oltre 10.000 referenze in vendita tra accessori e alimenti per cani, gatti, piccoli animali, roditori, pesci, anfibi e uccelli, un’ampia selezione trasversale di prodotti esclusivi e specializzati, dietetici e veterinari, di alimentazione biologica e vegetariana, cibo secco e umido, accessori dai tappetini igienici per cani alle lettiere per gatto, dai giochi ai guinzagli, ai “trasportini” ecc.
Oltre a tutti i prodotti innovativi, all’avanguardia e inaspettati presenti sugli scaffali, saranno disponibili inoltre in alcuni di questi dei servizi aggiuntivi come l’incisione personalizzata delle medagliette da guinzaglio, la toelettatura, ecc..
L’operazione straordinaria di inaugurazioni si inserisce nell’importante programma di sviluppo della giovane e dinamica azienda che, nei suoi primi 20 anni di vita, ha visto una forte crescita dimensionale sia di punti vendita che di fatturato e addetti, attraverso lo sviluppo e la continua innovazione di un layout del tutto simile a un supermercato dedicato solamente ai pet e agli ambienti da essi frequentati, con spazi moderni, personale competente e preparato e un grandissimo assortimento specializzato per tutti i tipi di animali domestici.
Dalla mattina di sabato 28 gennaio è prevista una giornata dedicata ai padroni e ai rispettivi animali domestici che durerà fino a sera. Ci saranno omaggi per tutti, il nuovo magazine Arca News in regalo, promozioni dedicate e tutte le novità pensate per l’alimentazione e il benessere degli animali da compagnia, in casa, all’aperto e in viaggio.
Per tutti sarà possibile iscriversi all’interno del circuito “ArcaCard”, la carta fedeltà che permette una serie di vantaggi di scontistica a punti e servizi dedicati. Per coloro che si presenteranno con il proprio animale, sarà possibile inoltre scattare una foto e riceverne subito la stampa attraverso il nuovo totem interattivo.

Parmigiano Reggiano di nuovo in sella: crescono le quotazioni e i consumi

Il Parmigiano Reggiano si è ripreso, grazie a un balzo significativo delle quotazioni, specialmente nell’ultima parte dell’anno.

Dopo un 2015 da cancellare (le quotazioni medie si erano fermate a 7,65 euro/kg, con un solo precedente peggiore nel 2008, fermo a 7,40 euro/kg), il 2016 ha visto infatti un nuovo sprint: poco più di 8 euro/kg nel mese di giugno fino ad arrivare ai 9,66 euro/kg di dicembre. Una crescita non da poco che ha permesso di chiudere l’anno con una quotazione media pari a 8,63 euro/kg, pari cioè a un + 12% rispetto al 2015.

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Alessandro Bezzi, presidente del Consorzio

“Una decisa inversione di tendenza – sottolinea il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Alessandro Bezzi – che continuiamo a registrare anche in queste prime settimane del 2017, con quotazioni vicine ai 10 euro/kg”.

“Siamo lontani – prosegue Bezzi – dalle quotazioni medie del 2011 e 2012 (rispettivamente 10,76 e 9,12 euro/kg), ma gli attuali valori, uniti alla buona tenuta dei consumi interni, ad un flusso di esportazioni che continua a crescere in modo rilevante e ai nuovi investimenti previsti dal piano quadriennale del Consorzio, creano condizioni complessive in grado di offrire migliori prospettive a quei 3.000 allevatori e 339 caseifici artigianali che compongono il nostro sistema e che nel 2014 e 2015 hanno pagato il prezzo di una pesante crisi”.

Un’altra buona notizia è quella relativa ai consumi che si attestano a +0,3% sul mercato internno per schizzare a +5,8% all’estero che oggi rappresenta il

CONSORZIO PARMIGIANO REGGIANO ASSEMBLEA PUBBLICITA'
Riccardo Deserti, direttore del Consorzio

37% del mercato totale.

I canali distributivi che più hanno beneficiato di questa ripresa sono il dettaglio tradizionale e le vendite dirette (anche online) dei caseifici, ma anche all’interno della GDO, con vendite sostanzialmente stabili in presenza di una flessione degli altri formaggi duri Dop e di una crescita dei prodotti similari non Dop del 2%”.

 

A proposito di export

Usa e Francia i migliori importatori. Considerando quanto incida l’Italian sounding a stelle strisce è ovvio che questo rinnovato interesse per il prodotto DOP non possa che esser letto con ottimismo.

“Se si considera il fatto che proprio negli Stati Uniti e in Canada registriamo il concentrarsi di imponenti fenomeni di imitazione e di “italian sounding” che disorientano e danneggiano consumatori e produttori – sottolineano i proposito il presidente Bezzi e il direttore Riccardo Deserti – è evidente che questa crescita è particolarmente importante e rende evidente l’efficacia delle azioni intraprese in questi anni con le catene distributive nordamericane e gli esportatori, ma anche delle azioni di informazione e di denuncia rispetto a pratiche che in quei Paesi sono comunque ritenute legittime e non contrastate per legge, come invece accade nell’Unione Europea”.

Produzione e comunicazione

L’aumento produttivo, che nel 2016 è del +5,1%, sarà sostenuto da un massiccio investimento in comunicazione.

“Nel prossimo quadriennio – spiega infatti il presidente del Consorzio – investiremo 15 milioni in più sulla comunicazione in Italia e all’estero e sulla vigilanza (in particolare sul prodotto grattugiato, cui sono destinate nuove risorse per 1,25 milioni), e a questa cifra si aggiungeranno i flussi derivanti dalla contribuzione differenziata legata ai piani produttivi (una contribuzione aggiuntiva, in sostanza, a carico di quanti non rispettano i livelli produttivi assegnati), che per il 2016 ammonteranno a circa 5 milioni”.

Italian sounding: la vigilanza

“La vigilanza sulle imprese che sono legate in vario modo al Parmigiano Reggiano – sottolinea il direttore Riccardo Deserti – ha comportato non solo una selezione di qualità su tutte le forme prodotte, ma 2.325 azioni di vigilanza che hanno incluso 1.980 punti vendita, cui si sono aggiunte 650 imprese della ristorazione italiana e altrettante realtà della distribuzione in 20 Paesi esteri, con oltre 2.500 analisi sul prodotto”.

“Nei primi dieci mesi del 2016, e nella sola Unione Europea – prosegue Deserti – il Consorzio ha messo in atto più di quaranta azioni di contrasto in sede stragiudiziale, amministrativa e di denunce che hanno portato a interventi d’ufficio da parte delle autorità competenti in otto Paesi europei.

Cinque interventi di diffida sono poi stati messi in atto negli Stati Uniti a carico di altrettante società che proponevano salse, formaggi (alcuni contenenti anche cellulose), piatti pronti o confezioni di grattugiato ingannevolmente ispirate al Parmigiano Reggiano, tre in Vietnam, con opposizione del Consorzio al deposito dei marchi “Reggianto”, “Parmesan” (denominazione in uso esclusivo al Consorzio) e addirittura “Parmigiano Reggiano”, precedute dal nome del produttore. Sui canali web sono stati effettuati 390 interventi di rimozione di offerte e siti ingannevoli, mentre altre opposizioni a registrazioni di marchi evocativi sono poi state messe in atto in Giappone, Argentina (tutti con 2 tentativi di falsi richiami al Parmigiano Reggiano), Bolivia, Cina , Colombia (tentativo di deposito del marchio “Parmessano”) e Ucraina (diffida rispetto al deposito del marchio “Parmedzyano”).

“Questo significa – conclude Deserti – che il sistema di vigilanza funziona, ma che è contemporaneamente necessario continuare ad investire per bloccare questi fenomeni, non solo per contrastare azioni sleali, ma per creare nuovi spazi all’affermazione commerciale del Parmigiano Reggiano e, conseguentemente ampliare le opportunità di reddito per i produttori”.

 

Week&Food di TUTTOFOOD: un ricco palinsesto animerà Milano

Week&Food, la nuova settimana del food & beverage di qualità, è ormai sul nastro di partenza, pronta ad animare – sotto il cappello Milano Food City – la città meneghina dal 4 all’11 maggio. Promossa da TUTTOFOOD in collaborazione con Regione Lombardia, Comune di Milano e Confcommercio Milano WeeK&Food sarà un vero e proprio fuori salone della manifestazione in calendario a fieramilano dall’8 all’11 maggio; un evento in grado di portare per la prima volta i professionisti fuori dai cancelli del quartiere fieristico.

Il progetto, che si pone come naturale prosecuzione dei temi affrontati durante Expo Milano, è stato illustrato in una conferenza stampa congiunta, dai numerosi attori coinvolti: il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, con gli Assessori Cristina Tajani (Attività produttive e Commercio), Roberta Guaineri (Turismo e Qualità della vita), Mauro Parolini, Assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia e Roberto Rettani, Presidente di Fiera Milano, Alberto Meomartini, Vice Presidente Camera Commercio di Milano Giorgio Rapari, consigliere di Confcommercio Milano incaricato allo sviluppo associativo.

“Uno dei punti di forza di questo nuovo format – ha sottolineato l’assessore Tajani- proprio quella della convergenza d’intenti fra i vari attori”.

Fiducioso della forza aggregante e coinvolgente del’evento si è detto Sala che ha commentato: “È stato messo in campo un palinsesto vario e di qualità che, tra degustazioni e show cooking, aprirà anche a indispensabili momenti di riflessione sulla necessità di promuovere comportamenti alimentari corretti e di scoperta della storia e della cultura del cibo”.

“Grazie alla scintilla creata da TUTTOFOOD – ha concluso Roberto RettaniPresidente di Fiera Milano – attori istituzionali e della filiera danno vita a un sistema food capace di dare a Milano il primato della ‘terza F’ del Made in Italy, accanto a Fashion e Furniture di cui è già capitale mondiale riconosciuta.”

weekfoodI momenti clou

Preludio alla prima edizione di Milano Food City sarà un grande evento organizzato dall’Amministrazione per mercoledì 3 maggio.  Una serata gratuita, aperta a tutta la città all’insegna della convivialità in uno spazio prestigioso di Milano che per l’occasione si trasformerà in un percorso sensoriale che attraverso performance, musicali e artistiche, videoinstallazioni e reading racconterà le buone pratiche dell’alimentazione, la cultura del cibo e i temi espressi dalla Carta di Milano. Spazio anche per un flash mob diffuso che coinvolgerà tutti i cortili della città: sabato 6 maggio i cittadini saranno invitati ad aprire i propri portoni organizzando una cena condivisa  nel proprio cortile di casa con vicini di pianerottolo, di stabile, di via o di quartiere dando vita a una suggestiva cena collettiva nel segno dell’inclusione e dello scambio intergenerazionale e culturale.

E non finisce qui: tra i numerosi eventi spiccano, infatti, anche Taste of Milano e Italian Gourmet dove, rispettivamente al The Mall di Porta Nuova e al Superstudio Più, chef, maestri pasticceri, gelatieri e panettieri daranno vita a masterclass  e show-cooking, degustazioni e talk-show, con specialità anche da asporto accompagnate da ricchi momenti formativi. Grazie alla partnership con JRE – Jeunes Réstaurateurs d’Europe, 12 chef emergenti provenienti da 12 Paesi saranno protagonisti di avvincenti show cooking, mentre 7 hotel ospiteranno a turno, ogni giorno, esclusivi aperitivi “a 5 stelle”.

Tra le iniziative diffuse, infine, spiccano varie postazioni di street food, evoluzione cool dell’italianissimo “baracchino”, e le vie in festa in collaborazione con FoodFriends, il progetto pensato da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza.

Saldi invernali, vince la Liguria. Molto meno appassionata la Sicilia

Saldi invernali c’è chi li ama e li insegue, chi li detesta e li rifugge. Per avere un quadro più organico dei vari mood diffusi nella nostra Penisola, Idealo – il portale di comparazione prezzi che fornisce possibilità di risparmio per gli acquisti digital – ha scattato un’istantanea regione per regione, prendendo in considerazione 4 parametri: 1)i dati Google Trends, con le parole Saldi 2017; 2)i dati Google Trends, con le parole Miglior prezzo; 3)i dati Eurostat; 4)il PIL pro capite (dati Istat).

Ed ecco quanto ne è emerso.

Secondo il primo parametro (il periodo preso in considerazione va dal 1° al 13 Gennaio) le regioni italiane più attente al tema dei saldi sono la Liguria, seguita da Piemonte e Lombardia (rispettivamente con 100, 96 e 95). Ultima in classifica la Sicilia, con un dato pari a 37.

Ottimi piazzamenti anche per Toscana e Lazio (con 82 e 85), per la Basilicata, con un punteggio di 83, e per l’altra isola, la Sardegna, con 81.

Il secondo parametro dà in  tutto il paese numeri molto alti: addirittura il 94% degli gli e-consumer italiani confronta frequentemente i prezzi alla ricerca dell’affare migliore.idealo-saleinteresse_it

Anche in questo caso la Liguria non rinuncia al posto più alto del podio, ma a pari merito con la Basilicata (con 100). Seguono Piemonte (con 96) e Abruzzo (con 95). Più tiepidi verso la questione prezzo sono Trentino-Alto Adige (60), Valle d’Aosta (50), e Sicilia (44).

Il terzo criterio di indagine traccia un quadro che divide l’Italia letteralmente in due: gli e-consumer italiani si concentrano al Nord (Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige al primo posto, con il 39%, seguite da Lombardia con il 38% e Veneto con il 37%) e diminuiscono man mano che si scende verso Sud (in fondo alla classifica troviamo Sicilia con il 17%, Calabria con il 15% e Campania con solo il 14%).

È dunque indubbio il peso del digital divide. Le regioni che troviamo in fondo alla classifica secondo i dati Eurostat sono anche le aree più problematiche dal punto di vista dell’accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione. Una difficoltà di accesso attribuibile più alle strutture e alle reti, che non alla mentalità o alla cultura.

Il quarto parametro offre un quadro piuttosto prevedibile della situazione, con le regioni del Nord ai primi posti della classifica (Valle d’Aosta con € 34.981 e Trentino-Alto Adige con € 34.856) e quelle del Sud in fondo (all’ultimo posto la Calabria con € 15.265). Tuttavia ci sono delle eccezioni: la Sardegna, ad esempio, nonostante un PIL pro capite che la pone al 16° posto della classifica, è fortemente coinvolta dal fenomeno dello shopping online (i dati toccano il 31%) e manifesta molto interesse al tema della comparazione dei prezzi.

Al contrario il Lazio, nonostante  un PIL pro capite decisamente superiore a quello della Sardegna (€ 30.355 contro € 19.021) ha una percentuale di acquisto online molto simile a quello dell’isola, e comunque di qualche punto inferiore rispetto a quello di altre regioni con un PIL pro capite minore del suo.

 

 

Sessismo nel mondo dell’enologia: l’indagine de Le Donne del Vino

Sessismo superiore alle aspettative: questa è una delle prerogative che caratterizzano il mondo del vino italiano al femminile.

E non è tutto. Il “sesso debole” in questo settore, infatti, risulta ancora piuttosto penalizzato per molti altri aspetti: pur avendo infatti un livello d’istruzione medio alto (laurea o diploma) riceve ancora stipendi mediamente più bassi dei propri omologhi uomini e – per esigenze meramente professionali- “indulge” alla maternità quasi sempre dopo i 30 anni.

Ecco alcune delle evidenze emerse un’indagine-sondaggio promossa dall’Associazione nazionale Le Donne del Vino e che in parte andrà a confluire nell’indagine mondiale di Wine Business International, la prestigiosa agenzia britannica di analisi sul vino.

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La presentazione dell’indagine a Roma, nella sala conferenze dell’Associazione Stampa estera.


Commentando l’esito della ricerca, la presidente Donatella Cinelli Colombini, rileva: “Sul ruolo delle donne nel mondo del vino le cose vanno meglio, ma non bene e c’è ancora tanto da fare per raggiungere una reale parità di genere”.

La ricerca dell’Associazione La Donne del vino si basa su un questionario inviato nei mesi scorsi a produttrici, giornaliste, enotecarie, ristoratrici di tutte le parti d’Italia, cioè il 24% della compagine sociale. Diamo un’occiate alle peculiarità di ciascun settore

PRODUTTRICI

Livello di istruzione decisamente alto: il 43% ha almeno la laurea,  il 15% anche un diploma post universitario. Le Donne del Vino produttrici sono all’88% titolari o contitolari della cantina in cui lavorano, ma devono rimandare la nascita dei figli molto avanti nel tempo per cui la metà di chi ha fra i 40 e i cinquant’anni ha ancora figli minorenni. Non va meglio sul fronte pensione: benché il 19% delle produttrici abbia più di 60 anni, nessuna dichiara di essere in pensione.

Ancora più interessanti gli esiti dell’indagine relativa alla sezione che andrà a confluire nell’indagine mondiale di Wine Business International sulla condizione femminile del settore enologico. schermata-2017-01-23-a-15-18-43

Alla domanda “Pensi di ricevere lo stesso stipendio che ricevono gli uomini che svolgono gli stessi compiti?”, il 29,9% ha risposto “no” e il 18% “forse no” benché, come detto prima, a rispondere siano state soprattutto le titolari delle cantine e le stesse abbiano dichiarato di retribuire, nel 96% dei casi, allo stesso modo dipendenti maschi e femmine.

Per gli stessi motivi non sorprende che la domanda sugli atteggiamenti sessisti abbia ottenuto un “no” quasi plebiscitario (85%) benché ci sia anche chi è stata “insultata per non essermi sottomessa al boss” e si ammette che “le donne continuano a faticare il doppio per affermarsi anche nelle aziende familiari dove sono contitolari con uomini”. Più problematica la situazione nelle fiere dove il 21% delle produttrici ha dovuto difendersi dagli attacchi maschili o almeno contrastare un atteggiamento sessista.

ENOTECARIE E SOMMELIER DI ENOTECHE

Ancora peggio sembra andare ad enotecaie e sommelier (in posizione dipendente): nonostante l’elevato livello d’istruzione (per il 75% sono laureate o con diploma post universitario), infatti, lamentano di guadagnare meno dei colleghi maschi (ne è convinto il 63%). Anche in questo caso, infine, si registra un reale disagio a conciliare la carriera e la famiglia: benchè infatti il 50% abbia meno di 39 anni nella stragrande maggioranza dei casi non ha figli. schermata-2017-01-23-a-15-19-31

RISTORATRICI

Meno scolarizzate (33% con laurea o diploma post universitario) e in grande maggioranza ultracinquantenni (72%) le ristoratrici che hanno risposto al sondaggio sono per la stragrande maggioranza titolari dell’esercizio in cui operano e, fra le Donne del Vino, quelle meno colpite dai problemi di genere.schermata-2017-01-23-a-15-19-00

GIORNALISTE ADDETTE ALLE PR E MARKETING, ESPERTE E CONSULENTI

In questa categoria la fascia di età delle intervistate si concentra fra i 40 e i 59 anni (63%) e il livello di istruzione è molto alto con un 66% che possiede una laurea o un diploma post universitario, mentre aumenta il dubbio o la certezza di venire retribuita meno dei colleghi uomini (62%). Il 25% delle intervistate ha subito difficoltà collegate alla maternità arrivate, in un caso, fino al licenziamento. Il 39% ha dovuto difendersi da atteggiamenti sessisti. schermata-2017-01-23-a-15-20-05

CONSUMATRICI

Sul versante del consumo ci sono, invece, più novità positive, anche grazie all’abbandono progressivo del luogo comune che condannava la donna che bevesse vino in pubblico.

Per fortuna i tempi sono cambiati e le wine lovers in rosa sono sempre di più e sempre più consapevoli. Tuttavia (il “ma” non poteva mancare), al ristorante la donna dice la sua nella scelta del vino solo se è in coppia, mentre quando è in gruppo è ancora l’uomo a decidere.

DA SAPERE

Una cosa è certa: donne e uomini hanno un’telligenze di tipo diverso. E su questa poliedricità Gabriele Micozzi, docente di Marketing della Luiss Business School, presenterà una ricerca al prossimo Vinitaly: “Sto analizzando la zona di confort del cervello che differenzia il modo di pensare della donna dall’uomo, la capacità di provocazione della mente, le attività in cui viene coinvolta una donna e quelle in cui viene coinvolto un uomo, le intelligenze diverse: radar per la donna, tunnel per gli uomini, la velocità del pensiero che oggi è molto più sviluppata nelle donne”.

IRI e New Line Ricerche di Mercato: sinergia tra partner strategici

IRI – leader mondiale nella fornitura di informazioni sui mercati del Largo Consumo e sullo shopper – e New Line Ricerche di Mercato – azienda specializzata in analisi di mercato, consulenza e report per le Farmacie Italiane – annunciano la sigla di un accordo di collaborazione finalizzato ad offrire al mercato Consumer Health servizi di informazione e consulenza che consentono di analizzare e monitorare al meglio le dinamiche del comparto in Italia.
Grazie a questo accordo esclusivo, i clienti possono accedere ad un portafoglio completo ed unico nel mercato di soluzioni integrate di dati, analisi e consulenza. La sinergia delle esperienze maturate nei canali mass market e farmacia consente di mettere a disposizione degli operatori la più completa visione d’insieme delle dinamiche del mercato indispensabile per gestire le attività di marketing, vendita e trade marketing con maggiore confidenza ed efficacia.
IRI e New Line Ricerche di Mercato si propongono così come partner strategici ideali per tutte le aziende che operano nel settore del Consumer Health sia sul fronte produttivo che distributivo.
“Questa partnership permetterà di offrire un immediato cambiamento nel valore della nostra offerta grazie ad una visione unica e completa di tutte le dinamiche che caratterizzano il mondo del Consumer Health grazie alla possibilità di sfruttare competenze complementari nei canali della grande distribuzione organizzata e della farmacia”. Ha commentato Angelo Massaro, Amministratore Delegato di IRI in Italia.
Sulla stessa linea d’onda anche  Gabriele Pierani, Presidente di New Line Ricerche di Mercato che ha dichiarato:“Questa partnership ci aiuterà a rafforzare le nostre posizioni in Italia, con l’integrazione delle rispettive competenze. Ma, proprio grazie alla sua dimensione internazionale, IRI ci permetterà anche di affacciarci al mercato europeo”.

Shopping in negozio? Sempre più consumatori lo trovano noioso

Shopping in store? Piuttosto lavo i piatti!

La sintesi è tranchant, ma non si discosta molto dalla realtà emersa dal report pubblicato dal Digital Transformation Institute di Capgemini con il titolo Making the Digital Connection: Why Physical Retail Stores Need a Reboot’ e realizzato intervistando 6.000 consumatori e 500 executive del settore retail in nove Paesi (Stati Uniti, Cina, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Svezia)

Pare infatti che nonostante l’81% dei retailer riponga ancora molta fiducia nelle potenzialità fidelizzanti degli store brick & mortar, tra i consumatori – invece – la percentuale degli ottimista sia molto minore: 45%. Gli altri sono alquanto sfiduciati.

schermata-2017-01-19-a-15-22-31Lo store fisico- dicono- è noioso (40% degli intervistati) tanto che un terzo si dichiara più propenso a rigovernare le stoviglie.

L’insoddisfazione è maggiore in Svezia e Spagna (dove rispettivamente il 54% e il 49% affermano che fare acquisti nei negozi fisici è un’attività noiosa) e minore in Cina e negli Stati Uniti (29% e 31% rispettivamente), mentre in Italia questo dato si attesta al 42%.

Tra le critiche principali:

  • lunghe code alle casse (lamentela precipua dei clienti grocery)
  • assenza di promozioni personalizzate realmente interessanti (recriminazione più diffusa per i settori del fashion e dell’elettronica
  • difficoltà nella comparazione dei prodotti (nel settore del bricolage).

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Tra le aspirazioni più diffuse emergono:

  • la possibilità raffrontare prodotti,
  • di avere consegne in giornata per i propri ordini,
  • scaffali digitali in grado di informare i clienti,
  • opzioni di pagamento di nuova generazione,
  • strumenti come chioschi e tablet per effettuare gli ordini.

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Emiliano Rantucci, Vice President e Responsabile Consumer Products & Retail di Capgemini Italia, ha dichiarato: “Gli acquirenti sono sempre più lontani dall’esperienza in-store, ed è facile capire perché. La maggior parte dei negozi fisici rimane testardamente ‘offline’, incapace di offrire la velocità, la flessibilità e la facilità d’uso che i consumatori si aspettano dai siti web. Le voci diffuse circa il rapido declino del negozio fisico possono essere esagerate, ma si avvicinano comunque alla realtà. Molti retailer con cui abbiamo parlato ammettono di avere difficoltà nella rapida digitalizzazione dei punti vendita a causa della difficoltà nella definizione di business case per i relativi investimenti. Questo report chiarisce che la vera domanda che i retailer debbono porsi non è tanto se possano permettersi di trasformare l’esperienza in-store, quanto piuttosto se possano permettersi di non farlo”.

Allora – la conseguenza è lapalissiana- non resta che puntare sulla digitalizzazione all’interno dei negozi.

Certo e i retailer lo sanno. Peccato, però, che alcune difficoltà si frappongano alla realizzazione dell’obiettivo.

La prima riguarda la scarsità di investimenti: il 40% degli executive afferma di essere ancora impegnato a implementare le basi tecnologiche, come il WiFi in-store.

Il secondo problema è relativo alle capacità del personale in negozio: ancche in questo caso il 40% lamenta il fatto che i responsabili di negozio non promuovano le iniziative digitali presenti nei punti vendita.

Il risultato?

Solo il 18% degli executive interpellati ha implementato iniziative digitali su scala da cui sta ottenendo vantaggi importanti.

 

AIIPA lancia la Campagna informativa sui prodotti per la prima infanzia

AIIPA, Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari, lancia la  Campagna “Nutrizione e sicurezza specializzate” che si propone di fare chiarezza sulle caratteristiche e sulla qualità nutrizionale degli alimenti specifici per la prima infanzia, fabbricati e commercializzati nel rispetto della rigorosa normativa vigente. Per meglio identificare la campagna, AIIPA ha lanciato anche un Marchio collettivo,  “Nutrizione e Sicurezza Specializzate”.
“Oggi, solo 1 mamma su 4 è convinta che per il suo bambino sia importante introdurre nella dieta alimenti specifici per la prima infanzia in quanto nutrizionalmente appropriati”, evidenzia Andrea Budelli, Presidente del Gruppo AIIPA Alimenti prima infanzia e prodotti per la nutrizione specializzata. “Con quest’iniziativa, ci auguriamo di contribuire a colmare questo gap informativo, comunicando il valore della categoria degli alimenti per l’infanzia, spesso oggetto di luoghi comuni e informazioni non corrette”.
“Dobbiamo ricordarci che i bambini, in particolare quelli fino ai tre anni, non sono dei ‘piccoli adulti’. – commenta Marcello Giovannini, professore emerito di pediatria dell’Università degli Studi di Milano – Gli alimenti dovrebbero essere scelti con cura per rispondere in modo ottimale alle esigenze nutrizionali e di sicurezza specifiche di un organismo in crescita e, nello stesso tempo, vulnerabile, come quello del bambino. Numerosi studi confermano infatti che l’alimentazione nelle prime fasi della vita svolge un effetto preventivo di numerose patologie che, nella società occidentale, esordiscono sempre più precocemente, come la sindrome metabolica, l’ipertensione e il diabete”.
Sulla base di queste evidenze, di recente, anche il Ministero della Salute ha pubblicato le nuove linee di indirizzo sulla corretta alimentazione ed educazione nutrizionale nella prima infanzia. Queste indicazioni stabiliscono che l’allattamento materno e la lotta contro l’eccesso di proteine nei primi anni di vita sono gli elementi chiave di un’efficace strategia di prevenzione dei disordini alimentari infantili. – prosegue  Giovannini, che aggiunge – Ci sono inoltre vari errori che andrebbero evitati durante lo svezzamento, come la precoce sospensione dell’allattamento al seno (prima del quarto mese), la precoce introduzione di cibi solidi e di latte vaccino, squilibri nell’assunzione di altri macronutrienti, come gli acidi grassi polinsaturi.”
La sicurezza dei prodotti alimentari in Europa e in Italia è garantita da un sistema legislativo e di controllo molto rigoroso. Nel caso degli alimenti per la prima infanzia il legislatore europeo e nazionale ha emanato norme ancora più restrittive per garantire una maggiore tutela di questa fascia di età così vulnerabile.
“Questi alimenti, – aggiunge Budelli – oltre ad essere formulati per rispondere alle esigenze nutrizionali del bambino in crescita fino ai 3 anni, per legge devono assicurare il rispetto di rigorosi standard di sicurezza alimentare, ed essere privi di ogm, coloranti e conservanti. In tal senso il Marchio, che potrà essere dato in licenza alle aziende specializzate in alimenti destinati a questa fascia d’età, ribadisce il nostro impegno a studiare e sviluppare i migliori prodotti specificamente dedicati al periodo dello svezzamento fino ai 3 anni, oltre a rappresentare un’ulteriore garanzia di sicurezza per la salute del bambino.”
La Campagna prevede l’apertura di un sito web informativo, www.alimentiprimainfanzia.it e la distribuzione negli studi pediatrici di poster. I contenuti scientifici delle locandine sono stati condivisi con la Società Italiana di Pediatria (SIP) e con la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP).

La Campagna e il Marchio saranno presentati in occasione di Milano Pediatria (20-21 gennaio 2017) Sala Leonardo c/o Centro Congressi Stelline, Corso Magenta, 61 – Milano.

Top 10 retailer di Deloitte: per la prima volta entra Amazon

In 250 (parliamo dei più grandi retailer mondiali) hanno raggiunto un fatturato pari a 4.308 miliardi di dollari, nell’anno fiscale 2015*. E si tratta di una cifra in crescita dal 4,3% al 5,2% rispetto all’anno precedente.

Questo uno dei dati più dirompenti emersi dalla  ventesima edizione dello studio Global Powers of Retailing di Deloitte.

E approfondendo ancora un po’, ecco l’altra notizia: il rapporto include anche una lista dei top 50 e-Retailer ed evidenzia come l’80% di essi faccia anche parte dei primi 250 retailer a livello mondiale.

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 La classifica nel dettaglio

Wal-Mart conferma la sua leadership indiscussa. E Costco mantiene la seconda posizione, continuando il percorso di crescita avviato nel precedente anno fiscale e riportando nell’anno un tasso del 3,2%. A seguirli è Kroger che, grazie all’acquisizione dei supermercati Harris Teeter, consolidail 3° posto in classifica.

Ancora due dati: Metro Group esce dalla classifica dei Top 10, mentre entra per la prima volta Amazon, con un fatturato in continua crescita (13,1% rispetto all’anno precedente), alimentato da un costante flusso di innovazioni di prodotto e di servizio per i consumatori.

“Negli ultimi anni abbiamo assistito a un drastico cambiamento nel mondo del retail e nelle abitudini dei consumatori. Il periodo attuale vede una sempre più marcata centralizzazione del consumatore, che è oggi la vera guida, capace di condizionare le proposte di acquisto, alla continua ricerca di autenticità, novità, convenienza, semplicità e creatività. Per andare incontro ai nuovi modelli di consumo, i retailer non tradizionali stanno sviluppando nuovi business model orientati alla personalizzazione e alla volontà di far vivere una vera e propria esperienza di acquisto” – commenta Dario Righetti, Partner Deloitte e responsabile Consumer & Industrial Products – “Proprio in tale contesto si inserisce il successo di Amazon, che per la prima volta entra nella classifica dei Top 10 retailer globali, accanto a colossi quali Wal-Mart e Schwarz Group. Una crescita esponenziale influenzata anche dal rapido consenso ottenuto grazie ad Amazon Prime, il nuovo servizio offerto dall’azienda, che mette ancora una volta al centro le esigenze del consumatore”.schermata-2017-01-19-a-12-07-58

 Europa

Diminuisce il numero delle aziende con sede in Europa, che passano da 93 a 85. Tra le maggiori economie europee la Germania è quella che evidenzia una crescita più elevata, seguita dalla Francia. Le aziende del Regno Unito invece registrano per il secondo anno consecutivo un andamento negativo e la Brexit non è estranea a questo processo, benchè il suo impatto non sia del tutto quantificabile.

“Se analizziamo i dati emersi dallo studio Deloitte sui principali retailer mondiali, si evidenzia come l’andamento dei Top 10, inclusi quelli europei, sia sostanzialmente positivo con buoni segnali di crescita- commenta Ernesto Lanzillo, Partner Deloitte e responsabile per il settore Retail. Fa eccezione Tesco, che nell’ultimo anno fiscale scende di 4 posizioni nella classifica: il calo è però principalmente dovuto alle continue cessioni di divisioni “non core” soprattutto in favore di aziende asiatiche. Da notare, inoltre, che Tesco cresce nel mercato nazionale e rafforza la propria posizione, a conferma della solidità e dell’importanza del bacino UK per nuovi investimenti”.

Le regioni che possono vantare ancora una volta la quota più alta di retailer nella classifica dei Top 250 sono, nell’ordine, Nord America e Europa.

Nonostante le loro grandi dimensioni, la maggior parte dei rivenditori del Nord America non hanno significative attività estere, ma costituiscono tutt’oggi le realtà con la quota più alta di ricavi della classifica, con una media di 23 miliardi di dollari.

Le società europee si confermano invece le più attive in ambito internazionale, con una copertura media di 16 Paesi, valore di molto superiore alla media delle Top 250 (in media, presenza in 10 Paesi).

Da ciò ne consegue come le vendite al di fuori del proprio Paese raggiungano nella media europea quasi il 40% sul totale del fatturato, con picchi di circa 47% per i retailer tedeschi e 46% per i francesi.

In Italia

Per i retailer italiani si registra, nell’anno chiuso al 30 giugno 2016, un andamento nel complesso positivo nonostante si evidenzi, per 3 dei 4 player nazionali in classifica, un calo nel posizionamento globale. Sia Coop che Conad perdono una decina di posizioni nella classifica delle Top 250, collocandosi rispettivamente al 76° e 77° posto. Anche Esselunga passa dalla 121esima posizione alla 125esima. Migliorano sensibilmente invece i risultati di Eurospin, che guadagna 26 posizioni (dal 214° posto al 188°).schermata-2017-01-19-a-12-08-26

I settori merceologici

Per quanto riguarda i diversi settori analizzati, i retailer del settore moda (abbigliamento ed accessori) ancora una volta sono le realtà che hanno registrato i tassi di crescita maggiori, pari al 7,7%, caratterizzati inoltre da margini più alti (7,1%). Segue a poca distanza il settore dei prodotti di beni durevoli e per il tempo libero, con una crescita di ricavi pari al 7,6%, ma con una marginalità nettamente inferiore (3,6%).

L’e-commerce

Le vendite online anche quest’anno hanno rappresentato una quota significativa dei ricavi totali di vendita al dettaglio. L’80% dei 50 maggiori e-retailer sono nella classifica dei Top 250.

Ben 45 delle aziende appartenenti ai Top 50 e-retailer hanno sede negli USA (27 società) o in Europa (18); le restanti 5 provengono da Paesi emergenti (4 dalla Cina e 1 dal Brasile).

È ancora una volta Amazon a registrare i risultati migliori, con vendite di prodotti per 79 miliardi di dollari, seguita da JD.com che, con 27 miliardi di dollari, supera Apple (24 miliardi di dollari). Wal-Mart, leader globale della Top 250 guadagna una posizione di tutto rispetto anche tra i top e-retailer, mantenendo un quarto posto e relative vendite per 14 miliardi di dollari.


*Nota metodologica

Il Global Powers of Retailing considera nelle proprie classifiche un panel di 250 gruppi di retailer presenti in tutto il mondo, variabile di anno in anno in base ai risultati finanziari; le analisi, in dollari americani, fanno riferimento ai dati di bilancio relativi all’anno fiscale 2015, cioè al periodo compreso tra giugno 2015 e giugno 2016.

 

 

 

 

 

 

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