Non solo prezzo per il consumatore food

Una ricerca dell’Università Bicocca di Milano e del Criet  (Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio) fotografa i comportamenti del consumatore food odierno e le sue relazioni con il distributore. Sono stati pubblicate le prime evidenze, che emergono da una serie di interviste con operatori nella distribuzione alimentare ed esperti in materia.

Un consumatore infedele all’insegna certo, ma anche capace di attivare comportamenti diversificati e scegliere canali diversi passando dalla GDO al discount, all’alternativa dei gruppi d’acquisto, mercati o produttori agricoli. Tutto ciò a fronte di una flessione generale nel consumo di food che va ad incidere sulla spesa mensile per il 14% (dati Eurostat, 2012). Si allarga la forbice tra le ampie fasce di persone che vanno alla ricerca di promozioni e offerte e che quindi sono sensibili alla leva prezzo e le nicchie di consumatori che si concentrano invece su scelte alimentari improntate alla qualità e alle nuove tendenze: biologico, eco sostenibile, filiera corta, biodinamico. Nicchie che però si allargano. Una recente analisi Coldiretti segnala ad esempio che sono 2,7 milioni gli italiani (18,6% degli popolazione, il 400 per cento in più dal 2008) che fanno la spesa in circa 2000 gruppi di acquisto: per ottenere condizioni vantaggiose, ma soprattutto per garantirsi la qualità della spesa.

 

Cinque tendenze per il food

Se il prezzo resta fondamentale per larghe fasce di clientela, il suo strapotere può essere mitigato da altri fattori. Nella relazioni consumatore-distributore la ricerca del Criet individua cinque tendenze da tenere sotto osservazione nei comportamento attuali e futuri:

1- Fedeltà del cliente: inutile sottolineare che nessun canale o insegna può ormai vantare l’esclusiva rispetto alle scelte di acquisto del consumatore. Se la leva prezzo è cruciale, non è tuttavia sufficiente a fidelizzare. Sembrano più importanti altri fattori: “alla qualità del prodotto si affiancano anche esigenze di relazione e di servizio che possono connotare e arricchire il prodotto stesso e l’insegna che lo propone. Anche il punto vendita diventa un luogo di scambio, in cui strategie di marketing esperienziale, tematismi, ma anche attivazione di personale preparato e disponibile possono qualificare lo shopping del consumatore”.

2- Category management. Il troppo stroppia, potremmo dire. Il consumatore sembra non gradire la ridondanza nell’offerta ma chiede piuttosto una selezione e razionalizzazione degli spazi e delle referenze che eviti l’omologazione tra insegne. Il consumatore d’oggi richiede semplicità e ottimizzazione dei tempi (di spesa, di scelta).

3- Rapporti di filiera. Sono in evoluzione. Si rafforza la presenza sul mercato di canali distributivi alternativi (es. Slow Food, Eataly, Mercati della terra, Campagna Amica) caratterizzati da un approccio più improntato alla relazione con il consumatore e alla selettività di prodotti, metodi produttivi e modalità di commercializzazione (e-commerce, Gas, “orto in affitto”, farmer’s market). Aumentano poi le “collaborazioni orizzontali”: reti spesso informali tra produttori agricoli e caseari o tra piccoli negozianti, che nascono per contrastare la GDO.

4- Competitività dei canali distributivi. Secondo gli operatori intervistati, anche se la leva prezzo influenza le strategie di penetrazione del mercato, non ci sarebbe competizione diretta tra GDO e discount e tra GDO e canali alternativi (es. Slow Food, Eataly, ecc.). Tuttavia, vista la contrazione a valore e a volume del venduto e la costante crescita delle nicchie di consumo (biologico, biodinamico, sostenibile, filiera corta), “la GDO dovrà osservare con attenzione i canali alternativi al proprio”. Si rileva inoltre “una progressiva sovrapposizione nell’offerta, così come nei servizi proposti tra GDO e discount (fresco, private label vs. prodotti a marchio conosciuto) che dimostrano quanto spesso i vari format si contendano i medesimi clienti”.

5- Tre sfide per il marketing: in questa situazione liquida e in costante evoluzione anche il marketing mix deve giocoforza evolvere ed adeguarsi alle nuove esigenze. Innanzitutto recependo non solo gli elementi “hard” dell’offerta (prodotto, prezzo), ma anche quelli “soft” (relazione, servizio, informazione, esperienza). Il marketing mix sarà inoltre diversificato a seconda del format distributivo. I prodotti del territorio ad esempio, elemento di valorizzazione del prodotto ortofrutta, devono essere proposti diversamente in un iper, un supermarket, un mercato generale o presso il produttore. Infine, sarà necessario identificare gli elementi differenzianti dell’insegna e realmente riconosciuti come tali dalla domanda in modo da poter comunicare, oltre al prezzo e alla promozione, i reali vantaggi e benefici che il distributore sa garantire al consumatore e che sono da ricondursi anche a dimensioni “soft” dell’offerta.

Fonte: ricerca Food marketing: un’analisi sulla relazione tra distributore e consumatore
Fonte: ricerca Food marketing: un’analisi sulla relazione tra distributore e consumatore

 

Nella foto, il reparto salumeria del pdv Crai a Oliena