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Madama Oliva presenta il primo bilancio di sostenibilità

Primo bilancio di sostenibilità per Madama Oliva, produttore di olive da tavola fresche con oltre 400 referenze, 20 linee produttive e circa 23 milioni di confezioni che ogni anno raggiungono 45 paesi di destinazione. Il documento è stato redatto in conformità alle logiche e ai contenuti proposti dai GRI Universal Standards 2021, nonché ai più recenti riferimenti normativi quali ESRS e VSME, attualmente in fase di pubblicazione.
Madama Oliva continua a coltivare il proprio impegno verso l’ambiente, le persone e il territorio – commenta Sabrina Mancini, Direttrice Marketing di Madama Oliva –. Nel Bilancio di Sostenibilità 2024 raccontiamo i risultati raggiunti e gli obiettivi futuri, guidati dal nostro green claim ‘Nourishing the Future’, che esprime la volontà di nutrire il futuro, appunto, con scelte consapevoli e responsabili”.
In un’ottica di trasparenza Madama Oliva ha adottato il B-Impact Assessment (BIA), strumento riconosciuto a livello internazionale, sviluppato da B Lab, organizzazione non profit impegnata a generare valore per le imprese e impatti positivi su persone e ambiente, andando oltre la visione centrata esclusivamente sugli stakeholder finanziari. In questo contesto si inserisce anche l’adozione del “Codice Etico e di Condotta”, ovvero la dichiarazione dei princìpi che ispirano la cultura aziendale, un punto di riferimento costante per tutti coloro che collaborano con Madama Oliva, sia all’interno dell’organizzazione, sia nel rapporto con il mondo esterno.

GLI OBIETTIVI 2025 SULLA PERFORMANCE AMBIENTALE E SOCIALE
Per l’anno in corso, Madama Oliva si impegna a raggiungere il 100% di packaging sostenibile entro il 31 dicembre, attraverso il lancio di nuovi formati in RPP per due nuove linee di prodotto: Lupamì e Fruttino. È inoltre prevista l’installazione di un nuovo impianto fotovoltaico (foto a destra), con una produzione annua stimata di oltre 2.5 kWh, pari a un +28% rispetto al 2024.
Per migliorare l’impatto ambientale complessivo, l’azienda ha inoltre definito i seguenti obiettivi operativi: riduzione del rapporto acqua/prodotto finito e ulteriore riduzione del consumo di carta, che vanno di pari passo con la politica di riduzione dei rifiuti urbani non differenziati. Sul fronte sociale, l’impegno dell’azienda per il 2025 è quello di incrementare i fondi a sostegno delle iniziative con le associazioni non profit del territorio, mantenendo al tempo stesso il numero di associazioni già coinvolte.

PARITÀ DI GENERE COME LEVA PER LO SVILUPPO
L’azienda, diventata Società Benefit a inizio di quest’anno, ha registrato nel 2024 un fatturato in aumento del 14% attestandosi a quota 53,3 milioni di euro. L’adozione dello status di Società Benefit ha integrato anche formalmente gli obiettivi di impatto sociale e ambientale nello statuto di Madama Oliva, con l’ulteriore consolidamento dell’impegno verso un futuro più sostenibile, equo e orientato al bene comune. Tra i cardini della politica aziendale ci saranno la creazione di valore per la società e l’ambiente, oltre che per clienti, collaboratori e partner, il monitoraggio e la rendicontazione dei risultati ottenuti attraverso la pubblicazione di una relazione periodica d’impatto sociale e ambientale.
Ai cambiamenti in atto si è aggiunta, infine, l’ottenimento della certificazione UNI/PdR 125:2022 riguardante la politica aziendale per la parità di genere con cui Madama Oliva intensifica il proprio impegno rispetto alla valorizzazione delle diversità e all’empowerment femminile. Tale politica è rivolta a tutto il personale e i princìpi fondamentali alla sua base sono l’imparzialità e l’inclusività, la correttezza e la trasparenza; la valorizzazione delle risorse umane; la tutela della persona, della genitorialità e il contrasto ad ogni forma di violenza e discriminazione.

Osservatorio Immagino, la spesa sostenibile vale 45 miliardi di euro

Si potrebbe dire che è una delle “lingue” più utilizzate a scaffale. Sono infatti oltre 83 su 100 i prodotti venduti nei supermercati e ipermercati di tutta Italia che “parlano” di sostenibilità, riportando sulle loro etichette le informazioni relative alle iniziative avviate dalle aziende produttrici in ambito ambientale, sociale o del benessere animale. È questo lo scenario delineato nella diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che, in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, propone una lettura ampia e scientifica di peso, diffusione e valore della comunicazione green in etichetta. Nel 2024, tra super e ipermercati, l’aggregato di prodotti “sostenibili” ha incassato quasi 45 miliardi di euro, con una crescita annua di +2,1%, spinta principalmente dall’aumento dei prezzi (+3,4%) e dalla componente di offerta (+1,9%), ma con volumi in calo di -1,2% rispetto al 2023.

ETICHETTE A DIFESA DEL PIANETA
È la sostenibilità ambientale la tematica più comunicata dalle aziende attraverso le etichette dei prodotti. L’Osservatorio Immagino ha individuato questo tipo di informazioni su 120.797 referenze che nel 2024 hanno sfiorato i 44,8 miliardi di euro di incassi nel canale super e ipermercati. Tra le informazioni presenti on-pack, le più diffuse sono i suggerimenti pratici per aiutare i consumatori ad adottare comportamenti virtuosi (ad esempio nella raccolta differenziata o nella corretta conservazione dei prodotti), seguiti dalle indicazioni sull’impegno per la riciclabilità del packaging, da quelle per la maggior sostenibilità delle modalità di produzione e di approvvigionamento lungo la filiera, dalle certificazioni di sostenibilità, dai claim generici (come “green”) e dai calcoli relativi all’impatto dei prodotti lungo l’interi ciclo di vita (LCA).

ATTENZIONE AL SOCIALE ANCORA POCO PRESENTE
La seconda dimensione rilevata dall’Osservatorio Immagino, ma ancora poco presente, è quella della sostenibilità sociale: accomuna il 9,1% delle referenze e ha sfiorato i 6,6 miliardi di euro di incassi nel 2024 (+2,2% annuo, ma -0,4% a volume). A livello competitivo le private label e i fornitori top 20 sono cresciuti solo a valore mentre i follower sono avanzati anche a volume.
Infine, il benessere animale è segnalato solamente sul 2,1% dei prodotti venduti in supermercati e ipermercati. Queste 2.988 referenze hanno incassato 1,5 miliardi di euro, con un lieve aumento annuo a valore (+1,0%) a fronte di un netto calo dei volumi (-5,5%). Tra i competitor la performance a valore ha premiato le private label, che però hanno accusato anche un maggior calo a volume, così come i top 20.

Crai, partono nuovi progetti a favore dell’ambiente

Si fa sempre più concreta l’attenzione del Gruppo CRAI per l’ambiente. Il prossimo 5 giugno, in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Ambiente, prenderà il via il nuovo progetto di CSR dell’insegna che realizzerà 16 progetti di riqualificazione ambientale e forestazione con la messa a dimora di oltre 6000 alberi, attività che si inseriscono nella Campagna nazionale di forestazione Mosaico Verde, promossa da AzzeroCO2 e Legambiente.

Due le principali finalità: contrastare i cambiamenti climatici favorendo attraverso gli alberi il naturale assorbimento delle emissioni di CO2 e migliorare la qualità della vita in aree sottoposte a un forte stress ambientale. Molti e importanti i benefici della riqualificazione delle aree, quali la mitigazione delle temperature e del rumore, il miglioramento della qualità dell’aria, il consolidamento del terreno, l’ampliamento della biodiversità vegetale e animale.

Un gesto concreto di CRAI che coinvolge 16 aree dislocate in diverse regioni d’Italia da Nord a Sud della Penisola.

“Ci impegniamo a restituire valore ai territori in cui operiamo sotto molteplici forme ed iniziative” – dichiara Marco Bordoli, Amministratore Delegato di CRAI Secom – “che apportino vantaggi concreti e duraturi alla comunità per essere nel cuore dell’Italia, come recita il nostro pay off. Siamo particolarmente orgogliosi di questo progetto di CSR nazionale che contribuirà a migliorare la qualità della vita nelle zone interessate dagli interventi. Un’operazione dalla forte valenza socio-ambientale che il Gruppo Crai ha supportato a tutti i livelli, sostenendone per intero il costo”.

Questa iniziativa di forestazione – che vede coinvolte le seguenti insegne del Gruppo: Crai, Caddy’s, Piumè, Proshop, Risparmio Casa, Vitulano – è coerente con l’approccio del Gruppo Crai alle attività di social responsibility, da sempre focalizzato sulle persone e sull’ambiente.

“Siamo orgogliosi di iniziare questo percorso con il Gruppo Crai. Grazie all’adesione del Gruppo alla Campagna Mosaico Verde abbiamo l’opportunità di dare il via a nuovi progetti volti alla rigenerazione ambientale dei territori italiani e alla tutela del patrimonio boschivo – ha dichiarato Sandro Scollato, Amministratore Delegato di AzzeroCO2 – Un contributo concreto che dimostra come le aziende possano fare la propria parte per lo sviluppo di un’economia sostenibile del Paese. L’iniziativa rientra nel progetto europeo ‘LIFE Terra’ che vede Legambiente come unico partner italiano e del quale noi siamo sostenitori”.

La campagna di lancio multi-soggetto ha preso il via lo scorso 31 maggio sui principali quotidiani nazionali e su tutti i media del Gruppo (radio CRAI, craiweb, craispesa online, e sui canali social del Gruppo Crai Facebook, Instagram). La campagna di comunicazione realizzata dall’agenzia Mosquito e creativamente molto originale, prevede anche attività digital.

Dagli scettici ai follower agli indolenti: 6 i consumatori tipo secondo Tetra Pak

Attenzione all’ambiente e alla salute: pare siano queste le due esigenze più sentite dai consumatori. A dirlo lo studio globale realizzato da Tetra Pak in collaborazione con Ipsos. Non più sensibilità separate, ma semrpe più spesso convergenti, capaci quindi di creare importanti opportunità per i marchi del settore food & beverage.

Non è un caso, dunque, che quasi il 60% dei consumatori ritiene che la propria salute e il proprio benessere siano fortemente condizionati dai problemi ambientali.

La salute mentale è attualmente considerata altrettanto importante quanto quella fisica: il 67% dei consumatori concorda sul fatto che si tratta di uno dei principali problemi della società, e lo stress è considerato l’aspetto più preoccupante dal punto di vista personale.

Naturalmente son si tratta i un sentire univoco, esistino percezioni e sensibilità diverse tra i consumatori. A questo proposito, Tetra pak ha individuato all’interno del Tetra Pak Index 2019 sei gruppi, ciascuno dei quali ha un approccio diverso nei confronti della salute e dell’ambiente.

Ambasciatori attivi: mostrano elevato impegno nei confronti di tutti gli aspetti relativi alla salute e all’ambiente, disposti all’azione, a sfidare i limiti e a influenzare gli altri. 

  • Si rivolgono a fonti autorevoli come scienziati e accademici, nonché le ONG, per crearsi un’opinione in merito alla questione ambientale.

Amici del pianeta: disposti ad agire per l’ambiente con un importante impegno per la maggior parte degli aspetti relativi alla salute, ma meno inclini a superare i limiti.

  • Impegnati e disposti all’azione a favore dell’ambiente. Molto impegnati rispetto alla maggior parte degli aspetti riguardanti la salute, in particolare per quanto riguarda il benessere mentale.

Attenti alla salute: consapevoli e impegnati nei confronti dell’ambiente, ma dando la priorità alla salute piuttosto che al pianeta. Disposti a pagare di più e a sacrificare la convenienza per avere prodotti sani. 

  • Si informano molto sui social media e da altre fonti online.

Follower: abbastanza impegnati nei confronti della salute e delle questioni ambientali da sentirsi in colpa per entrambi gli aspetti, ma non inclini a cambiare il proprio comportamento o a sperimentare cose nuove.

  • Una nutrita schiera di persone desidera saperne di più, essere convinta e stimolata ad agire. Guarda la TV e ascolta la radio più della media.

Indolenti: nessun interesse nei confronti della totalità degli aspetti riguardanti la salute e l’ambiente. Scettici nei confronti della tecnologia e dei cambiamenti.

  • Il loro interesse si limita alle proprie cerchie personali e reali, in particolare alla famiglia e agli amici.

Scettici: Informati rispetto alle questioni ambientali, ma inclini a respingerle come “false notizie”; hanno un approccio “tradizionale” rispetto a cibo e salute.

  • Uno Scettico su cinque sostiene di non procurarsi informazioni riguardanti l’ambiente mediante alcun canale mediatico.

 

Più responsabilità

L’ambiente rappresenta la preoccupazione principale a livello globale e l’urgenza sta aumentando. I consumatori fanno quindi scelte più consapevoli in materia di imballaggi, cercano informazioni ambientali nelle etichette e acquistano prodotti ecologici anche se costano di più. Il settore alimentare e delle bevande è un catalizzatore fondamentale a questo riguardo. La principale aspirazione di cambiamento, sia per motivi di salute che per ragioni legate all’ambiente, è un maggiore consumo di prodotti alimentari e bevande a basso impatto ambientale. I consumatori si considerano ormai in larga misura i principali responsabili sia verso l’ambiente che verso la propria salute, con poche differenze tra i due aspetti (rispettivamente 71% e 74%), seguiti da governi e politici, mentre marchi e venditori al dettaglio vengono molto dopo.

Gisele Gurgel, Direttore Business Insights and Analytics Tetra Pak, afferma: “Il settore alimentare e delle bevande è forse il primo a riscontrare questa tendenza di convergenza tra l’attenzione alla salute e all’ambiente. Ciò offre ai marchi una nuova opportunità per creare un legame potente, mirato e personale con i consumatori, prestando attenzione e rivolgendo il messaggio a entrambi gli aspetti nello stesso tempo.

Molti consumatori sono interessati a leggere e a informarsi sull’ambiente, inclusi i temi relativi agli imballaggi (39%), soprattutto mediante i social media. In particolare, il punto chiave è rappresentato dai prodotti naturali/bio senza additivi e anche la stagionalità gioca un ruolo importante in questo senso. In termini di categorie, i succhi 100% frutta, il latte, l’acqua confezionata, il latte di cocco e le bevande a base di piante sono i prodotti più interessanti”.

Lena Gilchrist, Client Director, Ipsos, dice:Questo progetto di ricerca è stato unico per il modo in cui ha combinato salute e ambiente, e per il modo in cui abbiamo suddiviso i consumatori in base ai vari livelli di convergenza tra le due aree. I sei gruppi hanno motivazioni e limiti differenti e si affidano a fonti di informazione diverse. Ne consegue che è necessario un approccio mirato per comunicare con ciascun gruppo. Mentre alcuni cercano informazioni autorevoli provenienti da fonti scientifiche, altri si affidano ai pareri degli amici e ai social media”.

LCC: quanta plastica c’è a scaffale? Lo studio di IRI

Forse ci si sarebbe dovuti svegliare prima. Ad ogni modo, meglio tardi che mai. Il vento ambientalista, infatti, si sta rapidamente diffondendo. Non possiamo che augurarci che duri.

Tra i principali nemici  contro cui si è intrapresa battaglia, c’è la plastica. L’obiettivo è ridurne nel medio-lungo periodo sia la produzione che l’utilizzo e  (soprattutto) la dispersione nell’ambiente. Dalla UE un importante assist: la direttiva 2019/904 che ha stabilito come, a partire dal 2021, non potranno più essere immessi sul mercato posate, piatti, cannucce, aste per palloncini, recipienti per alimenti e per bevande in plastica. Al loro posto dovranno essere usati oggetti compostabili. Sulle bottiglie di plastica la Direttiva ha previsto una regolamentazione diversa, fissando un obiettivo di raccolta del 90% entro il 2029 e l’utilizzo di materiali riciclati al 30% entro il 2030.
Al di là della parte strettamente normativa, l’UE, ha attivato iniziative sotenibili come il progetto «Bio-plastics Europe» che per 4 anni vedrà coinvolti 10
pesi dell’Unione, tra cui l’ Italia, nella progettazione di prodotti innovativi e nello
sviluppo di modelli di business che facilitino efficienza, riutilizzo e riciclo,  compresa la garanzia della sicurezza dei materiali riciclati quando utilizzati per la realizzazione di giocattoli o imballi per alimenti.
In questo scenario viene da chiedersi, però, quale sia lo stato dell’arte in termini di volumi di plastica in circolazione e in vendita in GDO.

Dallo studio di IRI, effettuato tramite IRI Liquid Data®, integrando le  informazioni di vendita con i dati Immagino GS1 Italy, è emerso che circa il 33% dei prodotti confezionati di Largo Consumo venduti in Ipermercati, Supermercati e Libero Servizio è offerto in confezioni di plastica rigida o a base di materiale plastico rigido. Se nel computo si volessero includere anche i filler o le buste di plastica, le percentuali crescerebbero sicuramente, in particolare nel reparto del Fresco Confezionato.
Questo dato, tradotto in denaro, indica che per ogni 100 euro spesi in media dalle
famiglie per la spesa di tutti giorni, 28 sono destinati a comprare prodotti  confezionati con la plastica.

Comparto che vai plastica che trovi

L’incidenza varia però molto a seconda dei reparti di consumo. Infatti al primo posto troviamo Detersivi e Detergenti (90% dei prodotti pari al 94% della spesa) e i Freschi Confezionati (69% delle referenze che raccolgono il 46% della spesa), mentre fanalino di coda è il mondo delle Bevande Alcoliche (1% dei prodotti, trascurabile la quota di spesa).

Ma veniamo alla nota (più) dolente: quanta di questa plastica è riciclabile?

Stando a quanto dichiarato (scritto) dai produttori sulle confezioni, solo il 4% dei plastic-packs segnala al consumatore che l’involucro è riciclabile. Una  comunicazione purtroppo ancora carente, ma che però ha una sua efficacia nei confronti degli acquirenti. Infatti questa piccola percentuale di prodotti sugli scaffali cattura ben il 14% della spesa per prodotti con confezioni di plastica.
Questo atteggiamento è più evidente nelle Bevande Analcoliche dove il 49% degli
acquisti (a valore) di prodotti confezionati in plastica è costituito da referenze che
comunicano la riciclabilità della plastica in cui sono contenuti.

Conclusioni
Da un lato, la quota parte di plastica riciclabile è più ampia di quanto viene
comunicato e sarebbe quindi necessario migliorare l’aspetto della comunicazione
delle aziende produttrici. Dall’altro lato però, sul mercato ci sono ancora molti pack non riciclabili e spesso per le aziende cambiare le modalità produttive e reinventarsi non è semplice. Alcune realtà aziendali hanno iniziato a seguire processi di diversificazione utilizzando altri materiali come le bioplastiche (le più affini alle plastiche tradizionali per lavorabilità), oppure, in alcuni casi, le fibre vegetali. Si tratta però di processi industriali molto diversi che presuppongono forti investimenti e lunghi tempi di realizzazione. Inoltre, convertirsi al compostabile significa andare a competere su terreni già presidiati, non tanto da produttori nazionali ed europei, quanto piuttosto da importatori dall’estremo oriente, dato che molti prodotti in fibra naturale e in bioplastica sono oggi di loro produzione.

Allarme Greenpeace, oltre a pesce e acqua le microplastiche inquinano il sale da cucina

L’inquinamento dei mari arriva sulle nostre tavole: lo rivela Greenpeace che ha analizzato 39 campioni di sale da cucina riscontrando che 36 di questi, provenienti da diverse nazioni inclusa l’Italia, contenevano frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri, meglio noti come microplastiche. La ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology, è nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. Dall’indagine, che ha preso in esame campioni di sale marino, di miniera e di lago, risulta che 36 campioni erano contaminati da microplastica costituita da Polietilene, Polipropilene e Polietilene Tereftalato (PET), ovvero le tipologie di plastica più comunemente utilizzate per produrre imballaggi usa e getta.

“Numerosi studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione – ha detto Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -. È necessario fermare l’inquinamento alla radice ed è fondamentale che le grandi aziende facciano la loro parte riducendo drasticamente l’impiego della plastica usa e getta per confezionare i loro prodotti”.

Questa ricerca, la prima condotta su vasta scala e tale da permettere un’analisi comparata della presenza di microplastiche in campioni di sale da cucina provenienti da numerose aree geografiche, ha consentito anche di correlare i livelli di inquinamento riscontrati nel sale con l’immissione e il rilascio di plastica nell’ambiente. Infatti, di tutti i campioni analizzati quelli provenienti dall’Asia hanno registrato i livelli medi di contaminazione più elevati con picchi fino a 13 mila microplastiche in un campione proveniente dall’Indonesia che, secondo studi recenti, è seconda per l’apporto globale di plastica nei mari.

I tre campioni di sale provenienti dall’Italia, due di tipo marino e uno di miniera, sono risultati contaminati dalle microplastiche con un numero di particelle compreso tra 4 e 30 unità per chilogrammo. In generale nei campioni di sale marino è stata osservata una maggiore presenza di microplastiche (compresi tra 0 e 1674 microplastiche per chilo, escludendo il campione indonesiano), seguiti dai campioni provenienti da laghi salati (compresi tra 28 e 462 microplastiche per chilo) e dalle miniere (compresi tra 0 e 148 microplastiche per chilo).

In base ai risultati della ricerca e, considerando l’assunzione media giornaliera di 10 grammi, un adulto potrebbe ingerire, solo attraverso il consumo di sale da cucina, circa 2 mila pezzi di microplastiche all’anno considerando la concentrazione media di microplastiche in tutti i sali analizzati e fino a 110 sulla base del dato italiano peggiore.

“I risultati suggeriscono che l’ingestione di microplastiche da parte dell’uomo può avvenire anche attraverso prodotti di origine marina e l’esposizione umana può dipendere dai livelli di contaminazione nelle differenti aree geografiche – spiega Kim Seung-Kyu, professore dell’Università di Incheon e autore dell’articolo -. Per limitare la nostra esposizione alle microplastiche sono necessarie misure preventive riguardo l’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica”.

Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da quasi due milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s di assumersi le proprie responsabilità, partendo dalla riduzione di contenitori e imballaggi in plastica monouso immessi sul mercato.

La Gdo si + impgnata a vari livelli per limitare l’uso delle plastiche e la vendita di prodotti contententi microplastiche (dentifrici, scrub e consmetici).

vedi Al via il bando alle microplastiche nel Regno Unito, in Italia stop dal 2020

Rio Mare segue le rotte delle tartarughe con il Marine Turtle Tracking

Seguite le rotte delle tartarughe Caretta caretta nel Mediterraneo, anche via web, per ricordarsi come questo affascinante animale sia minacciato da inquinamento e pesca: è il cuore del progetto Marine turtle tracking promosso dal Centro di Primo Soccorso dell’Area Marina Protetta Protetta “Isole Egadi” e finanziato da Rio Mare.  Grazie a tag satellitari le tartarughe che sono rimaste in degenza presso il Centro potranno essere seguite nei loro spostamenti una volta tornate in libertà. Non solo: oltre agli scienziati del centro, il sistema consentirà anche agli utenti di “curiosare” tra i tragitti delle tartarughe e di seguirne le rotte sul sito web di Rio Mare, grazie al monitoraggio in tempo reale. I segnali dei tag applicati sulle tartarughe saranno recepiti dai satelliti permettendo di continuare il monitoraggio da remoto degli esemplari curati presso il Centro tartarughe e di conoscerne i tragitti, le tappe e i chilometri percorsi, oltre che di approfondire la conoscenza della specie e le sue abitudini. Il tracker “Iridium”, uno dei dispositivi utilizzati per il monitoraggio delle tartarughe, inoltre, è dotato di una tecnologia innovativa di GPS portatile sperimentata per la prima volta in Italia nell’ambito di questo progetto. Più piccolo e leggero rispetto agli altri e quindi meno invasivo per l’esemplare, ha una durata maggiore che consente un monitoraggio di 12 mesi. Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con l’AMP “Isole Egadi”, convenzionata con l’Università di Pisa – Dipartimento di Biologia.

Dal 2014 Rio Mare porta avanti attività dell’Area Marina Protetta “Isole Egadi”, in cui rientra anche il supporto all’apertura del nuovo Stabulario per le Tartarughe Marine. Infatti, per potenziare la sua attività di recupero e cura delle tartarughe marine ferite, l’AMP “Isole Egadi”, grazie all’aiuto di Rio Mare, sta potenziando il Centro di Primo Soccorso, che diventerà a breve un vero Centro Recupero. L’ambulatorio e la sala operatoria resteranno presso il Palazzo Florio, mentre il nuovo stabulario e l’aula didattica saranno ospitati all’interno del prestigioso Museo della Tonnara di Favignana (ex Stabilimento Florio) – il museo più visitato della Sicilia orientale con oltre 100.000 mila visitatori annui: inaugurazione il 5 giugno 2018, giornata mondiale dell’ambiente. In questo modo, l’AMP potrà garantire non solo il soccorso ma anche un’assistenza completa alle tartarughe recuperate, aumentandone la percentuale di sopravvivenza, guarigione e re-immissione in natura.

“Siamo estremamente orgogliosi di lanciare questo nuovo progetto, che si inserisce all’interno di un impegno concreto che dal 2014 portiamo avanti per l’Area Marina Protetta “Isole Egadi” – dichiara Luciano Pirovano, Sustainable Development Director di Bolton Food – In questi anni, la collaborazione con l’Area Marina Protetta ha dato ottimi frutti e risponde ai valori fondamentali dell’azienda per una pesca sostenibile e la salvaguardia delle risorse dei mari, quali la lotta alla pesca illegale e il rispetto dell’ecosistema marino, creando allo stesso tempo valore condiviso sia per la comunità locale che per la società intera”.

L’iniziativa è espressione del più ampio progetto di Corporate Social Responsibility di Rio Mare “Qualità Responsabile”, le cui aree di azione sono la sostenibilità della pesca e la tutela dell’ecosistema marino, il rispetto dell’ambiente, il rispetto delle persone e la corretta alimentazione.

 

Carrefour e Garnier insegnano ai bambini a sprecare di meno

Si chiama “Insieme rendiamo il mondo più bello” il progetto che impegnerà Garnier (gruppo l’Oréal) per tre anni in 500 scuole elementari d’Italia coinvolgendo 150.000 bambini per sensibilizzare i cittadini di domani sul tema della raccolta differenziata e del riciclo. Tra i partner dell’iniziativa c’è Carrefour, nei cui punti vendita dal 1 al 30 Marzo per ogni prodotto acquistato, Garnier devolverà 50 centesimi al Moige a sostegno dell’attività di formazione nelle Scuole.

Moige, Movimento Italiano Genitori, si è occupato del con il coinvolgimento diretto del corpo docenti delle Scuole, che sarà formato con il materiale redatto a cura dell’Istituto Italiano Imballaggio che ha donato il proprio patrocinio all’iniziativa.

L’impianto del progetto si articola nel corso del triennio 2017-2019, periodo durante il quale verranno coinvolti 500 plessi scolastici: nel primo anno 200 Scuole, a seguire rispettivamente 150 nel 2° e 150 nel terzo anno.

«Ormai un’azienda non più più solo realizzare un buon prodotto accessibile nel prezzi, ma deve anche impegnarsi e mettersi al servizio della causa della comunità e dell’ambiente» ha detto Paola Gilardi, responsabile Responsabile Comunicazione e Relazioni Esterne Garnier.

Per Grégoire Kaufman, Direttore Commerciale e Marketing Carrefour Italia “L’importanza del progetto sta nel fatto che coinvolge tutta la filiera”,  e ci spiega i programmi interni dell’insegna che si è posta un obiettivo ambizioso: ridurre del 30% i consumi energetici del punti vendita entro il 2020.

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“Le iniziative aziendali che promuovono una maggiore coscienza ambientale attraverso i saperi tecnico-scientifici sono sempre molto apprezzate e supportate dall’Istituto Italiano Imballaggio” –ha sottolineato Marco Sachet, direttore dell’Istituto -. “Questa lo è in modo particolare perché offre al pubblico che gestirà il mondo di domani le informazioni più attuali che riguardano il ruolo degli imballaggi (o packaging), la loro raccolta differenziata quando diventano rifiuti e il loro successivo riciclo come nuove risorse. Per la salvaguardia dell’Ambiente, i piccoli attori comprenderanno facilmente l’importanza dei loro comportamenti e di quelli della loro famiglia”.

Consorzio Sun va 100% Mater-Bi con Novamont

Si moltiplicano le iniziative verso uno spreco minore e una maggiore attenzione alle tematiche ambientali della Gdo nazionale, in un’ottica di Csr, e consorzio SUN – Supermercati Uniti Nazionali non fa eccezione, annunciando l’accordo stipulato nei giorni scorsi con Novamont per la fornitura a tutte le aziende che fanno parte del consorzio (Gruppo Gabrielli di Ascoli, Alfi di Alessandria, Gros – Gruppo Romano Supermercati di Roma, Italmark di Brescia e Cadoro di Venezi) di buste per asporto realizzate in MATER-BI. La bioplastica di Novamont è ottenuta grazie a tecnologie proprietarie nel campo degli amidi, delle cellulose, degli oli vegetali e delle loro combinazioni. È biodegradabile e compostabile in conformità alla norma europea UNI EN 13432.

«Grazie a questo accordo – ha commentato il presidente del Consorzio SUN Marco Odolini – nei nostri 600 supermercati utilizzeremo esclusivamente shopper in MATER-BI, la bioplastica che grazie alle sue caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità e all’alto contenuto di materie prime rinnovabili consente di ottimizzare la gestione dei rifiuti organici, ridurre l’impatto ambientale e contribuire allo sviluppo di sistemi virtuosi con vantaggi significativi lungo tutto il ciclo produzione-consumo-smaltimento. Inoltre, stiamo valutando la possibilità di utilizzare i prodotti realizzati in MATER-BI anche per altre categorie di prodotto come i sacchi di frutta e verdura».

 

Comunicazione nel pdv

L’intesa prevede anche iniziative di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità ambientale; come spiega Stefano Rango direttore generale del Consorzio SUN: «L’accordo sottoscritto prevede anche l’avvio di un percorso di informazione e sensibilizzazione dei nostri clienti sul tema della raccolta differenziata con l’obiettivo di coniugare il processo di modernizzazione delle strutture retail di cui siamo protagonisti al rispetto per l’ambiente e all’adozione di pratiche virtuose di ecosostenibilità».

 

Obiettivo meno plastica, una delle sfide future. Le iniziative della Gdo

Un’isola grande come la Penisola iberica, al meglio, o come gli Stati Uniti secondo le previsioni più pessimistiche galleggia nell’Oceano. E la Great Pacific Garbage Patch o grande chiazza di immondizia del Pacifico, ed è solo una di cinque grandi isole formate da rifiuti di plastica trascinati dalle correnti e riunitisi in mezzo al mare. Un’altra, più piccola ma più densa, è stata rilevata quest’anno dal Cnr nel Tirreno, tra Toscana e Corsica. Stiamo soffocando in un mare di plastica. Oltre a danneggiare la fauna marina che ingerisce la plastica scambiandola per cibo, il rischio concreto e che questa plastica sotto forma di microparticelle arrivi con il pesce sulle nostre tavole, con conseguenze per la salute ancora tutte da determinare.

Il tema è scottante e di difficile soluzione, tanto che alcuni retailer stanno prendendo posizione. Obiettivo: ridurre l’utilizzo di plastica, quando è possibile.
Partendo da quei sacchetti con i quali ci portiamo a casa la spesa. Biodegradabili o meno, impiegano comunque anni a dissolversi nell’ambiente. Lo ha fatto Rewe in Germania, che ha bandito del tutto i sacchetti di plastica, sostituendoli con buste di carta, cotone, juta o scatole di cartone.

Tesco e Sainsburys nel Regno Unito invece entro il 2017 elimineranno dai loro prodotti a marchio i bastoncini per pulire le orecchie con asticella di plastica, sostituendoli con aste di cartone.

Abbiamo già parlato della questione delle microbiglie in cosmesi, dannosissime perché si disperdono nell’ambiente dove sono praticamente irrecuperabili, proprio per le loro dimensioni infinitesimali. Dopo le australiane Woolworths e Coles, ora anche Tesco ha annunciato che le eliminerà dai suoi prodotti a marchio (scrub e dentifrici soprattutto), mentre il Governo britannico si è impegnato a bandirle dai prodotti cosmetici entro la fine del 2017. Così faranno le multinazionali Johnson & Johnson e Proctor and Gamble.

 

Imballaggi: riduzione e riutilizzo

In Italia si sta lavorando soprattutto sul fronte della riduzione di imballaggi. Come ha fatto U2 Supermercati ridisegnando gli imballaggi delle bottiglie d’acqua da sei. I più “estremi” sono i negozi che li eliminano completamente perché tutti i prodotti, dai detersivi alle farine, sono venduti a peso. Sugli imballaggi si può lavorare fin dal primo livello, quello del design, perché dovrebbero essere concepiti in modo da poter essere meglio e prima che riciclati, riutilizzati più volte.

Un ottimo incentivo è stato provato essere il deposito su cauzione dell’imballaggio, specie nell’industria del beverage, anche per le bottiglie di Pet. Come spiega Silvia Ricci responsabile campagne dell’Associazione Comuni Virtuosi nel sito dell’associazione, «L’introduzione del deposito su cauzione degli imballaggi monouso garantisce ritorni economici ed ambientali importanti, diretti e indiretti. Rende possibile il ritorno quasi totale di materiale di qualità rispetto dell’immesso al commercio, sottrae all’ambiente e ai cestini stradali un 40% dei rifiuti totali costituiti da imballaggi di bevande, riduce le spese di gestione rifiuti dei Comuni, ma non solo. Come suggeriscono studi europei, se in abbinamento al cauzionamento si applicassero dei contributi ambientali per la gestione del fine vita degli imballaggi a perdere e si stabilissero degli obiettivi di riutilizzo per l’industria del beverage, si potrebbe arrestare il declino del sistema refill e ampliare la quota di imballaggi che vengono riutilizzati più volte. Se consideriamo che i modelli di business circolari sono essenzialmente locali, si aprono nuove possibilità di adozione del sistema refill dei contenitori per aziende che hanno una distribuzione diretta al consumatore finale (famiglia o esercizio commerciale che sia)». Un obiettivo più che possibile, visto che ad esempio in Olanda già più del 96% delle bottiglie grandi in PET viene raccolto per essere riutilizzato.
Negli USA infine la maggiore insegna della Gdo mondiale, Walmart, ha stilato, in collaborazione con l’associazione dei riciclatori americani, APR, ha stilato The Sustainable Packaging Playbook, un documento di 20 pagine indirizzato ai suoi fornitori contenente le linee guida per l’ecodesign del packaging. È già stato accolto da 3000 di essi, che assommano il 70% del volume di acquisti totale.

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