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Delverde rinnova il look

Delverde (che fa capo al gruppo “Molinos Rio de la Plata s.a.) presenta in questi giorni all’Anuga di Colonia la sua nuova immagine di marca e il nuovo packaging. in concomitanza con l’arrivo sugli scaffali delle più importanti catene distributive e dei negozi gourmet d’Europa.

nuovo pack corta renderingLogo e packaging acquisiscono maggiore forza anche al punto di vista cromatico, grazie ad una tonalità più intensa di verde, che mette in risalto l’elemento cardine della nuova immagine: l’acqua, che sgorga dalla sorgente del fiume Verde situata alle spalle del pastificio di Fara S. Martino, in Abruzzo, nel territorio incontaminato del Parco nazionale della Maiella. Prelevata a 80 metri di profondità alla temperatura naturale di 8 °C, l’acqua di questa antica sorgente è considerata ideale per la fase di impastamento perché crea le migliori condizioni per la protezione del glutine e consente di produrre una pasta con elevata consistenza e capacità di tenuta in cottura.

Il nuovo pack è stato pensato non solo per avere massima distintività sullo scaffale ma anche per venire incontro al consumatore più esigente, con una serie di servizi a valore aggiunto, come il Qr code geolocalizzato, che fornisce immediatamente una varietà di ricette in lingue diverse, e l’inserimento di nuovi tempi di cottura per garantire un risultato ottimale.

Il lancio del nuovo pack sarà sostenuto sul punto vendita da materiali pop aggiornati per comunicare la nuova immagine di marca, nonché da una nuovissima campagna stampa internazionale che naturalmente avrà come focus principale l’acqua e che sarà declinata nei principali mercati del marchio, Canada e Brasile in primis, e naturalmente in Europa.

Il reatyling è stato affidato a Saatchi&Saatchi con un team internazionale e il coordinamento dell’International Marketing Director di Delverde, Anna Lanzani, da Buenos Aires.

Sipo promuove l’agroalimentare italiano con visite e pranzi in serra

Far toccare con mano l’eccellenza agroalimentare Made in Italy: è quello che ha fatto SIPO, azienda italiana specializzata in prodotti ortofrutticoli di I e di IV gamma, che ha colto l’occasione della partecipazione al recente Macfrut per organizzare l’evento “Dal Campo alla Tavola … For Real!” al quale hanno preso parte buyers e importatori esteri provenienti da Europa e Paesi del Medio Oriente, oltre a giornalisti, nutrizionisti e addetti ai lavori.

Obiettivo: vedere da vicino e gustare le produzioni di SIPO in serra di melanzane, cetrioli, pomodori e la raccolta in campo aperto in piena lavorazione di lattughe ed ortaggi a foglia larga, in linea con la comunicazione aziendale focalizzata sulla passione per la terra. Durante l’evento è stato visitato anche lo stabilimento di SIPO sotto la guida di Massimiliano Ceccarini, General Manager, per illustrare agli ospiti il processo di cernita, mondatura, lavaggio, asciugatura e il confezionamento dei prodotti pronti per essere spediti.

“Abbiamo avviato un processo di internazionalizzazione che ci ha portato in aree contraddistinte da un elevato potere d’acquisto e da condizioni climatiche avverse alle produzioni agricole – ha dichiarato Massimiliano Ceccarini. Guardiamo con interesse destinazioni come Nord Europa, Scandinavia e Golfo Persico perché particolarmente sensibili al Made in Italy, all’arte culinaria italiana e al biologico. Tutti temi che si sposano con i nostri prodotti di prima gamma evoluta ricettati e con la linea bio”.

Giulia Pieri, chef vegana, con Massimiliano Ceccarini (a destra) e Roberto Bologna.
Giulia Pieri, chef vegana, con Massimiliano Ceccarini (a destra) e Roberto Bologna.

Al termine della visita guidata è stato preparato infine dalla Vegan Chef Giulia Pieri un pranzo speciale in una serra di cetrioli all’interno dell’agricola Roberto Bologna con i prodotti delle linee Sapori del mio Orto, Verdure di Romagna e Sapori Bio, i tre marchi di SIPO. Oltre alla fiera Macfrut, hanno contribuito all’evento le aziende agricole Bruschi e gli sponsor Poderi dal Nespoli (vini del territorio romagnolo), Panattrezzi (attrezzature per la panificazione), Papì (pane e pizza) e Vip Piada (piadina e crescioni vegan).

Amazon avvia l’operazione Natale. Per Fresh c’è tempo

Si chiama Natale a casa Amazon la presentazione organizzata per la stampa che lancia ufficialmente la campagna natalizia del leader dell’e-commerce. Qust’anno la novità sono le 7.000 referenze di alimentari confezonati che da luglio sono in vendita sul portale italiano.

Per i freschi, dicono in azienda, c’è ancora da attendere, anche se rientrano negli obiettivi. Ma per il momento Fresh è attivo solo in alcune città degli Stati Uniti. Una smentita, quindi, alle reiterate voci di una prossima vendita anche in Italia di alimentari freschi. Tuttavia, proprio per la riservatezza che contraddistingue Amazon, nulla è può essere dato per scontato., visto che la mission di Amazon è quella di vendere tutto quanto si può vendere.

Soddisfazione, invece per l’apertura al pubblico del magazzino centrale di Castel San Giovanni: sono già più di 1200 i visitatori che a gruppi di 30 toccano con mano l’efficienza logistica di Amazon. E i prossimi mesi sono già sold out.

Tornando al Natale, il sito di e-commerce ha pensato anche ai ritardatari: c’è tempo per effettuare ordini fino al 23 dicembre per consegne in 24 ore, con la Spedizione Mattino, oppure fino al 19 dicembre per consegne 2-3 giorni e fino al 18 per consegne 3-5 giorni. Tra decorazioni natalizie, novità in campo hi-tech con il nuovissimo tablet Fire e un’ampia selezione di droni, libri, DVD, videogiochi, prodotti outdoor, make-up, le ultime novità di Amazon Moda, per la festa di capodanno e tutto l’inverno, e giochi per bambini, da quest’anno sono disponibili anche i prodotti degli artigiani del negozio Made in Italy, dedicato alle eccellenze del territorio italiano, in particolare di quello toscano, tra prodotti per la casa, ceramiche, creazioni artistiche, gioielli, pezzi di oreficeria e cristalleria. (leggi….)

Diverse le soluzioni per ricevere il prodotto in tempo per ogni necessità: da Amazon Prime per la consegna gratuita in due-tre giorni, con possibilità di accedere alle offerte in anteprima di Buy Vip, a Spedizione Sera, disponibile nell’area milanese, che consente di ordinare i prodotti fino alle 13,15 e di riceverli la sera stessa entro le 21:00.

La digital disruption migliora i risultati delle imprese. Ma quelle italiane sono indietro

La strada verso la digital disruption è lunga e in salita per le imprese italiane. Secondo l’Indice di efficienza digitale messo a punto da Ca Technologies in collaborazione di Freeform Dynamics sulla base di una ricerca globale presso 1500 imprese (di cui 85 tricolori) con fatturati superiori ai 500 milioni di euro (realizzata da Freeform Dynamics) , quelle italiane risultano all’ultimo posto.

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La ricerca suddivide nel complesso le aziende intervistate in tre gruppi: i digital disrupter, che stanno conseguendo importanti risultati (14%), le achiever, imprese che hano già attivato iniziative di trasformazione digitale (il32%) e le mainstream, che non stanno investendo in questa direzione (il 50%). Ebbene le percentuali in Italia passano rispettivamente a un modesto 4%, al 39% e al 58%. Anche il confronto con l’Europa è impietoso, dove il 12% sono imprese disrupter, il 33%  achiever e il 55% mainstream. Quanto ai settori,  banking e retail sono ai primi posti, mentre la PA è indietro.

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Da un punto di vista metodologico, l’indice è la sommatoria del contributo del processo di trasformazione digitale al miglioramento della competitività e del suo impatto sugli indicatori di performance.

Così, sebbene, il 58% delle imprese italiane dichiari di avere attivato un processo di trasformazione digitale che ha assunto la forma di programma strategico coordinato, in realtà solo il 15% – la percentuale più bassa di tutta Europa – ritiene che le applicazioni e i servizi web-based siano cruciali per rafforzare il legame con i clienti e sviluppare il mercato. E soltanto il 20% considera la tecnologia mobile essenziale per creare “engagement” dei clienti e incrementare il business — distinguendosi anche in questo caso come percentuale più bassa di tutta Europa.

Lo studio evidenzia inoltre il legame tra attività digitali e risultati economici e che, fra le fila dei digital disrupter, la crescita del fatturato è il doppio di quella registrata fra le organizzazioni tradizionali, mentre la crescita dei profitti è superiore di ben due volte e mezzo.

«La trasformazione digitale è oggi indispensabile per guadagnare un vantaggio competitivo nella cosiddetta Application Economy», ha dichiarato Vittorio Carosone, Sales & Partner Director, CA Technologies (nella foto). «Questo studio ha evidenziato disparità significative nei livelli di maturità complessiva delle iniziative digitali messe in atto dalle aziende italiane – riscontrando tra le più innovative una crescita consistente del fatturato e della fidelizzazione dei clienti, nonché  un positivo impatto sugli utili e sul bilancio aziendale. Intimamente legato al concetto di trasformazione digitale è un impiego efficace del software che diviene in tal modo fattore di efficienza, competitività e successo»

Un ruolo chiave nel processo di trasformazione digitale riguarda l’organizzazione aziendale, vale a dire la crossfunzioalità, come ha testimoniato Alberto Maldino, Group Digital & Business Technology Italia di Barilla: «Oggi l’azienda opera su cinque linee di sviluppo e tutte, tranne una dedicata all’IT coinvolgono tutte le funzioni, tanto che la crossfunzionalità in azienda è ormai strutturale. Abbiamo lanciato Business Academy, nella quale sono coinvolte tutte le aree di business e tutti i livelli aziendali con l’obiettivo di affrontare e risolvere un problema in tre mesi. Con risultati immediati».

Più complessa, secondo Gabriele Tubertini, Cio di Coop Italia, è la trasformazione digitale nel retail («ma il retail alimentare è diverso da altri») perché oltre alla crossfunzionalità bisogna considerare anche una crossterritorialità. «Nel nostro caso – afferma Tudertini – le 150 cooperative che fanno riferimentoo a Coop hanno diverse esigenze in funzione della maturità digitale delle organizzazioni e dei clienti. La lezione che ci ha trasferito il Supermercato del futuro in Expo riguarda l’utilizzo della digital transformation per migliorare l’efficienza di processo: nel retail alimentare è questa la sfida più importante».

Il ritorno di Sisa in TV con le Ricette all’italiana

Il rinnovato appuntamento con il programma itinerante “Ricette all’italiana”, condotto da Davide Mengacci e Michela Coppa, avrà a partire dal 12 ottobre, per 48 puntate Sisa come protagonista.

Infatti i colori, i profumi e i prodotti delle regioni italiane verranno celebrati nelle numerose ricette presentate all’interno della rubrica “La Spesa” e nei piatti da gourmet preparati dallo chef Andrea Palmieri dove i principali interpreti saranno i prodotti a marchio SISA.

Genuinità e sicurezza grazie all’attenta selezione delle materie prime, alla valorizzazione della produzione italiana e al rispetto della sostenibilità ambientale sono i valori delle referenze Mdd nelle tre linee Sisa, Gusto&Passione, Primo.

Fiorfood è il nome del nuovo concept di supermercato Coop. Aprirà a Torino il 2 dicembre

Si chiamerà Fiorfood, Cibo ed emozioni il nuovo concept store che Nova Coop inaugurerà a Torino il 2 dicembre in Galleria San Federico.

Un nome e un brand innovativo – si legge in una nota di Coop – che nasce dalla tradizione Coop e ne conferma i valori, che si sposano con le nuove tendenze sull’acquisto e il consumo del cibo.

Il concept store riprende alcuni temi sviluppati dal Supermercato del futuro di Coop in Expo. «Non intendiamo aprire un supermercato come quelli che conosciamo – spiega il presidente di Nova Coop Ernesto Dalle Rive – e che abbiamo modo di frequentare tutti i giorni. La nostra idea, e la nostra sfida, è quella di inaugurare il primo di una serie di negozi, insediati nei centri delle grandi città della nostra regione, che, nel rapporto fra consumatore e consumo, si propongano come centri di innovazione. Un nuovo modello di negozio inteso come luogo da frequentare, da vivere, nel quale far crescere la socialità, la condivisione di temi, assistere a presentazione di libri e conferenze, fare la spesa a prezzi convenienti e poter anche degustare cibi sapientemente preparati».

Un luogo , dove spesa per il cibo si coniughi con innovazione ed emozione, favorendo – prosegue la nota – la conoscenza di cosa c’è dietro al prodotto, di quali siano le tendenze e i nuovi stili di consumo, per cambiare l’approccio al cibo, conoscere la cooperazione e i suoi valori, acquistando cibi di qualità, sicuri, etici e risparmiando e trovando, inoltre occasioni di intrattenimento e socialità cooperativa, in uno spazio in sintonia e nel rispetto del luogo che lo ospita.

«È un atto di amore verso una città che tanto ha dato e dà alla cooperazione. A pochi metri da lì nasceva nel 1854 – sottolinea Dalle Rive – la prima Cooperativa di Consumatori. Nova Coop è ormai una delle principali cooperative del paese e una delle primissime imprese della nostra regione. Siamo diventati grandi, capaci di associare oltre 800.000 piemontesi e di fatturare più di un miliardo di euro realizzando, anche negli anni più difficili della crisi, buone performance di bilancio senza rinunciare a essere coerenti con i nostri valori. Dunque è giusto che questa prima sperimentazione la si realizzi qui, a Torino, la città che vide muovere i suoi primi passi alla cooperazione di consumatori e che oggi assiste alla moderna evoluzione di quel modello a partire da un logo, un nome e un payoff indimenticabili: Fiorfood, Cibo ed emozioni».

Il logo è stato studiato da Expansion Group: il none esplicita il legame con la linea di prodotti fiorfiore Coop, il pay-off Cibo ed emozioni richiama le sensazioni e le esperienze legate al cibo e al suo consumo (desiderio, piacere, attesa, soddisfazione). Il logo Coop è infine inserito in basso a destra con i suoi colori istituzionali, a firma e garanzia del progetto.

Gruppo Alì sostiene i Medici con l’Africa Cuamm e Avis

Gruppo Alì consegna un assegno di 63.856€, raccolti grazie alla generosità dei clienti Alì, Alìper e Profumerie Unix (nell’ambito del Catalogo Premi 2014/2015 che hanno donato 1 euro ogni cento punti raccolti, valore raddoppiato da Gruppo Alì), ad Avis e Medici con l’Africa Cuamm per un progetto volto a garantire la disponibilità di sangue per la cura dei bambini e delle donne in gravidanza in 4 ospedali di Angola, Etiopia, Tanzania e Uganda.

La collaborazione tra i Supermercati Alì e Cuamm non è nuova: sono state infatti diverse le iniziative svolte durante tutto l’anno (dagli oltre 14.000€ raccolti per la lotta contro l’Ebola a dicembre scorso, alla vendita dei biglietti della marcia ancora in corso in 32 punti vendita della rete Alì Alìper).

«Anche quest’anno il nostro Gruppo non ha voluto far mancare il proprio sostegno ad un progetto così importante», afferma Marco Canella, Responsabile Finanziario di Alì S.p.A. «Siamo contenti di aiutare due realtà riconosciute e radicate come Cuamm e Avis e vogliamo innanzitutto ringraziare i nostri clienti che continuano a credere a questa missione devolvendo i punti della loro Carta Fedeltà. Convinti che insieme si possa fare molto anche per la donazione di sangue sicuro in Africa, ii Gruppo Alì non farà mancare il suo contributo, certo che iniziative come questa possano migliorare la vita di tante persone che hanno bisogno. Anche nel Catalogo PremiAlì  2015-2016 i nostri clienti hanno la possibilità di aiutare diverse realtà benefiche e tra queste ci sarà ancora Cuamm».

Conad per il riutilizzo dei sacchetti della spesa, anche quelli biodegradabili

 

spesa ConadConad – fa sapere una nota diffusa oggi – ha distribuito sinora 250 milioni di sacchetti per la spesa in Mater-Bi, pari a 4.300 tonnellate di plastica biodegradabile. In una ricerca condotta tra i propri clienti, è emerso che 8 su 10 si dichiarano non disposti a tornare all’utilizzo dei vecchi sacchetti in plastica tradizionale e 1 su 3 li riutilizza abitualmente in occasione di una nuova spesa. I dati sono stati presentati nel convegno “Consumatori consapevoli ed eco-friendly: dai sacchetti di plastica alle borse riutilizzabili” in svolgimento oggi a Roma, a Palazzo Santa Chiara.

Più di 7.300 comuni hanno da tempo avviato la raccolta differenziata – la produzione di imballaggi ha raggiunto lo scorso anno i 2,1 milioni di tonnellate, in crescita dell’1,9 per cento rispetto all’anno precedente –, raccolta che coinvolge 57 milioni di abitanti, il 96 per cento della popolazione. La raccolta differenziata ha prodotto benefici all’ambiente: evitata l’emissione in atmosfera di 388 mila tonnellate di CO2, risparmiati 8 mila GWh di energia, ridotto di 27 milioni di m3 il conferimento in discarica (fonte: Corepla 2014). Di imballaggi in plastica ne sono state raccolte 846 mila tonnellate, l’8 per cento in più rispetto al 2013 (13,9 kg a testa).

Conad sta spingendo sull’uso di borse in plastica riciclata e in cotone e per il loro ri-uso, oltre che di sacchetti in carta e scatole ripiegate in cartone certificati Fsc, il sistema di certificazione internazionale specifico per i prodotti derivati dal legno delle foreste.

«Trattiamo questi prodotti, componente del nostro forte legame con il territorio, come veri e propri prodotti a marchio, destinati a ricevere tutte le attenzioni e i controlli che riserviamo agli alimentari e al non food che portano la nostra firma», annota il direttore marketing canali distributivi Conad Alberto Moretti. «Nel 2014 abbiamo emesso 516 milioni di scontrini e distribuito 250 milioni di sacchetti monouso biodegradabili. Oltre il 50 per cento dei nostri clienti si serve di una delle nostre borse riutilizzabili o sta riutilizzando un sacchetto biodegradabile. Visto che in media un cliente fa la spesa nei punti di vendita Conad 68 volte all’anno, se si servisse sempre di una borsa riutilizzabile, potrebbe risparmiare all’ambiente 1,2 kg di plastica, per quanto biodegradabile, visto che ogni sacchetto pesa 17 grammi. Vae a dire 4.250 tonnellate di plastica, con un risparmio di circa 10 mila tonnellate di CO2».

L’economia circolare di Caviro: la sostenibilità che crea valore

Nel 2016 festeggerà 50 anni di vita, Caviro, la prima azienda vitivinicola italiana che ha colto l’occasione di questi ultimi scampoli di Expo per raccontare – e ce n’è bisogno, perché poco conosciuta – la sua interpretazione di sostenibilità, lontana dal green washing o da convenineze di marketing, ma ben radicata nel suo dna di cooperativa.

Caviro, al grande pubblico, non dice molto. Ben più noto è il suo prodotto di punta, quel Tavernello confezionato in brik che guarda al vino con un approccio poetico snobba, ma che ogni 7 secondi passa dalle casse dei supermercati italiani, acquistato in 90 milioni di litri da 4 milioni di famiglie ed è la prima marca di vino italiano nel mondo.

Ma Caviro non è solo Tavernello, comprende un arcipelago di marchi per i diversi canali e per i differenti target di consumatori che contemplano veri must, come il Chianti Leonardo (leader di categoria negli Stati Uniti con l’etichetta Da Vinci) o la cantina Cesari con il suo Amarone pluripremiato.

Soprattutto, ancora meno noto, è l’insieme di attività che costituiscono l’economia circolare di questa azienda, capace di trasformare lo scarto in risorsa.

Negli ultimi sei anni Caviro ha investito 100 milioni di euro che – afferma il direttore generale Sergio Dagnino – «ci hanno permesso di ottenere un continuo miglioramento delle performance in termini di qualità e rispetto dell’ambiente. L’impegno in materia di ecosostenibilità però ci accompagna sin dalle origini, basti pensare che il nostro Gruppo recupera il 30% delle acque e risparmia 50.000 tonnellate sul packaging ed imballaggi grazie all’utilizzo di brik e vetro leggero». A titolo esemplificativo, un milione di litri di vino in un brik Tetra Pack da 75 centilitri (prodotto con cellulosa da foreste certificate Fsc) può risparmiare fino a 463 tonnellate di imballaggi.

L'impianto di distillazione
L’impianto di distillazione

Il gruppo, che oggi conta 535 dipendenti in 4 diversi stabilimenti produttivi e che ha registrato 314 milioni di euro di fatturato nel 2014, opera meccanismi virtuosi che coinvolgono almeno 4 ambiti diversi:  l’estrazione di polifenoli dai vinaccioli, enocianina e acido tartarico; l’autosufficienza energetica  e lo sfruttamento delle rinnovabili; il recupero delle acque e la creazione di compost, anche per le culture biologiche. Con un immediato riflesso nei numeri: il 99,9% dei rifiuti prodotti viene recuperato e l’energia autoprodotta è pari a 110.627.569 kWh, equivalente a 20.687 tonnellate di petrolio (Tep) risparmiate.

Il presidente di Caviro Carlo Belmonte
Il presidente di Caviro Carlo Belmonte

«Il modello di economia circolare di Caviro – sintetizza il presidente di Caviro Carlo Dalmonte – consente di recuperare gran parte degli scarti per produrre valore. Ciò permette di ammortizzare parte del costo, arrivando sul mercato con un prodotto di qualità e con prezzi in linea con le aspettative del consumatore».

E dal sottosegretario al ministero dell’Ambiente Barbara Degani è arrivata la conferma di un impegno a sostenere le imprese verso lo sviluppo di un’economia circolare. «Stiamo lavorando su due fronti – ha dichiarato Degani – da una parte sulla base di accordi volontari con le aziende che dimostrano come ci sia una nuova sensibilità su questo tema e dall’altra attraverso politiche di defiscalizzazione che agevolino le realtà che già applicano l’economia circolare».

Gdo contro lo spreco/1: parte la collaborazione tra Végé e Last Minute sotto casa

Gruppo VéGé si conferma realtà sensibile e attiva in materia di responsabilità sociale d’impresa e di sostenibilità avviando una partnership con Last Minute Sotto Casa (LMSC), il portale nato per mettere in contatto “in tempo reale” esercizi commerciali che si trovano a smaltire generi alimentari prossimi alla data di scadenza e consumatori interessati ad acquistarli, beneficiando di consistenti sconti sui prezzi al pubblico.

Con questa collaborazione, la prima attivata su scala nazionale tra un’organizzazione della Moderna Distribuzione e Last Minute Sotto Casa, Gruppo VéGé mette in atto un’iniziativa concreta nella lotta allo spreco alimentare.

Secondo il ministero dell’Ambiente il valore dello spreco alimentare in Italia è pari a 8,1 miliardi di euro l’anno. Dei 3,7 milioni di tonnellate di cibo sprecato, 300 mila tonnellate sono quelle che si realizzano nella distribuzione commerciale. Secondo la Relazione 2013 dell’Agea (Agenzia Italiana per le erogazioni in agricoltura) sulle attività di distribuzione degli alimenti agli indigenti, nel 2013 sono state raggiunte oltre 4 milioni di persone dal sistema di distribuzione di prodotti alimentari attraverso le sette organizzazioni caritative iscritte all’albo dell’Agea.

Nel mondo si stima che lo spreco di cibo riguardi 1,3 miliardi di tonnellate per un valore di circa 750 miliardi di dollari.

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