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Selex pubblica il Bilancio Sociale 2014

cover bilancioLa raccolta nazionale Metti in tavola la solidarietà in collaborazione con Croce Rossa Italiana (2 milioni di pasti per le famiglie in difficoltà) e la campagna Tutti per la scuola per fornire materiale didattico alle scuole con la donazione dei punti fedeltà. Sono solo due delle iniziative in ambito sociale e ambientale realizzate localmente o su base nazionale nel corso del 2014 dal Gruppo Commerciale Selex e contenute nella seconda edizione del Bilancio di sostenibilità appena pubblicato.

Il Bilancio sociale è suddiviso in tre parti. La prima è dedicata alla presentazione della realtà Selex e delle sue caratteristiche di Gruppo associativo, formato da Imprese profondamente legate al territorio, e mette l’accento sul contributo all’occupazione. Negli ultimi tre anni le imprese che fanno capo a Selex hanno assunto migliaia di nuovi lavoratori e su 31 mila dipendenti, più del 93% ha un contratto a tempo indeterminato.

Nella seconda parte si considerano i clienti, la loro soddisfazione attraverso un’offerta basata su qualità, sicurezza e convenenza, e la difesa del loro potere d’acquisto, che nel 2014 si è tradotto, attraverso le attività promozionali, in un risparmio di 447 milioni di euro per le famiglie. 

Nella terza parte del Bilancio sono esposte le principali iniziative avviate a livello nazionale e locale. La versione integrale del Bilancio sociale si può consultare qui 

 

BCube acquisisce Zeroquattro Logistica da Granarolo ed entra nel food

Lo stabilimento di Villanova di BCube

Granarolo comunica di aver ceduto Zeroquattro Logistica, scorporandola dal ramo commerciale, a BCube, uno dei principali operatori internazionali nei servizi di logistica integrata, a capitale italiano, presente con più di 110 sedi in Europa, America, Asia, Africa.

L’operazione consente a Granarolo «di concentrarsi maggiormente sui piani di sviluppo in Italia e all’estero, che prevedono una forte spinta verso l’innovazione, diversificazione di prodotto e ampliamento della gamma», come ha dichiarato il direttore generale del Gruppo Granarolo Giampietro Corbari.

Il vicepresidente di BCube Luigi Bonzano sottolinea che «questa operazione porta alla nascita di un nuovo player, con caratteristiche uniche e fortemente orientato allo sviluppo non solo in Italia, ma anche e in particolare sui mercati esteri».

Di fatto l’operatore piemontese, acquisendo oltre 150 persone, 8 piattaforme centrali e 32 transit point in Italia, dotati di celle frigorifere, entra in modo deciso nella logistica del food, arricchendo la propria organizzazione di competenze, risorse e mezzi dedicati per servire quotidianamente la Gdo.

Etichette alimentari: le informazioni sono importanti ma pochi le leggono

Che cosa significa Made in Italy? In quanti leggono le etichette con attenzione? Che cosa pensano della legalità nella filiera agroalimentare? Sono alcune delle domande poste dall’indagine sui bisogni informativi degli italiani condotta dall’Osservatorio permanente sulla Filiera del Latte costituito da Adoc, Cittadinanzattiva, Federconsumatori e Movimento Consumatori insieme al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e Granarolo.

Il quadro che ne esce è certamente di consumatori sensibili alle qualificazioni dei prodotti, come l’origine della materia prima, il luogo e lo stabilimento di produzione, è certamente pronto a difendere il Made in Italy, ma non sanno esattamente di che cosa si tratta. Anche se è pronto a spendere di più per un prodotto tutto italiano, si perde un po’ nella selva delle sigle dei prodotti a denominazione d’origine: l’Italia è il paese con il più alto numero di Dop e Igp, ma che cosa veramente vogliano dire queste sigle, gli italiani mica lo sanno bene.

« Emerge sicuramente la necessità di importanti sforzi per informare i consumatori sulla filiera produttiva italiana, la conoscenza degli aspetti nutrizionali e della sicurezza alimentare attraverso un lavoro congiunto di tutti,  in primis Istituzioni, mondo associativo e industria alimentare come peraltro negli obiettivi dell’Osservatorio che abbiamo costituito, ha affermato imprevidente di Granarolo Gianpiero Calzolari.

Ma vediamo la sintesi dei risultati.

Per quanto riguarda le etichette alimentari, il 95% del campione intervistato ritiene importante le etichette ma, di questo, solo il 18% le legge integralmente. Le informazioni su cui si concentra maggiormente l’attenzione sono soprattutto la data di scadenza (63%), gli ingredienti (50%), la loro provenienza (49%) e l’eventuale presenza di sostanze dannose alla salute (37%).

Tuttavia una percentuale importante, pari al 48%, considera le etichette poco chiare, troppo tecniche, scritte troppo in piccolo e spesso non le capisce.

Il 96% ritiene importante inoltre avere una filiera agroalimentare controllata.

La nota dolente riguarda, come detto, le denominazioni, perché se la quasi totalità (95%) degli intervistati è a conoscenza del significato di almeno una delle più comuni certificazioni europee indicate in materia di prodotti agroalimentari.(D.O.P., I.G.P., D.O.C., I.G.T., D.O.C.G.),  quando viene chiesto di specificarne meglio la differenza, gli intervistati entrano in difficoltà. L’unica sigla davvero chiara sembra essere la DOC del vino. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, con 261 prodotti riconosciuti su 1.241 totali, l’Italia detiene il primato di paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine.

Nondimeno, l’84% degli intervistati è sfavorevole all’uso del latte in polvere per la produzione di formaggi, anche se una percentuale inferiore (il 64%) sa che in Italia è vietato usarlo. Al riguardo, secondo Calzolari « L’unico modo che l’Italia ha di contrastare le norme europee in merito alla polvere è una iniziativa per una nuova generazione di etichette, semplici, trasparenti e veritiere».

Nell’ambito più specifico dei prodotti lattiero caseari, 5 intervistati su 6 prestano attenzione alle informazioni contenute in etichetta: i consumatori sono interessati in primis alla data di scadenza con l’84%, seguita dall’indicazione del luogo d’origine delle materie prime (61%), dall’elenco degli ingredienti (57%) e dalle modalità di conservazione (52%).

Inoltre circa la metà degli intervistati ritiene importante ai fini dell’acquisto il luogo di trasformazione e confezionamento (45%).

Circa la metà dei consumatori (52%) dice di conoscere la differenza tra un latte standard e un latte di alta qualità e il 58% tra quello standard ed uno biologico.

Nessuno degli intervistati conosce il significato della dicitura “leggero/light” che a norma di Reg. CE n.1924/06 identifica un prodotto che contiene il 30% in meno di grassi rispetto al prodotto di riferimento.

Pochi conoscono (29%) il significato di “Yogurt Con” (aggiunta di altri prodotti), la percentuale più alta (38%) dichiara addirittura di non saper rispondere alla domanda.

Infine, solo metà dei consumatori intervistati conosce la differenza tra la data di scadenza e il termine minimo di conservazione cioè che superato tale termine si modificano alcune caratteristiche organolettiche e nutrizionali ma il prodotto può ancora essere consumato senza rischi.

Prodotto in Italia – Made in Italy –  dall’indagine emerge che una delle maggiori esigenze dei consumatori per un’etichetta trasparente e sicura è che i prodotti alimentari presentino l’indicazione della loro provenienza. Ma circa la metà degli intervistati non conosce il significato di “Prodotto in Italia” (trasformato in Italia e prodotto non necessariamente con materie prime italiane).

Una percentuale non trascurabile, infatti, pari al 31%, ritiene erroneamente che la dicitura si riferisca all’origine italiana delle materie prime.

Ma il 96% (quasi totalità) ritiene importante un prodotto realizzato con materie prime italiane. Il 73% dichiara di essere disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e della provenienza italiana del prodotto nel momento dell’acquisto. Nonostante il periodo di difficoltà economica l’assicurazione di acquistare prodotti provenienti dal territorio italiano porta il consumatore a scegliere di spendere fino al 5% in più almeno per il 41% degli intervistati, tra il 5% e 20% in più per il 26%.

In materia di legalità della filiera agroalimentare, infine, per i consumatori i principali fattori che ne esprimono il concetto (con ancora un po’ di confusione) sono: l’indicazione dell’origine delle materie prime (95%), il rispetto degli standard di sicurezza alimentare (94%), il luogo di trasformazione (91%), l’aderenza a standard di rispetto e tutela dei lavoratori impiegati nella filiera (48%) e la presenza del marchio registrato (42%). Inoltre, il 38% ritiene abbastanza importante che come fattore di legalità il prodotto sia biologico.

L’84% degli intervistati ritiene poi che esista la contraffazione in ambito alimentare.

In caso di sospetto di cibo avariato i consumatori sanno a chi rivolgersi in Italia: 30% contatterebbe le Associazioni dei Consumatori; il 29% il nucleo Antisofisticazione e il 36% ASL di pertinenza. Mentre hanno una scarsa conoscenza delle Istituzioni Europee: il 27% conosce EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e il 16% Rasff  (Sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi).

A Bolzano debutta il nuovo concept Loacker Point, tra brandstore e pasticceria

Debutta a fine novembre all’interno del centro commerciale Twenty di Bolzano il settimo Loacker Point con un concept inedito: un po’ punto vendita un po’ caffè pasticceria (Loacker Moccaria) dove il focus è su dolci e specialità fresche.

Ispirato alle golose pasticcerie d’antan, il nuovo Loacker Point di Bolzano rappresenta una serie di novità, come la piastra per realizzare coni di wafer in loco, freschi e fragranti da farcire con creme o gelato, e una fontana di cioccolata densa. Ma anche tre colatrici con le creme Loacker più amate, che, costantemente mescolate, restano morbide e calde; saranno utilizzate per guarnire diversi prodotti come croissant e gelati, per la fondue al cioccolato oppure in aggiunta al caffè.
Il Loacker Point si trova al secondo livello del centro commerciale Twenty recentemente rinnovato ed ampliato, e occupa una superficie interna di 177 mq suddivisa tra Loacker Moccaria e Loacker Brandstore. Ha anche una superficie esterna di altri 177 mq divisi tra Wintergarden, fruibile tutto l’anno, e terrazza con tavolini.
Nel Loacker BrandStore è disponibile l’intera gamma Loacker, inclusi i prodotti destinati al mercato estero e le confezioni speciali. Sono presenti anche i gadget: tazze, bicchieri, zainetti e accessori vari.

Una scelta che si sta diffondendo tra i “big” dell’industria dolciaria quella di “andare su strada” con punti per la vendita diretta fissi o pop-up che si ibridano in bar-pasticcerie. Tra gli esempi recenti, Naturalmente a Milano, il concept store biologico aperto quest’estate a Milano da Rigoni di Asiago. Per non parlare di Perugina, Lindt, Pernigotti e Algida.

Coop oltre Kyoto premia la sostenibilità di cinque fornitori di prodotti a marchio

Sono 302 le imprese coinvolte e 352 gli stabilimenti totali all’interno dei quali sono stati effettuati importanti interventi volti a migliorare le proprie prestazioni a favore della sostenibilità. “Coop oltre Kyoto” è il nuovo volto di un progetto voluto da Coop e partito nel 2006 quando aveva invitato i fornitori di prodotto a marchio a adottare azioni mirate alla riduzione dei consumi energetici in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra sancite dal Protocollo di Kyoto, prevedendo la collaborazione per la verifica dei dati di Bureau Veritas Italia (organizzazione internazionale che si occupa di certificazione).

Nove anni dopo, Coop guarda avanti ed amplia il contesto di riferimento includendo nell’analisi non solo le azioni volte a diminuire le emissioni di anidride carbonica, ma anche tutto ciò che incide sull’impatto ambientale: l’energia certo ma anche i consumi idrici, i rifiuti, l’utilizzo di materiali riciclati, le certificazioni adottate, etc. Una sorta di “radiografia” complessiva sulla sostenibilità partendo dal presupposto che molte azioni, oltre a portare ad un beneficio per l’ambiente, possono generare contemporaneamente un beneficio economico, grazie al risparmio sui singoli costi.

Nell’arco di tempo esaminato, ovvero l’ultimo triennio (2012-2014), le imprese si sono cimentate in differenti campi di intervento, spesso con molteplici azioni: dalle centrali termiche ai sistemi di filtraggio delle acque, all’utilizzo di materiale riciclato per imballi, etc.

Le prime 5 imprese che si sono distinte nei diversi settori e che hanno ottenuto il riconoscimento durante una cerimonia in Expo sono Amadori, Apofruit, Delicarta, Feger e Orogel.

Amadori (carni) ha investito ad esempio molto sul versante sostenibilità dei propri impianti realizzando a Cesena un polo energetico (una centrale termica integrata a due impianti di cogenerazione a gas metano) in grado di generare un risparmio stimabile in circa 3000 TEP/anno. A questo si aggiungono gli impianti di digestione anaerobica che consentono di produrre biogas a partire dalle biomasse e producendo di conseguenza una riduzione dei rifiuti prodotti di oltre il 95%.

Apofruit (prodotti ortofrutticoli freschi) ha sfruttato al meglio il proprio impianto fotovoltaico per quanto concerne la risorsa energetica e a fine 2014 ha inoltre adottato luci a LED per l’impianto di illuminazione dello stabilimento di Longiano, mentre i sistemi di filtraggio hanno permesso di utilizzare più a lungo le acque.

Anche Delicarta (prodotti a base cellulosa) ha investito molto sulla riduzione dei consumi energetici e idrici; sul primo versante, utilizzando gas naturale in modo più efficiente (la riduzione di emissioni è pari a 4.300 t di CO2) e sul versante acqua attraverso una riduzione nell’ultimo quinquennio di circa il 22% del consumo in litri acqua/kg carta prodotta. Per gli anni a venire, grazie ad un recente investimento in un impianto di “Water Reuse”, tale livello di consumo è destinato ad abbassarsi ulteriormente. A Delicarta si deve inoltre la progettazione della prima carta igienica senza rotolo (“Zero Tubo” prodotto in esclusiva per Coop) che permette un risparmio annuo di cellulosa di circa 8 tonnellate di carta.

Orogel (prodotti surgelati e vegetali conservati) da parte sua si è distinta per la riduzione del consumo di acqua a scopi non alimentari per oltre 36.000 m3, per la maggiore efficienza ed il minore scarto di prodotto finito e l’invio di sottoprodotti a impianti di digestione per la produzione di biogas.

Feger (prodotti derivati dal pomodoro) ha adottato compattatori per ridurre il volume degli scarti, invia sottoprodotti ad impianti di digestione per produrre biogas , dispone di numerosi prodotti da agricoltura biologica e da filiera controllata nonché si è distinta per un sistema di recupero vapore.

Le prime mele Melinda conservate nella montagna sugli scaffali a gennaio: unico il progetto delle celle ipogee

Utilizzano meno acqua ed energia, diminuiscono la CO2 immessa nell’atmosfera, non impattano sul paesaggio e preservano meglio la catena del freddo (carico e scarico avvengono in ambiente refrigerato), aumentando la shelf-life del prodotto fino al 50%: per questo i magazzini ipogei (ovvero scavati nella roccia, utilizzando in una miniera di Dolomia preesistente) creati da Melinda in Val di Non, che sono ora caricati della nuova raccolta di mele, sembrano essere la soluzione ideale per la frigo-conservazione in condizioni di atmosfera controllata.
Utilizzare celle sotterranee per la conservazione degli alimenti non è una novità, in Norvegia da anni ad esempio sono adibite alla conservazione del pesce a basse temperature. Per la prima volta al mondo (e per ora unica) però sono stati utilizzate per conservare della frutta, a temperature più alte.
«La roccia è un isolante termico, quindi non è più necessario usare idrocarburi e il risparmio energetico arriva al 53%. L’enorme massa termica della roccia rende possibile l’accumulo energetico – ha spiegato alla presentazione del progetto Maurizio Fauri, Professore presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica dell’Università degli Studi di Trento –; le celle necessitano di un terzo dei gruppi frigoriferi e sono più sicure perché non soggette ai black-out, che può capitare quando ci si affida a fonti rinnovabili: il freddo infatti si conserva per due settimane anche senza refrigerazione. Si può anche utilizzare l’energia elettrica solo nelle fasce che hanno un costo inferiore».

Oggi 10mila tonnellate, domani..
La prima fase dei lavori ha creato 12 celle uguali tra loro, in grado di contenere 900 tonnellate di prodotto, circa 5 milioni di mele. ovvero 10mila tonnellate, “un investimento da 8,8 milioni di euro, ma il progetti prevede successivi ampliamenti” ha detto Michele Odorizzi, Presidente Consorzio Melinda.

Lo scaricamento e il caricamento delle mele avviene in ambiente refrigerato all'interno della ex-miniera, ottimizzando la catena del freddo.
Lo scaricamento e il caricamento delle mele avviene in ambiente refrigerato, ottimizzando la catena del freddo.

La forza del progetto è la sostenibilità sia economica sia ambientale. «Il consumatore oggi ci richiede non solo qualità e genuinità, ma garanzie di orientamento dell’azienda in senso della sostenibilità. Le prime mele conservate nelle celle ipogee arriveranno a gennaio nei supermercati. È stato uno investimento enorme per le 4000 famiglie socie del consorzio, che quest’anno hanno prodotto un raccolto record di 420mila tonnellate di mele, per l’80% vendute sul mercato italiano. Da qui il claim rivolto al consumatore: “La natura protegge i nostri frutti e noi proteggiamo lei”» ha spiegato Andrea Fedrizzi, responsabile comunicazione Consorzio Melinda.
Siamo ora al primo vero raccolto (c’è stato un primo test l’anno scorso) che utilizza i magazzini ipogei ricavati dai vuoti di cava della ex miniera di Rio Maggiore a Predaia (TN), un’area di 80 ettari di roccia Dolomia, a 575 metri sopra il livello del mare, a 900 metri dall’ingresso della miniera e 275 metri sotto le radici degli alberi dei meli coltivati sui terreni in superficie.

Innovazione premiata
Melinda ha già ricevuto due premi per il suo progetto innovativo e sostenibile: il Good Energy Award di Bernoni Grand Thornton nell’ambito del 15° Italian Energy Summit, evento di riferimento per il mercato italiano dell’energia e il Sodalitas Social Award, che viene assegnato alle iniziative più efficaci nel generare una crescita sostenibile.

Il Consorzio Melinda cui aderiscono 16 cooperative di oltre 4.000 famiglie di frutticoltori che coltivano circa 6.500 ettari di meleti nella Val di Non e Val di Sole, in Trentino copre più del 50% delle mele Golden acquistate in Italia e il 20% della produzione media annua di mele con circa 420.000 tonnellate. In aumento anche la percentuale di produzione destinata al mercato estero, dal 12% del 2011 al 25% medio degli ultimi tre anni in oltre 48 Paesi.
Coltiva le varietà Golden Delicious (70% della produzione totale), Red Delicious (10%), Renetta Canada (9%), – le uniche in Italia a Denominazione di Origine Protetta – Gala (5%), Fuji (6%) ed Evelina. Completano la produzione 3.000 tonnellate/anno circa di mele ottenute dall’applicazione del disciplinare di produzione biologica.

Terzo trimestre “eccellente” per Carrefour. Anche in Italia

Carrefour ha diffuso oggi i dati di vendita consolidati del terzo trimestre e dei primi nove mesi del 2015, che la nota del retailer definisce eccellente, con una crescita organica del 4,2% nel terzo trimestre. Ci soffermiamo però sul periodo più lungo.

Il gruppo ha registrato vendite nei primi nove mesi pari a 63.864 milioni di euro, di cui 33.926 all’internazionale, che cresce più della Francia (a variazione organica: +4,5% contro 1,7%). Nel complesso la crescita delle vendite del gruppo nei nove mesi si assesta su +3,4%. Sfavorevole è l’impatto dell’evoluzione del prezzo dei carburanti: le vendite dei punti vendita con distributore, infatti, registrano risultati inferiori al resto della rete.

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In particolare la Francia nei nove mesi consolida la crescita già positiva nel 2012 e 2013 in tutti i formati (ipermercati compresi): +1,7% la variazione organica e +1,6 a rete confrontabile. Consistenti le performance dei punti vendita di prossimità, anche se, ovviamente, pesano meno del 20% del giro d’affari totale.

Con 33.926 milioni di vedite, l’internazionale fa segnare una crescita organica nei nove mesi del 4,5% e a rete confrontabile del 3,2%, più rallentata in Europa, che vale circa il 50% delle vendita (+1,4 e +1,6 rispettivamente), in forte crescita in America Latina (+15,7% quella organica e +11,6% a rete confrontabile). In asia le vendite in organica sono in discesa dell’8,8%, ma quelle totali rescono dell’8,6% grazie all’impatti favorevole dei cambi.

In Italia si torna a crescere

Per quanto riguarda l’Italia, il terzo trimestre segna una svolta e una forte accelerazione delle vendite: +5,9% a rete confrontabile: 5,6% coprendendo anche la vendita di benzina. Ma le vendite totali crescono del +11,4%. Nei nove mesi il trend è sempre positivo per quanto riguarda le vendite totali (+6%), ma a rete confrontabile hanno ancora il segno meno davanti: -0,2%. La ripresa dei consumi nel terzo trimestre si fa quindi sentire sui conti del colosso d’oltralpe, dopo gli ultimi anni difficili.

Qui potete scaricare il comunicato originale

Grupp VéGé dai bollini delle origini ai beacon con Check Bonus

Sono già cento in pochi mesi, dall’avvio del progetto a maggio, i punti vendita del Gruppo Végé che hanno resa operativa la tecnologia beacon grazie alla piattaforma Check Bonus. Si tratta della prima e più significativa iniziativa basata sulle promozioni personalizzate nella grande distribuzione alimentare italiana.

I dispositivi beacon, infatti, sono sensori Bluetooth che rilevano a distanza la presenza e la posizione degli smartphone, attivando con essi uno scambio di dati. In questo modo, il punto vendita è in grado di interagire con il cliente sin dal suo ingresso e di seguirlo mentre si sposta tra le corsie, fornendogli informazioni sui prodotti e segnalandogli novità e promozioni con un livello più o meno accentuato di personalizzazione.

«Questo progetto – afferma Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato di Gruppo VéGé – è un passo importante nel processo di modificazione del paradigma del punto vendita, collocando realmente e definitivamente al centro di tutto la relazione con l’individuo e i suoi bisogni. Intendiamo fare di ognuno dei nostri 1800 punti vendita un supermercato personalizzato che faccia vivere al cliente una shopping experience ‘tailor made’, calata nell’ambito territoriale ma anche aperta a collaborazioni e sinergie innovative».

Per inciso, l’App Check Bonus, già utilizzata da catene come Coin, Mondadori Store, Brico Sport, Salmoiraghi & Viganò, è già stata scaricata da 110 mila persone.

Esselunga: a Rozzano si inaugura il 153° negozio

Esselunga inaugura il nuovo supermercato di Rozzano lungo via Manzoni, angolo via Brodolini.

Sarà la quarta apertura del 2015 dopo quella di via Adriano a Milano, di Casale Monferrato e di Sesto Calende e il 153° negozio della catena.

Il negozio, con 2500 metri quadri di superficie di vendita, è dotato di certificazione energetica di classe A.
Esselunga ha riqualificato la viabilità cittadina con 3 nuove rotatorie, risistemando il tratto adiacente di roggia Pizzabrasa con nuovi argini; ha inoltre attrezzato le aree verdi della città di via Persighetto e del Parco dello Smeraldino.

Interessante il contributo dell’insegna sul fronte occupazionale: all’interno del nuovo negozio, infatti,  saranno impegnati 143 dipendenti, oltre a 12 che lavoreranno nel bar Atlantic. E non basta: anche il territorio ne sarà avvantaggiato, in quanto si prevede che entreranno in Azienda oltre 100 nuove risorse, 65 delle quali residenti proprio a Rozzano.

E proprio a questo proposito, così si espressa  Barbara Agogliati, sindaco di Rozzano:” “Il nuovo punto vendita di Esselunga, che occupa 140 addetti, rappresenta un incremento dei servizi di
qualità offerti alla cittadinanza e un’ulteriore fonte di attrattività sul territorio. Questo è sicuramente un fattore positivo. Credo che il traguardo più importante sia stato raggiunto grazie alla collaborazione che è nata tra l’Amministrazione comunale e Esselunga, che ha portato ad una strategia capace di innalzare il livello occupazionale per i rozzanesi, con un metodo di selezione assolutamente trasparente, in base alla convenzione del lavoro a km 0, con il supporto di Afol Sud Milano. In questo modo infatti, molti dei nostri cittadini hanno potuto trovare un impiego sul territorio o in altri punti vendita limitrofi. Inoltre, 35 rozzanesi già assunti in Esselunga hanno potuto trasferirsi vicino a casa. Ad oggi sono 46 i neoassunti nostri cittadini. La previsione di Esselunga è di arrivare a un totale di 65 nuovi posti di lavoro assegnati a rozzanesi nei prossimi due/tre mesi. Da indicazioni dell’azienda si tratta della quota più alta rispetto alle ultime nuove aperture. È un risultato che siamo certi porterà un po’ di serenità a chi da tempo aspettava un’occasione. Tuttavia non è finita. L’intero comparto si sta infatti vivacizzando e l’Esselunga, come un polo attrattore, sta portando ulteriori opportunità che i rozzanesi dovranno essere messi in grado di sfruttare al meglio. Auguriamo a tutti buon lavoro”.

I reparti
I clienti disporranno di tutti i reparti che hanno contribuito al successo del marchio Esselunga: la frutta e verdura sfusa e confezionata con un’offerta di oltre 450 prodotti, la pescheria con personale dedicato che offre pesce fresco già pulito, la macelleria, la gastronomia e un vasto assortimento di vini con oltre 500 etichette.
Nel nuovo negozio di Rozzano, inoltre, sarà attivo anche il 112° forno di Esselunga: panettieri specializzati, formati dalla “scuola dei mestieri” interna, offriranno ai clienti 18 varietà di pane fresco sfornato di continuo durante l’intero arco della giornata.

Buono, sicuro, nutriente e antispreco: è il tonno in scatola (infografica)

Un’indagine commissionata alla Doxa dall’Ancit (Associazione nazionale conservieri ittici) e da Anfima (Associazione nazionale fabbricanti imballaggi Metallici e Affini) ha evidenziato il rapporto degli italiani con la scatoletta di tonno, presente nel 93% delle nostre case. Ne emerge il ritratto di un prodotto contro lo spreco: solo l’1% del tonno utilizzato finisce nella spazzatura, a fronte, per esempio, del 20% della verdura e del 14% della frutta.

La scatoletta di tonno, poi, non manca mai nella dispensa degli italiani: in media 4 scatolette, ma nel 93% dei casi almeno una è sempre a disposizione. Del resto, sottolinea il presdiente di Ancit Vito Santarsiero «nel 2014 i consumi di tonno sono aumentati a dispetto di una situazione economica complessiva non proprio favorevole».

La metà degli italiani (45%) – riporta la ricerca – acquista il tonno in scatola perché è gustoso, il 33% perché è un cibo antispreco, il 31% perché è conveniente (per la presenza di proteine nobili a basso costo) e sicuro, il 25% per il suo alto contenuto di servizio.

Come lo preferiscono? Oltre la metà degli italiani (57%) toglie l’olio d’oliva presente nel tonno, ma il 17% ne lascia una metà e il 18% lo versa nel piatto. Anzi, 1 italiano su dieci riutilizza l’olio per cucinare e condire.

Il tonno conferma la sua versatilità anche per il fatto che il 65% degli italiani, se ne avanza, lo conserva e lo consuma nel giro di qualche giorno come condimento di pasta o insalate.

A utilizzo completato, poi, l’84% butta la scatoletta nella raccolta differenziata: i tre quarti di loro lava la scatoletta, mentre il 23% la getta senza lavarla.

infografica tonno e scatoletta

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