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L’interscambio pallet costa 120 milioni di euro alla filiera del largo consumo

Per approfondire il costo di interscambio pallet EPAL per la filiera del largo consumo derivante dalle pratiche adottate dai suoi protagonisti, Ecr Italia ha realizzato in collaborazione con il C-Log della LIUC Università Cattaneo e il Politecnico di Milano una ricerca sul campo che ha coinvolto 12 aziende – 4 distributori (GDO), 8 produttori (PRO) – e i rispettivi operatori logistici (3PL).

I risultati sono stati illustrati ieri nel convegno Interscambio pallet. Processi e costi di interfaccia per la filiera del largo consumo organizzato da GS1 Italy | Indicod-Ecr, che dal 2005 presidia il tema. con l’analisi neutrale delle soluzioni presenti sul mercato avendo come unico obiettivo quello di consentire alle aziende scelte consapevoli attraverso la raccolta e la condivisione di informazioni di grande solidità. «Non possiamo che guardare in modo positivo all’esistenza di soluzioni concorrenti che spingono all’efficienza e alla riduzione dei costi» dichiara Bruno Aceto, Ceo dell’associazione che raccoglie 35 mila imprese industriali e distributive operanti nel settore dei beni di largo consumo.

L’indagine ha consentito di valorizzare le 6 voci di costo rilevanti e di determinare il costo complessivo di interscambio per la filiera, come somma dei costi di interfaccia PRO-GDO, focalizzandosi unicamente sul processo che ha come punto di partenza il punto di stock del PRO dal quale è evaso l’ordine ricevuto dalla GDO e, come punto di arrivo, il CeDi della GDO.

Il trasporto di ritorno dei pallet non interscambiati con interscambio immediato costituisce la seconda voce per rilevanza per il campione degli 8 produttori analizzati, con un’incidenza pari al 34% del costo totale.

Proprio l’alta rilevanza di questa componente di costo deve spingere le aziende alla pratica dell’interscambio immediato, che oggi si attesta tra il 65% e l’85%.

La pratica di interscambio differita che dovrebbe essere considerata come straordinaria, è sempre più diffusa. «L’incremento dei buoni pallet aumenta la dispersione del parco pallet e attiva contrattazioni basate sul potere contrattuale di ogni azienda piuttosto che sul valore effettivo del bene», afferma Gino Marchet, Professore di Logistica del Politecnico di Milano.

L’indagine presso i PRO conferma che il livello qualitativo del parco pallet EPAL circolante si è abbassato negli anni, determinando un’incidenza crescente di pallet scartati presso i punti di consegna.

«Uno dei principali punti critici nel modello dell’interscambio EPAL è quello relativo alla qualità dei pallet» afferma Fabrizio Dallari, Direttore del Centro di Ricerca sulla Logistica LIUC Università Cattaneo. «Nonostante ci siano delle linee guida molto precise emanate dal Comitato Tecnico EPAL di Conlegno, accade che la percentuale dei pallet scartati in banchina presso i CeDi sia molto variabile da azienda ad azienda».

Sommando i valori medi stimati nelle due indagini separate (4 aziende GDO e 8 aziende PRO) emerge un costo medio unitario di gestione dell’interscambio pallet per la filiera di poco superiore ai 2 euro/pallet.

In conclusione è possibile affermare che esiste un costo per l’interscambio dei pallet che, se moltiplicato per il numero di pallet inviati dai produttori nel settore (circa 60 milioni di pallet, quasi uno per abitante) crea un costo annuo di 120 milioni di euro/anno per la filiera. Questo dato rappresenta un ulteriore stimolo per sviluppare iniziative di miglioramento da perseguire attraverso percorsi collaborativi tra PRO, GDO e 3PL che da sempre contraddistinguono i progetti di ECR.

Ecr Italia, infatti, nel suo ruolo di sede di confronto e di elaborazione di best practice, si occupa da tempo di facilitare la discussione aperta fra le aziende, elaborando e diffondendo le migliori prassi operative. «Il mondo dell’interscambio pallet EPAL basa la sua efficienza e la sua economicità sul rispetto del sistema di regole su cui è costruito» commenta Giuseppe Luscia, Responsabile progetti ECR Supply di GS1 Italy | Indicod-Ecr. «Per questo Ecr Italia promuove due concetti chiave: la certezza dell’impianto di regole e la profonda conoscenza del sistema».

In questa ottica vanno lette le attività presentate ieri e le Raccomandazione ECR per l’interscambio del pallet EPAL (documento nato nel 2005 e più volte sottoposto alla verifica delle aziende) e le attività legate all’Osservatorio sul Valore del Pallet Interscambiabile, attività che Ecr Italia, in collaborazione con Conlegno – il Consorzio Servizi Legni Sughero – mantiene dal 2005 e che fornisce un importante riferimento per tutte le operazioni di “monetizzazione” del pallet legate all’applicazione della Raccomandazione.

Ecr Italia ha realizzato ora l’analisi sul costo della gestione del pallet, la cui sintesi è contenuta all’interno del volume Blue Book “La gestione dei pallet nella filiera del largo consumo” che rende disponibili alle aziende importanti riferimenti sul costo delle operazioni di interscambio con cui confrontare le proprie performance e valutare al meglio processi e servizi. Il Blue Book è scaricabile qui.

Reverse charge e normativa sulla gestione ambientale

Sulle novità e i punti di attenzione per le imprese si è concentrato l’intervento di Mara Chilosi, esperto legale di Conlegno: «Le nuove Linee guida per la gestione del parco pallet, sotto il profilo ambientale, individuano le diverse casistiche e le soluzioni operative, chiarendo quando i pallet devono essere gestiti come rifiuti e quando invece possono essere considerati imballaggi riutilizzabili. È essenziale che gli operatori abbiano chiari questi concetti al fine di evitare rischi sanzionatori e gestire il parco pallet in modo legale».

L’intervento di Marcello Del Prete, esperto fiscale di Conlegno, ha chiarito le modalità di applicazione dell’inversione contabile ai fini IVA (“reverse charge”), attiva dal 1 gennaio 2015 sui trasferimenti di pallet per cicli di utilizzo successivi al primo.

Migliorgatto sterilized va in onda con un nuovo spot

È un investimento importante su una linea in cui crediamo molto. Un prodotto come Migliorgatto Sterilized, che offre alta qualità nella GDO, trova infatti nel mezzo televisivo un canale di comunicazione che ci permetterà di raggiungere in breve, altissima copertura di target” –con queste

Boris Fort
Boris Fort

parole Boris Fort, Sales & Marketing Director di Morando S.p.a. – commenta l’imminente uscita del nuovo spot, on air a partire dal mese di Dicembre, in tagli da 30, 15, 10 e 7 secondi.

 Possiamo quindi dire che Migliorgatto Sterilized è già una star in casa Morando?

Migliorgatto Sterilized è una linea di prodotti unica sul mercato. Nasce dalla constatazione che i gatti sterilizzati rappresentano la maggioranza dei felini domestici e che meritano di poter scegliere tra tanti gusti e consistenze, senza dimenticare le esigenze di efficacia nutrizionale nel mantenimento del suo peso corporeo e del benessere urinario. Un approccio che si è mostrato subito vincente, dato che quest’anno il paté Migliorgatto Sterilized è stato eletto “prodotto dell’anno” nella categoria GDO.

Ci parli un po’ dello spot.

Il film si apre con un vivace gatto Maine Coon, la cui attenzione viene “destata” dall’apertura di una busta Migliorgatto Sterilized. Lo vediamo attraversare differenti punti attenzionali di una bellissima casa, scelti in modo da creare delle immediate associazioni con i plus di prodotto. In contemporanea, questi stessi plus sono illustrati da una voce femminile fuori campo. Abbiamo cercato di mixare l’eleganza del trattamento e della location con la necessità di essere chiari e convincenti nel far capire i benefici di Migliorgatto Sterilized. E secondo me ci siamo riusciti. spot

Uno spot piemontese nel prodotto ma milanese nella creatività, giusto?

Sì, è vero. Morando è un’azienda molto legata alla propria terra, il Piemonte. Per questo spot, tuttavia, è stata indetta una gara che ha visto prevalere l’agenzia creativa milanese Linea ATC e la casa di produzione Filmmaster, con il regista Sergio Bosatra. Una scelta che ci ha pienamente convinto: siamo molto soddisfatti del risultato.

Qual è il target a cui pensate di rivolgervi?

Considerate le peculiarità del prodotto è stato identificato un focus target responsabili di acquisto dai 35 ai 64 anni con un profilo evoluto, medio alto spendente.

Con più di 7 milioni di contatti la campagna raggiungerà oltre l’83% di questo target commerciale. I responsabili di acquisto contattati saranno oltre 20milioni con una copertura di oltre l’85% di bacino totale. Questi target vedranno lo spot in media quasi 10 volte, la frequenza ideale per generare ricordo e propensione all’acquisto.

 

 

Greenpeace dà i voti al tonno sostenibile. Promossa ASdoMAR

La quarta edizione della classifica “Rompiscatole” di Greenpeace, che valuta la sostenibilità del tonno in scatola venduto in Italia non lesina sorprese. Greenpeace ha analizzato gli 11 marchi di tonno più diffusi sugli scaffali, che rappresentano circa l’80% del mercato italiano, in base alle loro politiche di sostenibilità e equità, le specie catturate, i metodi di pesca usati e le informazioni che forniscono ai consumatori. A due anni dall’ultimo ranking – illustra una nota dell’organizzazione ambientalista – c’è chi scende e c’è chi sale.

ASdoMAR è l’unico produttore che si posiziona in fascia verde, con il prodotto più sostenibile: “Sempre attento alle tematiche ambientali, AsdoMar offre un’ampia gamma di prodotti sostenibili: manca poco per essere 100% sostenibile!” è il verdetto finale.

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In fascia gialla, si classificano i prodotti di Esselunga, Conad, Rio Mare, Coop, Nostromo e Carrefour perché, secondo Greenpeace mancano ancora dei passi per essere sostenibili (alcuni marchi hanno però gdelle referenze sostenibili, altri sono impegnati per inserirle). Rio Mare, leader del mercato italiano, resta al quarto posto perché dimostra di voler mantenere gli impegni, ma non ha fatto ancora abbastanza.

Infine nella fascia rossa, i bocciati, vi sono i prodotti MareBlu, Auchan, Lidl e Mareaperto. “Mareblu – si legge – nonostante le promesse di bandire i metodi di pesca distruttivi, usando solo tonno da pesca a canna o senza FAD entro il 2016, oggi non arriva neanche allo 0,2% di prodotti sostenibili e finisce sul fondo. Nella maggior parte delle sue scatolette finisce infatti tonno pescato con reti a circuizione usate con sistemi di aggregazione per pesci (FAD), che svuotano i nostri mari uccidendo ogni anno migliaia di giovani esemplari di tonno (baby-tuna) e numerosi animali marini, tra cui squali e tartarughe. Non è l’unico neo: Thai Union, l’azienda che dal 2010 è proprietaria del marchio Mareblu, è stata recentemente coinvolta in uno scandalo internazionale che riguarda la violazione dei diritti umani lungo le sue filiere di produzione”.

La classifica di Greenpeace è stilata tenendo conto di una serie di parametri: tracciabilità, politica per un approvvigionamento sostenibile, metodi di pesca, stato di salute delle specie di tonno usate, etichettatura del prodotto e informazioni ai consumatori, responsabilità e impegni per una pesca equa e giusta, supporto alla creazione di Riserve Marine e promozione di un cambiamento dell’industria del tonno, impegni precisi per evitare tonno che proviene pesca illegale, non documentata e non regolamentata (IUU).

Osservatorio Marca del Distributore: 2015 anno di transizione. Nuovo slancio dal 2016

A tre mesi da Marca Bologna, il Salone internazionale di prodotti a marca del distributore in programma i 13 e 14 gennaio prossimo, si registrano tre nuove significative adesioni: Carrefour, Iper e Metro saranno presenti per la prima volta alla manifestazione organizzata da Bologna Fiere in collaborazione con Adm, portando a 21 le insegne presenti all’evento (Auchan, Carrefour, Conad, Coop, Coralis, Consorzio Distribuzione, Crai, Despar, Dico, Iper, Italy Discount, Marr, Metro, Selex, Sigma, Simply, Sisa, Risparmio Casa, TuoDì, Unes, Vègè).

Attualmente la quota di mercato per questi prodotti è del 18,2%, in linea con il 2014, secondo Adem Lab dell’Università di Parma, che con l’Osservatorio sulla Marca del Distributore da anni monitora il mercato.

Ma si prevede un nuovo slancio a partire dal 2016.

«Il 2015 si può definire un anno di transizione per gran parte delle Insegne della Distribuzione Moderna operanti in Italia per quanto attiene il prodotto a marchio», è il commento di Guido Cristini, docente all’Università di Parma e coordinatore scientifico dell’Osservatorio sulla Marca del Distributore. «Infatti, dai dati raccolti dal nostro Osservatorio, si rileva come una parte dei distributori abbia proprio nel corso di quest’anno promosso delle nuove strategie di rilancio che verranno in larga misura implementate nel corso del 2016. Alla luce di questa situazione, è ragionevole attendersi un cambiamento di rotta per quanto riguarda la quota di mercato della MDD che, dopo due anni di sostanziale stasi, potrebbe riprendere lo sviluppo in linea con quanto avvenuto nel corso dell’ultimo decennio. Lo sviluppo della quota sarà trainata non solo dalla marca del distributore ‘standard’,  ma ragionevolmente dai segmenti di MDD premium, con l’allargamento dell’assortimento sia nelle categorie già presidiate, che anche con l’entrata in nuovi segmenti di mercato – ad esempio i free from, il biologico e le linee per bambini – in grado di rispondere ai nuovi fabbisogni del consumatore finale».

L’Osservatorio stima inoltre che le imprese copacker attive in Italia siano circa 1.400, per la gran parte costituite da PMI: il 90% evidenzia, infatti, un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro.

 

Responsabilità sociale, cresce la sensibilità dei consumatori: in Italia il 52% disposto a pagare di più

Per i brand che operano azioni di sostenibilità sociale e ambientale si è disposti a pagare di più: in Italia questa affermazione è vera per il 52% dei consumatori, un dato in aumento rispetto al 45% del 2014 e al 44% del 2013, anche se ancora inferiore rispetto alla media globale del 66% ma superiore al 51% della media europea. Lo rivela il Nielsen Global Survey of Corporate Social Responsibility and Sustainability condotta su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi.

Che l’approccio sostenibile “paghi” è poi confermato dal dato che vede come, a livello globale, le aziende impegnate nella sostenibilità ambientale e sociale hanno fatto registrare nel 2015 una crescita del fatturato pari al 4%, a differenza di quelle scoperte su questo versante, il cui giro d’affari è incrementato meno dell’1%. E coprono ormai il 65% delle vendite totali nel largo consumo le marche impegnate con l’ambiente o il sociale.

Gli under 34 i più sensibili al tema

Nei 60 mercati presi in esame, in media le fasce d’età maggiormente propense a pagare di più per la sostenibilità sono quelle dei Millennials (21- 34 anni) e della generazione Z (15-20 anni). La prima si posiziona al 73% nel 2015 (in crescita del 50% rispetto al 2014), la seconda al 72% (era il 55% nel 2014). Il dato sorpendente riguarda la disponibilità finanziaria dei consumatori (forse legata propiro alla loro età): è maggiormente disposto a pagare un premium price per il prodotto con brand sostenibile chi guadagnano 20 mila dollari all’anno rispetto a chi dichiara entrate per 50 mila (68% vs. 63%).
«I consumatori – commenta l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia – hanno raggiunto un grado di responsabilità sociale e ambientale determinante anche nel momento dell’acquisto. Nello stesso tempo, si attendono il medesimo impegno da parte dei produttori. Per questo motivo la sostenibilità dei beni di largo consumo è da considerarsi non più solo un valore aggiunto del prodotto e del brand, bensì un requisito essenziale. Non si può parlare della sostenibilità come di un semplice differenziale di marketing. Essere sostenibili comporta per l’azienda il consolidamento della fedeltà alla marca, soprattutto quando il cliente appartiene alla fascia dei Millennial e della generazione Z, particolarmente attente a questi aspetti nel momento in cui si avvicinano allo scaffale. Ambiente, impegno sociale, freschezza degli ingredienti sono le declinazioni dell’unico concetto di sostenibilità, che posiziona l’azienda come big player sia a livello nazionale sia globale grazie alla reputazione acquisita dal marchio».

Paese che vai esigenza che trovi: in Italia vince il fresco e il bio
La sostenibilità di un prodotto si declina in diversi fattori, emerge ancora dalla ricerca, che a loro volta costituiscono altrettanti driver d’acquisto. In Italia la freschezza e la presenza di ingredienti naturali/biologici incide per il 61% nel comportamento davanti agli scaffali. Il beneficio salutistico per il 53%. In particolare, il comparto del biologico a totale Paese nel marzo 2015 ha fatto registrare una crescita del 14% sull’anno, generando un giro d’affari di 866 milioni di Euro, gli alimenti gluten free +31% (101 milioni), quelli senza grassi +10% (25 milioni), il comparto dell’integrale +11% (235 milioni).
La fiducia nel brand, nella classifica dei driver di sostenibilità nel nostro Paese, si posiziona al 53%. Al 41% si riscontra il fatto che la società produttrice sia eco-friendly, al 38% che il packaging sia a basso impatto ambientale, al 33% che il brand sia impegnato nel sociale, al 31% il fatto che l’azienda abbia un impatto positivo sulla comunità territoriale locale.
L’impegno etico, uno degli aspetti della sostenibilità, diventa premiante anche nel messaggio pubblicitario: se il 17% ha acquistato per avere visto la pubblicità di un prodotto in Tv, la percentuale sale al 21% se il messaggio contiene riferimenti alla sostenibilità dell’operatività della marca.


Se a questi dati si affianca la classifica di quanti, oltre ad essere attenti ai fattori sostenibili dei prodotti, si dichiarano disposti a spendere di più per gli stessi, le percentuali salgono: il 72% pagherebbe un premium price per prodotti di brand affidabili, il 70% per prodotti in linea con le esigenze di salute e benessere, il 69% per prodotti freschi e fatti da ingredienti naturali, il 58% se l’azienda produttrice è eco-friendly, il 56% se è impegnata nel sociale, il 53% se il packaging è a basso
impatto ambientale, stesso dato se l’azienda ha implementato iniziative a favore della comunità locale, il 45% se l’adv televisivo veicola messaggi positivi mirati alla società e all’ambiente.

#SaveRummo, solidarietà e creatività nel web

SaveRummo_4Una nota del pastificio Rummo informa che a una settimana dall’alluvione che ha colpito il beneventano l’azienda con tutti I suoi dipendenti sta ripristinando l’area. Il bilancio parla di alcune line di produzione danneggite, ma le più importanti saranno in grado di ripartire a breve. Nel magazzino che si sviluppa in altezza sono stati danneggiati solo i primi due metri sugli oltre trenta totali, ma grazie anche ai depositi dislocati a livello internazionale tra Parigi, Londra e New York può contare sull’80-90% degli stock per far fronte alle richieste di breve periodo dei suoi clienti.

«Siamo considerati da tutti un punto di riferimento nell’alto di gamma per le tecnologie e i processi di produzione all’avanguardia, per i nostri uomini e la filosofia che ci anima, un po’ d’acqua non ci può fermare – afferma Cosimo Rummo, Presidente e AD dell’omonimo pastificio – anzi il calore che in queste ore ci viene dimostrato ci dà la forza per tornare velocemente a produrre più motivati di prima».

La campagna di solidarietà virale #SaveRummo nata spontaneamente dal popolo del web, con grande sorpresa della famiglia Rummo, che non ne è l’autrice, puntualizza la nota, ha raggiunto quasi un milione di like e cresce esponenzialmente ogni ora coinvolgendo tutti, sia gli appassionati sia gli addetti ai lavori come i giornalisti che hanno chiamato a raccolta gli chef perché contribuiscano a sostenere l’azienda, fiore all’occhiello dell’industria campana e simbolo della qualità Made in Italy nel mondo.

Qui presentiamo una selezione delle immagini postate nel web.

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Suino italiano, produzione giù, cresce l’import. Ma la genomica potrebbe preservarlo

Il suino italiano d’allevamento soffre, diminuisce la produzione di uno degli asset della nostra gastronomia ed aumenta l’import da Paesi europei. I dati che certificano lo stato di sofferenza della suinicoltura italiana sono eclatanti.

L’ultimo censimento dell’agricoltura ha fotografato una forte diminuzione degli allevamenti di suino pesante (165 kg e oltre), con un deficit produttivo rispetto ai consumi del 34%. In Emilia-Romagna, tra il 2006 e il 2014, i capi allevati sono diminuiti del 17,5%, con un picco negativo per le scrofe del 19%. A livello nazionale, oggi i suini pesanti allevati sono 7,93 milioni (erano 8,72 milioni nel 2010) con circa 4.000 aziende fornitrici di materia prima per i salumi DOP e IGP.

«Le macellazioni di suini pesanti DOP sono in diminuzione: il dato relativo al 2013, con 8,02 milioni di capi macellati, rappresenta il numero più basso dal 2003 dei suini immessi nel circuito dei prodotti tutelati – ha spiegato Carlo Galloni, Presidente di Fratelli Galloni azienda specializzata nella produzione di Prosciutto di Parma -. Assistiamo quindi a due fenomeni: da un lato, è in aumento il numero di capi allevati al di fuori dei vincoli previsti dai disciplinari di produzione, con 437.000 suinetti importati per lo più dal Nord Europa e una diminuzione del numero di scrofe allevate. Dall’altro lato, per via del costo più competitivo, è in crescita la percentuale di carni fresche provenienti da Paesi stranieri, pronte per essere trasformate in prodotti di salumeria: nel 2014 le importazioni sono cresciute del 15,2% rispetto al 2013 e la crescita nel primo trimestre del 2015 è stata di un ulteriore 15,7%».

La suinicoltura italiana, che in passato ha beneficiato delle rigidità delle DOP, è quindi di fronte a una sfida cruciale: adeguarsi alle logiche del mercato moderno senza rinunciare alla qualità. La soluzione secondo Fratelli Galloni sta nella ricerca, e in particolare dalla genomica. Lavorando con gli Istituti di Ricerca e coinvolgendo attori accademico/scientifici e naturalmente i produttori. il Consorzio del Prosciutto di Parma e le associazioni di categoria, la suinicoltura dovrà individuare nuovi genomi che le permettano in un orizzonte di tempo di cinque anni di recuperare in termini di competitività nei riguardi dei produttori/allevatori comunitari.

Come ha spiegato il prof. Paolo Zambonelli, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari (DISTAL) dell’Università degli Studi di Bologna in occasione dell’incontro organizzato ad Expo dalla Fratelli Galloni nello spazio di Intesa Sanpaolo: «La qualità della carne suina è un carattere determinato dalla somma dell’azione di più geni. Il pH, la capacità di ritenzione idrica, la tenerezza, il colore, la percentuale di grasso intramuscolare, la succosità, il calo di sgocciolatura, la capacità di assorbimento del sale, il contenuto di acido oleico. Occorre sfruttare le conoscenze maturate in materia di genetica molecolare per selezionare a livello di DNA i marcatori che controllano la variabilità fenotipica di questi caratteri: nel genoma dei suini ci sono oltre 25.000 geni che interagiscono tra di loro in modo complesso per definire le caratteristiche di ciascun individuo. L’attività pilota del progetto che auspichiamo di realizzare si baserà sulla selezione di alcuni allevamenti, sulla scelta dei tipi genetici da studiare e sul confronto tra prosciutti crudi eccellenti e prodotti mediocri. L’obiettivo è individuare bio-marcatori a fini selettivi nell’allevamento suinicolo per migliorare l’adattamento del sistema produttivo zootecnico alle esigenze dei produttori e del mercato».

Coopernic alleanza di opportunità, non strategica.

Coop, Leclerc, Delhaize, Rewe. Sono i soci di Coopernic, l’alleanza a quattro che scelgono Expo (ospite Marco Pedroni presidente di Coop Italia) per discutere di valori condivisi: la difesa dei consumatori, la politica dei prodotti Mdd come marche differenzianti e creatori di valore, la muscolosità nella negoziazione con la grande industria, il rapporto da rafforzare con le filiere agricole.

Frans Muller Ceo di Delhaize, Michel Edouard Leclerc, patron del Movimento Leclerc e Marco Pedroni (mancava Rewe) si scambiano opinioni e punti di vista, ma concordano in tutto: nel fatto che il legame con i produttori locali è una leva di costruzione del valore (ma non il localismo, che, soprattutto in Italia, molti rispolverano). «Gli agricoltori devono far parte di noi e noi abbiamo un grande obbligo di trasparenza», afferma Muller.

Concordano sul fatto che la convenienza per i consumatori è un valore e una necessità, ma essere meno costosi è un punto di arrivo, non un punto di partenza. Vale a dire che essere meno cari della concorrenza non deve andare a discapito della qualità dei prodotti («prezzi accessibili per l’alta qualità», è il mantra di Pedroni).

Concordano sul fatto che il prodotto MDD è una marca  e anzi l’impegno di ciascuno, declinato nei rispettivi Paesi, è quello di renderlo sempre più differenziato rispetto ai prodotti di marca, «facendo innovazione e sviluppo», dice Pedroni. «Stiamo imparando a diventare industria», chiosa a sua volta Leclerc.

Concordano, infine sul fatto che Coopernic, che riunisce quattro big europei (per ora: chissà se anche Ahold non ne entrerà a far parte) che insieme valgono 130 miliardi di fatturato è un’alleanza di opportunità. Riassume Leclerc per tutti: «Ognuno di noi mantiene la propria personalità. Insieme cerchiamo le leve per essere i migliori sui rispettivi mercati. Insieme sviluppiamo una capacità di negoziazione nei confronti di 100-130 fornitori internazionali e comuni, ancora una volta secondo una logica opportunistica, non strategica. In fondo le grandi industrie segmentano le loro politiche di prezzo. Dal nostro punto di vista l’unione fa la forza. Non abbiamo quindi progetti per costruire una identità comune, cerchiamo di incrociare gli aspetti migliori delle nostre imprese».

«Per quanto riguarda i prodotti MDD – aggiunge Pedroni – sviluppiamo un’attività su base volontaria relativa a segmenti di prodotto dove verifichiamo che esiste una convergenza di obiettivi per attività comuni con i fornitori di tutti i Paesi. Ciò significa che di volta in volta potranno essere coinvolti  solo i soci ai quali lo specifico progetto interessa. Nel corso di quest’anno abbiamo dato il via a una ventina di gare. Nel 2016 potranno essere il triplo o il quadruplo e ciascuno parteciperà in funzione delle necessità. Ma al di là degli aspetti tecnici è fondamentale la sintonia sulla visione del  consumatore e sull’approccio al mercato».

E questa sintonia si potrà alimentare dallo scambio di conoscenze e di esperienze: daquelle che derivano dal Supermercato del Futuro di Coop al modello del Drive di Leclerc all’estensione della vendita online di farmaci che Leclerc ha annunciato partire in Francia tra cinque mesi per farne poi un business che potrà interessare gli altri soci e arrivare, forse, negli Stati Uniti via Delhaize-Ahold. Progetti. Ma viste le persone coinvolte – e le persone sono importanti perché, ha ricordato Leclerc, «le alleanze si fanno con le persone», – progetti di peso.

Motta e Sun co-marketing: con Buondì il latte Consilia costa 1 cent

È piaciuta ai consumatori l’attività di co-marketing tra Motta e Sun – Supermercati Uniti Nazionali, gruppo di acquisto attivo nel nord e nel centro Italia. Semplice ed efficace: acquistando una confezione di Buondì Motta nei punti vendita delle aziende aderenti al Consorzio Sun (Magazzini Gabrielli, Italbrix, Cadoro e Gros) è possibile comperare a solo 1 centesimo un litro di latte Consilia, private label della centrale di acquisto Sun.

«Da sempre il latte rappresenta un alimento indispensabile della nostra dieta Mediterranea – ha dichiarato Sfefano Rango direttore generale Sun – per questo abbiamo voluto andare ancora di più incontro alle esigenze dei nostri consumatori vendendo 1 litro di latte a solo un centesimo grazie a questa attività di co-marketing con un’azienda storica e importante quale Motta».

Riciclare conviene con Conad-Pac2000A e Tetrapack fa tappa in Umbria

“Riciclare Conviene”, campagna ambientale itinerante , torna in Umbria per l’edizione numero 11, dopo aver fatto tappa a Terni nel 2013 e dopo la conclusione della tappa di Arma di Taggia (IM) e per rendere tangibile il risparmio che deriva dalla raccolta differenziata e dal riciclo dei rifiuti, è in funzione nel centro commerciale Quasar Village di Corciano, a pochi chilometri da Perugia, la postazione interattiva dedicata alla raccolta differenziata dei cartoni Tetra Pak. Qui ad ogni conferimento saranno rilasciati gli eco-scontrini, che danno diritto ai buoni sconto sulla spesa nel Conad Ipermercato.

Da sinistra: Luciano Sisani, Direttore di TSA Trasimeno Servizi Ambientali; Danilo Toppetti, Direttore Generale di PAC 2000A; Francesco Di Maria – Coordinatore Progetto Life EMaRES; Lorenzo Nannariello, Responsabile Progetti Ambientali di Tetra Pak Italia; Cristian Betti, Sindaco di Corciano; Massimo Gai, Direttore Marketing & Commerciale Consumer di Lucart)
Da sinistra: Luciano Sisani, Direttore di TSA Trasimeno Servizi Ambientali; Danilo Toppetti, Direttore Generale di PAC 2000A; Francesco Di Maria – Coordinatore Progetto Life EMaRES; Lorenzo Nannariello, Responsabile Progetti Ambientali di Tetra Pak Italia; Cristian Betti, Sindaco di Corciano; Massimo Gai, Direttore Marketing & Commerciale Consumer di Lucart)

L’XI edizione di “Riciclare Conviene” è promossa da PAC 2000A e Tetra Pak Italia in collaborazione con TSA, Trasimeno Servizi Ambientali e con il patrocinio del Comune di Corciano. L’iniziativa, che durerà fino al 10 gennaio 2016, non sostituisce la modalità locale di raccolta dei contenitori Tetra Pak, ma intende dimostrare che l’impegno per l’ambiente riduce costi, sprechi e inquinamento.

«Crediamo che le buone pratiche ambientali siano importanti per rafforzare il legame con il territorio», ha dichiarato durante l’inaugurazione il Direttore Generale di PAC 2000A, Danilo Toppetti. «Per la galleria commerciale Quasar, inaugurata lo scorso anno, abbiamo previsto diverse soluzioni tecnologiche per abbattere i consumi energetici, come l’impianto fotovoltaico che produce energia elettrica per la struttura. Inoltre tutti gli impianti di climatizzazione della galleria non utilizzano combustibili fossili. Esempi concreti che rimandano al tema del risparmio ambientale, al centro di questa iniziativa».

«Tetra Pak promuove lo sviluppo sostenibile. In concreto, utilizza le risorse in modo efficiente e promuove la raccolta differenziata e il riciclo dei propri contenitori su tutto il territorio nazionale – ha aggiunto Lorenzo Nannariello, Responsabile Progetti Ambientali di Tetra Pak Italia – grazie al Protocollo d’intesa siglato con Comieco nel luglio 2003. Nel 2014 sono state raccolte e riciclate in Italia oltre 22.700 tonnellate di confezioni Tetra Pak, circa 1,3 miliardi di contenitori».

La campagna ambientale itinerante Riciclare Conviene è stata inaugurata a Modena nel 2011. Fino a oggi sono stati raccolti oltre 180mila cartoni Tetra Pak. Dopo l’edizione di Corciano, Riciclare Conviene proseguirà in altre città italiane per divulgare una sempre più attenta coscienza ambientale.

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