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Allevamenti, FederBio spinge per un nuovo modello

Il regolamento europeo sugli allevamenti biologici non basta più: andare oltre significa puntare soprattutto sul miglioramento delle condizioni di vita del bestiame allevato. È questa la posizione di FederBio, espressa in occasione della seconda Festa del Bio, tenuta a Milano il 4 febbraio. La federazione, che riunisce organizzazioni di tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, ha presentato il nuovo quaderno di Cambia La Terra: “Allevamenti. Sostenibile non basta: il modello è quello del bio”, in occasione di un evento moderato dal giornalista e conduttore televisivo Patrizio Roversi. Il Quaderno – redatto con i contributi di tutte le Associazioni di Cambia la Terra, ISDE Medici per l’ambiente, Legambiente, Lipu, Slow Food e WWF – propone una serie di standard per ridefinire un sistema di allevamento biologico che sia in grado di produrre vantaggi per l’ambiente, per la salute dell’uomo e tenga conto del benessere animale. Secondo FederBio, i bovini devono poter pascolare all’aperto per almeno 120 giorni l’anno, i vitelli devono poter essere alimentati alla mammella, in modo naturale, e gli allevamenti bio devono scegliere razze a lento accrescimento, in modo tale da assicurare una durata adeguata di vita agli animali; le scrofe devono poter passare il periodo della gestazione all’aperto e non possono essere rinchiuse nelle gabbie; ai polli non può essere tagliato il becco (una pratica che denuncia allevamenti affollati) e occorre risolvere il problema dell’eliminazione dei pulcini maschi.

Per Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio, “bisogna passare da un modello intensivo a uno basato sul biologico e sull’agroecologia” per raggiungere gli obiettivi definiti dalle strategie europee Farm to Fork e Biodiversità: da qui al 2030 il settore agricoltura e allevamento deve dimezzare l’uso di pesticidi chimici e di antibiotici e raggiungere l’obiettivo del 25% di superficie agricola coltivata a biologico. In questa svolta, il punto più critico è l’allevamento, perché è il comparto che pone il problema maggiore sia per l’inquinamento che per la salute. “Aver separato agricoltura e allevamento – spiega Mammuccini – ha trasformato il letame da risorsa in problema creando da una parte inquinamento delle acque e del suolo e dall’altra carenza di nutrienti per il terreno. Per questo è fondamentale passare ad un approccio integrato, fornito dai metodi biologici e biodinamici da sempre basati sulla circolarità dei nutrienti”.

L’agricoltura è la principale fonte di emissioni di ammoniaca, a causa della zootecnia e del trattamento dei relativi effluenti e, in misura minore, dell’uso di fertilizzanti. L’Italia è il quarto Paese emettitore di ammoniaca dopo Francia, Germania e Spagna, le emissioni stimate nel 2020 ammontano a 363.000 tonnellate. L’ammoniaca non impatta solo sulla qualità dell’acqua, ma anche sull’inquinamento dell’aria: è tra i responsabili della formazione di polveri sottili e ormai – secondo i dati riportati nel Quaderno – in Pianura Padana il loro contributo è pari a quello prodotto dal traffico stradale.

Il settore del bio punta su un’interpretazione avanzata del regolamento europeo sul biologico, definendo lo “Standard High Welfare”, un modello di allevamento che tenga conto del benessere degli animali, ma anche della conservazione della biodiversità, della valorizzazione delle razze locali e degli allevamenti di piccola scala, importanti per la rivitalizzazione dei territori interni. FederBio lamenta, però, che nel Piano Strategico nazionale della PAC i fondi stanziati andranno in massima parte alla riduzione degli antibiotici, ma gli allevamenti biologici non ne fanno uso e quindi non li potranno “ridurre”. “Si determina il paradosso per cui, ancora una volta, la zootecnia intensiva rischia di essere premiata con i fondi pubblici più di quanto potrà esserlo quella bio e l’allevamento al pascolo” denunciano le Associazioni di Cambia la Terra.

“Abbiamo pochi allevamenti bio, per questo è importante che la politica intervenga per dare la possibilità al settore di accedere ai fondi pubblici che, ad oggi, sono molto più accessibili agli allevamenti a larga scala” sottolinea Mammuccini. E questo in presenza di una crescente domanda di carne bio che al momento non trova sufficiente copertura da parte dell’offerta nazionale, come sottolinea un documento Ismea, l’ente di ricerca sul mercato agricolo.

Antibiotici? No grazie, Coop lancia uova, pollo e suini “puliti” con “Alleviamo la salute”

I danni dell’abuso di antibiotici e il conseguente rischio di antibiotico resistenza è stato più volte sottolineato dall’Oms, l’Organizzaione mondiale della Salute, e Coop si spende con il progetto “Alleviamo la salute” lanciata due mesi fa: e sugli scaffali sono già arrivati le uova senza antibiotici, prime in Italia, e i primi prodotti di suino. Mentre è già stato raggiunto il traguardo del 100% pollo allevato senza uso di antibiotici.

Nei punti vendita sono arrivate le uova a marchio Coop prodotte da galline allevate a terra senza uso di antibiotici, sin dalla nascita. Due le referenze disponibili, certificate da due enti indipendenti, ben riconoscibili dai consumatori grazie alle apposite etichette. In totale, a regime, saranno allevate senza antibiotici almeno 2 milioni di galline con una produzione di più di 1.800.000 uova. Un traguardo alla portata di Coop che già nel 2010 ha ricevuto il premio “Good Egg” assegnato dalla “Compassion in World Farming” per le sue uova da galline allevate a terra con animali nati e allevati in Italia. La scelta era già avvenuta nel 2003 per le proprie uova a marchio, poi estesa appunto nel 2010 a tutte le uova di qualsiasi marca presenti sugli scaffali Coop.

 

Coinvolta l’intera filiera avicola, dall’uovo al pollo

Intanto la campagna “Alleviamo la salute” presentata a fine aprile scorso sta dando i suoi primi significativi risultati e Coop, oltre le aspettative, ha coinvolto il 100% della filiera avicola nel processo di allevamento senza uso di antibiotici in anticipo rispetto alla scadenza che si era prefissata. Nei supermercati del gruppo, infatti, sono già presenti a scaffale 25 referenze della linea “Origine” con etichetta “Allevato senza uso di antibiotici”, per una stima di 240mila polli a settimana. E tra poco la linea si arricchirà di altri prodotti per arrivare a 32 referenze.

«Raggiungere un obiettivo così complesso addirittura in anticipo rispetto alla tabella di marcia è stato possibile -sottolinea Maura Latini direttore generale Coop Italia– grazie al fatto che la nostra politica è sempre stata quella di avere al nostro fianco fornitori consapevoli e coinvolti in processi produttivi e gestionali rigorosi: sono loro i nostri primi alleati».

La politica di riduzione nell’uso degli antibiotici è arrivata anche a interessare i primi prodotti suini che dalla prima settimana di luglio vanteranno l’etichetta “allevato senza uso di antibiotici negli ultimi 4 mesi”. «È un primo obiettivo di riduzione che ci siamo dati per questi animali arrivando a garantire il non uso di antibiotici negli ultimi 4 mesi – continua Latini -. Si tratta di un obiettivo comunque ambizioso e importante sempre nell’ottica della tutela della salute perché si tratta di una filiera particolarmente complessa».

Questi primi prodotti fanno parte della linea “Fior Fiore”, si tratta di animali allevati allo stato brado in due allevamenti toscani (sulle colline del Chianti e in Maremma). In tali condizioni gli animali impiegano molto più tempo per raggiungere il peso stabilito e questo ovviamente significa maggiore qualità delle carni e lavorazione artigianale dei prodotti. Attualmente nella linea sono coinvolti più di 3000 suini.

L’impegno complessivo di Coop è di lunga scadenza, imponente e tale da generare una vera e propria rivoluzione nei metodi di allevamento: complessivamente ne saranno interessati più di 14 milioni di animali ogni anno e oltre 1.600 allevamenti in Italia.

 

La linea di salumi Beretta “amica degli animali” in esclusiva da Carrefour

Lorenzo Beretta di Flli Beretta e Lorenza Cortivo di Carrefour Italia.

Tutela del benessere animale: un tema sempre più “caldo” che inizia a farsi strada anche nella Gdo, come nella nuova linea di salumi “Filiera Benessere Animale”, realizzata in esclusiva per Carrefour Italia da Salumificio Fratelli Beretta.

Distribuita in esclusiva presso tutta la rete dei punti vendita Carrefour, è realizzata partendo da allevamenti che tutelano il benessere animale attraverso un’alimentazione vegetale, prevalentemente da erba e foraggi, e certificata NO-OGM. Viene inoltre assicurato il rispetto del ciclo naturale di crescita attraverso allevamenti non intensivi e all’aperto.

Al momento sono quattro le referenze: Prosciutto Cotto Nostrano Alta Qualità, Prosciutto di Parma DOP, Salame Milano e Bresaola. Sono riconoscibili grazie all’indicazione sul packaging “Filiera Benessere Animale”

Frutto della collaborazione tra Carrefour Italia e Salumificio Fratelli Beretta la nuova linea è un esempio di prodotto realizzato con specifici requisiti relativi al benessere animale già rigidamente regolamentati in alcuni Paesi del Nord Europa, e che viene incontro alle nuove richieste dei consumatori.

«Carrefour è uno dei pionieri in tema di attenzione riposta nella filiera, per la quale già a partire dal 1991 abbiamo sviluppato un sistema di tracciabilità all’avanguardia che ci permette di dare risposte concrete a ciò che oggi i nostri clienti ci chiedono: attenzione per il rispetto dell’ambiente, per la qualità e genuinità del cibo, per lo spreco alimentare e, in maniera sempre più crescente, per il benessere animale – ha commentato Grégoire Kaufman, Direttore Commerciale e Marketing Carrefour Italia -. Questa collaborazione con il partner Fratelli Beretta ci permette ancora una volta di andare incontro a quanto ci chiedono i nostri clienti: garantire un welfare agli animali durante la loro vita, che non significa per Carrefour solo agire in modo etico avendo rispetto degli animali, ma anche pensare alla salute, al benessere e al futuro dei consumatori finali continuando a presidiare la filiera».

Importante è la collaborazione tra l’azienda e la grande distribuzione come sottolinea Lorenzo Beretta, Direttore Commerciale del Gruppo Fratelli Beretta: «Per la prima volta in Italia intraprendiamo un percorso congiunto con un grande player della grande distribuzione, sulla base di esperienze maturate in altri mercati europei, quale quello inglese, svizzero e scandinavo, dove da tempo i consumatori si sono dimostrati sensibili al tema del benessere animale. È un passo significativo, perché grazie ai nuovi processi di produzione e alle nuove tecniche di allevamento promosse dalla nostra azienda oggi siamo in grado di rispondere alle crescenti richieste dei nostri clienti garantendo il massimo benessere per gli animali».

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