CLOSE
Home Tags Coldiretti

Tag: Coldiretti

Istat, dall’inizio dell’anno vendite ferme e il +1% di maggio non fa cambiare rotta

Possiamo parlare di stagnazione delle vendite a questo punto: i dati Istat sul commercio al dettaglio relativi al mese di maggio 2017 registrano un aumento del +1,0% rispetto a maggio 2016 nelle vendite a valore, con l’alimentare a +1,1% e il non alimentare a +0,9%. Dall’inizio dell’anno però l’Istat evidenzia una variazione pari al +0,1% a valore e al -0,9% a volume.

«Il 2017 non si manifesta come un periodo di ripresa delle vendite al dettaglio – è il commento di Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione –. Nei primi cinque mesi dell’anno i volumi sono in calo (-0,9% a livello complessivo) e la lievissima ripresa a valore (+0,1%) è frutto esclusivamente dell’aumento dei prezzi del settore alimentare. Le famiglie mantengono un atteggiamento prudente nei consumi. Preoccupate dalle incertezze del quadro politico, economico e sociale direzionano l’accresciuto potere d’acquisto degli ultimi anni verso un recupero dello stock di risparmio e un consumo di beni e servizi (auto, cultura e intrattenimento, ristorazione) alternativi ai prodotti di più generale e largo consumo. Un quadro non favorevole per le imprese del commercio, costrette ad affrontare un ulteriore periodo di domanda stagnante e una ripresa che continua ad allontanarsi nel tempo».

Secondo Federalimentare, è il mondo food che continua a destare preoccupazione, visto che la crescita (esigua) del mese (+1,0%) è attribuibile “a un “effetto trascinamento” dovuto all’aumento dei prezzi che, sebbene in riduzione, hanno avuto una forte impennata nei primi mesi dell’anno”. Il dato a volume segna infatti un calo del -1,0%. Questa tendenza si evidenzia in modo ancor più chiaro nei dati cumulati dei primi 5 mesi del 2017, che indicano una crescita del +0,6% a valore ma un calo a volume del -1,9%”. E se a maggio è andato meglio il non food, con una crescita sia a valore (+0,9%) sia a volume (+0,8%), nel periodo gennaio-maggio complessivamente abbiamo un calo, sia a valore sia a volume del -0,2%.

Il Codacons parla di un maggio “freddo” per le vendite aò dettaglio. «In realtà le vendite non stanno affatto crescendo, e rimangono stazionarie rispetto allo scorso anno – spiega il presidente Carlo Rienzi – È evidente come tali dati siano del tutto insufficienti ai fini di una ripresa dei consumi. Nonostante i numeri positivi registrati a maggio, le vendite in Italia sono sostanzialmente ferme, confermando i tanti allarmi lanciati dal Codacons e la mancanza di misure per sostenere il commercio interno».

 

Avanzano ancora i discount, soffrono i piccoli esercizi

“Un dato poco rassicurante” anche se si tratta a volume della prima variazione tendenziale positiva dell’anno emerge dalle rilevazioni Istat  secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, visto che l’indice destagionalizzato si posiziona sui livelli più bassi degli ultimi anni. “Dalla debolezza della ripresa – fanno sapere dall’Ufficio Studi – restano più colpiti i negozi con meno di cinque addetti, che registrano una riduzione delle vendite in valore del 2,5%, mentre appare meno difficile la congiuntura delle imprese più grandi. La fiducia delle famiglie continua ad essere precaria, comprimendo la propensione al consumo”. 

Se le vendite di alimentari salgono a maggio 2017 rispetto a un anno prima in ipermercati (+0,2%) piccole botteghe alimentari (+0,3%) e supermercati (+0,4%) sono ancora i discount che fanno registrare l’incremento di gran lunga più significativo, del 3,2%.

Coldiretti evidenzia come sia proprio il settore alimentare a far registrare i risultati migliori con una media del +1,1%. “L’aumento della spesa alimentare su base annua è un segnale positivo poiché si tratta della seconda voce del budget familiare dopo l’abitazione. L’auspicio è che ora gli aumenti di spesa nella distribuzione alimentare si trasferiscano anche al settore agricolo dove – commenta Coldiretti –i compensi riconosciuti per molti prodotti non coprono neanche i costi di produzione”.

Fake news: quando il cibo può far paura

Paura del cibo? Sì, per 3 italiani su 4, ovvero per il 66% dei nostri connazionali.

A ingenerare il timore per le conseguenze che gli alimenti possano avere sulla nostra salute sono molto spesso le fake news propalate dal web. Ecco quanto emerge dall’indagine Coldiretti/ixè presentata in occasione della campagna #stopfakeatavola promossa dalla Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare nell’ambito del corso di formazione, organizzato in collaborazione con la Scuola Superiore della Magistratura.

Naturalmente da questa affermazione non bisogna però trarre la conseguenza che la rete vada criminalizzata in toto, si affretta a precisare Moncalvo, presidente Coldiretti. Perché internet, al contrario, può divenire un ottimo strumento per smascherare le bufale.

Est modus in rebus, quindi.

“Per questo – precisa – siamo impegnati nell’educazione nelle scuole e nell’informazione nei mercati degli agricoltori con il progetto Campagna Amica che consente di ricostruire un rapporto diretto tra chi produce e chi consuma nel segno della trasparenza. Un arricchimento culturale che, con la conoscenza diretta, contribuisce a combattere le fake news, ma anche ad adottare comportamenti di acquisto più informati e consapevoli che aiutano a scegliere i prodotti sugli scaffali anche nelle forme più tradizionali della distribuzione”.

Via libera all’indicazione di origine per il latte, Coldiretti presenta l’etichetta Made in Italy

Un’etichetta per il Made in Italy anche per latte e latticini: l’ha presentata la Coldiretti stamattina al tradizionale Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, dopo il via libera dell’Unione europea alla richiesta italiana di indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari. Sono infatti scaduti senza obiezioni alle ore 24 del 13 ottobre i tre mesi dalla notifica previsti dal regolamento 1169/2011 quale termine per rispondere agli Stati membri che ritengono necessario adottare una nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti. Le confezioni di latte, burro e mozzarella con le nuove etichette hanno lo scopo di aiutare i consumatori a scegliere. Il provvedimento fortemente sostenuto dalla Coldiretti era stato annunciato dal premier Matteo Renzi e dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina in occasione della Giornata nazionale del latte Italiano a Milano, organizzata proprio dalla maggiore organizzazione degli imprenditori agricoli in Europa.

“Il via libera comunitario – rileva la Coldiretti – risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani che secondo la consultazione pubblica online del Ministero delle Politiche agricole, in più di 9 casi su 10, considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione”.

 

Il provvedimento riguarda l’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari che dovrà essere indicata in etichetta con:

a) “paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte”;

b) “paese di condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato”

c) “paese di trasformazione: nome della nazione nella quale il latte è stato trasformato”;

Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato e trasformato nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della seguente dicitura: “origine del latte: nome del paese”. Se invece le operazioni indicate avvengono nei territori di più paesi membri dell’Ue, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi UE” per l’operazione di trasformazione. Infine se le operazioni avvengono nel territorio di più Paesi situati al di fuori dell’Unione Europea, possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi non UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi non UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi non UE” per l’operazione di trasformazione.

«Con l’etichettatura di origine si dice finalmente basta all’inganno del falso Made in Italy con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri, così come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta – ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – si tratta anche di un importante segnale di cambiamento a livello comunitario sotto la spinta dell’alleanza con la Francia che ha adottato un analogo provvedimento».

Ricchezza Made in Italy da tutelare

Le 1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt. garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione. Sono invece 487 i formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale. Sui mercati esteri i formaggi Made in Italy hanno fatturato 2,3 miliardi (+5%) nel 2015. 

Ad essere tutelati sono anche i consumatori italiani che hanno acquistato nel 2015 – secondo una analisi della Coldiretti – una media di 48 chili di latte alimentare a persona mentre si posizionano al settimo posto mondiale per i formaggi con 20,7 chilogrammi per persona all’anno dietro ai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche a islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri.  

Il provvedimento salva 120mila posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi che è la voce più importante dell’agroalimentare italiano dal punto di vista economico, ma anche da quello dell’immagine del Made in Italy. 

L’ entrata in vigore e fissata 60 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e potrebbe partire dal primo gennaio 2017, come è stato previsto per un testo analogo in Francia.

Terremoto, Coldiretti presenta le caciotte solidali a sostegno dell’economia locale

Il mercato di Campagna Amica al Circo Massimo, dove sabato partirà l'iniziativa.

Una caciotta solidale, prodotta dalla cooperativa che raccoglie e trasforma la gran parte del latte proveniente dalle stalle delle aree terremotate, da Amatrice a Norcia, per fermare l’abbandono con il lavoro alla popolazione che nelle campagne terremotate: la proporrà la Coldiretti per la prima volta 3 settembre a Roma in via di San Teodoro 74 nel mercato di Campagna Amica al Circo Massimo. La vendita sarà poi estesa ai mercati di tutta Italia.

Uno dei problemi che si presentano all’indomani del grave sisma che ha colpito nel centro Italia sono infatti i danni, che hanno coinvolto quasi mille aziende agricole delle campagne terremotate. Si tratta non solo di danni strutturali alle case, alle stalle e ai fabbricati rurali, ma anche della perdite di mercato a causa della difficile collocazione del prodotto, con costi aggiuntivi per la sistemazione degli animali sfollati (sono seimila le pecore e mucche presenti nella zona) che stanno subendo ulteriori disagi a causa del maltempo, per non parlare dl crollo delle presenze negli agriturismi per la paura del sisma.

L’obiettivo è stato raggiunto attraverso l’impegno per garantire la funzionalità delle stalle dove servono mangimi, acqua, energia, attrezzature per la mungitura e ricoveri sicuri per le mucche sopravvissute. Da superare anche il grave problema della conservazione e della raccolta del latte, con frane e smottamenti sulle strade rurali distrutte o interrotte. “Far vivere le stalle significa far ripartire l’economia e l’occupazione e contrastare l’abbandono in un territorio senza alternative all’agricoltura” spiegano dalla Coldiretti.

In occasione dell’iniziativa, gli agriturismi della Coldiretti prepareranno nel punto ristoro la pasta con un sugo all’amatriciana fatto realmente con ingredienti al 100% Made in Italy, dal grano nazionale impiegato nella pasta al pomodoro al pecorino romano fino al guanciale, ottenuto da maiali allevati in Italia. Per ogni piatto consumato, saranno destinati 2 euro ad azioni di sostegno alle popolazioni delle aree terremotate, con l’adesione alla campagna di solidarietà globale fondata sulla valorizzazione del piatto tipico della località più colpita dal sisma.

Coldiretti, giugno sorride ai discount, giù le botteghe alimentari

I consumatori scelgono, e a vedere i numeri sembra inarrestabile la tendenza a privilegiare il canale discount, che peraltro rispetto al passato presenta un’offerta sempre più ampia e variegata e format rinnovati e accoglienti, ed evita le botteghe sotto casa. Lo conferma una analisi della Coldiretti sui consumi di giugno, che, tra gli esercizi commerciali, vede solo le piccole botteghe alimentari in calo di vendite (-0,1%), mentre crescono significativamente solo i discount, che registrano un incremento dell’1,3%. Tra l’altro, un’inversione di tendenza rispetto al mese di maggio, dove anche i discount avevano sofferto (vedi Istat: a maggio calano le vendite di alimentari, e ora soffrono anche i discount).

La grande distribuzione alimentare aumenta le vendite dello 0,3% rispetto allo scorso anno. L’analisi della Coldiretti si basa sui dati sul commercio al dettaglio dell’Istat relativi a giugno 2016, che nell’alimentare fa registrare complessivamente un calo vendite dello 0,1% rispetto a maggio ed un aumento dello 0,2% su base annuale. L’auspicio dell’organizzazione degli imprenditori agricoli è che questi aumenti di spesa nella distribuzione alimentare si trasferiscano anche al settore agricolo “che si trova in piena deflazione con i compensi riconosciuti per molti prodotti che non coprono neanche i costi di produzione, dal latte al grano”.

Istat: a maggio calano le vendite di alimentari, e ora soffrono anche i discount

Vendite in calo a maggio, e a soffrire sono soprattutto gli alimentari: è quanto evidenziano i dati Istat sul commercio al dettaglio, che registrano una flessione del -1,3% rispetto a maggio 2015 nelle vendite a valore, con l’alimentare a -1,8% e il non alimentare a -1,0%. Dall’inizio dell’anno le vendite complessivamente segnano un +0,3% a valore sullo stesso periodo dell’anno precedente. Rispetto ad aprile 2016 le vendite al dettaglio registrano un incremento congiunturale dello 0,3% in valore e dello 0,2% in volume (+0,3% in valore e +0,1% in volume per gli alimentari e +0,3% sia in valore sia in volume per i non alimentari).

Nella media del trimestre marzo-maggio 2016, l’indice complessivo delle vendite al dettaglio in valore registra un calo congiunturale dello 0,3%. L’indice in volume diminuisce dello 0,4% rispetto al trimestre precedente.

Come rileva un’analisi della Coldiretti sugli stessi dati, le vendite crollano anche nei discount alimentari, che dopo anni di crescita invertono la tendenza e fanno segnare una riduzione dello 0,2%. “Le vendite dei prodotti alimentari si riducono in tutte le tipologie distributive, dagli ipermercati (-2,5%) ai supermercati (-1,4%), ma a registrare un vero tonfo sono le piccole botteghe alimentari (-3,2%). Si tratta – sottolinea una nota della Coldiretti – dei devastanti effetti della deflazione che si evidenzia particolarmente in campagna, dove le quotazioni per il grano sono praticamente dimezzate rispetto allo scorso anno, ma difficoltà si registrano anche negli allevamenti con il latte pagato ben al di sotto dei costi di produzione”. 

Non sembra più ottimista Federdistribuzione. «Il dato di maggio conferma le nostre preoccupazioni espresse ormai da molto tempo: siamo lontani da segnali stabili di ripresa dei consumi, con dati altalenanti nei mesi e che complessivamente indicano una dinamica molto debole – commenta il presidente Giovanni Cobolli Gigli – Particolarmente significativo è il calo delle vendite di prodotti alimentari (-1,8% a valore e -2,0% a volume), segno che la situazione economica e il generale clima di incertezza sul futuro frenano gli acquisti anche nella spesa dei prodotti essenziali.

Un quadro che, secondo l’associazione delle aziende della distribuzione moderna, non è destinato a migliorare nei prossimi mesi estivi, per due motivi: la debolezza della domanda interna ma anche il confronto con un 2015 particolarmente dinamico, conseguenza non solo dei fattori metereologici ma anche della spinta di Expo 2015, tanto che “una previsione realistica delle vendite al dettaglio per il 2015 potrebbe dunque essere vicino a una “crescita zero”“.

«Ma con questa evoluzione dei consumi lo sviluppo del Paese è a rischio, come testimoniano anche gli allarmanti dati di maggio della produzione industriale e degli ordinativi comunicati oggi dall’Istat. D’altra parte è del tutto comprensibile la difficoltà del settore industriale, di fronte a un mercato internazionale in frenata e a una domanda interna che non c’è – continua Cobolli Gigli -. La priorità deve essere la ripresa dei consumi, e su questo chiediamo sforzi ulteriori al Governo, chiamandolo a dare segnali di discontinuità con il passato sulle riforme per fornire più certezze sul futuro e a lavorare per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie e per semplificare e agevolare l’attività d’impresa».

 

Latte, via libera all’indicazione di provenienza. Il 67% degli italiani pagherebbe di più se italiano

Si gioca sul latte una delle battaglie che in tutta Europa sta impegnando i rapporti tra grande distribuzione e produttori, colpiti dai prezzi troppo bassi. Tanto che in dieci anni si è dimezzato il numero di stalle in Italia , che hanno segnato nel 2015 il minimo storico di 33mila allevamenti. Sullo sfondo, un consumatore disposto a pagare di più per la provenienza nazionale e la garanzia di qualità. Il premier Renzi presenta il decreto al World Milk Day.La soluzione sembra dunque essere l’obbligo dell’indicazione di origine. Una promessa che ha impegnato il premier Matteo Renzi e al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, al World Milk Day di ieri organizzato dalla FAO, che ha visto scendere in piazza a Milano migliaia di allevatori da tutto il Paese. In questa occasione è stato presentato infatti il Decreto sull’etichettatura obbligatoria del latte e dei derivati, come formaggi o yogurt, già inviato a Bruxelles.

 

Nove italiani su 10 vogliono sapere l’origine: per l’italiano di paga il 20% in più

La questione non è secondaria, visto che il 67% dei consumatori pagherebbe fino al 20% in più per un latte italiano, e il 12% spenderebbe anche di più. Il consumatore oggi vuole, pretende trasparenza. Secondo una consultazione pubblica online del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, in oltre 9 casi su 10 gli italiani considerano “molto importante” che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione.

In questo quadro apparentemente favorevole per la produzione nazionale, l’Italia è diventata il maggiore importatore di latte nel mondo con il risultato che oggi tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti nel nostro Paese provengono dall’estero, mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o cagliate straniere. Difficile però saperlo, perché non è obbligatorio riportare la provenienza in etichetta. È quanto emerge dallo studio Coldiretti “Il latte italiano, un primato da difendere” presentato alla Giornata del latte italiano a Milano.

 

I numeri del latte in Italia

I consumatori italiani che hanno acquistato nel 2015 una media di 48 litri di latte alimentare a persona mentre si posizionano al settimo posto su scala mondiale per i formaggi, con 20,7 chilogrammi per persona all’anno dietro ai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri.

Sul fronte della produzione, abbiamo 33mila allevamenti e 1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia, per una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte, mentre sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte dall’estero.

Una produzione quella nazionale, secondo Coldiretti “garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione”. Ma sono ancora di più, 488, i formaggi italiani tradizionali censiti dalle regioni perché ottenuti secondo metodi mantenuti inalterati nel tempo. Il settore impiega 120mila persone nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi, la voce più importante dell’agroalimentare italiano.

Una qualità costantemente minacciata: da una parte dagli oltre 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, che sono imbustati o trasformati industrialmente per diventare mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Nell’ultimo anno secondo Coldiretti avrebbero superato il milione di quintali le cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Dall’altra all’estero, dove i formaggi Made in Italy hanno fatturato ben 2,3 miliardi (+5%) nel 2015, dove dilaga il fenomeno dell’Italian Sounding e del’agropirateria internazionale.

 

La Ue consente l’etichetta, previa consultazione popolare

Secondo Coldiretti, l’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, dei formaggi o dello yogurt non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionali. “In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Anche l’Ue ha dato il feu rouge all’etichettatura d’origine, con il regolamento comunitario N.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, che consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti, previa con consultazione con parere favorevole da parte dei cittadini.

Un circolo virtuoso che ha visto già impegnati, oltre al ministero, anche alcuni enti locali e insegne della grande distribuzione. Ne son una prova le iniziative, già segnalate, di Carrefour (leggi Carrefour e Regione Piemonte, accordo sul latte a Km zero: nasce “Piemunto”) in Piemonte e Coop in Lombardia (leggi Coop dà sostegno al latte italiano con promozioni e 10mila quintali di acquisti in più).

Come cambia la spesa degli italiani: su legumi, quarta gamma e riso, giù carne e uova

Cambiano i tempi e gli stili di vita, la composizione famigliare e le fonti di informazione, e alla fin fine cambia anche il modo di fare la spesa degli italiani, che mettono nel carrello, e sulle loro tavole, un mix di alimenti diverso rispetto al passato. Privilegiando frutta e verdura, magari di quarta gamma perché i tempi per stare in cucina sono sempre più risicati, e penalizzando le proteine animali, carne e uova in primis. Lo dicono i numeri elencati da Coldiretti: nel carrello del 2015 sono finiti più frutta (+5%) e verdura fresca (+3%) e meno carne (-6%) e uova (-4%), è stabile il consumo di pasta (+1%) e vola il riso (+5%).

Se i consumi alimentari nel 2015 nel complesso rimangono stabili (+0,4%), nella composizione sono fortemente influenzati da una serie di valutazioni derivanti da diete, tendenze salutistiche, necessità di risparmio, allarmismi ed esigenze di praticità.

 

Olio +19%, carne suina -9%

Se nel 2015 il risultato più straordinario è stato messo a segno dall’olio di oliva con +19% della spesa, l’allarmismo si è fatto sentire sugli acquisti di carne delle famiglie che sono crollati del 9% per quella fresca di maiale, del 6% per quella bovina e dell’1% per quella di pollo come pure per i salumi, scendendo ai minimi dell’inizio del secolo.

 

Bene legumi, vino e quarta gamma

Ad aumentare non sono solo i consumi di ortofrutta. Gli acquisti di i legumi secchi sono aumentati in valore del 5% nel 2015 con un ottimo risultato per i ceci in scatola (+11%), e le lenticchie secche (+7,2%), mentre i mix di legumi secchi sono balzati avanti del 15%. In questo contesto le scelte degli italiani premiano anche la praticità d’uso con l’aumento nel 2015 dei consumi di verdure pronte per l’uso, cosiddette di quarta gamma, che fanno segnare in media un +2% della spesa ma la percentuale sale al +3% per gli spinaci e addirittura al +6% per le carote.

Nel 2015 si registra anche una svolta storica per il vino che dopo anni ha visto risalire le vendite delle bottiglie nei supermercati italiani del 2,8% ma è significativo che sul podio dei vini che hanno fatto registrare il maggior incremento delle vendite si trovano produzioni legate al territorio, dal 34,2% di bottiglie stappate di Passerina marchigiana al 22,2% di Valpolicella Ripasso (Veneto) fino al 19,9% del Pecorino (Marche /Abruzzo) secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Infoscan Census per le vendite in volume di bottiglie da 0,75 litri.

 

Nielsen: private label bene se premium e green

I dati di Nielsen confermano l’attenzione verso la salute e la qualità al giusto prezzo, evidenziati nell’andamento positivo delle marche commerciali (+5,1 nel 2015nella totalità dei canali della Gdo) e in particolare nelle linee Premium e Green, le cui vendite hanno registrato un incremento del 16%, e del +10% rispettivamente, mentre risultano sensibilmente negative le linee primo prezzo, al -21%.
Nielsen ha anche tracciato l’identikit del prodotto vincente: deve far risparmiare tempo, essere naturale, salutistico e gustoso ma possibilmente con meno calorie e grassi. E infatti crescono le vendite dei prodotti per uno stile di vita sano: gluten free +29,3%, alta digerib./no lattosio +4,9%, cibi e latte di soia + 15,7%, gallette +21,9%, integrali +13,7%, biologico +20,3%. Bene anche i prodotti che facilitano la vita: salumi affettati +8,9%, piatti pronti freschi +31,2%, spuntini/tramezzini +35,2%, ma anche salmone +12,2%, zuppe pronte fresche + 41,7%.

Carne, consumi a picco, Coldiretti organizza la Giornata nazionale della Carne italiana

In migliaia tra allevatori, consumatori, cuochi, nutrizionisti e gourmet sono scesi in piazza per la Giornata nazionale della Carne italiana a Torino, presso il Centro Congressi del Lingotto, chiamati a raccolta da Coldiretti con l’obiettivo di combattere “gli allarmismi infondati, le provocazioni e le campagne diffamatorie” contro la “fettina”. Che negli ultimi tempi ha subito una vera e propria “emorragia” di consumi: quasi un italiano su dieci l’ha eliminata dalla sua dieta, e nel 2015 in particolare, complice anche l’allarmismo che ha coinvolto carne rossa e salumi, ha colpito in particolare gli acquisti delle famiglie, crollati del 9% per la carne fresca di maiale, del 6% per quella bovina e dell’1% per di pollo e salumi, registrando uno dei minimi storici dall’inizio del secolo.

In forte aumento anche la percentuale di chi non mangia carne: il 7,1% degli italiani nel 2015 (contro il 5,9% del 2014) si dichiara vegetariano e l’1% vegano, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eurispes.

Consumi in calo, 12mila stalle chiuse

Proprio nel 2015 secondo la Coldiretti la carne ha perso il primato retrocedendo a seconda voce del budget alimentare delle famiglie italiane dopo l’ortofrutta, con una spesa scesa a 97 euro al mese e un’incidenza del 22% sul totale. Un trend negativo in atto da anni, tanto che non si è mai mangiata così poca carne in Italia dall’inizio del secolo: in media a 85 grammi al giorno. Il consumo degli statunitensi, ad esempio, è superiore al nostro del 60%, quello degli australiani del 54%, quello degli spagnoli del 29% e quello dei francesi e dei tedeschi del 12%.

«Serve educazione e buon senso e soprattutto rispetto per tutti i diversi stili alimentari ai quali l’agricoltura italiana può offrire grandi opportunità di scelta grazie ai primati conquistati nella qualità e nella biodiversità -, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -; proprio il rispetto dei principi della dieta mediterranea ha garantito fino ad ora all’Italia una speranza di vita da record a livello mondiale di 80,1 anni per gli uomini e di 84,7 anni per le donne».

La crisi ha naturalmente colpito le stalle da carne italiane: negli ultimi cinque anni ne sono chiuse quasi 12mila per effetto delle importazioni dall’estero, che oggi rappresentano quasi 1/3 dei consumi, con effetti sull’economia, sull’occupazione e sulla sicurezza alimentare. Ciò ha portato alla scomparsa di circa 300mila bovini da carne, mezzo milione di maiali e 700mila conigli. In Italia “resistono” 80mila allevamenti di bovini da carne, cinquemila di maiali e 4500 di polli da carne. In gioco c’è il futuro delle stalle nazionali dove sono ancora allevati 8,7 milioni di maiali, 6,1 milioni di bovini da carne e 6,5 milioni di conigli, ma risultano minacciate di estinzione ben 24 razze di bovini, 10 di maiali e 10 di avicoli sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale della precedente programmazione.

Tagli minori una via d’uscita?

Un modo per superare l’impassse è quella seconda la Coldiretti di valorizzare i tagli “minori” o “alternativi” ai più nobili filetto e costate, perché permettono di risparmiare fino al 50% essendo più economici, e anche, a volte, più adatti alla ricetta che si vuole portare in tavola. Tagli come bolliti e faentina (pancia tagliata a fette e cotta alla griglia), lingua e trippa e anche, per il bovino, il collo, taglio di terza categoria dalla carne gustosissima (ottima per bolliti o stracotti, ma anche per preparare polpette e ragù), la punta di petto, taglio molto economico che può essere usato per preparare arrosti o brodi, il campanello, piccolo taglio molto apprezzato per bistecche alla brace, spezzatini, stracotti e stufati, il geretto, detto anche muscolo, adatto per la preparazione di ossibuchi e stufati. Del maiale la cotenna e le costine. Del pollo del pollo le zampe, le ali e il collo.

 

Arriva la stagione della griglia per 7 italiani su 10

In ogni caso, all’arrivo della bella stagione sono pochi gli italiani che rinunciano alla griglia: secondo la Coldiretti oltre sette famiglie italiane su dieci (71 per cento) la praticano al mare, in montagna, nei parchi, in campagna o più semplicemente a casa propria.

DSC_4670 (2000x1324)

Su twitter spopola l’hashtag dell’iniziativa: #bracioleallariscossa.

Earth Day: in Italia in 15 anni resta un albero da frutto su tre, a rischio l’agroalimentare italiano

Negli ultimi 15 anni secondo Coldiretti nelle campagne si è salvata una pianta da frutto su tre, con la scomparsa di oltre 140mila ettari di meli, peri, peschi, aranci, albicocchi e altre piante da frutto, con il serio rischio di far perdere all’Italia il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea.

Non solo: in Italia negli ultimi 25 anni si è persa il 28 per cento della terra coltivata. Le cause? Cementificazione e abbandono delle campagne, provocati da un modello di sviluppo che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile oggi a 12,8 milioni di ettari. L’allarme è lanciato dalla Coldiretti in occasione della 46esima edizione dell’Earth Day, la Giornata Mondiale della Terra che si celebra in tutto il mondo il 22 aprile con appuntamento centrale a New York dove Ban Ki Moon e i leader mondiali ratificheranno lo storico accordo sul Clima siglato lo scorso dicembre a Parigi.

La situazione – continua la Coldiretti – non è migliore per le fattorie da dove sono scomparsi 2 milioni di animali tra mucche, maiali e pecore negli ultimi dieci anni con il pericolo di estinzione per le razze storiche e lo spopolamento delle aree interne e montane, ma a rischio c’è anche il primato dell’enogastronomia Made in Italy con la dipendenza dall’estero che per carne, salumi, latte formaggi che è vicina al 40%. E sono 130 le razze minacciate di estinzione tra cui 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale della precedente programmazione.

Su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo si abbattono i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Il risultato è che sono saliti a 7.145 i comuni italiani, ovvero l’88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra.

Secondo Coldiretti “occorre combattere concretamente i due furti ai quali è sottoposta giornalmente l’agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente”.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare