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Il caro prezzi svuota il carrello della spesa

Il caro prezzi taglia la spesa alimentare degli italiani che risulta in calo in quantità del 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ quanto emerge dall’ analisi Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio al dettaglio a maggio che su base annua fanno registrare una diminuzione delle quantità di beni alimentari acquistate per il quinto mese consecutivo.

Il risultato positivo in valore è dovuto esclusivamente all’aumento dei prezzi che per i beni alimentari sono aumentati in media dell’8,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat a giugno. Dal +68,6% dell’olio di semi al +13,4% dei gelati, i rincari dei costi energetici e di produzione alimentati dalla guerra in Ucraina contagiano i prezzi nel carrello della spesa con aumenti che – sottolinea la Coldiretti – che colpiscono duramente le imprese e le tavole dei consumatori. Se in cima alla classifica dei rincari ci sono gli oli di semi al secondo posto c’è il burro con un +27,7% e al terzo la farina, con i prezzi in salita del 20,5% trainati dagli aumenti del grano che interessano anche la pasta, in salita del 18,3%. Quinta piazza per la margarina (+16,8%) e sesta per la carne di pollo (+15,1%), mentre alla settima c’è il riso, con diecimila ettari seminati in meno quest’anno per la siccità che sta tagliando anche i raccolti. Rincari a doppia cifra – continua Coldiretti – pure per le uova (+13,6%).

L’impatto dell’inflazione è evidente dal fatto che in controtendenza – sottolinea la Coldiretti – volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +9,8% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio tradizionale. Il risultato dei discount – precisa la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo e su beni essenziali.

La punta dell’iceberg della situazione di difficoltà in cui si trovano i consumatori sono 2,6 milioni di persone costrette addirittura a chiedere aiuto per mangiare, in aumento nel 2022 a causa della crisi scatenata dalla guerra in Ucraina con l’aumento dell’inflazione, dei prezzi alimentari e i rincari delle bollette energetiche, secondo l’analisi Coldiretti su dati Fead. Il Fondo per l’aiuto europeo agli indigenti (Fead) in Italia aiuta 2.645.064 persone tra cui 538.423 bambini (di età uguale o inferiore ai 15 anni), 299.890 anziani, 81.963 senza fissa dimora (di età uguale o superiore ai 65 anni), 31.846 disabili, secondo l’analisi della Coldiretti.

Se i prezzi per le famiglie corrono, spinte dal caro energia e dalla guerra, l’aumento dei costi colpisce duramente – precisa la Coldiretti – l’intera filiera agroalimentare, con i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori che non riescono ormai neanche a coprire i costi di produzione. Più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione.

Uno tsunami che si è abbattuto a valanga sulle aziende agricole con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle aziende agricole. Nelle campagne – continua la Coldiretti – si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo studio del Crea.

“Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni”.

Caro prezzi, volano gli acquisti al discount

Il caro prezzi fa volare gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +10,1% nelle vendite in valore, il più elevato tra tutte le tipologie distributive alimentari. E’ quanto emerge dall’ analisi Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio al dettaglio a aprile che complessivamente registra un aumento del 5,5% degli acquisti alimentari rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si tratta però -sottolinea la Coldiretti – di un risultato dovuto esclusivamente al caro prezzi con le quantità di prodotti alimentari acquistati che si riducono dello 0,8%.

Il balzo dei discount – continua la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo, nel tempo della guerra.

Gli aumenti record delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime si riflettono, infatti, – sottolinea Coldiretti – sui costi di produzione del cibo ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi.

Una situazione che – conclude la Coldiretti – nei Paesi più ricchi provoca inflazione, mancanza di alcuni prodotti e aumenta l’area dell’indigenza alimentare ma anche gravi carestie nei Paesi meno sviluppati.

Export: exploit italiano su birra, spumante e caviale

Birra, Spumante e caviale: l’export italiano vola e fanno capolino anche produzioni ‘più esotiche’. L’analisi di Coldiretti in occasione di Cibus.

L’Italia (e il suo export) vanno alla grande e macinano volumi. Spumante, birra e caviale: tre categorie di prodotto in cui il Bel Paese dà punti al resto d’Europa. Ecco alcune evidenze emerse dall’analisi della Coldiretti su dati Istat per l’apertura di Cibus.

Se sul fronte birra le esportazioni italiane verso la Germania crescono del 10% e del 32% quelle verso gli USA, altrettanto bene vanno quelle di spumante in Francia: +8%.
Quanto al caviale la crescita è del 187%, con l’Italia che è diventata leader mondiale nell’allevamento.
A guardar bene, secondo quanto emerge dalle proiezioni Coldiretti su dati Istat, è la filiera dell’agroalimentare nel suo complesso quella che ha dimostrato la maggiore resilienza alla crisi mettendo a segno nel 2021 il record storico nelle esportazioni in aumento del 12% nel primo semestre per un valore annuale stimato in 50 miliardi. A trainare le vendite all’estero sono i settori tradizionali del Made in Italy ma non mancano – sottolinea la Coldiretti – risultati interessanti dovuti alla capacità di innovazione, qualità del prodotto e spirito imprenditoriale.

Un esempio, in questa direzione, è quello fornito dalla birra artigianale con una produzione che ha raggiunto i 550 milioni di litri all’anno, dei quali circa un terzo si ottengono da aziende che trasformano direttamente i prodotti agricoli.

Ma gli esempi continuano come le prime spedizioni di riso tricolore verso la Cina o il boom della produzione di frutta esotica Made in Italy con le coltivazioni nazionali che in meno di tre anni sono raddoppiate superando i mille ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria per sfruttare positivamente gli effetti drammatici dei cambiamenti climatici.

Sempre più spesso nelle regioni del Sud prima si sperimentano e poi si avviano vere e proprie coltivazioni di frutta originaria dell’Asia e dell’America Latina dalle banane ai mango, dall’avocado al lime, dal frutto della passione all’anona, dalla feijoa al casimiroa, dallo zapote nero fino al litchi. Il tutto grazie all’impegno di giovani agricoltori – ricorda la Coldiretti – che hanno scelto questo tipo di coltivazione, spesso recuperando e rivitalizzando terreni abbandonati proprio a causa dei mutamenti climatici, con oltre sei italiani su 10 (61%) acquisterebbero tropicali italiani se li avessero a disposizione invece di quelli stranieri, secondo un sondaggio Coldiretti-Ixè.

Terre d’Italia: arrivano le referenze controllate da Filiera Agricola Italiana

Carrefour Italia e Filiera Agricola Italiana presentano le prime referenze a marchio Terre d’Italia realizzate da produttori che sono stati controllati da Filiera Agricola Italiana spa che, attraverso il label FDAI (Firmato dagli agricoltori italiani), supporta, promuove e garantisce la tracciabilità della filiera produttiva per sostenere l’utilizzo di materie prime nazionale, offrendo opportunità concrete di crescita per le le filiere, i territori e le economie locali.

L’accordo, annunciato a settembre 2019 in occasione del Salone Carrefour ed ora in fase di implementazione, nasce con l’obiettivo di tracciare i prodotti alimentari lungo tutta la filiera produttiva, sostenendone l’identità territoriale, lo sviluppo della biodiversità e tutelando i diritti dei lavoratori.

I primi prodotti a provenienza garantita FDAI, disponibili nei punti vendita Carrefour ad insegna Ipermercati, Market ed Express di tutta Italia, sono il Succo di Agrumi di Calabria e il succo di Clementine Igp di Calabria, la Gramigna dell’Emilia (pasta fresca), alcune referenze di Pasta Secca di Napoli (ad esempio Paccheri e Rigatoni…) e le Cime di Rapa surgelate.

Le nuove referenze sono state presentate a Marca – Private Label Conference and Exhibition, seconda fiera in Europa del settore MDD, organizzata da BolognaFiere in collaborazione con l’Associazione della Distribuzione Moderna (ADM), alla presenza dell’amministratore delegato di Carrefour Italia Gérard Lavinay e il Presidente di Filiera Agricola Italiana e di Coldiretti nazionale Ettore Prandini.

Grazie alla partnership, le specialità del Made in Italy troveranno spazio sugli scaffali del Gruppo Carrefour, che opera in Italia con oltre 1.000 punti vendita in 18 regioni. Il progetto offrirà inoltre l’opportunità ad alcuni prodotti di essere distribuiti anche all’estero: ad oggi, Carrefour Italia esporta oltre 570 prodotti a marchio proprio, per un valore totale di 180 milioni di Euro l’anno di export. Di questi, 5 milioni e mezzo sono relativi a 50 prodotti a marchio Terre d’Italia.

Gérard Lavinay, Presidente di Carrefour Italia dichiara: “L’impegno per la tracciabilità della filiera dei prodotti alimentari e per la sostenibilità, sia ambientale che sociale, rappresenta per Carrefour un elemento fondamentale, in linea con la propria strategia di transizione alimentare ed il piano di trasformazione Act for Food. Proprio per questo motivo, la collaborazione con Filiera Agricola Italiana ha un valore per noi molto importante, perché è una testimonianza concreta della promessa di qualità fatta ai nostri consumatori, sempre più attenti all’origine dei prodotti e all’impegno tangibile per sostenere tutti gli attori della filiera italiana. Questa collaborazione con FDAI, ci permettendoci di alimentare un sistema virtuoso incentrato sulla valorizzazione, la promozione e la diffusione, sia nel nostro paese che all’estero, delle eccellenze della produzione agroalimentare italiana.”

Ettore Prandini, Presidente Coldiretti Italia dichiara: “In un Paese come l’Italia, che ha il primato europeo nella qualità e nella sicurezza alimentare, è necessario garantire una presenza sempre più capillare del prodotto 100% italiano sugli scaffali, che va sostenuta con la trasparenza dell’informazione ai consumatori sulla reale origine degli alimenti che acquistano, e attraverso la collaborazione dei protagonisti più attenti della distribuzione commerciale” ha affermato il Presidente di Filiera Agricola Italiana, Ettore Prandini, nel sottolineare anche “l’importanza dell’obiettivo fissato da Carrefour Italia di portare prodotti italiani all’estero, dove troppo spesso alimenti stranieri vengono spacciati come nazionali facendo perdere valore al vero Made in Italy”.

 

 

 

Euronics in Piazza Castello insieme a Coldiretti, per celebrare il Km 0

Euronics è il primo e l’unico sponsor tecnologico di Villaggio Coldiretti, la manifestazione che dà spazio al patrimonio agroalimentare italiano e porta la campagna nel cuore delle città. La partnership avviata nel 2018  si rinnova per la tappa del capoluogo lombardo, nella centralissima piazza Castello, da venerdì 5 a domenica 7 luglio.

Le origini della collaborazione

L’insegna ha colto da tempo l’attenzione degli italiani per un’alimentazione e una cucina sana, puntando quindi ad arricchire e a rinnovare costantemente la propria offerta di piccoli e grandi elettrodomestici che, grazie a innovazioni tecnologiche, permettono di preparare piatti o bevande salutari in tempi brevi, senza compromessi sul gusto e capaci di preservare le caratteristiche nutrizionali degli alimenti. Euronics sarà presente alla manifestazione, che si estenderà su oltre su oltre 200 mila metri quadri, con uno stand di 70 metri quadrati. Durante le tre giornate alcuni chef con piccoli e grandi elettrodomestici selezionati da Euronics, prepareranno piatti e bevande utilizzando prodotti a km zero messi a disposizione dai produttori di Coldiretti e mostreranno concretamente funzionalità e plus degli elettrodomestici per mangiare in modo sano e gustoso, cucinando con facilità e in poco tempo.

Gli hero products
Protagonisti dello stand gli “hero products” di marchi da tempo impegnati nell’innovazione di prodotto e attenti a un approccio healthy, come Cookeo e Companion di Moulinex, la macchina per fare il pane e lo Slow Juicer Frozen di Panasonic, la friggitrice ad aria Air Fryer e il Pasta Maker di Philips, il forno Dual Cook e i piani induzione Virtual Flame di Samsung. L’acqua sarà depurata grazie alle Caraffe Brita e sarà attiva una degustazione di Caffè Borbone.
“La partecipazione al Villaggio Coldiretti conferma la volontà della nostra insegna di essere presente per ogni tipo di cliente e riafferma, ancora una volta, la nostra vicinanza al tema dell’educazione a una sana alimentazione, che passa dalla valorizzazione dei tantissimi prodotti della produzione agroalimentare italiana, ma anche dalla proposta, nei nostri oltre 400 negozi, di prodotti hi-tech pensati per la cucina attenta alla salute, oltre che al gusto”, afferma Alessandro Butali, Presidente di Euronics Italia.

“Oggi è importante raggiungere i consumatori anche al di fuori dei punti vendita e comunicare messaggi che vadano oltre la pura performance del prodotto stimolando così un acquisto non di sostituzione, ma di innovazione. Il Villaggio Coldiretti è la perfetta sintesi di questi obiettivi e il migliore contesto nel quale incontrare un pubblico estremamente vasto ed eterogeneo facendo provare le novità di prodotto e toccare con mano i loro tanti vantaggi grazie alla presenza di chef qualificati e all’utilizzo delle migliori materie prime” aggiunge Andrea Borromeo, Category Manager SDA di Euronics, che conclude: “Questo tipo di iniziativa, in sinergia con le tante attività che vengono organizzate nei nostri store, mira ad accrescere la rilevanza della nostra insegna nei segmenti della food preparation e delle cooking machines. Quale miglior modo di ‘fare cultura’ con questi prodotti mostrandone tutte le peculiarità e consentendo la degustazione del prodotto finito? ”.
I visitatori dello stand Euronics avranno inoltre la possibilità di acquistare nell’area shop dedicata anche attraverso il Digital Store che apre ad un ampio catalogo prodotti. Inoltre, Euronics si propone in questa occasione di far conoscere ai visitatori la Carta Fedeltà Euronics con la possibilità di sottoscriverla in diretta.

Origine in etichetta, scatta l’obbligo anche per i pelati e derivati dell’oro rosso

Foto: Coldiretti.

Anche l’oro rosso è tracciato: scatta l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro. È infatti scaduto il termine di 120 giorni previsto per l’entrata in vigore, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro.

I prodotti Made in Italy ottenuti con pomodori coltivati e trasformati in Italia saranno ora riconoscibili sugli scaffali dalla dicitura “Origine del pomodoro: Italia”.

Le confezioni di tutti i derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno infatti avere d’ora in poi obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato;
b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del Paese in cui il pomodoro è stato trasformato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.

Per consentire lo smaltimento delle scorte i prodotti che non soddisfano i requisiti previsti dal decreto, perchè immessi sul mercati o etichettati prima dell’entrata in vigore del provvedimento, possono essere commercializzati entro il termine di conservazione previsto in etichetta.

Si tratta di una attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori dopo che dall’estero – rileva la Coldiretti – sono arrivati nel 2018 il 15% di derivati di pomodoro in più rispetto allo scorso anno (elaborazioni Coldiretti su dati Istat) relativi ai primi cinque mesi con 86 milioni di chili provenienti nell’ordine da Stati Uniti, Spagna e Cina.

 

Quai 5 milioni di tonnellate

La nuova normativa entra in vigore mentre si sta concludendo la campagna di raccolta del pomodoro in Italia che quest’anno dovrebbe assicurare un raccolto attorno a 4.750.000 tonnellate, con una buona qualità in termini di gradi Brix, ovvero di contenuto zuccherino, ma rese all’ettaro sotto le medie degli ultimi anni. Si tratta di una attività che impegna in moto in Italia una filiera di eccellenza del Made in Italy che coinvolge circa 7.000 imprese agricole, oltre 100 imprese di trasformazione e 10.000 addetti, che esporta 2 miliardi di euro di derivati del pomodoro in tutto il mondo.

L’Italia è il principale produttore dell’Unione Europea dove le previsioni riportano un calo produttivo complessivo del 14%, con riduzioni superiori al 20% in Spagna e Portogallo. A livello mondiale, il calo della produzione sarebbe meno sostenuto (-6,6%), nonostante la previsione di un meno 40% per la produzione cinese di pomodoro da industria, mitigata da un +14% della produzione californiana.

Sempre secondo Coldiretti oggi in Italia si consumano conserve di pomodoro per circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria. I proodtti più gettonati sono, nell’ordine, le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati.

L’obbligo di orgine in etichetta per i prodotti a base di pomodoro segue quello per latte e prodotti lattiero-caseari, grano pasta e riso, di carni di manzo, maiale, di ovini e caprino e di pollame, prodotti ittici, olio, uova, miele e ortofrutta fresca.

Benessere al supermercato: carrello più salutare, Waitrose lancia le lezioni di yoga

Il punto vendita sempre più diventa luogo di accoglienza e interazione con il cliente che va ben al di là della singola spesa, con un’attenzione sempre più spinta verso il benessere: la catena della Gdo britannica Waitrose ad esempio questo mese lancia i corsi di yoga. Sullo sfondo il desiderio di stare bene che ha investito le scelte nutrizionali, cambiando di fatto gli acquisti. In Europa come in Italia: Coldiretti segnala un aumento del +7% per il pesce fresco, del 4,3% per la frutta fresca e del 4% per gli ortaggi freschi per una spesa alimentare che dopo cinque anni nel 2017 torna a crescere (del 3,2%, dati Ismea). Il che significa che sulle tavole degli italiani non si consuma così tanta frutta e verdura da inizio secolo. L’andamento positivo è favorito da nuove modalità di consumo e tecnologie casalinghe come centrifughe ed essiccatori. L’attenzione verso i segmenti naturale e benessere è confermata dalla forte crescita di alimenti come la frutta secca, +7,9%, la pasta di semola integrale, +16% o il riso integrale, + 20% rispetto al 2016. Bene anche zuppe pronte (+33%) e le insalate in busta con gli ortaggi di IV gamma (+4,3%), mentre l’olio extravergine di oliva cresce dell’11%. L’altra faccia della medaglia è la flessione di un grande classico della tradizione italiana percepito come non più così salutare come la pasta, con una flessione dei derivati del pomodoro (-0,5%) e della pasta secca di semola (-3%) per i quali nel 2018 secondo Coldiretti si attendono riscontri positivi con l’entrata in vigore dell’obbligo indicare in etichetta l’origine degli ingredienti utilizzati.

E visto che il benessere non si gioca solo a tavola, e che il punto vendita diventa sempre più luogo di attrazione (la spesa noiosa, da riordino, si farà sempre più online, e in automatico) Waitrose apre le porte dei suoi spazi la sera proponendo da questo mese  in tre punti vendita lezioni di yoga. Tenute da istruttori qualificati, costano £ 7 (7,9 euro) una e £ 35 (39 euro) il pacchetto da sei lezioni.

Come chiarisce Moira Howie, Nutrition Manager di Waitrose: «Sappiamo che il benessere generale è sempre più importante per i nostri clienti. Oltre a mangiare bene ora possono anche rilassarsi e godere dei benefici dello yoga in alcuni punti vendita, e allo stesso tempo fare nuovi incontri».

Sempre sul fronte benessere Waitorse sta testando anche in un paio di supermercati un nutrizionista personale che fornisce consigli dietetici personalizzati ai clienti.

Etichette a semaforo: prosegue la polemica di Coldiretti

Riprende con vigore la polemica di Coldiretti contro l’etichettatura a semaforo di matrice anglosassone, oggi diffusa in Europa. Il perché lo ha ribadito il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo all’incontro “Letichetta alimentare corretta che informa senza fuorviare organizzato da Paolo De Castro ed Elisabetta Gardini: questa modalità di etichettare i prodotti, spiega, “boccia l’85% del Made in Italy Doc, tra cui le prime tre specialità Dop Made in Italy piu’ vendute in Italia e all’estero come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano ed il prosciutto di Parma, ma si arriva addirittura a colpire anche l’extravergine di oliva, considerato il simbolo della dieta mediterranea”.

“Con l’inganno delle etichette a semaforo – ha continuato Moncalvo – si rischia di sostenere, attraverso un approccio semplicistico, modelli alimentari sbagliati che mettono in pericolo, non solo la salute dei cittadini italiani ed europei ma anche un sistema produttivo di qualità che si è affermato pure grazie ai riconoscimenti dell’Unione Europea. In gioco per l’Italia – ha precisato – c’è la leadership italiana in Europa nelle produzioni di qualità con 293 riconoscimenti di prodotti a denominazione (Dop/Igp).”
Un’informazione fuorviante e poco chiara. Un dato per tutti: da quando è entrata in vigore in Gran Bretagna nel 2017 – sottolinea Moncalvo- le esportazioni italiane di olio extravergine considerato unanimemente un elisir di lunga vita sono calate dell’’11%.
 

Sequestro Gm Catania, le agromafie, business in crescita da 21,8 miliardi, anche nella Gdo

Un business in crescita addirittura del 30% nel 2017, e che va ormai dal controllo dei supermercati a quello della distribuzione dei prodotti agroalimentari: è quello delle agromafie, che ormai secondo Coldiretti gestisce un volume d’affari di 21,8 miliardi di euro, con attività che riguardano l’intera filiera agroalimentare. Lo conferma l’ultimo fatto di cronaca che ha visto il maxi-sequestro a Catania di beni per 41 milioni di euro a Michele Guglielmino, di 48 anni, personaggio vicino al clan Cappello-Bonaccorsi., tra cui l’intero patrimonio aziendale della catena di supermercati Gm con 13 supermercati “G.M.” tra  Catania provincia.

Secondo Coldiretti le mafie condizionano il mercato agroalimentare stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto. “In questo modo la malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy”.

Sarebbe proprio l’agroalimentare una delle aree prioritarie di investimento della malavita, settore strategico “perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone”. All’interno di questa logica i supermercati sono ideali coperture, con una facciata di legalità dietro la quale non è sempre facile risalire ai veri proprietari e all’origine dei capitali. 

«Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale – ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -, ma anche con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto».

 

Mani anche sulla ristorazione

Anche la ristorazione è bersaglio della criminalità organizzata, e sarebbero cinquemila i locali nelle mani della criminalità. Secondo il presidente Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi Lino Enrico Stoppani «La Ristorazione è vittima di un sistema malavitoso che impone ricatti ed estorsioni e che acquisisce locali, completando la sua filiera criminale, inquinando il settore e distorcendo le dinamiche concorrenziali, producendo danni aggiuntivi, anche di natura reputazionale per tutto il comparto, fatto per la stragrande maggioranza di operatori perbene, che lavorano e faticano valorizzando la filiera agro-alimentare».

Sempre secondo Fipe “va ripreso e rafforzato il controllo del territorio, tenuto monitorato lo sviluppo delle imprese, individuando indici di allerta (socio effettivo, importo degli avviamenti pagati, corrispettivi incassati, concentrazione di attività) che evidenzino anomalie sulle quali intervenire, proteggendo i veri imprenditori del settore che devono poter svolgere il loro lavoro liberamente, senza ricatti o distorsioni”.

 

 

Pomodoro Made in Italy resta a casa, in cooperativa: Pomì compra De Rica

Soddisfazione da più parti è stata espressa per l’acquisto dello storico marchio De Rica da parte del Consorzio Casalasco del Pomodoro, più noto al pubblico come detentore del marchio Pomì e leader in Italia nella coltivazione, produzione e trasformazione del pomodoro. A cedere il noto brand è Generale Conserve S.p.A., società genovese col core business nel tonno in scatola a marchio AsdoMar. L’operazione, sottolineano le parti, “riporta il rinomato brand nella sua zona originaria di produzione e decreta il passaggio di un altro importante marchio italiano direttamente in mano al mondo agricolo cooperativo, espressione di una filiera tutta italiana con un forte legame col proprio territorio d’origine”. Consorzio Casalasco del Pomodoro Soc.Agr.Coop conta 370 aziende agricole associate che coltivano 7.000 ettari di terreno dislocati nella pianura Padana tra le province di Cremona (dove ha sede a Rivarolo del Re), Parma, Piacenza e Mantova.Una terra che, nell’area padana, oggi permette alle 550.000 tonnellate di pomodoro fresco raccolto di essere trasformato nei 3 stabilimenti di proprietà della cooperativa Consorzio Casalasco in prodotti esportati in 60 Paesi nel mondo. Non viene precisato dalle parti il prezzo della compravendita avvenuta nei giorni scorsi.

Esprime soddisfazione Coldiretti che ricorda come oggi ben 3 marchi storici su 4 che siano in mani straniere, con la perdita di autonomia e di competitività sui mercati internazionali in uno dei settori strategici del Made in Italy. «Con questa operazione si realizza una svolta nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che vede direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi – ha commentato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -. La svendita di marchi italiani all’estero ha spesso significato nell’agroalimentare lo svuotamento finanziario delle società acquisite, la delocalizzazione della produzione per chiusura di stabilimenti e gli acquisti delle materie prime all’estero con perdita di occupazione».

Una “riscossa della vera cooperazione espressione di una filiera tutta italiana con un forte legame col proprio territorio d’origine” rappresenta l’acquisizione secondo Ue.Coop l’Unione Europea delle Cooperative a cui Consorzio Casalasco del Pomodoro è asscociata. Una operazione – sottolinea Ue.Coop – che porta valore all’economia e al lavoro puntando sulla centralità dei soci e del territorio in cui operano, in una situazione in cui molti anche nella cooperazione sono tentati da scorciatoie speculative con il falso Made in Italy. Il marchio De Rica insieme a Pomì diventa – conclude Ue.coop – un patrimonio della vera cooperazione per valorizzare il pomodoro italiano, rafforzando la filiera agricola nazionale e garantendo al consumatore di poter utilizzare un prodotto sano che viene coltivato e prodotto interamente nel nostro Paese.

 

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