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IV e V gamma: come sfruttare al meglio le potenzialità della nuova ortofrutta

IV e V gamma:  settori che crescono in media del 4% a valore (con punte anche dell’8% per la marca industriale) e che offrono grandi opportunità di business proprio perché fortemente caratterizzanti dell’offerta.

I retailer non possono sottovalutarne le potenzialità, devono piuttosto individuare e risolvere eventuali criticità che possano compromettere il rapporto di fiducia con i consumatori.

Questi alcuni dei temi emersi dalla ricerca «Il posizionamento dei prodotti vegetali freschi e pronti all’uso nella distribuzione moderna» commissionata dalle principali aziende del settore IV gamma all’Università Cattolica di Piacenza e presentata a Marca da AIIPA IV Gamma.

La percezione dei consumatori

Di fronte alle performance positive registrate dal comparto è inevitabile chiedersi quale sia l’approccio adottato dai clienti e il tipo di utilizzo utilizzato per le varie categorie di prodotto.

La ricerca sottolinea, infatti, come per la IV gamma sia il tasso di penetrazione  (80%)  sia la frequenza d’acquisto da parte delle famiglie (50%) siano decisamente soddisfacenti.

“L’incremento è stimolato soprattutto da un processo di innovazione e di diversificazione merceologica verso linee di prodotto a maggior valore aggiunto. I consumatori riconoscono infatti l’elevato contenuto di servizio dei prodotti di IV gamma e la percezione comparativa della qualità di questi prodotti rispetto a quelli di I gamma risulta essere mediamente buona” – commenta Daniele Fornari, Professore ordinario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

“L’aumento della penetrazione fa principalmente riferimento ad un crescente atteggiamento di “time for money” da parte dei consumatori che da un lato privilegiano prodotti con maggior contenuto di servizio e dall’altro riconoscono un miglioramento dell’offerta in assortimento, soprattutto legata alla disponibilità di prodotti dal packaging comodo e pratico”, spiega Sebastiano Grandi, Professore associato e coordinatore della Laurea Magistrale in Food Marketing e Strategie Commerciali presso dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza

E questo perché si va diffondendo sensibilmente il consumo dell’ortofrutta di IV gamma anche fuori dalle mura domestiche (16% nel caso del pranzo, 25% per cena e fuori pasto), in condizioni d’utilizzo, cioè, in cui i packaging funzionali e pratici sono considerati un plus premiante.

Morale?

Urge allora che le aziende lavorino con zelo e impegno crescente alla realizzazione di packaging pratici e a formulazioni di prodotto sempre più complete.

Quanto alla distribuzione, invece, è impellente che si impegni a dare spazio sufficiente a scaffale al nuovo assortimento, in modo che la clientela possa apprezzarne l’offerta. Purtroppo negli ultimi anni, invece, a fronte di un aumento delle referenze, lo spazio a scaffale è rimasto invariato.

La conseguenza è spesso un dissevizio per i consumatori, spesso penalizzati da lle rotture di stock.

Le reason way del minore acquisto

Tuttavia persistono casi di diffidenza, specialmente sulla V gamma, come emerge dalle dichiarazione di una parte del campione.

Da cosa scaturiscono questi pregiudizi che spesso si traducono in un mancato acquisto?

Tre le ragioni principali:

  • Dubbi sull’igiene dei prodotti
  • Dimensioni troppo grandi delle confezioni
  • Dubbi legati al prezzo (anche se quest’ultimo punto spesso si rivela un falso problema, come vedremo.

Canali di vendita

La ricerca rivela come i consumi siano sempre più multicanalizzati con una media di 1,5-1,6 canali frequentati.

Per IV e V si registra una fortissima penetrazione (90%) nei super. Seguono gli iper (20-30%) e i discount (20%).

Molto gettonato risulta il canale specializato (quello del fruttivendolo) per quanto attiene alla prima gamma e dall’indagine risulta che ancora più consumatori lo sceglierebbero se non avessero vincoli di tempo che li costringono a preferire la grande distribuzione in cui possono effettuare una spesa completa.

Luoghi di acquisto

Quali sono i criteri che fanno preferire un negozio piuttosto che un altro?

In pole position, igiene e pulizia, seguono la qualità dei prodotti, l’esposizione convincente e la scelta ampia.

Mentre la mera convenienza di prezzo si attesta solo al 5° posto.

Migliora invece il piazzamento del criterio di stagionalità che negli anni guadagna progressivamente posizioni.

Qualità: cosa si intende?

Per i consumatori si tratta del combinato disposto di quattro fattori essenziali:

Italianità (indicata come prioritaria dal 53% del campione), shelf life (intesa come data di scadenza più lontana a apprezzata dal 37%), controlli (33%) e tracciabilità (31%).

I prezzi

La questione del prezzo per i prodoti di IV e V gamma, a conti fatti, sembra essere per i consumatori meno importante di quanto in effetti credano.

Dalla ricerca, infatti, è emerso che non si conosce realmente il livello dei prodotti (compresi quelli acquistati con frequanza) e che chi si sbilancia a indicare un prezzo , nel 20% dei casi lo sottostima.

Inoltre all’esplicita domanda, “cambieresti i tuoi comportamenti di acquisto se ti fosse proposto un prodotto più economico?”, la risposta risulta affermativa solo se lo sconto arrivasse a superare il 20%.

Se ne deduce che tra fedeltà a un prodotto rodatoe possibilità di risparmio vince la prima.

L’innovazione

Dalla ricerca si evince come purtroppo solo l’11% dei consumatori si sia accorto di qualche novità di prodotto nell’ultimo anno e di questi solo una percentuale minima ne abbia ricordato qualcuno. La sfida, quindi, è quella di lavorare meglio e insieme per comunicare le innovazioni, anche sul punto vendita.

 

Promozioni, i prodotti di tendenza del 2018 nel calendario di Tiendeo (infografica)

Tiendeo.it, il portale leader nel campo dei cataloghi e delle offerte online geolocalizzate, ha condotto un’analisi dei suoi dati interni al fine di promuovere i prodotti con il maggior volume di promozioni concentrate in ciascun mese dell’anno.

Basandosi su dati interni, sono stati selezionati per ogni mese i prodotti che segneranno le tendenze del calendario commerciale del 2018. Se ad esempio gli arredi e i dispositivi elettronici saranno al centro dell’interesse dei consumatori e delle offerte per tutto l’anno in corso, il periodo preferito per l’acquisto degli articoli per la casa è nel primo trimestre dell’anno, mentre i dispositivi elettronici raggiungeranno il loro picco nella seconda parte del 2018, in coincidenza con i periodi del ritorno a scuola, del Black Friday o del Natale.

Nel 2018 poi alcuni periodi commerciali inizieranno a essere anticipati, per effetto dei consumatori che pianificano i loro acquisti. Questo accade con il ritorno a scuola o con il Natale, con lo shopping del ritorno a scuola che inizia a luglio, aumentando significativamente in agosto e scomparendo completamente durante il mese di settembre. Mentre il Natale sarà già in primo piano il mese di ottobre, con un notevole aumento a Novembre – motivato dalla presenza delle offerte del Black Friday – e dicembre, che resta il mese centrale di questo periodo commerciale.

 

Il Black Friday surclassa i saldi invernali

È interessante notare come gli acquisti online stiano di fatto cambiando profondamente le abitudini dei consumatori, e questo si vede già a partire dai saldi in corso, con le visite su Tiendeo.it relative ai saldi invernali inferiori del 15% rispetto ai saldi estivi e del 48% rispetto al Black FridayI saldi invernali starebbero dunque perdendo popolarità tra i consumatori italiani. La tendenza negli ultimi anni vede le spese elevate relative alle vacanze di Natale portare i consumatori a spostare I loro acquisti ad altri periodi commerciali dell’anno, puntando a sfruttare eventi commerciali con radici meno profonde.

MyStore: debutta il nuovo assistente digitale dei Mondadori Store

Mondadori Store presenta MyStore, il nuovo assistente digitale al servizio del cliente, in grado di proporre contenuti e consigli su misura grazie a sofisticati strumenti di analytics. In questa fase di debutto in Italia MyStore è attivo nei Mondadori Megastore di Piazza Duomo e via Marghera a Milano, e nel Mondadori Bookstore di via Appia Nuova a Roma.

MyStore si presenta come un totem con uno schermo interattivo multitouch con il quale interagire in maniera veloce e intuitiva per ricevere suggerimenti altamente personalizzati per acquisiti e regali. La nuova tecnologia utilizza il software GetInTouch: una soluzione interattiva di cognitive content presenter sviluppata da Mauden, che sfrutta l’intelligenza aumentata di Watson di IBM, un sistema cognitivo in grado di elaborare una grande quantità di dati.

“Con MyStore siamo il primo retailer italiano a introdurre un servizio con questo tipo di tecnologia, una soluzione che offre ai nostri visitatori un nuovo modo per esplorare il catalogo di Mondadori Store all’interno dei punti vendita”, ha dichiarato Francesco Riganti, direttore marketing di Mondadori Retail. “La ricerca è pensata per essere la più personalizzata possibile in funzione delle preferenze dei clienti anche sui social, consentendo un nuovo tipo di profilazione molto sofisticato, in grado di apprendere in modo continuo dalla storicità delle interazioni. Per questo abbiamo scelto di affidarci a due partner come Mauden e IBM che in questa direzione hanno negli ultimi anni sviluppato le soluzioni cognitive più significative”.

Vediamo alcune delle principali funzioni: MyBook, MyGift e MyFinder.

MyBook aiuta il cliente nella scelta del libro da acquistare grazie ad analisi cognitive in base al proprio profilo. Effettuando l’accesso dal proprio account Facebook il totem elaborerà le preferenze attraverso un multichoice su libri, musica e film per conoscere i gusti dell’utente. Le scelte effettuate verranno poi combinate alla classifica Mondadori Store e ai dati liberi da privacy su Facebook, come le pagine seguite, il compleanno, le liste di amici e così via. Si otterrà in questo modo la classifica “Scelti per te” con i titoli consigliati da MyStore.

L’utente può inoltre aggiungere i libri visualizzati a una lista di preferiti, consultabile nella sezione “Esplora prodotti”, ogni qual volta si effettuerà l’accesso a MyStore.

MyGift permette di trovare il libro più adatto per un regalo. Anche in questo caso sarà possibile profilare i gusti del destinatario selezionando i titoli e di conseguenza anche i generi letterari preferiti che, abbinati alla classifica Mondadori Store, daranno origine a una nuova classifica “MyGift” con i libri ideali per farsi ispirare per un regalo.

MyFinder consente invece di trovare i prodotti in vendita nello store come libri, cd e dvd con indicazione di prezzo, immagine e area del negozio in cui sono collocati. La funzione permetterà all’utente di ricercare prodotti per nome e per i libri sarà implementata anche la funzione di ricerca per codice ISBN.

 

Il servizio MyStore, disponibile per la prima volta in Italia, è attivo nei Mondadori Megastore di Piazza Duomo e via Marghera a Milano, e nel Mondadori Bookstore di via Appia Nuova a Roma.

 

Marca del Distributore, un business in crescita che vale 10 miliardi

La Marca del Distributore, ce l’ha fatta: oggi si conferma infatti un brand a tutti gli effetti con 10 milioni di ricavi al suo attivo e una quota di mercato del 18,7%.

Questi alcuni dei dati essenziali emersi nel Convegno inaugurale di Marca 2018.

La MDD continua a fare leva sull’innovazione e a crescere perché è riuscita a soddisfare le esigenze e la sensibilità degli italiani, sempre più attenti ad abitudini alimentari orientate a principi di salute e benessere. Oggi, infatti, fanno la differenza tutti quei prodotti che fanno parte del biologico e della IV gamma. Inoltre la MDD rappresenta il made in Italy, poiché la gdo alimentare si avvale di copacker al 91,5% italiani, in particolar modo Pmi.

“Quella del 2018 è un’edizione che ci dà forti conferme – dichiara Gianpiero Calzolari, Presidente BolognaFiere. Marca consolida con determinazione il suo posizionamento al secondo posto in Europa e la sua unicità a livello nazionale. Abbiamo intrapreso un percorso, quattordici anni fa, che si è dimostrato di successo e di supporto ai produttori italiani, anche in termini di internazionalizzazione. In questi anni abbiamo assistito a un profondo mutamento dei prodotti a marchio del distributore che, oggi, si esprimono in tipologie estremamente articolate, rispondendo alle esigenze di consumatori sempre più informati e attenti. Il biologico, le linee funzionali, le eccellenze territoriali enogastronomiche, l’attenzione alla qualità, sono alcune delle caratteristiche che determinano il successo del made in Italy nel mondo”.
La 14esima edizione dell’evento si è aperta con il convegno ADM sul tema “La Marca del Distributore: Il valore e il ruolo per il sistema-Paese”, quest’anno con una veste tutta nuova grazie alla collaborazione con il The European House – Ambrosetti.
“La Marca del Distributore ha dimostrato negli ultimi anni grande vitalità e notevole resilienza. Applicando il nostro modello proprietario dei “Quattro Capitali” abbiamo analizzato il contributo economico, sociale, cognitivo e ambientale generato dalla Marca del Distributore per il sistema- Paese. Il moltiplicatore economico che abbiamo calcolato è pari a 2,6, vale a dire che per ogni 100 Euro di valore aggiunto generato dalla Marca del Distributore se ne attivano 260 nell’economia. Anche in termini di occupazione, si tratta di un settore rilevante, con oltre 200.000 occupati lungo la filiera, un moltiplicatore pari a 1,9 e il 18% di occupati con meno di 30 anni (+50% rispetto alla percentuale media italiana) e il 62% di sesso femminile (+48% rispetto alla percentuale media italiana). Il successo della Marca del Distributore registrato negli ultimi anni è collegabile alla svolta strategica del settore, con il passaggio da una produzione “me too” (“tattica”) ad una diversificazione dalla marca industriale, con tipologie di prodotto innovative e a maggiore valore aggiunto” – spiega Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti.

Nel corso del tempo -ha confermato Giorgio Santambrogio, Presidente di ADM –  la MDD ha modificato la sua essenza, passando da outsider a supporto della marginalità delle insegne a vero e proprio brand, che va incontro alle nuove esigenze dei clienti e fa leva sull’innovazione. Le insegne negli ultimi anni hanno non solo inserito sempre più prodotti bio, salutistici e funzionali, ma anche saputo valorizzare le tipicità dei territori e delle piccole realtà semi-artigianali molto apprezzate. La Marca del Distributore è, inoltre, un ottimo strumento per portare all’estero il prodotto italiano, sempre più performante. Da “Distribuzione” siamo diventati una vera e propria “industria del Commercio” e, parallelamente, quella che prima era definita private label è diventata Marca del Distributore: non più private, perché è venduta all’estero e on line, e si sta affermando sempre più come un prodotto pari all’industria di marca.

Super food, la carica dei 20 alimenti che piacciono perché fanno bene

Super food, obiettivo benessere. Sempre più spesso i consumatori apprezzano ciò che fa bene. Il risultato?  Un vero e proprio boom per alimenti e ingredienti “benefici” che stanno cambiando il carrello degli italiani.

Sono una ventina i nuovi protagonisti identificati dall’Osservatorio Immagino creato da GS1 Italy e Nielsen e vanno dai semi di lino all’avocado, passando dalla pirulina, ino ad arrivare al cocco e alla canapa.

Ciascuno con le sue peculiarità e la sua platea di elezione. Tra tutti, comunque, è lo zenzero (ia al naturale che come ingrediente salutistico di tanti prodotti) il best performer, che in 12 mesi ha visto raddoppiare le vendite dei prodotti in cui è presente (+108,4%). In totale valgono 25 milioni di euro e rappresentano lo 0,2% degli alimenti del perimetro.

Performances di tutto rispetto anche per le mandorle,  che compaiono nell’1,2% dei prodotti alimentari di largo consumo venduti in Italia, egenerano l’1% delle vendite totali nella distribuzione moderna. Nell’anno terminante a giugno 2017, le vendite dei prodotti alimentari in cui sono presenti le mandorle (soprattutto prodotti da ricorrenza e per la prima colazione, snack dolci, ma anche gelati e latte vegetale) sono cresciute del 17,4% a valore, arrivando a generare un giro d’affari di oltre 240 milioni di euro. E non basta: le virtù benefiche delle mandorle, infatti, sono anche ampiamente riconosciute dal personal care.

Crescita interessante, infine, anche per i mirtilli (presenti nello 0,9% dei prodotti alimentari e con una crescita annua dell’8,0% delle vendite a valore), il farro (che registra una crescita del fatturato del 20,4%, entrando nello 0,9% dei prodotti alimentari di largo consumo) e la quinoa, che cresce del 63,5% annuo.

 

e-commerce: i clienti si aspettano convenienza e servizi di qualità

L’e-commerce avanza e detta legge, riplasmando le filiere logistiche e produttive, i sistemi e i servizi di consegna, le strutture e le tecnologie dei magazzini e del packaging, e persino la mobilità.
Ecco quanto emerge dalla ricerca Netcomm ‘Logistica e Packaging per l’e-commerce. Le nuove
prospettive’ presentata nel corso del Focus Logistica, in collaborazione con Ipack-Ima e con il
supporto di Assolombarda, Comieco, DotLog e Rajapack.

Secondo la ricerca Netcomm, la qualità e l’ampiezza dei servizi di consegna sono
centrali nelle scelte di acquisto per 3 consumatori su 4. L’esperienza di acquisto online semplice e
veloce e i prezzi migliori dei prodotti sono gli elementi più importanti, richiesti rispettivamente
dall’80,9% e dal 79,2% degli utenti, seguiti dalla conoscenza e dall’affidabilità di chi offre il prodotto
(77,6%), dalla qualità e l’ampiezza dei servizi di consegna (72,1%) e dalla facilità del reso (69,9%).
Veniamo alle altre priorità per il cliente: velocità e i costi di consegna interessano circa il 55% degli e-shopper, seguono l’importanza dei servizi di ritiro e di gestione della consegna a casa a orari specifici.
A riprova di ciò ecco, infatti, qualche dato: il 56% degli acquisti non portati a termine in Europa è causato da opzioni di delivery troppo costose, il 39% da quelle troppo lente; il 71% degli e-shopper europei ha comprato più di un item per raggiungere il valore per il free shipping, che risulta essere il primo fattore di importanza tra gli aspetti della delivery in Europa.

L’evoluzione del delivery
Interessante osservare come tra il 2015 e il 2017 si è modificato il mix di modalità di delivery: i servizi di ritiro (negozio rivenditore, ufficio postale, locker, edicola, etc.) sono cresciuti del 50% e
riguardano il 9,1% degli acquisti online di prodotti, mentre la consegna a casa/ufficio è passata dal 94% al 91%. Brand leader che offrono il ritiro gratuito presso i propri negozi dichiarano, infatti, di avere quote di ritiro superiori al 50%. Ma da cosa dipende il crescente successo di questa modalità? Diciamo subito che la difficoltà/imèpossibilità di recevere la consegna a casa non è la motivazione principale (interessa infatii solo solo il 10% degli e-shopper); la prima ragione di scelta, piuttosto, è la comodità per le abitudini e gli orari di spostamento che riguarda il 62% del campione.

Cosa piace ai clienti italiani

Dall’indagine emerge che uno dei servizi graditi dai clienti è la restituzione del prodotto tramite lo stesso canale nel quale lo hanno comprato; inoltre anche il reso da casa tramite il corriere è una modalità molto gradita pureda chi ha comprato in negozio.
Quanto alla modalità i pagamento, le preferenze si diversificano: chi acquista meno frequentemente online preferisce farli alla consegna, mentre gli habituè si concentrano su altri tipi di servizi associati alla consegna quali: la possibilità di scegliere uno slot orario o la consegna su appuntamento, la libertà di modificare fino all’ultimo momento la scelta di consegna o ritiro, la consegna al piano e quella serale.

“Il 98% degli e-shopper italiani vivono un’esperienza positiva con i servizi logistici e di delivery dell’ecommerce” spiega in proposito Roberto Liscia, Presidente Netcomm. “Le performance di consegna sono in aumento significativo rispetto alla stessa ricerca condotta da Netcomm nel 2015 e cresce sia l’uso che la disponibilità di servizi di ritiro presso negozi, locker, uffici postali ed edicole. Esistono tuttavia ampi spazi di miglioramento, per esempio nella disponibilità dei servizi finalizzati a coordinare e dare intelligenza alla consegna e al reso. Sono il fronte sul quale sia i clienti che i merchant chiedono più sviluppo e tale esigenza si traduce in una richiesta di maggior integrazione informatica di tutti i processi, lungo la catena che dal cliente porta al merchant, attraverso i corrieri/spedizionieri e i magazzini. Il last mile logistico e l’integrazione lungo la filiera sono il fronte sul quale si gioca la battaglia dell’e-commerce”.

Il packaging e l’effetto WOW
Fondamentale: per più del 70% degli e-shopper l’apertura del pacco è un momento chiave nell’esperienza d’acquisto complessiva. Oltre alla funzione protettiva, l’e-shopper è infatti attento a ogni aspetto che non generi sprechi e impatti ambientali, facendo diventare quindi l’imballaggio un elemento con altissime prospettive di sviluppo e innovazione.
In proposito Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco afferma: “C’è una vera rivoluzione in atto nel commercio che sta spostando la sua attenzione all’online e che ha ripercussioni sull’intero sistema: le aziende che producono così come quelle che si occupano di recuperare gli imballaggi cellulosici. L’intera filiera della carta si sta organizzando per affrontare questo cambiamento: basti pensare che la prossima apertura di due nuove cartiere in Italia metterà a disposizione 600mila nuove tonnellate di cartone, di cui si stima che fino a 300mila potranno essere utilizzate per gli imballaggi delle vendite online”.
Secondo i risultati del primo “Osservatorio Netcomm Ipack-Ima” la maggioranza degli operatori di
filiera ritene che l’e-commerce imporrà lo sviluppo di materiali e tecnologie specifiche anche se, ad oggi, meno del 30% dei loro clienti hanno fatto richieste specifiche per l’e-commerce. “Il packaging è uno dei protagonisti principali nella filiera dell’e-commerce perché, in misura ancora maggiore rispetto al ruolo giocato nelle vendite tradizionali, esalta, da un lato, la capacità comunicativa del prodotto che protegge e, dell’altro, contribuisce alle performance logistiche e di delivery”, dichiara il Presidente di Ipack-Ima, Riccardo Cavanna.

Metodologia

La pubblicazione è il frutto del tavolo di lavoro avviato nel 2017 con più di 30 aziende socie del
Consorzio, che si è avvalso di tre diverse ricerche: la prima ha indagato il vissuto, la soddisfazione e i desiderata in tema di servizi logistici e packaging di oltre 2.500 e-shopper italiani; la seconda, che ha coinvolto 33 merchant italiani b2c, ha analizzato il rapporto tra merchant e operatori di logistica e gli aspetti inerenti l’e-commerce cross border; infine le 30 aziende socie di Netcomm hanno risposto a 10 domande strategiche di envisioning per stimare alcune possibili evoluzioni future.

Ai saldi invernali sempre più acquisti con la carta, +23% online, +11% in negozio

Seppur più lentamente che altrove, anche in Italia si stanno affermando i pagamenti digitali, e una buona cartina al tornasole sull’uso delle carte sono i saldi invernali: da venerdì 5 a sabato 13 gennaio sono state effettuate 59,3 milioni di operazioni con carte di debito, credito e prepagate emesse in Italia e gestite da SIA, che gestisce circa la metà delle operazioni di pagamento con carta in Italia. Tra queste, 12 milioni sono avvenute online.


L’incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, la prima settimana dei saldi invernali, è a due cifre: +13,4%. Gli acquisti online hanno contato per oltre il 20% del totale, in crescita del 23,1% rispetto al 2017 quando erano stati 9,7 milioni.
Ma anche nei negozi tradizionali i pagamenti con carta sono aumentati, dell’11,3% raggiungendo quest’anno i 47,4 milioni contro i 42,6 milioni del 2017.
Il maggior numero di pagamenti fisici (oltre 7 milioni) è stato registrato venerdì 5 gennaio 2018, il giorno in cui hanno preso il via in tutta Italia le vendite di fine stagione, mentre il picco di acquisti su siti di e-commerce (quasi 1,5 milioni) è avvenuto martedì 9 gennaio.

Nutritionally correct: più fibre e proteine, ma meno grassi. Così cambia l’alimentazione degli italiani

Nutritionally correct, così si sta progressivamente rivelando l’alimentazione degli italiani, stando quanto emerge dalla seconda edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy che, a sei mesi dal lancio della prima, torna a fotografare i cambiamenti avvenuti sia nell’offerta dei prodotti di largo consumo venduti in Italia sia nella shopping list dei consumatori. Dall’indagine emerge infatti che i prodotti alimentari venduti in Italia sono più virtuosi e corretti dal punto di vista nutrizionale, con una riduzione di zuccheri e di grassi saturi e un incremento di fibre e di proteine. Sostanzialmente invariato l’apporto calorico, fermo a 184,8 calorie/100 g/100 ml.

Il metaprodotto

Lo studio in particolare ha monitorato la variazione della composizione nutrizionale di 40 mila prodotti venduti nei reparti drogheria alimentare, fresco, freddo e bevande e che, elaborando queste variazioni su basi statistiche, ha permesso di definire un “metaprodotto”, in figura esemplificato da un superpanino dell’informazione alimentare con cui evidenziare la media dei valori delle principali componenti nutrizionali (carboidrati, zuccheri, proteine, grassi, grassi saturi, fibre e calorie) su 100 grammi o 100 ml.

Il metaprodotto Immagino -Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, ed. 2, 2017

L’Osservatorio Immagino ha evidenziato, in particolare, una crescita della presenza delle fibre negli acquisti degli italiani (+2,3% nell’anno terminante a giugno 2017), elemento nutrizionale che arriva a pesare quasi per il 2% nella composizione del metaprodotto che per la restante parte si compone per il 20,8% di carboidrati di cui 8,5% zuccheri, per l’8,6% di grassi di cui 3,0% saturi, e per il 6,2% di proteine. Le fibre sono la tendenza più importante sul mercato in questo frangente, mentre calano i grassi saturi (-0,8% in una componente lipidica media sostanzialmente invariata) e gli zuccheri (-0,1%). Cresce anche l’apporto medio di proteine (+1,7%) elemento su cui pone attenzione un ampio target di consumatori: dagli sportivi ai vegetariani/vegani, alle prese con la sostituzione di proteine di natura animale.

L’Osservatorio Immagino

Dal suo esordio a oggi, ha esteso la sua copertura, arrivando a comprendere un paniere di prodotti sempre più ampio che inquesta seconda edizione  ha analizzato oltre 100 variabili presenti sulle etichette di una base di 73.500 prodotti del largo consumo nata dal confronto tra gli 88.500 prodotti della banca dati del servizio Immagino di GS1 Italy a giugno 2017 e i prodotti in vendita nella grande distribuzione rilevati da Nielsen. Si tratta di prodotti che, nell’anno terminante a giugno 2017, hanno sviluppato circa 33 miliardi di euro di vendite, pari al 78% delle vendite totali del largo consumo realizzate in ipermercati e supermercati italiani.

 

Sacchetti di plastica, è possibile portarli da casa? I dubbi di Federdistribuzione

Federdistribuzione prende posizione sulla querelle d’inizio anno scatenata dalla legge che impone di far pagare all’utente finale i sacchetti di plastica – bio o non – per la spesa. E lo fa commentando l’invito del ministero della Salute di portare da casa i sacchetti per riporre i freschi a peso, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti.

‘«Il fatto che si possano portare da casa sacchetti nuovi per la spesa di frutta e verdura è pura teoria, perché il consumatore per essere in regola dovrà trovare esattamente quelli che si usano nei punti vendita, dello stesso peso, biodegradabili e biocompostabili» ha spiegato all’ANSA è il presidente Giovanni Cobolli Gigli -. Quello che chiediamo ai tre ministeri coinvolti è più semplificazione e più chiarezza per non creare confusione nel consumatore e nei punti vendita».

Il Ministero dell’Ambiente ha inviato agli operatori della Gdo una circolare esplicativa delle norme previste in materia, ma secondo Federdistribuzione sono ancora tanti i nodi da scogliere, dai controlli al costo dello shopper ultraleggero.

I post di indignata protesta sono rimbalzati su Facebook e Instagram.

«Portando il sacchetto da casa – spiega infatti Cobolli Gigli – c’è il problema di verificare che sia integro e conforme a quelli distribuiti nei punti vendita, una cosa che ovviamente non possiamo fare noi; si andrebbe a creare un problema organizzativo incredibile e mille difficoltà per tutti».
Tra i lati non ancora chiariti della vicenda ci sarebbe anche quello del prezzo del sacchetto, dove ogni azienda può applicare il costo a patto che sia compreso nel range indicato dalla legge. A questo proposito Cobolli Gigli ricorda che il Mise, ministero dello Sviluppo Economico, ha permesso alle imprese di vendere il sacchetto sotto costo, e quindi chi compra maggiore quantità può spuntare un prezzo migliore, da qui le possibili differenze di prezzo che si possono trovare alle casse. E ancora sul prezzo il presidente precisa che ”le bilance da sempre sono tarate per pesare al netto la frutta e la verdura, con l’unica differenza che oggi il sacchetto si paga alla cassa”.

Considera “non praticabile” la possibilità di portare il sacchetto da casa anche Coop, che in un comunicato dichiara: “Siamo stati contrari a far pagare i nuovi sacchetti e ora siamo impegnati a contenerne il prezzo vendendoli sottocosto. Quello che è necessario è fare chiarezza: le ultime interpretazioni ministeriali sui sacchetti monouso rendono ancora più complicata la gestione dell’intera situazione. Coop presenterà a breve soluzioni effettivamente praticabili di riuso dei materiali di confezionamento dell’ortofrutta a minor costo per i consumatori e più sostenibili per l’ambiente.

Una soluzione è stata già escogitata dalla Coop svizzera che da qualche mese propone in vendita sacchetti di rete riutilizzabile. Come ricorda Legambiente, basterebbe una circolare ministeriale che permetta in modo chiaro, a chi vende frutta e verdura, di far usare sacchetti riutilizzabili. “In questo modo si garantirebbe una riduzione auspicabile dell’uso dei sacchetti di plastica, anche se compostabile, come già fatto coi sacchetti per l’asporto merci che grazie al bando entrato in vigore nel 2012 in cinque anni sono stati ridotti del 55%” ricorda l’associazione ambientalista. Guardando sempre all’Europa, Aldi, dal canto suo, ha bandito ogni tipo di sacchetto monouso dalla vendita.

E dalla protesta si è passati all’ironia.

Da sempre i cittadini pagano in modo invisibile gli imballaggi che acquistano con i prodotti alimentari ogni giorno, la differenza è che dal 1 gennaio, con la nuova normativa sui bioshopper, il prezzo di vendita del sacchetto è visibile e presente sullo scontrino. «Le polemiche di questi giorni – ha detto Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – sono davvero incomprensibili: non è corretto parlare di caro spesa né di tassa occulta o di qualche forma di monopolio aziendale. Sarebbe utile che ci si preoccupasse dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento causato dalle plastiche non gestite correttamente, e che si accettassero soluzioni tecnologiche e produttive che contribuiscono a risolvere questi problemi,  senza lasciarsi andare a polemiche da campagna elettorale di cui non se ne sente il bisogno. È ora di sostenere e promuovere l’innovazione che fa bene all’ambiente, senza dimenticare di contrastare il problema dei sacchetti di plastica illegali. Circa la metà di quelli in circolazione sono infatti fuorilegge, un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica, e una perdita per la filiera legale dei veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale».

Il problema dei sacchetti bio coinvolge sia i grandi punti vendita, sia 200 mila ambulanti e i dettaglianti che complessivamente, tra alimentari e non, sono quasi 700 mila.

Leggi anche: 

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L’articolo è stato aggiornato alle ore 17:28 per inserire un estratto del comunicato di Coop.

Saldi invernali al via, un business complessivo, stabile, da 5,2 miliardi di euro

Foto Daniel von Appen / Unsplash.

Sono già iniziati nelle piccole Valle d’Aosta e Basilicata, mentre nel resto d’Italia bisognerà aspettare domani, 5 gennaio, e in Sicilia addirittura il giorno dell’Epifania. Poi si chiuderanno quasi ovunque a fine febbraio o ai primi di marzo, ma a quel punto i giochi saranno fatti da tempo. Sono i saldi invernali, primo grande appuntamento commerciale del 2018, a cui come ogni anno gli Italiani arrivano con i portafogli vuoti dopo le feste natalizie, ma comunque con la voglia di fare qualche affare.

 

Quest’anno budget medio di 331 euro per 15,6 milioni di famiglie

Gli esperti prevedono che la spesa sarà più o meno quella dell’anno scorso. In base a uno studio di Confcommercio il business complessivo sarà di 5,2 miliardi di euro, e saranno 15,6 milioni le famiglie che approfitteranno delle svendite di fine stagione. Il budget a persona sarà di 143 euro per abbigliamento, calzature e accessori, e di 331 euro per ogni famiglia. Più o meno uguali le previsioni di Confesercenti, secondo cui – la fonte è una ricerca commissionata a Swg e condotta su 600 commercianti e 1500 consumatori – l’investimento sui saldi sarà di 150 euro a persona. Più o meno un italiano su due (il 47%, mentre il 41% deciderà all’ultimo momento a seconda delle occasioni) sarà interessato e i commerciati coinvolti saranno 280mila (circa un terzo delle 800mila attività commerciali italiane), con uno sconto medio tra il 30 e il 40%. Sempre secondo l’indagine di Confesercenti-Swg gli italiani andranno in cerca soprattutto di scarpe (28%), prodotti di maglieria (22%) e pantaloni (14%), mentre solo il 7% punta ad acquistare i capi spalla (cappotti e giacconi), un tempo tradizionale bene da svendita a causa dell’alto costo.

«Dopo un Natale ancora sospeso tra una crisi che sembra volgere al termine ed una ripresa ancora debole almeno nel fashion retail – nota Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia e vicepresidente di Confcommercio – la buona notizia è l’incremento di due punti della fiducia dei consumatori, tornato ai livelli del gennaio 2016. Un ingrediente, questo, imprescindibile, oltre al potere di acquisto degli Italiani, per sostenere i consumi in questo periodo dei saldi di fine stagione, che per meteo e calendario è appena iniziata. La spesa per gli acquisti in saldo per valore, secondo le nostre stime, sarà leggermente inferiore a quella dell’anno scorso, ma in linea con il momento. Il vero vantaggio sarà per i consumatori non vedere i prezzi dei negozi, dal primo gennaio, con l’Iva al 25%. Il Governo ha fatto bene ad ascoltarci, sterilizzando le clausole di salvaguardia, ma se vogliamo veramente uscire dal tunnel, occorre un maggior sforzo, coraggio e determinazione per ridurre la pressione fiscale, ancora troppo elevata per imprese e famiglie».

 

Il decalogo per minimizzare i “pacchi”

Naturalmente la ricerca dell’affare comporta anche qualche rischio. Per questo come ogni anno le associazioni di categoria diffondono una sorta di decalogo per minimizzare il pericolo di una fregatura. Bisogna essenzialmente tenere a mente che – come fa notare Confcommercio – il commerciante non è tenuto a cambiare il capo, salvo qualora ciò non sia espressamente specificato e salvo casi di merce danneggiata o non conforme, a patto che si resti entro i due mesi dall’acquisto; che non c’è obbligo di prova dei capi; che il commerciante non è tenuto ad accettare le carte di credito, se non espressamente comunicato; che è obbligatorio da parte del commerciante indicare prezzo pieno, prezzo finale e ammontare percentuale dello sconto.

Infine va ricordato che anche i negozi online hanno i loro saldi. Amazon farà sconti sull’abbigliamento fino al 50% per cento fino al 28 febbraio, lo stesso farà Zalando e Asos, che arriverà fino a “tagli” sull’etichetta del 70%. Molti negozi online arricchiscono di prodotti la sezione outlet, dedicata agli articoli in svendita, mentre OVS propone in rete tutta la collezione con sconti fino al 70%. Per i negozi online valgono naturalmente le stesse regole dei saldi nei negozi fisici.

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