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L’insalata fai da te sbarca al ristobar “Con Sapore Conad” di Faenza

L’insalata fai da te, per intenderci quella che va per la maggiore negli States con la formula “pay-by weight salad bar”, arriva anche a Faenza nel nuovo ristobar “Con Sapore Conad” del centro La Filanda, che inaugura ufficialmente il 3 marzo nei locali antistanti al supermercato.

Ma come funziona?

«In pratica il cliente potrà creare la propria insalata a piacimento, scegliendo verdure e prodotti di stagione da un’ampia gamma di proposte, anche vegane, ma non solo. Pagando “a peso”, anziché a porzione, la convenienza e la soddisfazione del cliente è sicuramente superiore», spiegano Maurizio Pelliconi, Anna Montanari e Giancarlo Conti, i tre soci del supermercato La Filanda che hanno deciso di lanciarsi in questa nuova avventura. Completa il menu un’ampia gamma di primi, secondi, contorni e dessert della tradizione culinaria locale, con tante proposte dal territorio all’insegna di stagionalità e freschezza,

Il locale funzionerà come un vero e proprio bar tutti i giorni dalle 6,30 del mattino fino alle 20, domenica dalle 7:30 alle 13:00. Il ristorante svolgerà il servizio dalle 12 alle 14,30. Una ventina le persone impiegate, la maggior parte delle quali frutto di nuove recenti assunzioni.

Circa 250 metri quadrati lo spazio a disposizione, diviso tra il bar dedicato alle colazioni, agli spuntini e agli aperitivi, e il self-service con 160 posti a sedere, ideale per la pausa pranzo. Non mancheranno un’ampia scelta di centrifugati ed estratti e una vasta proposta di pasticceria preparata e farcita direttamente sul posto.

«Abbiamo voluto proporre uno spazio accogliente, dove mangiare o prendere un caffè in un contesto piacevole», spiegano i soci. «Ci auguriamo entri da subito nelle abitudini dei faentini. Integreremo parte delle attività di cucina tra il ristobar e il negozio, offrendo ai clienti la possibilità di comprare al superstore Conad quanto potranno trovare al bar e viceversa».

Seeds&Chips sarà patrocinato dal World Food Programme (WFP) Italia

Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit in programma a MiCo dal 7 al 10 Maggio 2018, giunto alla sua quarta edizione, sarà patrocinato  dal World Food Programme (WFP) Italia, organizzazione umanitaria impegnata a combattere la fame.

Marco Gualtieri, Presidente e fondatore di Seeds&Chips ha commentato: “Anche quest’anno abbiamo aderito con grande entusiasmo alle iniziative del WFP e siamo felici di poter contribuire ad aiutare le popolazioni della Nigeria. Il Summit unisce da sempre cibo, sostenibilità e innovazione attraverso la compartecipazione di startup, aziende, opinion leader e media mondiali, per affrontare il grande tema del food e delle nuove soluzioni che lo sviluppo tecnologico può offrire, non solo per i Paesi economicamente più evoluti, ma soprattutto per le popolazioni che vivono una condizione di povertà e scarsità di risorse”.

Il progetto Share the Meal

Oltre a supportare le operazioni di assistenza alimentare del WFP, Seeds&Chips sarà promotore di ShareTheMeal, la app realizzata dal WFP che permette di sfamare un bambino con un semplice tocco sul cellulare: bastano solo 40 centesimi di euro per donare cibo per un giorno.

Dal suo lancio due anni faha dichiarato Massimiliano Costa, direttore di ShareTheMeal –  più di un milione di persone ha scaricato la app e condiviso oltre 21 milioni di pasti con migliaia di bambini affamati, per sostenere il WFP nelle emergenze alimentari più critiche. Nel mondo ci sono 20 volte più smartphones che bambini affamati: tramite ShareTheMeal, possiamo sconfiggere la fame, il rischio numero uno alla salute nel mondo. Per questo ringrazio il WFP Italia e Seeds&Chips perché hanno dato la possibilità a tutti i partecipanti al Summit di sostenere con ShareTheMeal le operazioni del WFP nel Nord-Est della Nigeria, dove ShareTheMeal ha come obiettivo di provvedere cibo salva-vita per 100 giorni ai bambini malnutriti.”

 

L’innovazione ha un ruolo cruciale nella lotta contro la fame, non solo per il World Food Programme ma anche per chiunque lavori per migliorare la condizione di vita di coloro che ne hanno più bisogno” ha affermato Robert Opp, Direttore della Divisione Innovation and Change Management del WFP

Siamo orgogliosi – ha commentato Vincenzo Sanasi d’Arpe, Presidente del WFP Italiadi dare anche quest’anno il nostro patrocinio a Seeds&Chips, che ringraziamo per il supporto alle operazioni umanitarie del WFP nel Nord-Est della Nigeria. Insieme a  Seeds&Chips, invitiamo tutti a sostenere il WFP scaricando la prima app contro la fame del mondo, ShareTheMeal”.

 

 

 

Più di un italiano su due connesso via mobile: canale di vendita in parte inesplorato

Sono 31,1 milioni gli italiani che accedono ogni mese a internet tramite smartphone e tablet, più di uno su due. E di essi più di un terzo, il 37%, utilizza il mobile in esclusiva, più di quanti ormai si connettano invece dal solo pc. E infatti il 64% del tempo speso navigando viene trascorso con lo smartphone in mano. Dati che emergono dall’Osservatorio mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, che analizza periodicamente l’impatto degli smartphone nei rapporti tra aziende e consumatori.

Che il mobile sia diventato sempre più importante nella vita degli italiani è un dato di fatto. Sono 11 milioni coloro che hanno come unico strumento di accesso a internet uno smartphone o un tablet, gli altri utilizzano anche il desktop. Nel marzo 2017 si è verificato lo storico sorpasso dei mobile-only sui pc-only e le distanze vanno aumentando. Che il mobile sia diventato un canale di vendita importantissimo è un dato di fatto altrettanto chiaro. In Italia, Paese non certo all’avanguardia in Europa da questo punto di vista, un quarto degli acquisti di eCommerce nel 2017 è stato effettuato via mobile. E il fatto che ciascuno di noi trascorra in media 45 ore al mese navigando su dispositivi mobili rende questi strumenti fondamentali anche per la pubblicità. Il mercato del Mobile advertising concentra il 40% degli investimenti sul digitale e il 14% del totale.

Le opportunità da cogliere per le aziende sono tante e molte ancora inesplorate. Il grosso delle attività svolte online dagli italiani su mobile si concentra su un numero limitato di app di proprietà di colossi come Facebook e Google. «A fronte di importanti passi avanti già avvenuti da parte delle principali imprese italiane nella valorizzazione del mobile – fa notare Raffaello Balocco, responsabile scientifico dell’osservatorio Mobile B2c – le opportunità da cogliere rimangono tante. Visione strategica, competenze e continuous improvement sono gli ingredienti essenziali per giocare appieno questa partita».

 

Mobile advertising e app, opportunità di crescita

Il mercato del Mobile Advertising in Italia nel 2017 è cresciuto del 49% superando per la prima volta il miliardo di euro. «Si riduce la differenza tra la spesa delle aziende su questo canale e il tempo di navigazione degli utenti – osserva Marta Valsecchi, direttore dell’osservatorio Mobile B2c Strategy -. L’incremento degli investimenti può essere ricondotto in particolare alla crescita dell’impatto del Mobile all’interno di campagne digital multipiattaforma sia a causa del crescente spostamento di audience su questo canale sia per la maggiore attenzione di diverso editori a declinate su Mobile alcuni formato tipici del desktop e a migliorare la modalità di misurazione delle valorizzazioni».

A livello di formati peso dominante continua ad averlo il Display advertising (43% del mercato) davanti al Video Advertising (33%) e la Search (20%). Per quanto riguarda i siti, considerando le principali aziende per fatturato in 13 differenti settori emerge che il 68% ha un sito responsive, il 15% un mobile site, il 13% un sito adaptive e solo il 4% un sito non ottimizzato. Colpisce poi il dato sul numero medio di App pubblicate sugli Store da ciascuna azienda: circa 5, un terzo delle quali non aggiornate. Il rating medio è discreto, pari a 3,35, in leggero aumento se si considerano quelle principali e maggiormente aggiornate. E chi ha sviluppato le App lo ha fatto mirando a clienti già conosciuti: il 93% delle App analizzate dà infatti la possibilità all’utente di accedere a un’area personale tramite login, anche se in più della metà di queste è possibile fruire di alcuni servizi o contenuti in un’area free. Infine le carte fedeltà: il 35% le ha già dematerializzate almeno in parte.

Gli italiani e la spesa alimentare: i cinque nuovi profili Nielsen

Addio vecchi schemi basati su rilevazioni socio demografiche, la società, spinta dalla rivoluzione tecnologica e dall’invecchiamento della popolazione, cambia e così Nielsen identifica cinque nuovi profili di acquisto per gli italiani. Basati sugli acquisti reali delle novemila famiglie campione. Christian Centonze, Leader Soluzioni per il Largo Consumo di Nielsen, presenta i nuovi profili di acquisto degli italiani e considera come stanno impattando, e come influiranno in futuro, sui vari canali di acquisto, dall’iper all’eCommerce.

Frammentati oggi, polarizzati sempre più in futuro

Se stupisce la presenza ancora importante (4 milioni di famiglie) del segmento traditional, sicuramente, all’interno di questa ampia frammentazione che non ragione più per fasce di età ma piuttosto per disponibilità di spesa e aspirazioni, due sono le categorie verso cui nei prossimi anni tenderanno a convergere i consumi: la premium (golden shopper), definita “il sacro Graal del largo consumo” che detta tendenze e privilegia prodotti ad alto valore aggiunto (free from, bio, nutraceutici, con un focus sul benessere) e i low cost, che puntano alla convenienza e acquistano per la metà nel canale discount.

Insomma, nonostante le differenze, gli stili individuati da Nielsen non devono essere considerati compartimenti stagni, bensì “vasi comunicanti”, che fanno registrare migrazioni da un approccio alla spesa all’altro. E del resto sono 2 milioni le famiglie che negli ultimi due anni hanno già cambiato approccio alla spesa alimentare.

San Valentino non decolla, metà degli italiani lo ignora mentre in Uk “vende” più della Pasqua

La reputazione di campioni del romanticismo, almeno a parole, degli italiani è messa a dura prova a ridosso del San Valentino: nonostante aziende e retailer facciano a gara per proporre regali e leccornie per le rispettive metà, la metà degli italiani ignore la ricorrenza senza sborsare un centesimo, mentre uno su tre se la cava con un mazzo di fiori. Lo rileva Coldiretti con un sondaggio condotto dal sito www.coldiretti.it.

Quasi la metà (45%) delle persone per l’appuntamento del 14 febbraio ha dunque deciso di non regalare niente, o almeno nulla di materiale mentre tra gli altri doni, troviamo cioccolatini o altri dolciumi (15%), gioielli o altri oggetti di valore (8%) mentre solo il 2% punta su un vestito o un altro capo di abbigliamento. Anche sotto la spinta dell’effetto Sanremo, tradizionalmente considerato il Festival dei fiori, l’omaggio floreale si conferma simbolo della festa degli innamorati.

Il settore dei fiori in Italia fa capo a 27mila aziende con 100mila addetti e vale complessivamente 2,5 miliardi di euro. I fiori italiani spiega Coldiretti sono i più profumati, non solo perché non devono affrontare lunghi viaggi come invece avviene per quelli stranieri che arrivano meno freschi alla meta, ma anche perché molti produttori nazionali sono impegnati a selezionare varietà che regalano profumi più intensi e caratteristici.

Di tutt’altro segno il successo della festività nei Paesi anglosassoni, dove peraltro è nata. Nel Regno Unito ad esempio ha superato la Pasqua quanto a spese de consumatori, diventando il più importante avvenimento commerciale della prima metà dell’anno. Quest’anno secondo Mintel i britannici spenderanno 620 milioni di sterline in regali (oltre 730 milioni di euro, +5% rispetto al 2017), con una spesa media di 60 sterline e i “vecchi Millennial” (la fascia di età fra i 28 e i 37 anni) tra i più accaniti “donatori”.  In quel di Albione però si cerca una maggiore concretezza con la maggior parte dei soldi spesi per cibi e bevande da consumare a casa, seguiti da gioielli, fiori, abbigliamento e scarpe. Coccolarsi a casa davanti a un film o a una serie tv pare infatti sia una delle  attività più apprezzate dai giovani maturi: sempre più anche da noi. Non a caso Foodora, operatore di food delivery, parte proprio oggi, in vista del San Valentino, con la sua prima campagna pubblicitaria tv, su Sky, centrata sull’emozione del “Primo Morso”, il piacere della prima volta, da condividere. 

La richiesta dei consumatori in ogni caso va verso regali che prevedano la personalizzazione (e dunque largo a ricami e stampi da imprimere al momento sul regalo) e un'”esperienza” (corsi, serate, viaggi). 

A giudicare da come è andata con il black Friday, nei prossimi anni potremmo aver delle sorprese…

 

 

 

Food Court: quale il suo ruolo oggi, all’interno dei Centri Commerciali? Il parere dei netsurfer

Sempre più spesso la Food Court si rivela un motore importante dei centri commerciali.

E l’offerta si va diversificando di conseguenza, con l’obiettivo di intercettare il numero più elevato di visitatori, magari segmentandolo per target.

Su questo tema Web Research ha effettuato uno studio selezionando 3.874.546 opinioni lasciate nella rete domestica a titolo personale da privati consumatori.

Gli ambienti di provenienza dei pareri pesano rispettivamente il 73% (social) e il 23% (blog e forum), la media nazionale di influencer per prodotti e servizi nel 2018 è stata circa il 12%.

Vediamo nel dettaglio cosa è emerso.

Utilizzo

 

Solo una persona su 4 che si reca in un centro commerciale utilizza la food court

 

Frequenza

Tra gli utilizzatori uno su quattro mangia sempre qualcosa; circa la metà mangia qualcosa saltuariamente; uno su sette sceglie solo centri commerciali dove potere mangiare; uno su otto si reca a mangiare nel centro commerciale a prescindere dal fare acquisti

Qualità

Tre quarti dei giudizi sulla qualità del cibo è positiva

Prezzo

9 frequentatori dei food court su 10 sono soddisfatti del prezzo

Varietà dell’offerta

8 frequentatori dei food court su 10 giudicano varia l’offerta alimentare

Momenti di consumo

Il pranzo è il momento di maggior utilizzo, seguono staccatissimi la prima colazione, la merenda e la cena.

Giorni di utilizzo

Il momento di massimo afflusso è nel fine settimana

Profilo socio-demo

Ne scrivono in rete più donne che uomini

L’84% dei frequentatori dei food court ha età compresa tra i 30 ed i 49 anniLa quasi totalità dei frequentatori dei food court è di cultura compresa tra medio alta e medio bassa

Leggermente maggiore la frequentazione dei food court al Nord

Maggiore la frequentazione dei food court da parte di chi risiede in aree urbane 

di Gian Marco Stefanini

gianmarco.stefanini@web-research.it

Riconoscimento facciale e robot, le tecnologie più avanzate si usano per vendere hamburger

Un chiosco con riconoscimento facciale che – giustappunto – ti riconosce e ricorda grazie all’intelligenza artificiale i tuoi ordini, già testato nel punto vendita di Pasadena, e un robot cuoco che cuoce alla perfezione e senza errori hamburger tutti (perfettamente) uguali, che dovrebbe partire nel corso del 2018: le ultime frontiere dell’interazione tra uomo e macchina non si trovano in qualche campus universitario americano ma da Caliburger, catena californiana con succursale a Dubai specializzata nel più diffuso tra i fast food, l’hamburger, appunto.

Il chiosco di Caliburger, sviluppato con la tecnologia di NEC Corporation of America, unisce riconoscimento facciale, analisi degli ordini precedenti e programma fedeltà per fornire un’esperienza personalizzata e coinvolgente. Ai clienti – già ora a Pasadena – è sufficiente andare al chiosco e sorridere per visualizzare i propri ordini precedenti, eventualmente riordinarli con un clic e nel frattempo guadagnare punti fedeltà. In una seconda fase che potrebbe già attivarsi quest’anno il riconoscimento facciale dovrebbe poter essere utilizzato anche per il pagamento.

«Legare il programma fedeltà al riconoscimento facciale riduce molto gli ostacoli legati alla registrazione e al suo uso; inoltre consente a una catena di ristoranti come CaliBurger di fornire ai clienti un’esperienza personalizzata e interattiva al chiosco per gli ordini -ha detto l’Ad di Cali Group di John Miller -. Il nostro obiettivo nel 2018 è di sostituire le carte di credito con i pagamenti tramite riconoscimento facciale. quest’ultimo fa parte di una strategia più ampia che consenta ai settori della ristorazione e del commercio di garantire lo steso tipo di benefici e convenienza nel mondo reale di quelle che i clienti sperimentano con retailer come Amazon nel mondo digitale».

Quanto al robot cuoco, soprannominato Flippy, secondo il produttore Miso Robotics impara dall’esperienza, e non avrebbe l’ambizione di sostituire gli umani ma piuttosto lavorerà al loro fianco. Potrebbe essere impiegato in 50 ristoranti nella catena già da quest’anno, e oltre a cuocere hamburger e può essere programmati per svolgere nuovi compiti come tagliare verdure o friggere pollo.

E i dipendenti in surplus dalla cucina? Secondo il produttore potranno essere reimpiegati in sala per interagire con la clientela. Sempre, naturalmente, che non sia troppo occupata a sorridere al chiosco per gli ordini…

I tempi sono dunque maturi per il ristorante automatico, in cui il cliente interagisce solo con le macchine? Teoricamente sì, la tecnologia c’è. Va detto però che la prima “mini-catena” di ristoranti automatici, Eatsa, ha chiuso i battenti di cinque dei suoi sette ristoranti automatici dopo poco più di un anno dall’apertura. Al momento piuttosto che insalate salutari sta vendendo la sua tecnologia ad altre catene fast food. La prima, Wow Bao, specializzata in ravioli cinesi, ha aperto a dicembre a Chicago il suo primo ristorante automatico. Cuochi nel retro, nascosti, e un paio di assistenti per aiutare i clienti negli ordini, ma nessun cameriere. Secondo il presidente Geoff Alexander i tempi sono maturi: «Il mondo era forse pronto per Facebook? O per fare acquisti su Amazon? È la stessa cosa con i ristoranti. L’ospitalità sta evolvendo» ha detto al Chicago Tribune

Pane: fresco, artigianale e con materie prime poco raffinate. Si ritorna alle origini

Pane? Sì, certo, ma fresco e naturale, perché l’importante è che faccia bene. Il benessere in tavola, ricomincia da qui.

Ecco uno dei dati principali emersi da un convegno AIBI, l’Associazione Italiana Bakery Ingredients, anizzato durante il Sigep.

“E’ una sorta di ritorno alle origini – ha spiegato al convegno Palmino Poli, presidente di AIBI – di rincorsa alla naturalità intesa come leggerezza e salute. In un mondo sempre più tecnologico, può sorprendere ma, come abbiamo visto al convegno, la ricerca del naturale appartiene anche ad epoche diverse ed il pane, che fin dall’antichità è visto come ‘dono degli dei’, rappresenta al meglio questa tendenza di consumo, vecchia e nuova al tempo stesso”.

Free from e materie selezionate

Tra il 2011 ed il 2016, è il pane a valore aggiunto, prodotto con materie prime selezionate, quello che ha guadagnato maggiori consensi, con una crescita del 10%. Oggi, secondo Cerved, il segmento più vivace del settore punta proprio sul binomio “naturale-salutare”: attualmente questa componente vale il 20% dell’intero mercato ma è destinata a crescere ancora.

In particolare, il consumatore di oggi chiede un pane fresco e artigianale, ottenuto con materie prime poco raffinate. Non compra sempre lo stesso tipo di pane ma ne cerca e ne sperimenta di nuovi.  Anche nell’arte bianca si assiste al trionfo del “free from”: senza sale, senza glutine, senza grassi. 

Materie prime selezionate

Ciò spiega il successo dei pani realizzati con un importante contributo nutrizionale: multicereali, multivitaminici, ricchi di fibre e sali minerali, ma con un ridotto contenuto di sodio. In generale le farine sono sempre più altamente selezionate, con l’obiettivo di offrire prodotti di qualità: poco raffinate, integrali, biologiche, con un alto valore proteico, con un basso indice di glutine, macinate a pietra o a km 0.

E la pasticceria non è da meno

Piacciono sempre di più le brioche integrali, oppure realizzate con farina di cereali e con zucchero di canna, arricchite con ingredienti naturali, come la frutta secca ed i frutti di bosco. I panificatori puntano su soluzioni alleggerite delle ricette classiche: grassi diversi e più salutistici come l’olio d’oliva, ricotta di capra al posto di pecora, pasta di mandorle con meno zucchero.

Un passaporto per il futuro

Grazie alla ricerca scientifica, si potrà andare ben oltre la lista degli ingredienti e dare informazioni al pubblico sulla naturalità dei prodotti e degli ingredienti. Al convegno AIBI, Cesare Manetti, responsabile del corso in Biotecnologie Agro-Industriali e Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università “La Sapienza” ha spiegato i vantaggi del “Passaporto dell’Alimento”, che permetterebbe di disegnare il “profilo”, ovvero l’identitkit del pane, e di confrontarlo con i “profili” dei consumatori. “Oggi – ha sottolineato Manetti – la scienza può comprendere quanto la fase di trasformazione possa conservare il ‘naturale’ e, sulla base di queste indicazioni, selezionare processi più adatti a conservare la ‘naturalità’ degli ingredienti.

Roberto Capello, presidente della Federazione italiana panificatori, guarda con favore al contributo della ricerca. “Il rigore scientifico – afferma – può aiutarci a definire sempre meglio cosa deve davvero intendersi per ‘naturale’. Al contrario, assistiamo ad un impiego spesso arbitrario di questo aggettivo, sia in senso positivo che negativo. Il motivo? Non esiste una definizione legislativa di naturalità e, cosa ancora più grave, manca in Italia una vera cultura del pane, che aiuterebbe a fare chiarezza e ad impedire la diffusione di notizie infondate e pericolose sul nostro modo di lavorare e sui prodotti della panificazione artigianale”.

IV e V gamma: come sfruttare al meglio le potenzialità della nuova ortofrutta

IV e V gamma:  settori che crescono in media del 4% a valore (con punte anche dell’8% per la marca industriale) e che offrono grandi opportunità di business proprio perché fortemente caratterizzanti dell’offerta.

I retailer non possono sottovalutarne le potenzialità, devono piuttosto individuare e risolvere eventuali criticità che possano compromettere il rapporto di fiducia con i consumatori.

Questi alcuni dei temi emersi dalla ricerca «Il posizionamento dei prodotti vegetali freschi e pronti all’uso nella distribuzione moderna» commissionata dalle principali aziende del settore IV gamma all’Università Cattolica di Piacenza e presentata a Marca da AIIPA IV Gamma.

La percezione dei consumatori

Di fronte alle performance positive registrate dal comparto è inevitabile chiedersi quale sia l’approccio adottato dai clienti e il tipo di utilizzo utilizzato per le varie categorie di prodotto.

La ricerca sottolinea, infatti, come per la IV gamma sia il tasso di penetrazione  (80%)  sia la frequenza d’acquisto da parte delle famiglie (50%) siano decisamente soddisfacenti.

“L’incremento è stimolato soprattutto da un processo di innovazione e di diversificazione merceologica verso linee di prodotto a maggior valore aggiunto. I consumatori riconoscono infatti l’elevato contenuto di servizio dei prodotti di IV gamma e la percezione comparativa della qualità di questi prodotti rispetto a quelli di I gamma risulta essere mediamente buona” – commenta Daniele Fornari, Professore ordinario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

“L’aumento della penetrazione fa principalmente riferimento ad un crescente atteggiamento di “time for money” da parte dei consumatori che da un lato privilegiano prodotti con maggior contenuto di servizio e dall’altro riconoscono un miglioramento dell’offerta in assortimento, soprattutto legata alla disponibilità di prodotti dal packaging comodo e pratico”, spiega Sebastiano Grandi, Professore associato e coordinatore della Laurea Magistrale in Food Marketing e Strategie Commerciali presso dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza

E questo perché si va diffondendo sensibilmente il consumo dell’ortofrutta di IV gamma anche fuori dalle mura domestiche (16% nel caso del pranzo, 25% per cena e fuori pasto), in condizioni d’utilizzo, cioè, in cui i packaging funzionali e pratici sono considerati un plus premiante.

Morale?

Urge allora che le aziende lavorino con zelo e impegno crescente alla realizzazione di packaging pratici e a formulazioni di prodotto sempre più complete.

Quanto alla distribuzione, invece, è impellente che si impegni a dare spazio sufficiente a scaffale al nuovo assortimento, in modo che la clientela possa apprezzarne l’offerta. Purtroppo negli ultimi anni, invece, a fronte di un aumento delle referenze, lo spazio a scaffale è rimasto invariato.

La conseguenza è spesso un dissevizio per i consumatori, spesso penalizzati da lle rotture di stock.

Le reason way del minore acquisto

Tuttavia persistono casi di diffidenza, specialmente sulla V gamma, come emerge dalle dichiarazione di una parte del campione.

Da cosa scaturiscono questi pregiudizi che spesso si traducono in un mancato acquisto?

Tre le ragioni principali:

  • Dubbi sull’igiene dei prodotti
  • Dimensioni troppo grandi delle confezioni
  • Dubbi legati al prezzo (anche se quest’ultimo punto spesso si rivela un falso problema, come vedremo.

Canali di vendita

La ricerca rivela come i consumi siano sempre più multicanalizzati con una media di 1,5-1,6 canali frequentati.

Per IV e V si registra una fortissima penetrazione (90%) nei super. Seguono gli iper (20-30%) e i discount (20%).

Molto gettonato risulta il canale specializato (quello del fruttivendolo) per quanto attiene alla prima gamma e dall’indagine risulta che ancora più consumatori lo sceglierebbero se non avessero vincoli di tempo che li costringono a preferire la grande distribuzione in cui possono effettuare una spesa completa.

Luoghi di acquisto

Quali sono i criteri che fanno preferire un negozio piuttosto che un altro?

In pole position, igiene e pulizia, seguono la qualità dei prodotti, l’esposizione convincente e la scelta ampia.

Mentre la mera convenienza di prezzo si attesta solo al 5° posto.

Migliora invece il piazzamento del criterio di stagionalità che negli anni guadagna progressivamente posizioni.

Qualità: cosa si intende?

Per i consumatori si tratta del combinato disposto di quattro fattori essenziali:

Italianità (indicata come prioritaria dal 53% del campione), shelf life (intesa come data di scadenza più lontana a apprezzata dal 37%), controlli (33%) e tracciabilità (31%).

I prezzi

La questione del prezzo per i prodoti di IV e V gamma, a conti fatti, sembra essere per i consumatori meno importante di quanto in effetti credano.

Dalla ricerca, infatti, è emerso che non si conosce realmente il livello dei prodotti (compresi quelli acquistati con frequanza) e che chi si sbilancia a indicare un prezzo , nel 20% dei casi lo sottostima.

Inoltre all’esplicita domanda, “cambieresti i tuoi comportamenti di acquisto se ti fosse proposto un prodotto più economico?”, la risposta risulta affermativa solo se lo sconto arrivasse a superare il 20%.

Se ne deduce che tra fedeltà a un prodotto rodatoe possibilità di risparmio vince la prima.

L’innovazione

Dalla ricerca si evince come purtroppo solo l’11% dei consumatori si sia accorto di qualche novità di prodotto nell’ultimo anno e di questi solo una percentuale minima ne abbia ricordato qualcuno. La sfida, quindi, è quella di lavorare meglio e insieme per comunicare le innovazioni, anche sul punto vendita.

 

Promozioni, i prodotti di tendenza del 2018 nel calendario di Tiendeo (infografica)

Tiendeo.it, il portale leader nel campo dei cataloghi e delle offerte online geolocalizzate, ha condotto un’analisi dei suoi dati interni al fine di promuovere i prodotti con il maggior volume di promozioni concentrate in ciascun mese dell’anno.

Basandosi su dati interni, sono stati selezionati per ogni mese i prodotti che segneranno le tendenze del calendario commerciale del 2018. Se ad esempio gli arredi e i dispositivi elettronici saranno al centro dell’interesse dei consumatori e delle offerte per tutto l’anno in corso, il periodo preferito per l’acquisto degli articoli per la casa è nel primo trimestre dell’anno, mentre i dispositivi elettronici raggiungeranno il loro picco nella seconda parte del 2018, in coincidenza con i periodi del ritorno a scuola, del Black Friday o del Natale.

Nel 2018 poi alcuni periodi commerciali inizieranno a essere anticipati, per effetto dei consumatori che pianificano i loro acquisti. Questo accade con il ritorno a scuola o con il Natale, con lo shopping del ritorno a scuola che inizia a luglio, aumentando significativamente in agosto e scomparendo completamente durante il mese di settembre. Mentre il Natale sarà già in primo piano il mese di ottobre, con un notevole aumento a Novembre – motivato dalla presenza delle offerte del Black Friday – e dicembre, che resta il mese centrale di questo periodo commerciale.

 

Il Black Friday surclassa i saldi invernali

È interessante notare come gli acquisti online stiano di fatto cambiando profondamente le abitudini dei consumatori, e questo si vede già a partire dai saldi in corso, con le visite su Tiendeo.it relative ai saldi invernali inferiori del 15% rispetto ai saldi estivi e del 48% rispetto al Black FridayI saldi invernali starebbero dunque perdendo popolarità tra i consumatori italiani. La tendenza negli ultimi anni vede le spese elevate relative alle vacanze di Natale portare i consumatori a spostare I loro acquisti ad altri periodi commerciali dell’anno, puntando a sfruttare eventi commerciali con radici meno profonde.

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