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Millennials, target ignorato dalle aziende food. A ragione?

Sono i consumatori del futuro, eppure raramente compaiono nelle campagne pubblicitarie e nei pensieri delle aziende di food e dei retailer.

Stiamo parlando dei Millennials, la generazione dei 20-30enni che si affaccia (o si è già affacciata da tempo) al mondo degli acquisti, con esigenze e approccio diverso da quello dei fratelli maggiori o dei genitori. Una ricerca dell’agenzia di advertising britannica Haygarth ne delinea le caratteristiche, a partire da un deciso interesse per il cibo, che per il 33,7% degli intervistati risulta essere più importante della moda. Ma solo l’11% pensa che le campagne pubblicitarie a tema food siano soddisfacenti, mentre il 45% ritiene che siano troppo focalizzate sulle famiglie e sulle mamme. Il rischio è appunto che le aziende, troppo rivolte alle famiglie, si lascino sfuggire un cliente interessato (e interessante). Un canale principe della comunicazione dovrebbero essere i social media, dove le giovani generazioni postano un’immagine correlata al cibo in media tre volte a settimana, mentre il 70% dei loro genitori non lo ha mai fatto. E seguono 37 canali social legati al cibo contro 16 canali di Celebrities e 18 di moda. Altro fattore di cui tenere conto è il packaging, capace di influenzare le decisioni di acquisto 3,5 volte in più dei genitori.

I millennials di casa nostra, ancorati alla famiglia

Ma come se la cavano i ventenni “de noantri”? Se alcuni tratti – come l’approccio social – possono essere simili a quelli britannici, diverso sembra l’approccio verso le finanze e l’indipendenza economica. Lo rivela l’indagine “I risparmiatori di domani” dell’istituto di ricerca Demia realizzata per Assogestioni, su un campione rappresentativo di italiani di ambo i sessi tra i 16 e i 35 anni. Una generazione (la prima) iperconnessa: il 93% naviga su Internet da mobile, reperisce informazioni in tempo reale e condivide ogni esperienza sui social network dei quali il 97% possiede almeno un profilo.

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Fonte: Demia

Quali sono gli acquisti che occupano la testa dei Millennials di casa nostra? Qui gioca molto l’età: Il 48% dei 16-17enni risparmierebbe per comprare beni di consumo, il 64% dei 18-24enni per emanciparsi dai genitori e uscire di casa. I 25-34enni, invece, cominciano a pensare alla previdenza: il 59% del campione intervistato, infatti, risparmierebbe per proteggersi dagli imprevisti.

La famiglia resta, per tradizione ma anche per la crisi economica e la piaga della disoccupazione e del precariato giovanile, il riferimento principale attorno al quale ruota il mondo economico e finanziario dei ventenni italiani. Sette giovani su dieci infatti di fronte ad una decisione per scegliere una forma di risparmio e investimento ne parlerebbe in primo luogo con la propria famiglia: il 38% si rivolgerebbe al padre, il 29% alla madre e il 27% al proprio partner. Non solo: il 48% dei soggetti intervistati ritiene indispensabile l’aiuto economico dei genitori per mettere su famiglia, per il 45% risparmiare rappresenta un grande sacrificio, mentre il 40% dichiara che non riuscirà ad avere uno stipendio simile a quello dei propri genitori

Istruzione stratificata, lavoro precario o non più indeterminato, concetto di famiglia più elastico, esigenze quotidiane diverse: dall’identikit dei Millenials emerge la fotografia di un percorso esistenziale sfaccettato e non più lineare come per le generazioni precedenti. Un target non facile forse da avvicinare, quantomeno tramite i canali tradizionali di comunicazione, ma certamente ricco di potenzialità per chi saprà coglierne le specificità: nel food e altrove.

L’ascesa di Poundland e l’evoluzione del discount in Uk

Da noi hanno fatto un tentativo qualche anno fa, i negozio tutto a un euro, ma non hanno avuto grande successo. Tutt’altro corso hanno preso nel Regno Unito, dove l’insegna Poundland, nata 25 anni fa e al momento con 600 pdv che vorrebbe far diventare 1000 (tra Uk e Irlanda), ha superato il traguardo del miliardo di sterline di vendite annue. Tre volte il fatturato registrato nel 2006. E davvero fa impressione vedere questi negozi che vendono di tutto, dalla cancelleria ai prodotti per la casa, l’igiene e la pulizia, a una sterlina, sempre pieni fin dal mattino.
I prodotti best seller sono cotton fioc, cioccolatini e pellicola di alluminio, ma anche pile e carta igienica. Cose utili, per tutti i giorni. Ovvio che la crisi ha giovato molto a un’insegna dove per uscire dal negozio con i sacchetti pieni non bisogna accendere un mutuo. Ma la novità è che ora, con la fiducia dei consumatori in crescita, Poundland non solo continua a crescere, ma pensa anche ad espandersi ulteriormente, magari tramite l’acquisizione della concorrente 99 p, 250 pdv in tutto il regno. Perché ormai questo tipo di negozi, che quando sono nati si rivolgevano alle classi meno abbienti e avevano un’offerta low cost da tutti i punti di vista, oggi sono frequentati da una clientela assai variegata, che va dal povero al ricco in cerca di shopping alternativo e di “bargain hunting”, la caccia all’affare. Tanto che l’insegna starebbe anche pensando di sbarcare nel continente, iniziando dalla Spagna dove la crisi ancora si fa sentire.
Un percorso simile a quello delle catene discount Lidl e Aldi, che ha recentemente superato Waitrose come sesta catena del Regno Unito, che sempre qui (ma anche in Francia) incassano ogni anno aumenti di fatturato ed erosione di quote di mercato verso le big 4 della GDO Tesco, Sainsbury’s, Morrison e Asda. Perché la ricerca dell’offerta va oltre la crisi e a chi sa aggiungere valore aggiunto e lavorare bene sul cliente, come stanno facendo gli ex-discount tedeschi, il futuro sembra sorridere.

Tecnologie, gli italiani sono pronti all’omnicanalità nel retail

Da una ricerca svolta da Epson su un campione di 5000 consumatori in cinque Paesi (Italia, Regno Unito, Spagna, Francia e Germania) sulle tecnologie in store emergono interessanti considerazioni sul comportamento delle persone e disegna le linee di sviluppo del punto vendita del futuro.

Omnicanalità, supply chain integrata, pagamenti in mobilità, personalizzazione, fidelizzazione e interattività spinta sono i temi chiave che i consumatori individuano per valutare favorevolmente la loro esperienza d’acquisto.

Camillo Radaelli
Camillo Redaelli, Sales Manager Business Systems, Epson Italia

«Le sfide che il retail deve affrontare – annota Camillo Readaelli, Sales manager business systems di Epson – sono la formazione del personale che si relaziona con i clienti, una disponibilità adeguata di tecnologia, garantire un buon grado di autonomia ai clienti nel punto vendita ed eliminare la coda alle casse».

Ognuna di queste aree di lavoro è infatti individuata dagli intervistati come decisive nella loro esperienza d’acquisto. E non prenderle in considerazione mette a rischio il business.

Elemento più critico, da questo punto di vista, è la coda alle casse, poiché è uno dei principali motivi di rinuncia all’acquisto (30% degli italiani), soprattutto se il prodotto costa poco e non è stato dedicato troppo tempo alla sua scelta (il 42% dei consumatori europei e il 28% degli italiani). Più cresce il valore del prodotto e più lungo è stato il processo di acquisto, più si è disposti ad attendere alla cassa (in questo gli italiani sono più pazienti degli europei, il 45% contro il 28%).

slide16Il 56% degli intervistati (il 63% degli italiani) ha indicato velocità dei pagamenti e assenza di lunghe code alle casse come uno tra i principali fattori che hanno un impatto positivo sull’immagine del marchio, preceduto soltanto dalla competenza degli addetti alle vendite (al primo posto, con il 59% di risposte). Seguono, nell’ordine, la presenza in negozio di postazioni self service per ricerche e ordini a pari merito con un’identica qualità di esperienza d’acquisto sia online sia in negozio, la possibilità di pagare gli articoli agli addetti anche lontano dalle casse, la personalizzazione dell’esperienza d’acquisto, la velocità del servizio, la possibilità di effettuare i pagamenti in modalità self service e addetti alle vendite dotati di dispositivi mobili per ricercare la disponibilità a magazzino dei prodotti.

Per il solo campione italiano, ai primi 3 posti vi sono invece nell’ordine: postazioni self service per ricerche e ordini, pagamenti rapidi senza coda alle casse e addetti alle vendite competenti.

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La ricerca mette in luce anche la predisposizione dei consumatori alle tecnologie e rileva che l’esperienza omnichannel ha una grande influenza sul giudizio complessivo sul brand: così infatti si esprime il 66% degli italiani, contro il 45% degli europei. In questa dinamica tra online e punto vendita sta il vero segreto per guadagnarsi il favore del consumatore. Che se ritiene l’esperienza online più divertente (92%), più conveniente (82%) e più comoda (75%), a favore del punto vendita gioca la possibilità di vedere e toccare il prodotto (77%), la sua disponibilità immediata (67%) e in misura inferiore l’abitudine e l’esperienza più personalizzata (37%).

In questo quadro non stupisce che il 66% degli italiani chieda a gran voce di disporre di modalità di pagamento in mobilità presso il negozio, in misura decisamente superiore rispetto per esempio a Germania e UK, dove, rispettivamente, solo il 30% e 32% sembra preoccuparsene. Le motivazioni dei fautori dei mobile payment sono, nell’ordine: maggiore rapidità nel pagare l’acquisto, meno coda, eliminazione dei contanti, maggiore semplicità e comodità. Chi invece non vuole questo tipo di funzionalità, non è interessato principalmente per preoccupazioni relative alla sicurezza (soprattutto i tedeschi).

Anche nei confronti delle promozioni e delle offerte personalizzate il 90% del campione italiano dichiara di apprezzarle; l’89% (rispetto al 72% della media europea) vede con favore promo personalizzati; il 70% (rispetto al 58% medio europeo) valuta positivamente un’esperienza di shopping personalizzata in tutti i suoi aspetti, in particolare il segmento di intervistati under 30 e quello con maggiore potere di spesa.

La maggioranza dei consumatori europei ritiene inoltre molto o abbastanza importante poter ricevere buoni sconto stampati ad hoc quando fa acquisti in un negozio. Al primo posto (65%) sono i coupon dei negozi di alimentari, seguiti da quelli delle grandi catene di beni di consumo (61%), dei negozi di elettrodomestici/gadget elettronici (60%), di ristoranti e bar (53%), di beni di lusso (54%). I coupon sconto personalizzati spingono il 18% del campione europeo (il 25% di quello italiano) a ritornare sicuramente in quel negozio e aumentano la probabilità per un ulteriore 39%.

In definitiva, nei confronti della tecnologia in store vi è una propensione molto pragmatica da parte degli italiani, ancor più che gli europei: ampia disponibilità ma deve essere in grado di semplificare, velocizzare e migliorare l’esperienza d’acquisto. I benefici evidenziati dal campione sono, in particolare: miglioramento del servizio al cliente (57% del campione globale, 56% gli italiani); velocizzazione della procedura di pagamento e meno attesa in coda (57% gli italiani contro il 53% complessivo); maggior comodità e migliore esperienza d’acquisto (38%gli italiani contro 33%). Appena 1 intervistato su 10 mostra una certa diffidenza verso strumenti tecnologici presenti in negozio.


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E anche su punto vendita del futuro gli intervistati hanno le idee chiare.

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L’E-commerce degli italiani: fermi ai viaggi, solo l’8% comprerebbe alimentari

La Global Survey di Nielsen fotografa la propensione all’e-commerce degli italiani (e di altri 60 Paesi) rilevando affinità e (soprattutto) differenze con le punte più avanzate.

Come ai tempi pionieristici delle compagnie low-cost dunque, nel nostro Paese chi fa e-commerce pensa soprattutto al biglietto aereo, scelto dal 42% della popolazione. Solo l’8% è favorevole a comperare prodotti alimentari, vini e liquori sul web (in linea in realtà con la media europea fatta eccezione per l’Inghilterra, dove è il 26% che predilige l’online per i prodotti alimentari).

Anche l’abbigliamento nella patria dello stile fatica ad affermarsi: se a livello globale vestiti, accessori e scarpe con il 46% guidano la graduatoria degli acquisti via web, in Italia sono acquistati online solo dal 30%, piazzandosi dietro la prenotazione di alberghi (35%) e i libri cartacei (32%). L’elettronica di consumo è acquistata online dal 24% della popolazione. Il 21% degli italiani compra online gli e-book, e il 17% i prodotti di cosmesi o per l’igiene personale, ricercati però su web dal 19% della popolazione. Per quanto concerne auto e moto accessori, solo l’8% degli intervistati acquista online. in linea con l’Europa con l’eccezione dell’Inghilterra, dove il 19% fa ricerca su internet e il 17% compie l’acquisto online. Tre italiani su 4 preferiscono ricercare di persona giochi e prodotti per l’infanzia.

I social network sono impiegati da un italiano su tre (32%) per tenersi aggiornato sul business in Rete. L’82% acquista da PC (80% dato globale) seguito dal cellulare al 36% (44% globale) e dal tablet al 25% (31% globale).

«In Italia ci sono ancora ampi margini di sviluppo del mercato dell’online soprattutto negli acquisti di alimentari o prodotti per la persona – a detto l’ad di Nielsen Italia Giovanni Fantasia -. È sintomatico il fatto che la maggior parte degli acquisti in Rete venga fatta da PC, a differenza di ciò che avviene in quelle aree con uno sviluppo tecnologico più recente (soprattutto Asia), dove l’acquisto online si espleta in movimento (cellulari e tablet). D’altra parte, anche in Italia si sta affermando una politica di vendita integrata, che vede il web giocare un ruolo complementare al negozio fisico. Occorre accelerare un circolo virtuoso tra punto di vendita e Rete, poiché se da una parte quest’ultima può sostituire il negozio, è anche lo stimolo a visitare il punto vendita».

Comodo e conveniente sì, ma con diffidenza

La ragione principale per cui si ricorre all’online è la comodità, è chiaro. Un motivo citato in media dal 76% degli intervistati globalmente, dal 70% degli europei e dal 75% degli inglesi, ma che in Italia convince solo il 58%, mentre il 42% ancora non si fida a dare le informazioni della carta di credito (media UE 41%). Prima di procedere all’acquisto online il 60% degli italiani legge recensioni del prodotto/servizio.

Altra  motivazione che spinge all’e-commerce sono i prezzi bassi: il 52% pensa sia più conveniente fare acquisti su web che in negozio, e il 50% di potere beneficiare del prezzo migliore. Le spese di spedizione costituiscono però una barriera allo shopping online. Il 36% degli italiani vorrebbe che questa voce venisse eliminata dalle offerte dei vari prodotti. In Europa il valore oscilla tra il 30% della Germania e il 38% della Francia.

Il marketing diretto è una leva importante utilizzata nel commercio online: il 42% del campione accoglie favorevolmente le e-mail del retailer e il 38% ne chiede l’iscrizione per tenersi aggiornato. Le App sono usate per pianificare la spesa (dal 32%) ma solo il 21% gestisce la spesa nel negozio con un tool online. Il 27% pensa che i siti dei retailer non siano di immediato utilizzo.

Promo, vicinanza e rapporto umano spingono in negozio

Ma cosa spinge oggi il consumatore ad entrare in negozio? Le novità di prodotto sono approcciate grazie alle promozioni (53%) o ad uno sconto tramite coupon (35%), ma anche per provare qualcosa di nuovo (41%) o un gusto nuovo (32%). Il campione gratuito nel negozio funziona solo per il 17% dei consumatori, mentre il display scende al 13%. Per il 24% è attirato ancora dalle formule pubblicitarie classiche (giornali, tv, outdoor), il 18% da un packaging rinnovato.

La leva prezzo spinge il 61% degli italiani a visitare un nuovo punto vendita (media UE 70%, global 68%). Anche se le promozioni speciali attirano nuovi acquirenti (47%), il 55% dei consumatori sceglie il negozio/supermercato in funzione della comodità (vicinanza). La qualità del prodotto motiva il 41% degli acquirenti, mentre il 31% è sensibile all’assortimento dell’offerta. Il 35% sottolinea che il punto vendita deve essere ordinato e pulito mentre il 22% sottolinea l’importanza della presenza di uno staff professionale nel momento dell’acquisto.

L’indagine “Nielsen Global Marketing Effectiveness in the retailer landscape and the impact of e-commerce” è stata eseguita su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi.

«Eletto prodotto dell’anno» premia l’innovazione. Ecco i 45 premiati

Assegnati ieri i premi Eletto prodotto dell’anno 2015. Il premio, fondato in Francia nel 1987, è ora presente in oltre 35 Paesi nel mondo e ogni anno identifica, attraverso il giudizio di 12.000 consumatori, i prodotti innovativi venduti sul mercato italiano che si fregiano per un anno del logo, ormai riconosciuto da 8 consumatori su dieci.

Alla base del premio Eletto prodotto dell’anno vi è una ricerca di mercato svolta da Iri secondo cui è forte la domanda di innovazione da parte dei consumatori, che però lamentano una mancanza di differenziazione. Tanto che se innovazione va a braccetto con convenienza, sono disposti a pagare un prezzo premium solo in presenza di requisiti pienamente soddisfacenti. In questo contesto la marca aumenta il suo valore di rassicurazione, purché inserita in un contesto di trasparenza e di onestà.

Ecco l’elenco dei 45 prodotti dell’anno 2015

 

abbronzatura farmacia Protezioni Solari e Autoabbronzanti Vichy
acque ecosostenibili San Benedetto 1L Easy Progetto Eco Green 
anti rughe Rilastil Re-Sleep Siero
bevande analcoliche premiscelate Crodino Twist
bevande gassate San Benedetto Prima Spremitura
birre Heineken Mini 15CL
carta casa Tutto Flash
cibo cane e gatto negozi specializzati Miocane e Miogatto
cibo gatto supermercato Migliorgatto Sterilized
cioccolato Ritter Sport Fondente Extra 73%
collant Golden Lady MySecret e MyBeauty
conserve Callipo ConTonno
conserve di pomodoro Linea Petti “Il Pomodoro al Centro”
cura corpo farmacia Rilastil Elasticizzante Olio
cura gola ZerinolVox Emolliente e Protettivo
dentifrici Biorepair Gengive Delicate
detergenti superfici Smac Express Sgrassatore Universale
detersivi per stoviglie Dual Power Piatti Gel Concentrato con Dispenser
farine e lieviti Ruggeri Lievito Madre Attivo con Germe di Grano
frutta secca Noberasco Linea Super Frutti
igiene femminile Tantum Rosa Intimo Quotidiano Detergenti Intimi
insalate Bonduelle Le Primizie di Stagione
integratori benessere interiore Magnesia S.Pellegrino Erbal
integratori di vitamine Supradyn Energy
latticini Il Fresco Spalmabile Nonno Nanni
lavastoviglie Whirlpool Gamma Power Dry
maionesi e salse Calvé Salse Extragusto
materassi Eminflex Mito Plus Bioenergy
olio auto Shell Helix Ultra con PurePlus Technology
patatine Crik Crok Limited Edition
ped capelli Linea Imetec Bellissima Revolution
ped preparazione bevande Sodastream Gasatori Play, Source, Crystal Shine e Revolution
prodotti dolci da forno Fiesta Caffè
prodotti per la casa ecologici Winni’s 
prodotti senza lattosio Sottilette Senza Lattosio
profumatori auto Belair Sensation by Arbre Magique
puericultura leggera Mustela Pasta per il Cambio 1-2-3
puericultura pesante Chicco Culla LullaGo
rasatura femminile Gillette Venus & Olaz
salmone affumicato Fjord Salmone Affumicato Norvegese con Alga Nori
stendibiancheria Colombo New Scal Stendibiancheria Titano
succhi Tropicana Ambient
the freddi Thè San Benedetto T-Surf 
tisane funzionali Istituto Erboristico L’Angelica Linea Tisane Fredde
vegetali surgelati Bonduelle Gamma Millefoglie

 

Cosa si cerca oggi nella marca? Lo dice un’indagine di Oggi-Centromarca

Qualità e sicurezza, provenienza delle materie prime e un occhio alle tematiche “green”: questo chiedono i consumatori alle marche, con le quali cercano una relazione autentica basata su fiducia e attenzione alle proprie esigenze. È questa la fotografia del consumatore delle grandi marche che emerge dalla ricerca “Il valore della qualità – Prodotti di Marca: le aspettative dei consumatori” presentata dal settimanale Oggi in collaborazione con Centromarca e condotta da AddedValue. La ricerca ha analizzato i dati provenienti dagli oltre 5.800 questionari raccolti attraverso oggi.it e incentrati sui settori Food, cura della Persona, cura della Casa ed Elettrodomestici, e focalizzati sulle aspettative del consumatore nei confronti della marca per il futuro, in particolare in relazione ad ambiti e attività da presidiare, per poi concentrarsi su sei aree di indagine: caratteristiche di prodotto, iconografia, valori, vibe, reputazione e tratti di personalità. I rispondenti sono in prevalenza donne (69%), hanno una famiglia con almeno un figlio (40%) e hanno un atteggiamento verso gli acquisti dei prodotti di marca più razionale che emotivo: il 60% degli intervistati dichiara infatti di essere attento al rapporto qualità-prezzo, di confrontare varie alternative, di effettuare l’acquisto solo dopo essersi ben informato, ma anche di essere disposto a pagare di più per un prodotto soddisfacente. E qualità e sicurezza dei prodotti sono due richieste cardine che in consumatori fanno alla marca, con le dovute sfumature a seconda del settore considerato.

Le caratteristiche di prodotto
Le caratteristiche di prodotto

Il prodotto non è certo solo il contenuto: packaging e comunicazione giocano un ruolo determinante, perché sono i messaggeri dei valori della marca, riguardo ai quali il consumatore sembra essere sempre più esigente.

L'iconografia
L’iconografia

Le azioni di responsabilità aziendale si riflettono pesantemente all’esterno anche grazie alla grancassa dei social network e incidono sulla reputazione della marca. Alla quale si richiedono politiche green, attenzione all’occupazione giovanile (tra le grandi preoccupazioni dei genitori d’oggi) ma soprattutto che la produzione avvenga in Italia.

La reputazione
La reputazione

Più intangibili le richieste che circondano il “vibe”, la qualità emozionale e l’atmosfera che circonda la marca. Qui però l’aspetto etico, comunque primario, sembra fare spazio più a richieste di innovazione e creatività nella realizzazione di nuovi prodotti.

Il Vibe
Il Vibe

Dunque, se per il settore Food è fondamentale che la marca assicuri qualità e sicurezza globale, che la produzione sia localizzata in Italia e che i prodotti sappiano valorizzare l’esperienza accumulata nel settore e la tradizione della marca stessa, in merito alla cura della Persona e della Casa, emerge grande attenzione alle tematiche ecologiche, come le materie riciclabili, la sostenibilità e il ridotto impatto ambientale, senza dimenticare il mantenimento di elevati standard di qualità. Per il settore Elettrodomestici, è fondamentale lo sviluppo di nuove tecnologie innovative ma anche l’assistenza al cliente, la trasparenza della comunicazione e una pubblicità informativa.

Dall’analisi dei dati emerge in generale una sempre maggiore aspettativa degli utenti verso le marche, alle quali viene chiesto, più che concentrarsi sul racconto di sé, di lavorare per costruire una relazione autentica con il consumatore basata sulla fiducia e sull’attenzione alle sue esigenze.

Istat, cresce il clima di fiducia dei consumatori e delle imprese. Futuro meno fosco

La cautela è d’obbligo, ma se un clima di fiducia positivo è la premessa per la ripresa dell’economia, allora l’ultimo bollettino Istat apre qualche spiraglio di luce.

Stando alla rilevazione del clima di fiducia dei conaumatori e delle imprese, a febbraio l’indice composito del clima di fiducia dei consumatori, espresso in base 2005=100, aumenta in misura significativa, passando a 110,9 da 104,4. Anche l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane (Iesi, Istat economic sentiment indicator), in base 2005=100, mostra un deciso miglioramento, salendo a 94,9 da 91,6 di gennaio 2015.

I consumatori
I giudizi dei consumatori migliorano sia con riferimento all’attuale situazione economica del Paese (a -73 da -101, il saldo), sia per quanto riguarda le attese (a 23 da -3, il saldo). Il saldo dei giudizi sulla dinamica dei prezzi al consumo negli ultimi 12 mesi mostra una diminuzione a -27 da -22 e quello delle attese per i prossimi 12 mesi conferma questa tendenza (a -33 da -31, il saldo). Migliorano decisamente le aspettative sulla disoccupazione (a 10 da 40, il saldo).

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I giudizi sulla situazione economica della famiglia migliorano: il saldo passa a -50 da -55. Quanto alle attese future il saldo diminuisce a -6 da -14, questa variazione è determinata dalla diminuzione della quota di intervistati che si attendono un peggioramento lieve (a 14,8% da 19,3%) o più rilevante (a 2,8% da 3,7%) della situazione economica della propria famiglia. Migliorano anche i giudizi sul bilancio familiare il cui saldo aumenta a -10 da -12.

Diminuiscono i giudizi sulla convenienza all’acquisto immediato di beni durevoli (a -74 da -67, il saldo), per l’aumento della quota di coloro che ritengono quello attuale un momento poco favorevole per fare acquisti di beni durevoli (al 55,7% dal 53,9%). Al contrario, il saldo delle intenzioni di acquisto di beni durevoli nei prossimi 12 mesi migliora, passando a -84 da -95 per la diminuzione dalla quota di intervistati che si attendono di spendere molto meno in futuro (al 37,6% dal 43,7%).

Le imprese
Riguardo le imprese, migliora il clima di fiducia di quelle dei servizi di mercato (a 100,4 da 94,9), del commercio al dettaglio (a 105,3 da 99,4) e della manifattura (a 99,1 da 97,6), mentre scende lievemente quello delle imprese di costruzione (a 76,6 da 77,4).

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L’indice del clima di fiducia sale in tutti i principali raggruppamenti di industrie: in particolare, l’indice sale a 97,9 da 96,8 nei beni di consumo, a 99,8 da 99,7 nei beni intermedi e a 98,8 da 95,4 nei beni strumentali. Anche i giudizi sugli ordini migliorano: nei beni di consumo il saldo sale a -20 da -23, nei beni intermedi a -22 da -24 e nei beni strumentali a -18 da -24. Il saldo dei giudizi sulle scorte di prodotti finiti passa a 3 da 2 nei beni di consumo, a 2 da 0 in quelli intermedi, mentre rimane stabile a 0 nei beni strumentali. Le attese sulla produzione migliorano nei beni intermedi e nei beni strumentali, i cui saldi salgono rispettivamente a 4 da 3 e a 7 da 3, mentre rimangono stabili a 3 nei beni di consumo.

 Le imprese del commercio al dettaglio
Nel commercio al dettaglio il clima di fiducia migliora passando a 105,3 da 99,4 (in gennaio). L’aumento è dovuto, in particolare, al forte recupero del saldo dei giudizi sulle vendite correnti (da -16 a -5) e alla crescita di quello relativo alle aspettative sulle vendite future (da 8 a 13); in lieve decumulo sono giudicate le scorte di magazzino (da 5 a 4).

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Disaggregando i risultati per tipologia distributiva, la fiducia migliora con particolare intensità nella distribuzione tradizionale (a 107,6 da 100,0 il relativo indice), ma cresce anche nella grande distribuzione (a 103,3 da 99,8). Nella prima emerge in forte recupero il saldo dei giudizi sulle vendite correnti (da -31 a -16) ed in miglioramento quello relativo alle attese sulle vendite future (da -3 a -1); nella seconda, si evidenziano in aumento sia il saldo dei giudizi sulle vendite correnti (da 4 a 10), sia quello delle attese sulle vendite future (da 21 a 28). Quanto alle scorte di magazzino, il saldo della variabile aumenta da 11 a 13 nella grande distribuzione e si ridimensiona da 1 a -2, in quella tradizionale.

Infografica: le millennials, donne che amano la birra

Una generazione che non si era mai vista, quelle delle millennials, donne, o meglio ragazze, tra i 18 e i 35 anni: donne che amano la birra, come recita il titolo della ricerca commissionata da Assobirra a Doxa in occasione del lancio della campagna che ha proprio le giovani donne come protagoniste e destinatarie del messaggio.

Sì perché le donne nate tra il 1980 e il 1996 sono circa 7 milioni e per valori, passioni, abitudini e stili di vita hanno poco a che vedere con le generazioni precedenti (che però hanno tracciato la strada della liberazione dai tabù e dai vincoli atavici, o per lo meno ci hanno provato). Le loro caratteristiche, rivela l’indagine Doxa-AssoBirra, sono molto diverse dalle loro madri o zie: 4 su 10 lavorano (42%, circa il 20% in più rispetto a venti anni fa), mentre il 16% (1 milione di giovani donne under 35, erano circa 800 mila a metà anni Duemila) lavorano in casa, alcune per costrizione (difficoltà a trovare un lavoro) altre per scelta. 7 su 10 hanno una (o più di una) laurea o sono diplomate: quasi il doppio degli anni Novanta. Chi lavora si sente apprezzata e appagata (grado di accordo 7,5 su 10) e nella vita considerano intelligenza e competenza molto più importanti della bellezza (con un grado di accordo di 8,6 su 10). E 3 giovani donne su 10 confessano di fare senza problemi cose una volta considerate prevalentemente “da maschi” come bersi una birra con gli amici o parlare con passione di economia e politica.

«Questa generazione – spiega Filippo Terzaghi, direttore di AssoBirra – è stata capofila di un cambiamento di approccio epocale nei confronti della birra. Abbiamo voluto conoscerla meglio in tutti i suoi aspetti relativi alla concezione del mondo e allo stile di vita. E abbiamo scoperto, con piacere, che la loro anticonvenzionalità nell’approccio alla birra – per 1 su 4 è la bevanda alcolica preferita mentre 6 su 10 la bevono con moderazione, registrando i consumi procapite, 14 litri l’anno, più bassi d’Europa – è solo sintomo di una più generale diversità che si riflette in ogni scelta e anche nei sistemi di valori, che mettono l’amicizia, la socialità, la cultura e la realizzazione nel lavoro al primo posto. A queste donne che sanno essere come la società le vuole, trovando però anche il modo per essere come vogliono loro stesse, abbiamo dedicato una campagna – “Birra io t’adoro” – la prima dopo quella storica degli anni Ottanta con Renzo Arbore… E, soprattutto, la prima con le donne al centro del messaggio».

 

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L’iper-rilevanza ovvero quando l’Internet of everything cambia il comportamento d’acquisto

Lo shopping deve essere comodo, facile ed efficiente: parola di consumatore. A ribadirlo una recente ricerca dedicata al retail da Cisco Consulting Services da cui emerge che non basta personalizzare l’esperienza, ma occorre andare oltre, verso un servizio basato sull’”Iper rilevanza”.

Ne parla un articolo dal titolo “un affare da 1.500 miliardi” punbblicato sul numero di inStore, sfogliabile anche online.

Per raggiungere questo obiettivo – si legge nell’articolo – si deve partire dai dati al fine di analizzarli e tracciare l’esperienza d’acquisto più idonea al contesto in cui il consumatore si venga a trovare. Ma secondo i clienti, quali sono i momenti e le situazioni in cui occorre operare un intervento per migliorare l’esperienza d’acquisto?  Il 39% dei consumatori ha indicato il processo di selezione e acquisto dei prodotti: la richiesta sarebbe quella di un intervento che renda più facile trovare con certezza in negozio ciò che si cerca e di avere maggiore efficienza al momento del pagamento.  Ma quali concept di shopping vanno per la maggiore?  Cisco ha testato con i consumatori coinvolti nella ricerca 19 diversi concept di shopping.

Leggi qui tutto l’articolo

Carni trasformate, i deputati Ue per l’obbligo di indicare la provenienza

I recenti fatti di cronaca circa frodi alimentari e lo scandalo della carne equina lo dimostrano, i consumatori vogliono la massima trasparenza circa la provenienza delle materie prime, anche degli alimenti trasformati. Per questo i deputati Ue hanno chiesto alla Commissione europea di presentare proposte legislative col fine di rendere obbligatoria l’indicazione della provenienza delle carni anche degli alimenti trasformati, come avviene già per le carni bovine fresche.

La risoluzione, approvata con 460 voti favorevoli, 204 contrari e 33 astensioni, sollecita la Commissione a dare seguito alla relazione stilata nel 2013 con proposte legislative che rendano obbligatoria l’indicazione del Paese di origine delle carni utilizzate nei prodotti alimentari trasformati, in modo da assicurare una maggiore trasparenza in tutta la catena alimentare, informare meglio i consumatori europei aiutando così a riconquistare la loro fiducia.

“Oggi dobbiamo riconquistare la fiducia dei consumatori europei, che anche a seguito di frodi alimentari (…) auspicano regole più severe in materia di tracciabilità e informazione – ha affermato il presidente della commissione per l’ambiente Giovanni La Via -. L’intervento legislativo dovrà tener conto della trasparenza e della leggibilità delle informazioni per i consumatori pur consentendo allo stesso tempo alle imprese europee di operare in modo economicamente redditizio.

Lo chiedono 9 consumatori su 10

In effetti lo studio della Commissione europea (17.12.2013) mostra come più del 90% degli intervistati considera importante il fatto che l’origine delle carni sia etichettata sui prodotti alimentari trasformati. La questione del resto è lungi dall’essere “di nicchia” e riguarda un gran numero di alimenti. A seconda dello Stato membro, dal 30 al 50% delle carni macellate sono trasformate in ingredienti a base di carne per alimenti, principalmente carne macinata, preparati di carne e prodotti a base di carne.

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