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Auchan e Simply lanciano il nuovo programma fedeltà LATUA!CARD

Rinforzare la relazione con il cliente: con questo obiettivo Groupe Auchan dopo cinque anni di esperienza nella loyalty coalition (con Nectar), lancia per le insegne Auchan e Simply il nuovo programma di fedeltà multi-partner LATUA!CARD.

Varie le modalità per la raccolta punti, che valorizza i prodotti di Auchan e Simply, i prodotti freschi di Simply e i prodotti dedicati alla cura della persona e profumeria di LillaPois.

La raccolta punti parte il 1 marzo 2015 mentre dal 1° Aprile è possibile accumulare punti anche rifornendosi di carburante nelle oltre 4.000 eni station aderenti.

Sconti riservati ed esclusivi sono riservati ai tanti prodotti delle Grandi Marche. Ma i punti si possono collezionare anche online, grazie ai numerosi web partner tra cui Tui.it, la Feltrinelli, BottegaVerde, Groupalia ed eDreams.

Sul fronte dell’impegno sociale, ogni volta che i clienti presentano LATUA!CARD in cassa, Auchan, Simply e LillaPois donano 1 centesimo di euro a favore della ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare (senza alcun onere per i clienti) a Fondazione Telethon. Si tratta del primo programma di loyalty con donazione continuativa ad una charity.

Il catalogo LATUA!CARD, valido da marzo 2015 a febbraio 2016, contiene un centinaio di premi ma anche numerosi buoni ingresso in luoghi di intrattenimento, buoni sconto e carte regalo da utilizzare nelle principali catene di arredo casa, abbigliamento, calzature e sui siti di e-commerce, come Zalando e Showroomprive.it.

La carta è disponibile da sabato 14 febbraio nei 49 ipermercati Auchan diretti, in oltre 900 supermercati Simply, IperSimply e PuntoSimply diretti e in franchising, e dal 19 febbraio nei drugstore LillaPois, per un totale di 1.000 punti vendita coinvolti in 18 regioni d’Italia.

2015 anno della ripresa? Italiani sfiduciati secondo Nielsen

Per Confindustria sarà questo finalmente l’”anno spartiacque”, che vedrà l’uscita dalla lunga recessione iniziata nel 2008. Ma i consumatori italiani, come la vedono? Nera, anzi nerissima secondo il rapporto Nielsen sulla Consumer Confidence aggiornato al quarto trimestre del 2014.

A livello globale l’anno passato si è chiuso in negativo, con un calo di due punti sul trimestre precedente, anche se rispetto allo stesso periodo del 2013 la fiducia dei consumatori è salita di due punti, e dopo due anni di crescita. Le differenze sono molto marcate da regione a regione. Se gli USA, avvantaggiati dalla ripresa dell’occupazione, registrano un indice sopra la media di 106 l’Europa è fanalino di coda con un indice di 76, ma il Paese con il tasso di fiducia più basso al mondo è proprio l’Italia, che registra un mero 45.

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Vecchio Continente sfiduciato, vecchia Italia ancor di più

La fiducia in Europa è calata in 20 mercati su 32, e solo la Danimarca ha un punteggio positivo (>100) anche se la Germania si avvicina con 98 punti, e solo in Svizzera e Germania oltre la metà degli intervistati sono ottimisti (49% e 56%). Italia e Francia calano di due punti ma è proprio l’Italia il fanalino di coda del continente (con un indice pari all’anno scorso), mentre cresce la fiducia in Irlanda, trainata da tassi di disoccupazioni in calo e dalla crescita del Pil.

“Se nei mercati emergenti si registra un consolidamento della capacità di acquisto della classe emergente, nelle economie consolidate, come quella italiana, questa ha subito un deciso indebolimento, da cui deriva la difficoltà della ripresa dei consumi – ha dichiarato Giovanni Fantasia, amministratore delegato Nielsen Italia -. A questo fattore si aggiungono gli elementi di criticità provenienti dalla congiuntura internazionale (Ucraina e Medio Oriente). Tale scenario spiega i motivi alla base del mancato incremento dell’indice di fiducia registrato da Nielsen nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Non da ultimo, inoltre, si riscontra un crescente divario tra la posizione economica dei giovani e quella delle fasce più mature, considerato l’alto tasso di disoccupazione che si registra tra i primi”.

Il 96% degli italiani ritiene che l’Italia si trovi ancora in fase recessiva: il dato più alto rispetto ai principali Paesi dell’Ue. La preoccupazione maggiore per la quasi totalità del campione riguarda le proprie condizioni lavorative, e il 60% degli italiani pensa che la crisi proseguirà per i prossimi 12 mesi, valore tornato ai livelli del primo trimestre del 2014, dopo la fase positiva registrata nel secondo trimestre. Di conseguenza gli acquisti non sono certo in cima alla lista, specie se voluttuari. Solo il 13% si considera pronto a fare acquisti di qualsiasi genere. Una volta sostenute le spese strettamente necessarie (alimentari, cura casa, bollette, tasse, ecc.), il 39% ritiene giusto destinare ciò che rimane a forme di risparmio. Il 26% lo riserva per i vestiti, il 25% per viaggi e vacanze, il 20% per l’intrattenimento fuori casa (ristoranti e cinema). Solo il 13% si dice propenso a spendere per beni tecnologici e, in misura uguale, a immettere denaro per spese dedicate alla casa.

 

USA in ripresa, Asia e Africa bene, Sud America in difficoltà

Nel resto del mondo le cose vanno meglio, la fiducia aumenta lentamente ma aumenta comunque in più della metà dei Paesi (39 su 60).

11 mercati hanno registrato aumenti di fiducia di due cifre sul 2013 tra questi gli USA (+12) e i Regno Unito (+10) ma anche Romania (+15), India (+14), Egitto (+14) Irlanda (+13) e Bulgaria (+13).

Anche se nel 2013 sono scesi tutti gli indicatori di fiducia dalle prospettive di lavoro (-3), finanze personali (-1) e intenzioni di spesa (-1), tutti questi indicatori sono in crescita sul 2013, tanto che il 49% degli intervistati ritiene che nei prossimi mesi le prospettive di lavoro saranno positive (erano il 47% nel 2013) mentre le intenzioni di spesa sono cresciute dal 38 al 40%.

L’area del mondo che ha registrato i miglioramenti più marcati è il Nord America, dove le aspettative nel mondo del lavoro sono aumentate di ben 12 punti al 50%, lo stato delle finanze personali è sopra di 6 punti e le intenzione di spesa di 12 punti.

Incrementi significativi si sono registrati anche in Africa e Medio Oriente mentre l’America del Sud è l’unica regione che ha arretrato in tutti e tre gli indicatori sull’anno precedente.

“Alcune regioni del mondo non sono ancora fuori dal tunnel, ad esempio l’Eurozona, mentre altre, come la Cina e alcuni Paesi sudamericani, probabilmente stanno entrando un periodo di crescita minore nel 2015” si legge nel rapporto.

Il Nielsen consumer confidence index misura la percezione delle prospettive di lavoro locali, sulle finanze personali e sulle intenzioni di spesa immediate. I livelli di fiducia del consumatore superiori o inferiori a una base di 100 indica gradi di ottimismo o pessimismo. Il Nielsen Global Survey of Consumer Confidence and Spending Intentions, nato nel 2005, misura la fiducia del consumatore le preoccupazioni e le intenzioni di spesa di oltre  30mila intervistati tramite web in 60 Paesi.

Lista della spesa, avanzi, pasto in comune strategie di risparmio degli italiani

Foto Desi @Flickr licenza CC https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/legalcode

La crisi non è finita, e gli italiani, che lo sanno, al momento di fare la spesa attuano una serie di strategie per risparmiare destinate probabilmente a resistere anche al di là della congiuntura economica. Ma quali sono queste stratagemmi? Ce lo rivela un’indagine Coldiretti/Censis. Che parte da un’usanza intramontabile: la lista della spesa. Vuoi con carta e matita o su una ipertecnologica app per smartphone, l’usanza di scrivere a casa i prodotti da comprare al supermercato è seguita regolarmente dalla metà degli italiani (49,8  per cento), ai quali si aggiunge un 34,5 per cento che la fa solo qualche volta per non essere travolto dagli acquisti di impulso, e quindi soprattutto per risparmiare. Dunque spazio per le insegne che vogliano creare applicazioni utili e accattivanti per la clientela e magari con contenuti discreti (nel senso di non invadenti) ma strategici c’è, eccome.

Poi ci sono le scorte di prodotti alimentari, fatte sapientemente con gli articoli in promozione: una pratica operata da una famiglia italiana su tre.

Ma “il ritorno al passato – spiegano a Coldiretti/Censis – si avverte anche tramite forme di sapiente sobrietà nell’utilizzo dei cibi acquistati e cucinati come, ad esempio, l’utilizzo di cibi avanzati preparati per precedenti pasti praticato da 22,8 milioni di famiglie, e regolarmente da 9,9 milioni”.

Aspetti positivi dunque che vanno nel senso della riduzione dello spreco alimentare che vede ogni anno andare in fumo la metà delle derrate alimentari e che, secondo il protocollo di Milano, se azzerato potrebbe risolvere il problema della fame nel mondo. Ma non è l’unico aspetto “virtuoso”: la crisi infatti, sempre secondo l’indagine, terrebbe più unite le famiglie, quanto meno all’ora dei pasti, importante momento di socializzazione. Sono 10,6 milioni le famiglie italiane che, anche per contenere le spese, ogni giorno della settimana fanno almeno un pasto insieme a colazione, a pranzo o a cena: il 61,8 per cento dei nuclei familiari, se si escludono le famiglie con un solo componente. Circa 2,5 milioni di famiglie italiane (il 14,3 per cento) fanno addirittura insieme tutti e tre i pasti per tutti e sette i giorni della settimana, mentre solo 342mila famiglie fanno al massimo un pasto insieme due volte a settimana. I momenti in cui più facilmente ci si trova insieme sono, non a sorpresa, la cena (con 8,8 milioni di famiglie che cenano, 5,2 milioni pranzano e 4,6 milioni di famiglie fanno colazione insieme tutti e sette i giorni della settimana) e il week-end, con 8,1 milioni di famiglie che fanno colazione, 12,8 milioni che pranzano e 11,4 milioni che fanno la cena sempre tutti insieme il sabato e la domenica. Anche in questo caso, rendere disponibili contenuti e soluzioni per diversificare il pranzo in comune potrebbe essere una buna chiave per giungere al cuore e al portafoglio (attentamente “sorvegliato”, come abbiamo visto) di un cliente sempre più sfuggente.

Risparmio e qualità guidano gli acquisti dei prodotti a marchio del distributore

Dall’indagine Nielsen Global Survey on Private Label and Premiumization Trends condotta intervistando oltre 30.000 utenti internet emergono due aspetti principali comuni in tutti i 60 Paesi considerati: il prezzo è il driver primario per la maggior parte dei consumatori (il 70% dei rispondenti infatti dichiara di acquistare prodotti a marchio del distributore per risparmiare), però l’appeal della private label va oltre il prezzo e riguarda anche la qualità.

Ma queste attitudini dei consumatori, si chiede il rapporto, sono trasformate in vendite? La risposta dipende dalle latitudini. Se nei Paesi ocidentali la quota al valore dei prodotti Mdd è intorno al 15% o superiore (con punte superiori al 40% in Europa), in Oriente, America Latina e Asia è inferiore al 10% (ma in Cina e Brasile è del 5% o inferiore). Non esiste però una ricetta unica, sottolinea l’indagine, sebbene le ragioni del successo in un mercato possono guidare altri mercati: la crescita delle private label richiede infatti approcci su misura per i singoli mercati.

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Anche per gli italiani (nel 66% dei casi) la ragione principale di acquisto dei prodotti Mdd è il risparmio, inteso come la possibilità di poter spendere meno per gli stessi benefici offerti dai prodotti di marca: il rapporto qualità-prezzo della marca del distributore è ritenuto infatti ottimo dal 67% dei consumatori. Questo dato è in linea con la media europea, anche se non ancora al livello di paesi come la Germania, dove raggiunge il 79%.

Il prezzo, afferma l’indagine, non è un elemento irresistibile di differenziazione. I fattori psicologici possono essere molto potenti, soprattutto in alcune categorie. Per esempio nella salute e bellezza le private label non hanno avuto un forte impatto, nonostante un vantaggio di prezzo che raggiunge il 40%. Anche nei periodi più difficili, i consumatori hanno il desiderio di indulgenze occasionali e sono disposti a pagare di più per i loro brand preferiti.

«Per natura i prodotti Mdd – ha evidenziato Jean-Jaques Vandenheede, direttore di Nielsen retail industry insight – non sono predestinati a crescere, contrariamente ai brand. L’impegno verso l’innovazione, l’analisi e il marketing sono strategie effettive per mantenere e accrescere le quote. Un’aggressiva attività promozionale, così come abbiamo visto nel Regno Unito, può anche aiutare a consolidare la crescita delle private label, ma tali misure reattive al prezzo non sono sostenibili nel lungo periodo».

Il confronto tra prodotto a marchio del distributore e industriale è costante e continuo da parte del consumatore, sia per ciò che riguarda il risparmio offerto che per la qualità dei prodotti. Il 56% degli italiani ritiene che le marche private abbiano una qualità assimilabile a quella dei prodotti di marca (rispetto al 23% del 2010) e il 47% ritiene che alcune siano superiori ai brand industriali.

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I prodotti per cui il consumatore è disposto a spendere di più per la qualità offerta sono soprattutto gli alimentari freschi, in particolare pesce e carne freschi o surgelati (46%), pane e prodotti da forno (33%), formaggio (32%), latte (26%) e uova (21%). Seguono i prodotti per la cura della persona e della casa.

Ma cosa vogliono gli italiani in termini di assortimento, prezzi, esposizione e prestazione? Innanzitutto il 51% degli italiani dichiara che comprerebbe più prodotti a marchio del distributore se ci fosse maggior varietà. Il 61% degli intervistati vorrebbe averli a fianco dei marchi dei produttori in modo da poter più facilmente compararne caratteristiche e prezzi. Inoltre la maggioranza dei consumatori (62%) richiede un’offerta completa che spazi dal primo prezzo ai prodotti di alta gamma, includendo i brand nazionali: tenere un giusto equilibrio tra le due tipologie di brand a scaffale diviene quindi una strategia fondamentale.

Nonostante l’atteggiamento dei consumatori sia molto positivo e la popolarità della marca del distributore sia molto cresciuta negli ultimi anni, nel 2014 la marca del distributore ha subito una battuta di arresto. La sua quota sul totale del fatturato Grocery nel progressivo a settembre 2014 si è mantenuta agli stessi livelli del 2013 (18,4%) e per la prima volta le vendite non hanno sostenuto la crescita del largo consumo: -1,5% della marca del distributore rispetto al -0,9% degli altri brand.

Con il travel retail è la rivincita del sesto continente

Il travel retail – gli store negli scali ferroviari o aeroportuali – è un settore in ascesa e sempre più appetibile per il suo elevato valore di marketing strategico.

I responsabili marketing delle grandi aziende infatti l’hanno già ribattezzato il sesto continente: un esercito di milioni di persone che si spostano ogni giorno in aeroporti e stazioni, per lavoro o per diletto, portando con sé esigenze e desideri che spesso si trasformano in acquisti.

Acquisti veloci e d’impulso, ma anche di lusso e di coccola (il beauty ha recentemente superato le vendite di alcolici nei duty free shop degli aeroporti). I dati parlano chiaro: quello degli acquisti negli (ormai ex) non-luoghi è un mercato in ascesa, anche perché ormai il viaggiatore trova sulla sua strada al posto di lunghi corridoi bui, vere e proprie “piazze commerciali” accoglienti e con un’offerta che spazia dal food al beauty, dall’abbigliamento all’elettronica di consumo.

E, proprio quando il centro commerciale appare in declino, aeroporti e stazioni aumentano spazi dedicati al retail e introiti, capitalizzando su quei milioni di persone l’anno che per quei luoghi devono giocoforza passare, ma anche, per le stazioni, sui residenti e lavoratori delle aree vicine.

Continua a leggere sull’ultimo numero della rivista sfogliabile Schermata 2014-12-23 alle 10.11.09

 

Centri commerciali: consumatori in altalena, ma a novembre è stata crescita

Dopo tre anni di trend in calo, intervallato da schiarite a metà e fine anno, l’affluenza dei consumatori ai punti di vendita della grande distribuzione sembra essere entrata in una fase altalenante, che apre a più consistenti possibilità di ricupero. La nota positiva arriva da Experian Plc, leader mondiale nei servizi informativi per la prevenzione dei rischi di credito e di frode, il marketing e la protezione dei dati di aziende e consumatori, che elabora su base settimanale e mensile l’indice FootFall per la rilevazione dell’affluenza dei  consumatori ai centri commerciali e della grande distribuzione, di riferimento per il settore in tutta Europa (è utilizzato dal 25%n dei punti vendita della Gdo italiana con un bacino d’utenza del 30% della popolazione e da centinaia di superfici in Europa per un  bacino d’utenza di oltre 500 milioni di visitatori/mese).

Secondo l’indice Experian FootFall, l’affluenza dei consumatori italiani a centri commerciali, grandi magazzini, iper e supermercati ha avuto lo scorso novembre un balzo del 17,8% sul mese precedente, portandosi a più di 110 punti. Per Experian, il valore raggiunto non basata a evocare l’inversione di tendenza, ma ne alimenta l’attesa.

La performance di novembre arriva dopo che nei tre mesi precedenti l’indice (99,7 ad agosto, 98 a settembre e 93,7 a ottobre, e in calo sia su base mensile che annuale) aveva mostrato un andamento sotto tono anche rispetto alle attese stagionali. A novembre l’indice ha invece ripreso quota e, soprattutto, il calo rispetto all’anno prima è risultato molto contenuto (-0,8%) e in relativo in relativo ricupero.

indice FootFall

«I dati osservati riguardano il solo afflusso ai punti di vendita, ma non sono certo slegati dalle intenzioni d’acquisto e danno segnali predittivi agli addetti ai lavori. Da qui l’attesa innescata dagli indici di novembre. Ma la conferma per dire che siamo alla svolta non c’è ancora: siamo passati da un trend in calo a una fase in cui dati positivi e negativi si alternano, anche se poi questo, almeno in prospettiva, è già meglio di prima», ha commentato Nicola Fagnoni, Country Manager di FootFall per l’Italia, che ha aggiunto: «Certo è che ci vorrà ancora tempo per tornare ai livelli pre-crisi.  Nel frattempo gli operatori della Gdo hanno una ragione in più per mettere a fattor comune tutte le informazioni sulle dinamiche d’affluenza, per capirne meglio le ragioni e invogliare di più all’acquisto».

Da Nestlé i nuovi gluten free corn flakes

Arrivano in Italia i nuovi Nestlé Gluten Free Corn Flakes, i primi cereali Nestlé per la prima colazione rivolti a chi è sensibili al glutine o, semplicemente, desidera cominciare la giornata in modo nuovo.

Ricchi di gusto e di preziosi nutrienti, i nuovi cereali Nestlé Gluten Free Corn Flakes segnano un’importante svolta nella disponibilità dei prodotti senza glutine: una nuova soluzione capace di andare incontro alle necessità di tutta la famiglia.

Quella dei prodotti senza glutine è un’area in grande crescita nella distribuzione italiana sia perché è una intolleranza in rapida diffusione, sia perché mole persone li privilegiano come stile alimentare e di vita (leggi qui).

Un celiaco ogni 100 adulti: è questa la media stimata in Europa (come negli Stati Uniti) elaborando i dati, molto diversi tra loro, dei vari paesi. “Nel vecchio continente infatti  – afferma Franca Marangoni, responsabile della ricerca in tema di alimentazione e salute per NFI- Nutrition Foundation of Italy – la prevalenza della malattia è massima in Finlandia, dove interessa il 2,4% della popolazione, e minima in Germania, dove i celiaci rappresentano lo 0,3%.

In Italia il Ministero della Salute, nella Relazione annuale al Parlamento del dicembre 2013 (relativa al 2012), ha stimato una frequenza di un caso ogni 150 adulti, con un rapporto uomini:donne di 1:2.  Il peso della celiachia è ancora maggiore tra i bambini: riguarderebbe infatti l’1,25% della nostra popolazione infantile (un bambino ogni 80). Si tratta di stime in costante crescita.

Secondo la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) l’aumento della prevalenza della celiachia (ovvero dei casi registrati) è raddoppiato nell’arco di 5 anni, dal 2003 al 2008. Informazioni più recenti confermano il dato: la già citata Relazione parlamentare del 2013 riporta un incremento dell’8% e più dei casi nel 2012 rispetto all’anno precedente”.

I nuovi cereali senza glutine contengono vitamine del gruppo B e una porzione di 30 grammi fornisce almeno il 28% dei Valori Nutritivi di Riferimento indicati dal regolamento 1169/2011 delle vitamine del gruppo B (riboflavina, niacina, vitamina B6, acido folico e acido pantotenico).

“Abbiamo creato i nuovi Nestlé Gluten Free Corn Flakes (certificati senza glutine a livello europeo) per offrire alle famiglie una valida alternativa che consenta di eliminare il glutine senza rinunciare alla bontà dei cereali a colazione. I nostri fiocchi di mais sono arricchiti da vitamine per assicurare il giusto apporto di questi importanti nutrienti in ogni porzione” commenta Samantha Selicato, nutrizionista Nestlé.

Secondo Giuliana Isolani, Country Business Manager di Cereal Partners Worldwide (CPW) Italia (la joint venture creata da Nestlé nel 1990 con General Mills) “lanciare sul mercato italiano i primi cereali senza glutine a marchio Nestlé significa cogliere i bisogni dei consumatori dando loro una risposta concreta: una valida offerta che soddisfa tutta la famiglia in termini di gusto ed esigenze nutrizionali.”

Ecouponing anche in farmacia con Unilife e Kiwari

La marcia dell’ecouponing non conosce soste e aproda in uno dei settori tradizionalmente più ostici all’innovazone commerciale: le farmacie, tra le roccaforti delle attività protette e contrarie alle liberalizzazioni (ne sanno qualcosa i governi Bersani e Monti).

Ma le acque si muovono anche negli stagni. Così Unilife, progetto di Unifarm (una delle poche organizzazioni di farmacie con una visione retail dell’attività) che aggrega una rete di oltre 300 farmacie italiane accomunate da valori condivisi come impegno nella prevenzione, consulenza ai consumatori e sostenibilità ambientale. L’organizzazione ha infatti adottato la piattaforma Buonmercato di Kiwarila società leader nell’ecouponing.

«Con questo progetto Kiwari segna ufficialmente l’ingresso dell’eCouponing in ambito farmaceutico, un territorio fino ad oggi inesplorato ma di grande interesse per marche e consumatori» afferma Marco Rivosecchi, Presidente Kiwari. «La progettazione di un coupon network condivisibile e personalizzabile potenzialmente da 300 esercenti affiliati ad Unilife rende questa piattaforma uno strumento di comunicazione e fidelizzazione, sfruttando la flessibilità e l’affidabilità che rendono la nostra piattaforma BuonMercato ad oggi una soluzione unica nel panorama dell’eCouponing».

Già attivo con iniziative promozionali tradizionali nei punti vendita, oggi il circuito Unilife dà vita al primo network di distribuzione di buoni sconto stampabili multimarca per il settore farmaceutico in ottica di affiliazione, fidelizzazione e servizio al cliente. Un progetto che parte dal sito Unilife per moltiplicarsi in tutti i siti delle singole farmacie associate, puntando alla viralizzazione e alla massima customizzazione delle offerte: dal latte in polvere agli integratori alimentari, dai test di intolleranza fino ai coupon del BuonBebè, con un’ampia selezione di referenze multibrand destinate alla cura dei più piccoli.

«Questa iniziativa rappresenta per noi un ulteriore passo avanti nel rapporto di vicinanza con i consumatori di oggi, sempre più attenti, informati e digitalizzati» agiunge Duilio Sgorbani, AD di Unifarm. «Attraverso il coupon network le nostre farmacie entrano direttamente nelle case degli italiani offrendo un servizio di scontistica su misura. I consumatori potranno infatti scegliere di stampare solo gli sconti a cui sono realmente interessati. Un vantaggio che si traduce anche in termini di sostenibilità, valore fondante della nostra mission, con un minore consumo di carta».

Consegne a domicilio problematiche per uno su 5, piace il clik and collect

Si fa presto a dire e-commerce: per quanto comoda ed economica sia, questa modalità d’acquisto ha un tallone d’Achille: la consegna a domicilio. Che ha causato problemi a un europeo su cinque l’anno scorso secondo una ricerca di JDA. Ritardi o mancata consegna sono i reclami più frequenti, con variazioni a seconde del Paese considerato. Quasi la metà degli acquirenti svedesi (47%) ad esempio ha registrato ritardi delle consegne. Il Regno Unito ha invece il non invidiabile primato delle consegne non effettuate, come dichiara oltre un quarto (28%) degli intervistati.

Forse per questo cresce la voglia di clik and collect e di drive, ovvero l’ordinazione online ritirata in negozio o direttamente caricata in auto. Quasi un britannico su due l’ha già sperimentata (48%) negli ultimi 12 mesi. Ma questo tipo di modalità cresce anche in Francia (31%), Svezia (28%) e Germania (19%). Costo e praticità sono i motivi alla base della scelta alternativa all’e-commerce “puro”. Certo è che lo shopping online (inclusi consegna a domicilio e/o “Click and Collect”) continuerà ad acquisire popolarità; oltre due terzi (67%) dei consumatori europei hanno affermato che tra cinque anni gran parte dei loro acquisti saranno online.

Pago purché arrivi subito

Che le consegne siano un punto cruciale di ogni vendita online lo dimostra anche il fatto che oltre un terzo (37%) degli intervistati è disposto a pagare un sovrapprezzo per ottenere la consegna il giorno stesso. E sono proprio i generi alimentari la merce per cui la consegna veloce risulta più interessante e per cui vale la pena spendere qualcosa di più: la richiedono il 63% dei tedeschi, il 48% degli svedesi e il 40% dei britannici, mentre i francesi sono maggiormente disposti a pagare un sovrapprezzo per la consegna veloce di apparecchiature elettriche ed entertainment (33%).

I resi restano la principale fonte di insoddisfazione per oltre la metà dei consumatori (53%) scontenti dal dover pagare le spese di spedizione e imballaggio per restituire gli articoli. Altre frustrazioni riguardano il disagio di restituire gli articoli tramite posta o di dover attendere un corriere (35%) e l’impossibilità di restituire gli articoli presso il punto vendita (21%), che anche in questo caso di pone come cardine fondamentale di ogni strategia multicanale.

L’Italia? Per ora guarda e sperimenta…

I risultati si basano sui dati combinati dei Customer Pulse Reports 2014 di JDA, che hanno coinvolto 8.177 consumatori tra i 16 e i 54 anni in Regno Unito, Francia, Germania e Svezia. Non è compresa dunque l’Italia, che in effetti resta ancora parecchio indietro specie in alcuni settori come la Gdo per quanto riguarda l’e-commerce.

“Sulla base della nostra esperienza, i retailer italiani guardano con interesse all’approccio omnichannel che, rispetto a UK, è senza dubbio ancora in fase di maturazione. Operare in modalità omnichannel rende ancora più rilevante  porre attenzione al delicato equilibrio tra servizio e marginalità. Come evidenziato dalla nostra ricerca in alcuni Paesi europei, anche  in Italia ci aspettiamo che i modelli ibridi  di acquisto on line e  ritiro  dell’ordine in un luogo fisico – negozio, dark store, drive –  prenderanno sempre più piede. Questo scenario impone ai retailer il ripensamento dei processi di supply chain in chiave strategica per guidare l’innovazione dei servizi alla clientela, bilanciando con successo l’eccellenza operativa  e la redditività” commenta Stefano Scandelli, Vice President Sales South Europe di JDA.

Anna Muzio

Consumatori italiani fedeli e informati: lo dice la ricerca Aimia Lens 2014

Quanto sono fedeli gli Italiani al proprio supermercato? La risposta arriva da Aimia, leader mondiale nel settore del loyalty management (al quale appartiene Nectar) che ci svela le abitudini e i comportamenti di acquisto degli italiani e il loro rapporto con i programmi fedeltà. Dall’indagine Aimia Loyalty Lens 2014 emerge infatti che i consumatori italiani sono sempre più attenti all’ottimizzazione degli acquisti, tanto che il 59% degli intervistati possiede una carta fedeltà multipartner.

La ricerca ha inoltre permesso di stilare una classifica che vede i supermercati al primo posto per diffusione dei programmi fedeltà, con il 69% degli intervistati iscritti ad un programma della GDO. Indagando le motivazioni per le quali i consumatori italiani iscritti a un programma loyalty restano fedeli a un supermercato, le principali risultano: la possibilità di raggiungerlo comodamente (21%), la convenienza dei prezzi (18%), e vedere premiata la propria fedeltà (17%).

Al secondo posto della classifica dei quindici settori analizzati si trova quello dell’elettronica di consumo, con il 63% del campione iscritto a un programma fedeltà, seguito dai carburanti con il 33%.

Le motivazioni

Cosa spinge a essere fedeli? In generale, i riconoscimenti ottenuti per la propria fedeltà: così è per il 19% degli iscritti ai programmi delle carte di credito e delle compagnie aeree, e per ben il 21% degli iscritti a programmi del settore carburanti.

Per gli iscritti ad un programma loyalty, la fedeltà premiata è un vantaggio più importante di un prezzo conveniente. Questo aspetto emerge con decisione nei settori dei carburanti (21% contro 16%), delle carte di credito (19% contro 6%), delle compagnie aeree (19% contro 11%) e degli hotel (18% contro 12%).

Metodologia della ricerca

©Aimia Loyalty Lens è stata condotta su un campione di 2.000 consumatori per nazione. Il campione italiano è distribuito su tutto il territorio nazionale ed è composto per il 51% da donne e per il 49% da uomini, tra le fasce di età 18-24 (12%), 25-34 (15%), 35- 44 (19%), 45-54 (16%), 55-64 (27%) e oltre 65 (11%).

 Identikit di Nectar

Nectar, che fa parte del Gruppo Aimia, è il primo programma multipartner in Italia, presente dal 2010, che integra in un’unica carta fedeltà la raccolta punti di tante insegne di settori merceologici differenti, permettendo ai consumatori di raccogliere più punti e più in fretta. I partner del programma Nectar sono oggi: i supermercati Simply, IperSimply, Punto Simply, le stazioni di servizio IP, gli ipermercati Auchan, i negozi di elettronica ed elettrodomestici Unieuro, i distributori di carburante Tamoil, le agenzie di autonoleggio Hertz, il  portale online di libri e home entertainment IBS.it, Libraccio.it, il network di agenzie di viaggio Welcome Travel, i negozi di abbigliamento Original Marines, SaldiPrivati, il club di vendite private ‘solo su invito’, il comparatore di assicurazioni online Chiarezza.it, i rivenditori di pneumatici Driver e oltre 60 siti di e-commerce.

 

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