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Pet food: il mercato cresce del 2,8%. Durante il lockdown bene la prossimità

La stima è di 60,3 milioni di animali d’affezione in Italia nel 2019. Si conferma, quindi, un rapporto di 1 a 1 tra il numero di pet e la popolazione residente nel nostro Paese: 29,9 milioni di pesci, 12,9 milioni di uccelli, 7,3 milioni di gatti, 7 milioni di cani, 1,8 milioni di piccoli mammiferi, 1,4 milioni di rettili e un mercato che vale oltre 2 miliardi di euro.

Sono le cifre che emergono dalla XIII° edizione del Rapporto Assalco – Zoomark, realizzato da ASSALCO, l’Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia.

Il documento è presentato in collaborazione con Zoomark International – il Salone internazionale b2b dei prodotti e delle attrezzature per gli animali da compagnia organizzato da BolognaFiere.

Il mercato continua a crescere

I canali principali – Grocery, Petshop Tradizionali e Catene Petshop[1] – hanno sviluppato un giro d’affari di 2.078 milioni di euro per un totale di 556.424 tonnellate vendute.

Prosegue il trend positivo del mercato a valore inteso come somma dei canali principali (Grocery, Petshop Tradizionali e Catene Petshop) con un incremento del fatturato del +2,8% rispetto allo scorso anno: il pet food si conferma un mercato in crescita, con un tasso di sviluppo superiore a quello del Largo Consumo Confezionato, pari a +1,7%[2] nel 2019. L’orientamento dell’acquirente alla composizione del carrello per il proprio pet è stato quello di scegliere prodotti premium.

Gli alimenti per gatto rappresentano il 52,6% del valore totale del mercato (Grocery + Petshop Tradizionale + Catene), sviluppando 1.093 milioni di euro (+3,1% verso il 2018) mentre gli alimenti per il cane ne rappresentano il 47,4%, pari a quasi 986 milioni di euro.

Il mercato degli alimenti per piccoli animali da compagnia registra in GDO un fatturato di circa 12,5 milioni di euro, confermando il trend di flessione già registrato negli ultimi anni. Uccelli (39,9%) e roditori (30,2%) i segmenti principali, seguono gli alimenti per i pesci e per le tartarughe.

Al valore totale del mercato si deve aggiungere una stima di quanto sviluppato dai nuovi canali, rilevati a partire dal 2019: 20,7 milioni di euro generati dal canale Petshop GDO[3] e 13,1 milioni di euro dai Generalisti On Line[4]. 

Covid-19 e animali da compagnia

L’alimentazione degli animali da compagnia è stata indicata come un’attività non differibile già nelle prime fasi dell’emergenza Covid-19. In questo periodo difficile, i proprietari degli animali d’affezione italiani di ogni specie hanno potuto beneficiare del fatto che tutti i canali di distribuzione, inclusi i negozi specializzati, sono rimasti aperti. Il petshop ha infatti un’offerta che integra quella della GDO: alimenti con particolari fini nutrizionali e accessori indispensabili per la corretta gestione dell’animale.

Nonostante l’ampia disponibilità di prodotto, anche gli alimenti per cani e gatti, al pari dei prodotti di primaria necessità del Largo Consumo Confezionato per uso umano, hanno registrato per l’effetto scorta un incremento delle vendite nelle prime settimane di marzo 2020 sia in GDO che nelle Catene Petshop. Anche in termini di preferenza di canale, si registra una simmetria tra i beni del Largo Consumo Confezionato per uso umano e gli alimenti per cani e gatti in GDO. A partire dalla settimana del 22 marzo, le limitazioni al movimento imposte dai provvedimenti di distanziamento sociale hanno condotto ad una maggiore concentrazione degli acquisti nei formati distributivi più vocati a supportare la domanda di prossimità.

Per quanto riguarda il canale online nel mese di marzo 2020, si è registrata una crescita del 220% verso il corrispondente mese del 2019 delle vendite degli operatori generalisti (gruppi della GDO e Amazon).

Gianmarco Ferrari, Presidente di Assalco, ha così commentato: “Nel 2019 è proseguito l’andamento positivo del mercato italiano guidato nelle scelte d’acquisto dall’attenzione al benessere del proprio pet. Per l’andamento del mercato 2020, a causa dell’emergenza Covid-19, è difficile fare un pronostico. Le evidenze in nostro possesso mostrano, nella settimana del lockdown nazionale, una fase di accaparramento per scorta del pet food, al pari di quanto realizzato per i beni di prima necessità del Largo Consumo Confezionato per uso umano. Un’ulteriore evidenza che abbiamo registrato è relativa ai canali di vendita. Successivamente al lockdown sull’intero territorio nazionale, i proprietari si sono orientati agli acquisti in negozi di prossimità, confermando ancora una volta la similitudine tra i prodotti destinati agli animali da compagnia e quelli per il consumo umano”.

Accessori e lettiere

Il mercato degli accessori per la cura e la gestione quotidiana (prodotti per l’igiene, giochi, guinzagli, cucce, ciotole, voliere, acquari, tartarughiere e utensileria varia), che vale circa 70,6 milioni di euro, nel 2019 ha registrato in GDO un lieve incremento delle vendite in volume (+2,3%) e una lieve flessione del fatturato pari allo 0,9%. Il segmento dei prodotti per l’Igiene Animali (tappetini assorbenti igienici, salviette, shampoo, spazzole, deodoranti, tutto ciò che ha a che fare con la cura e la bellezza) si conferma il più importante e registra una crescita a valore pari all’8,3%

Le lettiere per gatto, rilevate separatamente, nel 2019 registrano in GDO un volume d’affari di 73,7 milioni di euro, con una crescita a valore del +2% rispetto all’anno precedente.

[1] Panel Iri Catene Peshop: rappresentativo di L’isola dei Tesori, Maxi Zoo, Croce Azzurra, Italpet, Zoo Megastore, Agrizoo2. Arcaplanet, Fauna Food e Zoomarket sono escluse dalla rilevazione IRI.

[2] Ipermercati, Supermercati, Libero Servizio-Piccolo, Specialisti Casa e Persona, Discount

[3] Petshop GDO: superfici specializzate nella vendita di alimenti e accessori per animali ed appartenenti ad organizzazioni della GDO. I dati contenuti nel rapporto sono relativi ad un leader panel di 49 punti vendita con insegna Amici di Casa Coop, Petstore Conad, Animali Che Passione, Joe Zampetti e Pet Elite (Selex).

[4] Generalisti On Line: tracking delle vendite on line di operatori della GDO (Esselunga, Carrefour, Pam/Panorama, Coop, Selex, Bennet, Unes, Auchan, Finiper, Supermercato 24) e Amazon [Fonte Iri E-Commerce]

Covid-19: europei un po’ più tranquilli ma ancora stressati

Il Covid-19, non si è diffuso in maniera omogenea, né con la medesima tempistica. Ciò ha portato a reazioni diversificate da parte dei cittadini dei vari Paesi. Initiative, network di comunicazione internazionale, ne ha tracciato una mappa nella ricerca Covid-19 Impact

Dall’indagine è essenzialmente emerso come in tutti i Paesi coinvolti ci sia uno spirito di adattamento alla situazione molto forte – con un picco della Francia con il 62%. C’è collaborazione e impegno nel voler superare l’emergenza. Ma c’è anche tanta ansia per come sarà il domani. Una nota da sottolineare rispetto all’Italia è che il 15% degli intervistati dichiara di sentirsi un po’ più ottimista rispetto all’inizio perché “si vede la luce alla fine del tunnel”. La società sta pian piano scorgendo una via d’uscita dall’emergenza covid-19 e c’è una comune percezione che la situazione stia lentamente ritornando alla normalità. Accanto a questi dati, emerge anche uno stress non indifferente con cui le persone stanno facendo i conti: il 36% degli italiani di dichiarano di essere stressati dalla situazione, il 38% in UK, il 43% in US e in Francia il 45% delle persone si sentono stressate da quanto accade. In Italia questo dato è controbilanciato dagli effetti positivi del lockdown. Questo sta ad indicare che al progredire della pandemia, la gente si adatta a quanto sta accadendo anche con una nuova routine giornaliera. Il sentimento comune è il pensiero alla normalità, ad un ritorno alle nostre abitudini che abbiamo dato per scontate.

Come sono cambiate le loro giornate? La nostra routine quotidiana è stata completamente rivoluzionata: prendiamo meno i mezzi, non andiamo in luoghi pubblici, le nostre uscite sono limitate nonostante in Italia siamo passati alla Fase 2. Abbiamo ridefinito il nostro stile di vita in termini di strategie d’acquisto, gestione del tempo, cultura. Le strategie di acquisto sono mutate, le persone hanno ridotto l’acquisto di pacchetti vacanze, viaggi e abbigliamento. Lo shopping è prevalentemente via web e focalizzato sulla spesa e i prodotti di prima necessità in genere. Il cibo è la base che guida i nostri acquisti online, si evidenzia un nuovo target di persone che non era abituato a questa modalità di acquisto. Stiamo utilizzando il nostro tempo per svolgere attività inusuali, soprattutto ci si dedica al bricolage, ma anche al “fai da te” e, più in generale, a fare cose nuove, come dichiarato dal 15% degli italiani e degli inglesi. Questi ultimi si dedicano per il 25% all’allenamento, in Italia il 22%, in Francia il 21% e US solo il 20%. In una prima fase, in tanti si sono dedicati all’esercizio fisico a livello globale, ma in tutti i Paesi si è registrato un calo nella pratica dello sport, soprattutto in Italia. Proprio gli italiani sono il popolo che più si sta preoccupando di curare la salute attraverso l’alimentazione – il 21% – rispetto agli altri Paesi coinvolti. Per quanto riguarda la cultura, non essendoci più occasioni di socialità, gli italiani hanno scelto i balconi per comunicare e trovare un momento di condivisione. Questo era valido soprattutto in un primo momento della pandemia in Italia, ora meno. Initiative ha rilevato che gli italiani trascorrono sempre più tempo connessi ai propri dispositivi, le persone stanno molto più collegate ai loro smartphone e pc – soprattutto per via dello smart working – fruendo dei servizi di smart Tv e quant’altro. Il 54% degli italiani sente di essere fortemente connesso, gli inglesi per il 49%, la Francia si ferma al 45% e UK al 38%. Questo soprattutto per informarci e per leggere le news, oltre che per coltivare le relazioni che non possiamo intrattenere di persona. La ricerca evidenzia un incremento del consumo digitale, ma anche più relazioni familiari seppur in forma virtuale. Inizialmente anche il tempo trascorso in famiglia sembrava uno sforzo per via delle nuove abitudini familiari, nella gestione degli spazi ecc. ma con il tempo ci si è abituati anche a questo, anzi si sono riscoperti aspetti che erano passati nel dimenticatoio. Nella fase 2 le persone stanno riscoprendo modi e strumenti per migliorare la nuova routine quotidiana messa a punto dall’inizio della pandemia.

Cosa ci fa stare meglio?

Il 24% degli italiani ritiene di sentirsi meglio nell’essere aggiornati attraverso le news, il 17% in UK, il 15% in US e 14% in Francia. L’aggiornamento costante ha un effetto calmante per chi vive in Italia, insieme alla rassicurazione derivante dall’attivismo e alla presenza delle aziende private.Ancora, il 22% degli italiani dichiara che sentir parlare del contributo delle aziende e di come si siano attivate e riorganizzate in questo periodo per dare il loro contributo, è rassicurante. Il ruolo dei brand in questo momento è importante perché ha un certo peso nella vita e nel percepito delle persone. Le persone sono in un momento di fragilità e insicurezza e gran parte degli acquisti non sono più una priorità per cui per loro, qualunque comunicazione dovrebbe parlare sempre meno della marca e del prodotto ed impegnarsi in un aiuto concreto al crescere dell’emergenza. Il ruolo di un brand deve essere preciso e tangibile e assolutamente al di sopra di qualunque guadagno commerciale. In questo momento le persone vogliono avere i brand al loro fianco attraverso la comunicazione oltre che con iniziative solidali, si aspettano campagne pubblicitarie in grado di generare sentimenti di positività, felicità e sicurezza.

I marchi che cercano di inserirsi in modo improprio nelle conversazioni e nel dibattito attuale con l’evolversi della crisi e il lockdown arrivano alle persone in modo negativo – 41% in UK, 31% in US, 23% in Italia e 16% in Francia. L’approccio alla comunicazione deve tenere in considerazione il pensiero delle persone anche se la direzione è diversa rispetto al modo di comunicare a cui eravamo abituati prima che il covid-19 entrasse a far parte delle nostre vite

Metodologia della ricerca

Covid-19 Impact ha coinvolto 4 Paesi europei: US, UK, Francia e Italia ed è stata condotta in modalità CAWI.

Le abitudini di acquisto degli italiani nella pandemia, secondo Weborama

Spesa online, food delivery ed e-commerce: cosa ne pensano gli italiani, costretti a ricorrevi in fase di lockdown? Si è occupata della questione Weborama, Data Science Company attiva da vent’anni in diversi ambiti del marketing digitale e off-line. Nelle regioni del Nord Italia, in cui risiede quasi la metà della popolazione italiana, vive oltre il 62% delle persone che cercano servizi per la spesa online e quasi il 52% di quelle propense al food delivery. Dati trainati in particolare da Lombardia con il 31% di italiani interessati alla spesa online e il 28% al food delivery e soprattutto, dato inaspettato, dall’Emilia-Romagna che registra il 6,5% di interesse per il food delivery e il 10% per la spesa online riservandosi così il terzo posto a livello nazionale. La terza regione a supportare il Nord, in base all’analisi condotta da Weborama, è il Veneto dove la spesa online con il 9% supera di poco il food delivery (8%), segue poi il Piemonte con l’8% di interesse per la spesa online e il 7% per il food delivery.

Queste, ad oggi, sono le regioni più urbanizzate, le aree in cui le grandi catene della GDO sono più diffuse e in cui le piattaforme di food delivery sono maggiormente presenti e che sono state più duramente colpite.

Spesa online e al food delivery

Nel Centro Italia, invece, la spesa online sembra essere un tema che interessa complessivamente il 23% degli italiani, mentre il food delivery registra il 25%, si differenzia la Toscana che da sola con l’9% di interesse per il food delivery si assesta al quarto posto su scala nazionale. Il Lazio svetta in classifica con il 13,5% per la spesa online e il 12,2% per il food delivery mentre per il Sud Italia sono singolari i dati registrati in Campania in merito all’acquisto di prodotti alimentari online con un interesse del 7% e del 12% per il food delivery che pone la regione al terzo posto a livello nazionale dopo Lombardia e Lazio. Fa eccezione anche la Sicilia che, tra le regioni del Sud, si stanzia, dopo la Campania, al secondo posto con il 3% di ordini online e il 5,5% di interesse per le richieste di food delivery. Secondo la ricerca di Weborama, tuttavia, in Sardegna e così come nel resto del sud, sembrano quasi ignorate le due categorie di spesa online e food delivery. Nello specifico, gli italiani interessati alla spesa online in Sardegna sono meno dello 0,5%, il dato più basso dopo la Basilicata con lo 0,11% e il Molise con lo 0,08%, mentre la Puglia rialza l’interesse al 2,8% e registra il 3,2% per il food delivery ma sancisce il distacco dall’Abruzzo all’1% e dalla Calabria con lo 0,1%. Le cause di questa disparità numerica possono essere ricercate nella diversa struttura commerciale, e nella ristorazione che predilige modalità di delivery gestite in autonomia dal singolo ristorante, ma anche in una diversa penetrazione dell’epidemia di Coronavirus. Si può pensare che in aree drammaticamente colpite come Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, i consumatori siano stati più propensi ad evitare per quanto possibile di uscire di casa, mentre laddove il lockdown è stato percepito più come una misura precauzionale, la spesa settimanale o il ritiro di una pizza da asporto sono state considerate come attività legate alla quotidianità abituale.

Le regioni più interessate all’e-commerce in Italia

Al contrario, invece, la distribuzione geografica degli utenti interessati all’e-commerce è sostanzialmente analoga a quella della popolazione. Nella top 10 delle regioni più interessate all’e-commerce troviamo sul podio la Lombardia con il 31%, il Lazio con il 14,5% e la Campania con l’8% seguite in quarta posizione dal Veneto che registra il 7,6%, dal 7,3% del Piemonte e dall’Emilia-Romagna con il 6%, al settimo gradino c’è la Toscana con il 5,3%, poi la Sicilia 5,1% e al penultimo posto la Puglia 4%, chiudono al decimo posto le Marche con il 2%. Ciò conferma nuovamente come l’e-commerce sia ormai una realtà solida in tutto il Paese indipendentemente dall’area geografica.       

Roberto Carnazza, Country Manager di Weborama Italia commenta a proposito dell’analisi: I dati estratti da MoonFish sottolineano ulteriormente come, a causa del Covid-19, le abitudini degli italiani relative alla spesa online siano drasticamente cambiate e come ogni area del Bel Paese segua dinamiche proprie. Una volta usciti dall’emergenza, le vere incognite saranno molteplici: come affrontare un mercato che sarà inevitabilmente diverso, come prevedere i cambiamenti degli utenti online e lo scardinamento dei modelli fino ad ora conosciuti. Avremo una conferma soprattutto dell’effettivo interesse degli utenti verso la spesa online e il food delivery durante la cosiddetta Fase 2, momento in cui per i brand di settore, ma non solo, sarà quindi fondamentale formulare o riformulare strategie data-driven mirate e allo stesso tempo versatili al fine di ottimizzare gli investimenti e proseguire nel processo di fidelizzazione”.

Modalità della ricerca

L’analisi effettuata da Weborama è stata realizzata attraverso il nuovo tool proprietario MoonFish, una nuova soluzione che semplifica la creazione di audience specifiche, basata sulla qualità dei dati di Weborama e sull’intelligenza artificiale semantica. Con MoonFish è possibile creare segmenti di pubblico esclusivi, raggiungere un pubblico che risponderà in modo efficace e che potrà essere immediatamente attivato utilizzando le leve principali leve del marketing e dei media. MoonFish si basa sul know-how di professionisti che lavorano da anni nel reparto R&D di Weborama e rappresenta una risposta innovativa e dalle alte prestazioni alle sfide della conoscenza reale dei clienti dei brand nel mondo digitale. Questa conoscenza è già al servizio di quasi 1.000 grandi aziende nei più vari settori di attività, aziende che hanno la necessità di conversare e rivolgersi direttamente ai loro consumatori ideali.

Lockdown: come cambiano le abitudini degli italiani. L’analisi Facile.it

Il lockdown ha costretto milioni di italiani a stare in casa e di conseguenza a cambiare le proprie abitudini, non solo di consumo ma anche di acquisto. Esempio eclatante, in questo senso, la riscoperta dei piccoli negozi di vicinato da parte dei nostri connazionali, evidenza che emerge dall’indagine che Facile.it ha commissionato all’istituto di ricerca mUp Research in collaborazione con Norstat*

Negozi di quartiere vs grandi supermercati

Come anticipato, il 19,7% degli italiani, corrispondenti a 8.655.000 individui, ha modificato le proprie abitudini di acquisto, riscoprendo i piccoli negozi di quartiere, preferendoli alle grandi catene; a scegliere i market sotto casa anziché spostarsi verso centri commerciali o grandi supermercati sono stati soprattutto i residenti nei grandi comuni (23,6% fra chi vive nelle città con oltre 250.000 abitanti), i rispondenti del Sud e delle Isole (24%) e quelli con età compresa tra i 55 e i 64 anni (24,3%).

Nello specifico, quasi 1 rispondente su 5 (18,3%), pari a più di 8 milioni di individui, ha cercato di sostenere i negozi del proprio quartiere attraverso le consegne a domicilio, percentuale che sale al 24% fra i rispondenti con età superiore ai 54 anni, cioè una fetta della popolazione corrispondente a poco meno di 3.150.000 individui.

Boom di donazioni e volontariato

L’indagine ha messo poi in evidenza come gli italiani si siano dedicati a sostenere chi era in difficoltà e lo abbiano fatto in molti modi diversi. Tra le attività cui gli italiani si sono dedicati maggiormente per aiutare le persone in difficoltà ci sono proprio libere donazioni e volontariato; il 17% dei nostri connazionali (7.450.000 individui circa) ha contribuito economicamente a raccolte fondi promosse da enti pubblici o soggetti privati. Ad averlo fatto sono soprattutto i giovani appartenenti alla fascia d’età 18-24 anni (21,3%) e le donne (18,8% vs 15% fra gli uomini).  

Le donazioni, tuttavia, non sono state solo economiche, ma anche di beni di prima necessità dati direttamente a persone in difficoltà. Hanno scelto questa via il 13,6% degli intervistati, pari a 5.945.000 individui, percentuale che sale al 19,1% fra i rispondenti con un’età compresa tra i 65 e i 74 anni, fino a raggiungere il 20,2% nel Sud e nelle Isole.

Secondo l’indagine, poi, il 14,8% degli italiani (6.500.000 persone) si è offerto di fare personalmente la spesa al posto di anziani, di chi si trovava in situazione di bisogno o, anche, non poteva uscire di casa; ad averlo fatto sono state soprattutto le donne (17,9% vs 11,6% fra gli uomini) e i rispondenti appartenenti alla fascia di età 45-54 anni (18,3%).

Bello notare come l’emergenza Coronavirus abbia dato nuova linfa anche al volontariato; sono quasi 1,4 milioni (3,2%) gli italiani che hanno cominciato a farlo presso enti o associazioni impegnate nell’emergenza, valore che raggiunge il 5,2% fra i rispondenti con un’età compresa tra i 45 e i 54 anni.

Altrettanto bello vedere come ci sia, poi, un modo tutto nuovo di aiutare; il 10,5% dei rispondenti, dato equivalente a più di 4,6 milioni di individui, ha dichiarato di aver contribuito a rendere più leggera la situazione mettendo gratuitamente a disposizione del prossimo le proprie competenze personali o professionali. In particolare, sono i liberi professionisti ad essersi dati da fare: il 16,4% di costoro ha offerto le proprie competenze, anche se a distanza; c’è chi ha fatto ripetizioni via chat per aiutare i ragazzi che si sono trovati a gestire da soli necessità scolastiche; idraulici che hanno guidato via web persone che nemmeno avevano mai visto per aiutarli a riparare rubinetti che gocciolavano o elettricisti che, attraverso una videochiamata, sono riusciti a risolvere piccoli e grandi problemi che si sono verificati nelle case di vicini o….lontani.

* Metodologia: n. 1.504 interviste CAWI ad un campione rappresentativo della popolazione adulta, in età 18-74 anni, sull’intero territorio nazionale. Indagine condotta ad Aprile 2020.

Italiani e Fase 2: tutto dipende da una (buona) comunicazione. I dati GfK

Dal 4 maggio l’Italia ha ricominciato lentamente a riaprire dopo quasi due mesi di lockdown. È ormai chiaro che la cosiddetta Fase 2 sarà un percorso graduale verso una “nuova normalità”. Ma dopo la crisi legata al Coronavirus saremo gli stessi di prima? Quali scenari si profilano dal punto di vista dei consumi, del sentiment e della comunicazione?

Durante il live event “Attivarsi per la Fase 2: insight GfK su Largo Consumo, Media e Comunicazione” gli esperti GfK hanno fornito nuovi spunti alle aziende su come affrontare la crisi attuale e l’incertezza futura. Tutti gli insight presentati derivano dal monitoraggio settimanale a 360 gradi sugli effetti del Coronavirus sui mercati, i consumatori e i media che GfK ha attivato nel mese di febbraio.

Nuove abitudini di spesa nel Largo Consumo

Daniele Novello -Sub-Lead Consumer Insight – ha parlato di come è evoluto il sentiment dei consumatori italiani nelle ultime settimane, presentando i risultati più aggiornati della ricerca GfK COVID-19 Tracking, che da quasi un mese monitora l’evoluzione su base settimanale delle abitudini, gli stili di vita e le strategie di acquisto degli italiani.

Nel suo intervento “FMCG Shopper unlocked” Marco Pellizzoni– Commercial Lead Consumer Panels – ha sottolineato come l’emergenza COVID-19 sta rivoluzionando le abitudini di acquisto nel Largo Consumo. “Nelle prime settimane del lockdown è cresciuta in maniera significativa la spesa nel FMCG (+19,8%), in particolare per  famiglie giovani con bambini. – Spiega Marco Pellizzoni. Gli italiani continuano a fare scorta di prodotti, riducendo la frequenza di acquisto. È cambiato profondamente il Channel Mix, con la crescita dei canali di prossimità (inclusi i negozi tradizionali) e dell’online: l’11,5% delle famiglie italiane ha fatto la spesa online a marzo. Una abitudine nuova per molti (il 37% non aveva mai fatto la spesa online nell’ultimo anno) ma con grandi potenzialità di crescita: infatti a marzo il 19% degli Italiani ha provato a fare la spesa online ma non c’è riuscita, per limitazioni del Canale nel gestire una domanda esplosa”. Oltre ai prodotti di prima necessità e quelli legati alla pulizia, durante il lockdown sono cresciuti tutti i prodotti legati alla sfera del Benessere (Biologico, Plant Based, Senza Lattosio e Senza Glutine).

Ma cosa possiamo aspettarci per la Fase 2? Spiega Pellizzoni: “Le categorie con maggiore prospettiva di crescita sono quelle che hanno attivato Penetrazione aggiuntiva nelle ultime settimane e che sono in linea con le nuove occasioni di consumo che, in molti casi, continueranno anche nella Fase 2. Vengono meno le leve tattiche da azione in-store e ritorna centrale la comunicazione, anche da indirizzare a target di acquirenti profondamente diversi dal solito. Per sostenere la crescita durante la Fase 2, sarà centrale focalizzarsi sul mantenimento della Penetrazione, ripensare il ruolo dei Canali e stare più vicino al Consumatore, anche valutando il Direct to Consumer.”

Comunicazione di marca e strategie multimediali

Dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, GfK sta monitorando come le aziende stanno adattano le proprie strategie di comunicazione alla crisi e ha attivato un monitoraggio settimanale per seguire l’evoluzione dei sentiment e delle attese dei consumatori nei confronti della comunicazione. Durante la web conference, Cristiana Zocchi-Solution Lead Marketing Effectiveness- ha presentato i risultati del monitoraggio, facendo il punto sul come sta reagendo la comunicazione di marca e su quali sono le attese future dei consumatori. Le nostre ricerche mostrano un elevato interesse a mantenere attivo il dialogo – commenta Zocchi – attraverso una comunicazione che dovrà però adeguarsi alla nuova normalità. Nelle attese delle persone, le aziende dovranno porre attenzione ad alcuni temi di responsabilità sociale ed economica, portati in primo piano dalla pandemia. I brand saranno poi chiamati a rispondere ai ‘nuovi’ bisogni dei cittadini-consumatori con iniziative di marketing e comunicazione specifiche per il settore in cui operano”.

Anche la fruizione dei Media è cambiata molto dopo l’inizio dell’emergenza COVID-19. Ne hanno goduto in maniera importante TV (+18%) e Web (+25%), che fanno registrare incrementi inediti, trainati da un’altissima domanda di contenuti informativi, di intrattenimento, di comunicazione. La Radio, nonostante il collasso del drive time, ha mantenuto buoni livelli di fruizione grazie, da un lato, a una consistente porzione di popolazione che ha continuato a muoversi (prevalentemente in auto), dall’altro alla possibilità di essere ascoltata attraverso un gran numero di piattaforme. Segnali simili arrivano anche dal lato della Stampa (fisica o digitale).

Durante il lockdown gli italiani sono diventati anche più multimediali, come ha spiegato Giorgio Licastro -Solution Lead Media Measurement-: “In generale la ‘carcerazione’ forzata a casa ha indotto gli Italiani ad attivare nuove modalità di fruizione dei mezzi e li ha resi più multimediali. Inducendo le generazioni più giovani a scoprire e aprirsi ai mezzi tradizionali, e le generazioni più mature ad accelerare la conversione al digitale. Tutto questo può essere un lascito per la nuova normalità, alla fine dell’emergenza sanitaria”.

In chiusura della conference, Giuseppe Minoia -Insight Advisor- ha presentato una riflessione sul ruolo “salvavita” che ha l’Entertainment ha avuto durante il lockdown – e che può avere ancora nella Fase 2. “Gli italiani, i cittadini, i consumatori come si comporteranno nella riapertura, dopo la fase acuta di COVID-19? Dai nostri dati settimanali affiora un consumatore bifronte, rispettoso degli input degli esperti, ma anche desideroso di tornare a fare altro, ad intrattenersi con altri, insomma motivato verso l’Entertainment. Dopo tanto smart working, schooling e shopping,  vogliamo tornare a rilassarci, da soli e con gli altri”.

Secondo i dati GfK, gli acquirenti di Entertainment sono cresciuti negli ultimi due anni e anche nella Fase 2 ci sono molte opportunità per questo settore: “Gli italiani non vedono l’ora di uscire  con gli amici, fare un viaggio, fare shopping non da soli, andare al bar e al ristorante, tornare dall’estetista e in palestra, entrare di nuovo in un cinema, in un teatro, in uno stadio, in un evento. Per ora non si può fare, ma i consumatori di Entertainment non vedono l’ora di poter essere i primi ad uscire per condividere questi consumi che ieri chiamavamo esperienze. Per gli operatori del settore è quindi fondamentale tornare a comunicare e a programmare, elaborando anche nuove strategie di promozione e vendita in ottica early bird”.

Covid-19: così cambiano le abitudini digitali. L’analisi GfK

All’imperversare di Covid-19 sono cambiate anche le abitudini digitali delle diverse generazioni. Per analizzare gli effetti del Coronavirus sui mercati, i consumatori e i media GfK ha attivato a fine febbraio un monitoraggio settimanale a 360 gradi.

Ne è emerso che complessivamente, il tempo dedicato al Digitale è cresciuto in maniera significativa durante il lockdown e gli italiani hanno sfruttato gli strumenti digitali per rompere l’isolamento e continuare a informarsi, intrattenersi, comunicare e coltivare le relazioni.

In particolare, secondo i dati passivi rilevati attraverso GfK Sinottica*, nel periodo compreso tra il 21 febbraio e il 12 aprile è cresciuta dell’11% la quota di tempo dedicato agli strumenti digitali legati alla comunicazione (ad esempio per chat e videochiamate), ai social media e agli streaming audio e video.

Già prima del lockdown, comunicazione virtuale, social e streaming rappresentavano molto del tempo speso quotidianamente online, ma durante l’isolamento forzato in casa questo ambito è diventato ancora più importante per gli italiani.

Differenze tra le diverse Generazioni

L’incremento più alto in termini di tempo dedicato si è avuto tra Baby Boomers (+16%) e Generazione X (+14%), che probabilmente prima del lockdown utilizzavano meno di frequente questi strumenti digitali e che si sono dovuti attrezzare per comunicare a distanza, per necessità legate allo smart working o al mantenimento delle relazioni sociali. Nelle generazioni più giovani, già abituate a dedicare molto tempo a questi aspetti della vita digitale, l’incremento è stato più ridotto:  +9% per i Millennials e +3% per la Generazione Z.

Se l’incremento del tempo dedicato a comunicazione, social e streaming è stato – seppure con accenti diversi – comune a tutte le Generazioni, andando a considerare le categorie che durante questa fase hanno visto l’incremento maggiore in termini di tempo dedicato emergono alcune differenze generazionali.

Considerando il totale del tempo dedicato al digitale, la Generazione Z durante il lockdown sta dedicando più tempo del solito al Fitness, alla GDO (incluso il fare la spesa) e a tutto quello che riguarda la Cucina. I Millennials in quarantena hanno incrementato soprattutto il tempo online dedicato alla Cucina, alla GDO e all’informazione quotidiana. Anche per la Generazione X l’incremento più significativo di tempo nella sfera digitale ha riguardato la Cucina, ma al secondo posto troviamo gli strumenti digitali della Pubblica Amministrazione (PA online) e al terzo la GDO. Ancora diversa la classifica per i Baby Boomers, che hanno incrementato soprattutto il tempo online dedicato alla GDO, seguito dalla PA online e dal settore Non Profit. In questa ultima categoria rientrano anche tutte le iniziative legate a donazioni, raccolte fondi e volontariato, per le quali gli italiani più maturi hanno intrapreso diverse iniziative sfruttando gli strumenti digitali.   

Nota metodologica

*Fonte: GfK Sinottica, indagine single source basata su un campione rappresentativo di italiani con più di 14 anni. Sinottica monitora giorno per giorno i comportamenti reali dei consumatori appartenenti al Panel, anche per quanto riguarda il consumo multimediale. I dati contenuti in questo comunicato si riferiscono al periodo compreso tra il 21 febbraio e il 12 aprile 2020 e sono stati raccolti quotidianamente, in maniera continuativa con metodologie passive (Meter e Software Tracker). Tutti i trend si riferiscono al confronto con il periodo precedente al lockdown (27 gennaio-20 febbraio 2020).

L’engagement marketing ora è anche @home, con l’image recognition

Non c’è più l’engagement marketing di una volta. Ora, ai dempi di Covid-19 per promuovere il proprio punto vendita o il proprio centro commerciale, raccogliere dati sui clienti, anche a distanza e ai tempi del Coronavirus, è bene seguire altre strade. Questa è la scommessa lanciata da Scratch&Screen, la start up italiana attiva nel digital marketing che con la nuova campagna Play&Stay@home cambia i canoni dell’engagement marketing classico e lo adatta alla situazione attuale. Rivolta ai grandi retailer e ai centri commerciali, Play&stay@home è un modo innovativo di ripensare i touchpoint digitali che in assenza di contatto fisico devono coinvolgere il consumatore, veicolando messaggi, contenuti e valori.

La tecnologia alla base di Play&Stay@home è quella dell’image recognition: captare informazioni e marchi dalle immagini. Il consumatore, seguendo l’invito del retailer, potrà inviare tramite webapp – senza, cioè, scaricare nessun programma- una foto ricordo dei momenti legati al proprio brand o retailer del cuore e in cambio ricevere un gratta e vinci o un’altra forma di premio. Un sistema semplice e innovativo. A S&S andrà il compito di controllare il rispetto delle linee guida, la conformità delle foto e la raccolta dei dati; mentre al brand, il compito di definire la creativity e le modalità di partecipazione. Non servirà nessun programma o gestionale. La tecnologia sarà fornita interamente da S&S insieme al suo partner CX CENTAX.

“Secondo alcuni studi, nella settimana dal 24 febbraio al 1 marzo le vendite online di prodotti di largo consumo sono aumentate dell’81%. In aggiunta, la crisi ha portato molti consumatori a fare per la prima volta acquisti online: il 77% delle aziende con e-commerce ha dichiarato infatti di aver acquisito nuovi clienti. Questi dati dovrebbero far riflettere e spingere le aziende a rivedere le modalità di costumer marketing e adattarle al nuovo scenario. Il bacino di potenziali consumatori non si sta riducendo, al contrario. A cambiare sono le modalità di accesso ai consumi. E per ripartire risulta necessario comprendere i cambiamenti in atto, saper creare valore e mantenere rapporti stabili con i propri clienti, anche a distanza. E grazie alla tecnologia questo è possibile. Come Scraatch&Screen abbiamo pensato a un nuovo uso dei touchpoint digitali, implementando una piattaforma capace di ospitare un contest interattivo, al duplice obiettivo di fidelizzare il cliente e regalare ad esso una pillola di felicità.” dichiara Matteo Del Corno, CEO Scratch&Screen.

 

PrestaShop: contro il ristagno del business, puntiamo sulla comunicazione

Si dovrebbe riprendere gradualmente e dal 18 maggio anche i negozi potranno ricominciare. L’ottimismo dei merchant nei confronti del presente e del prossimo futuro, tuttavia, è scarso, come rivela uno studio sull’impatto del Coronavirus sul commercio online condotto da PrestaShop.

L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni su business di qualunque dimensione e settore, comportando una profonda riorganizzazione del lavoro e dei processi quotidiani. Il 71% degli e-merchant intervistati conferma, infatti, di aver intrapreso azioni specifiche per adattare la propria attività professionale alla complessa situazione globale. In un caso su due (49%) ciò si è tradotto, laddove possibile, in smart-working (49%), mentre un quarto dei rispondenti (26%) si è orientato sul part-time. Orari e sedi di lavoro non sono gli unici aspetti oggetto di revisione da parte dei merchant. Il 27% degli intervistati spiega, infatti, di aver introdotto alcune restrizioni alle consegne, mentre il 13% ha deciso di investire in un piano di comunicazione di crisi. Seppur in percentuale minore (8%), c’è anche chi si è trovato a sospendere in toto le vendite, chi ha cercato di dare un boost al giro d’affari proponendo la consegna gratuita della merce e chi, ancora, ha cercato di portare avanti l’attività adottando nuovi protocolli di igiene per tutelare la salute di dipendenti e clienti.

Criticità

Nonostante l’implementazione di queste e altre iniziative, ben più di due terzi (69%) crede che il servizio fornito ai propri clienti sia inevitabilmente degradato a causa delle misure di confinamento e il 65% dei commercianti online parla di un’interruzione della propria attività a causa del rinnovo della quarantena: di questi, il 44% prevede una chiusura complessiva di uno e due mesi, mentre la stessa porzione di rispondenti (44%) è meno ottimista e stima tra i tre e i sei mesi il periodo di sospensione delle vendite.

Indagando sulle motivazioni di queste previsioni, PrestaShop ha rilevato che oltre la metà dei merchant si aspetta una generalizzata mancanza di domanda (60%), mentre il 43% teme che lo stop sia reso necessario dalle crescenti difficoltà logistiche conseguenti al lockdown. Il terzo fattore che, secondo gli esercenti, minaccia la loro attività è la complessità in termini di approvvigionamento delle scorte (36%), mentre in un quinto dei casi (21%) a rappresentare una criticità difficile da sormontare è la tutela della sicurezza dei dipendenti.

Strategie di ripresa

Per tutti questi motivi, solo il 35% dei commercianti intervistati da PrestaShop si aspetta di registrare un aumento dell’attività del proprio e-commerce in questo periodo di emergenza, mentre oltre la metà (54%) degli esercenti che possiedono anche un punto vendita fisico afferma di non aver ancora notato una trasposizione online della propria attività offline.

In questo clima di sfiducia diventa quindi più che mai fondamentale studiare una strategia per impedire il ristagno del business e stimolarne la crescita. Per potenziare l’attività del proprio e-commerce circa due terzi (65%) dei commercianti intende puntare sulla comunicazione, dai social network all’e-mail marketing, da un lato consolidando la relazione con la propria clientela, dall’altro ampliandola. Al secondo posto dei mezzi utilizzati dai merchant per incrementare il business del proprio sito spiccano le offerte promozionali (36%), seguite dall’ottimizzazione dell’esperienza utente e dei contenuti (26%).

Convinto del ruolo chiave della comunicazione in un momento di crisi, il 37% dei commercianti conferma di non aver ridotto gli investimenti nelle campagne pubblicitarie. Analizzando le scelte di chi, invece, si è trovato a diminuire le spese in questo segmento, PrestaShop ha rilevato che il canale più penalizzato risulta essere quello delle campagne Google (32%), seguite da quelle pianificate su Facebook. La percentuale scende al 16% per altre piattaforme, quali Instagram, Amazon o Criteo.

“La crescita dell’e-commerce a seguito della complessa situazione attuale promette di avere effetti a lungo termine. Chi, ad esempio, prima del lockdown non aveva familiarità con il commercio virtuale, ma la sta acquisendo ora continuerà presumibilmente a utilizzare il canale di vendita online anche una volta terminata l’emergenza. In questo contesto è cruciale che i commercianti si facciano trovare pronti e siano nelle condizioni di offrire sempre ai clienti un’esperienza di shopping virtuale completa, efficiente e appagante” dichiara Luca Mastroianni, Head of International di PrestaShop. “Consapevoli delle criticità eccezionali che i merchant si trovano ad affrontare in questo periodo di incertezze, abbiamo messo a punto il programma di supporto RestartFromHome, una piattaforma di consulenza e social learning gratuiti per aiutare i piccoli e mdi esercenti a cogliere le opportunità messe a disposizione dell’e-commerce, avviando o potenziando il loro negozio virtuale” aggiunge Mastroianni.

Italiani e lockdown: nascono a casa palestre e uffici. L’analisi Idealo

Con il lockdown totale gli italiani si sono trovati a dover passare in casa tutta la giornata, In molti quindisi sono attrezzati creando un angolo della casa dedicato all’home office e una piccola palestra con qualche attrezzo.

Un’analisi di idealo sulle categorie “Home fitness” e “Informatica” presenti sul proprio portale italiano, mette in evidenza, come entrambe siano cresciute notevolmente nell’ultimo mese rispetto al periodo precedente. Si parla infatti di un +3909,4% per i prodotti relativi al fitness, di un +122,7% per gli articoli di informatica e anche di un +260,8% per scanner e stampanti[1].

L’importanza di avere un piccolo angolo in casa per lo smart working

Quando bisogna lavorare da casa è importante avere una piccola postazione dedicata, che sia funzionale e soprattutto che eviti di distrarsi. Analizzando le categorie dedicate all’home office[2] dal 24 Febbraio al 14 Aprile 2020 – e confrontando questo periodo con le settimane precedenti[3] – idealo ha rilevato una forte crescita di molti articoli di informatica. Si tratta di: webcam (+96053,4%), altoparlanti per pc (+1137,8%), tavolette grafiche & accessori (+296,9%), notebook (+219,0%), mouse (+187,7%), tastiere pc (+183,6%), pennini capacitivi (+179,5%), tablet (+174,2%), ebook-reader (+164,6%), powerline (+109,6%), pc all-in-one (+102,4%), monitor (+89,0%), pc (+80,2%). In particolar modo, i dieci articoli maggiormente cercati dagli e-consumer italiani in questo periodo sono stati: webcam, notebook, tablet, periferiche, altoparlanti per pc, schede video, monitor, processori/cpu, router e schede madri.

Per quanto riguarda prodotti come scanner e stampanti[4], anche questi di particolare importanza quando si lavora da casa, idealo ha evidenziato come la categoria sia cresciuta del +260,8%[5]. Nel dettaglio, questi gli articoli a maggior crescita rispetto al periodo precedente: stampanti multifunzione (+374,4%), stampanti laser (+288,7%), accessori per stampanti (+225,3%), stampanti 3d     (+196,7%), scanner (+128,0%) e stampanti a getto d’inchiostro (+15,8%). Dati come questi dimostrano come gli italiani, a casa, siano stati probabilmente sprovvisti fino ad ora di articoli come stampanti o monitor, poiché la conversione al mobile ha ridotto drasticamente l’utilizzo di questi accessori.

Notevoli sono state le fluttuazioni dei prezzi per questi articoli. Nel dettaglio, tra le categorie che hanno avuto un ribasso medio ad Aprile rispetto a Febbraio vi sono le tavolette grafiche (-20,6%), monitor (-17,9%) ed e-book reader (-12,4%). Al contrario, quelle che hanno avuto un costo maggiore durante la crisi sono state: webcam (+50,0%), tastiere e case per PC (rispettivamente +36,9% e +36,6%).

Una palestra anche a casa

Analizzando i dati del proprio portale Italiano dal 24 Febbraio al 1° Aprile 2020[6], idealo ha rilevato un boom delle intenzioni di acquisto relative a prodotti fitness del +3909,4%. In particolar modo, la crescita delle intenzioni di acquisto è stata registrata a partire dal 9 Marzo in poi, fino al picco massimo del giorno 21 dello stesso mese, e l’interesse è tuttora molto elevato, pur essendo ormai a metà Aprile.

Qui di seguito i prodotti fitness che hanno maggiormente catturato l’attenzione degli e-consumer italiani, in ordine di interesse: tapis roulant, indoor cycling, pesi, cyclette, ellittica, attrezzi da palestra, panche fitness, vogatori, stepper, ginnastica e aerobica, yoga & pilates, allenamento funzionale, tappeti elastici.

In particolar modo, questi i prodotti che hanno evidenziato la crescita maggiore rispetto al periodo immediatamente precedente: tapis roulant (+10685,6%), indoor cycling (+9776,9%), tappeti elastici (+7350,0%), pesi (+6280,7%), ellittica (+3912,3%), panche fitness (+2656,3%), cyclette (+2095,2%), vogatori (+1879,2%), yoga & pilates (+1630,0%), allenamento funzionale (+1400,0%), stepper (+1254,5%), attrezzi da palestra (+850,4%), ginnastica e aerobica (+428,9%).

Analizzando i prezzi medi dei prodotti dedicati al fitness[7], idealo ha evidenziato come i relativi costi siano stati soggetti ad importanti fluttuazioni a Marzo rispetto a Febbraio. Tra le categorie maggiormente convenienti idealo ha evidenziato: yoga & pilates (-45,6%), ellittica (-40,8%) e indoor cycling (-33,7%). Quelle con un rincaro sono invece state: attrezzi da palestra (+25,5%), pesi (+16,9%) e ginnastica/aerobica (+9,9%). 

[1] Per realizzare questo studio, idealo ha analizzato esclusivamente i dati presenti sul proprio portale italiano mettendo a confronto il periodo oggetto dell’analisi con le settimane precedenti.

[2] Queste tutte le categorie oggetto dello studio: Alimentatore PC, Altoparlanti per PC, Case per PC, Chiavetta internet, Digital Signage, Dissipatore CPU, Hard disk esterno, Mouse, Notebook, PC, PC All-in-one, Powerline, Processore/CPU, Router, Scheda madre, Scheda video, Single Board Computer, SSD, Tablet, Tastiera PC Tavoletta grafica / Accessorio, Webcam.

[3] Ovvero dal 4 Gennaio al 23 Febbraio 2020.

[4] Nel dettaglio, idealo ha analizzato le seguenti categorie: Cartuccia per stampanti, Scanner, Stampante laser, Stampante multifunzione, Toner.

[5] Dal 24 Febbraio al 14 Aprile 2020 vs periodo precedente (dal 4 Gennaio al 23 Febbraio 2020).

[6] E facendo un confronto con il periodo immediatamente precedente dal 17 Gennaio al 23 Febbraio 2020.

[7] Ovvero Yoga & Pilates, Ellittica, Indoor Cycling, Stepper, Panche fitness, Cyclette, Tapis roulant, Vogatori, Tappeti elastici, Ginnastica e aerobica, Pesi, Attrezzi da palestra.

[8] Gli idealo days si sono svolti il 30 e 31 Marzo 2020, ma a partire dal 2 Marzo gli utenti hanno potuto impostare il proprio prezzo ideale per i prodotti desiderati grazie a una landing page creata appositamente sul portale italiano di idealo.

[9] Si parla invece di un +30,6% rispetto ad eventi simili organizzati dai big player del settore.

[10] Mangiare & Bere (+427,5%), Giocattoli & Gaming (+369,5%), Salute, Bellezza & Drogheria (+291,3%), Prodotti per animali (+236,7%), Arredamento & Giardino (+215,5%), Elettronica (+135,6%), Bambini & Neonati (+124,1%), Sport & Outdoor (+59,0%), Auto & Moto (+19,6%), Moda & Accessori (-3,3%).

Prénatal, riaperture ed ecommerce: l’analisi del CEO Giustini

Il risultato della graduale riapertura dei punti vendita di Prénatal Retail Group, a partire dal 14 aprile, ha confermato la bontà della decisione del Governo di riaprire i negozi per bambini, nel massimo rispetto delle disposizioni di sicurezza per clienti e addetti alla vendita.

Nel corso della settimana che si è conclusa sabato 18 aprile, i primi 86 negozi Bimbostore e i 44 Prénatal incaricati alla riapertura (sono rispettivamente 97 e 162 quelli totali sul territorio nazionale) hanno infatti registrato vendite del tessile (completi per culle, carrozzine, lettini), e abbigliamento pari mediamente al 50% del totale venduto. Nella sola giornata di martedì 14 aprile, primo giorno utile, il risultato è quadruplicato rispetto allo stesso giorno dell’anno precedente.

Il nostro dato conferma che i prodotti tessili e l’abbigliamento, unitamente ai generi di prima necessità come ad esempio baby food, rappresentano un’esigenza reale per le mamme con bambini in fase di rapida crescita”, commenta il CEO di Prénatal Retail Group Amedeo Giustini.

Nella stessa settimana ha continuato a crescere l’intera attività di e-commerce Prénatal il cui sito ha elaborato ordini con componente tessile per il 60%.

Quanto al periodo di chiusura dei negozi, l’aumento di vendite online per Prénatal è stato significativo: il numero di ordini ha segnato +1500% rispetto al mese precedente (i volumi complessivi sono di 20 volte superiori all’abituale) ed è stata estesa anche la possibilità di gestire le “liste nascite a distanza”. Nello stesso periodo è stata fatta la consegna a domicilio di 4.300 prenotazioni di prodotti effettuate prima della quarantena e il nuovo servizio “drive-in” ha consentito il ritiro di 2.860 ordini.

Complessivamente, l’e-commerce di tutte le insegne Prénatal Retail Group ha segnalato un balzo in avanti del 95% nel numero di nuovi utenti e il numero ordini è stato 15 volte superiore rispetto al mese precedente.

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