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Le chiavi per resistere (e ripartire) secondo Tindeo

Consumi stravolti: a chi troppo (GDO e alimentari) e a chi niente (abbigliamento, beauty e moda).

Ergo: anche le sfide del retail sono cambiate, puntando sull’on-line.

Una strategia univoca non può esistere, ma qualche consiglio non fa mai male: ecco i punti chiave proposti da Tiendeo.it, per affrontare questa crisi e uscirne con il minimo impatto:

Potenziare la comunicazione online

Che si disponga e-commerce o meno, la comunicazione attraverso i canali digitali sarà al centro di questo periodo: se una cosa è certa, è che i consumatori si rivolgono all’online per rimanere informati e rifornirsi.

Più specificamente, l’e-commerce in questo scenario, guadagna punti di forza. Nel caso di retailer che sono stati costretti a chiudere i loro punti vendita, questa via sarà la loro principale risorsa per continuare a generare entrate e mantenere i propri clienti, mentre  supermercati e farmacie devono diversificare la loro domanda tra canali online e offline in modo efficiente.

Audiences locale per un impatto di qualità

Il confinamento in casa comporta una limitazione della mobilità, perché se i cittadini vanno a comprare i generi di prima necessità devono farlo negli stabilimenti più vicini. È per questo motivo che durante la progettazione di una strategia di digital marketing e in particolar modo in questo periodo, sarà essenziale segmentare attraverso la geolocalizzazione, al fine di raggiungere un target vicino ai punti vendita.

Ampliare la portata a un target interessato

Uno dei grandi vantaggi del canale online è la grande quantità di informazioni che fornisce riguardo agli interessi degli utenti, consentendo di profilare e iper-segmentare campagne di marketing. Raggiungi gli utenti che hanno consultato prodotti simili alla tua offerta e hanno mostrato interesse per la tua categoria per aumentare la conversione delle tue azioni.

Scegliere i formati più adatti

La redditività della pubblicità su supporti fisici come cartelloni pubblicitari o autobus, ad esempio, si è ridotta drasticamente per ovvi motivi, e la distribuzione di brochure stampate è stata interrotta: è tempo di scommettere sui formati online come alternativa per continuare a comunicare contenuti e aggiornamenti. Utilizza formati online che indirizzano rapidamente i consumatori verso i tuoi punti vendita fisici e il tuo e-commerce. Un catalogo dinamico, ad esempio, consente di aggiornare i contenuti in tempo reale in base allo stock disponibile; può contenere link che indirizzano i consumatori al tuo ecommerce; e allo stesso tempo evita i costi di creazione e progettazione, processi che si complicano a causa della situazione di confinamento.

Flessibilità e comunicazione costante

La situazione attuale è molto complicata per tutti, e cambia alla velocità della luce. Se i rivenditori vogliono davvero fidelizzare i clienti, devono garantire una comunicazione fluida e trasparente per trasmettere un messaggio di rassicurazione e pubblicizzare le misure che l’azienda sta adottando al riguardo. Questo si può fare attraverso i diversi canali dell’azienda o addirittura, se necessario, crearne di nuovi.

I consumatori devono sentirsi supportati dalle aziende e le aziende devono diventare facilitatori e aiutarli a rendere più sopportabile questa delicata situazione. È necessario essere flessibili e fornire soluzioni ai problemi che possono sorgere a causa dell’isolamento (consegne, resi, cambi, ecc.). Il servizio clienti diventa un motore essenziale che crea fiducia.

Coronavirus: il nuovo consumatore post-traumatico secondo GfK

Blocco totale tra le pareti di casa. E l’Homo consumatore, come vive questa condizione imposta a tempo (in)determinato?

A registrare i primi effetti di questo lockdown sulle abitudini dei consumatori italiani, interviene il monitoraggio settimanale GfK. I dati salienti si possono così riassumere:  cresce ovunque il livello di preoccupazione e gli acquisti si concentrano sui beni di prima necessità, mentre ambiano le strategie per fare la spesa e rimane freddo il giudizio sui Brand.

 

La situazione nel dettaglio

Un primo dato certo, dunque, è che crescono ancora le preoccupazioni degli italiani, sia quelle connesse alla diffusione del Coronavirus (+11%) sia quelle per la situazione economica attuale e futura. Aumenta anche la paura di non trovare nei negozi i prodotti di cui si ha bisogno (specialmente al Sud).

Quanto ai consumi, è evidente come si concetrino sempre di più sui beni essenziali. In questi giorni i consumi non rappresentano un’evasione dalle difficoltà quotidiane e cala la voglia di fare acquisti, anche online. Gli italiani mettono nel carrello soprattutto prodotti di prima necessità (pane, latte, farina, zucchero…), prodotti per l’igiene personale, disinfettanti, acqua e surgelati; tra le categorie che resistono ci sono i libri, che tornano ad essere un bene “necessario” per un numero crescente di persone.

In questa situazione, emergono pure nuove strategie per fare la spesa: dopo la prima settimana di acquisti “compulsivi” ma poco organizzati e una seconda caratterizzata da un incremento della frequenza degli acquisti, durante la prima settimana di lockdown gli italiani sembrano aver elaborato nuove strategie. L’importo medio della spesa cresce del +26% e si fanno acquisti più attenti, per evitare di dover tornare spesso in negozio. Si annullano le differenze tra giorni infrasettimanali e sabato (solitamente il più importante per la spesa) a cresce ancora la penetrazione del canale online (+16%).

L’insieme di queste abitudini in nuce o già ben delineate, tratteggia un nuovo consumatore, condizionato dall’esperienza che sta vivendo. L’isolamento forzato in casa, infatti, sta cambiando sicuramente anche il modo in cui gli italiani si rapportano con i Brand. Rispetto alla settimana scorsa, GfK registra un giudizio maggiormente positivo sulla Distribuzione, mentre le Aziende sono sempre viste come poco attive, poco vicine. Mai come oggi i consumatori chiedono ai Brand una maggiore capacità di entrare in sintonia con il sentiment del momento. Rimane da capire cosa cambierà quando tutto questo sarà finito: le Aziende avranno a che fare con un consumatore “post-traumatico”, con nuove abitudini di consumo, nuove paure, nuovi stili di vita e desideri inespressi che verranno a galla alla fine della quarantena.

Emergenza sanitaria: sono le patate il prodotto più ricercato

Allarme Covid 19: i rifornimenti alimentari sono diventati un must. Nonostante le rassicurazioni, da più parti, sul fatto che non ci sia penuria di alimenti. Ma quali sono i prodotti più gettonati, nelle ultime tre settimane?

Senza dubbio le patate, le cui vendite, come dimostrano i dati IRI Infoscan Census relativi alle vendite nel periodo 17 febbraio-8 marzo 2020, hanno registrato un incremento del +25,4%, mentre nell’ultima settimana del periodo di riferimento, il dato è salito al +28,3%. del prodotto si apprezzano caratteristiche quali lunga shelf-life, costo contenuto, versatilità di utilizzo e obbligo di cottura.

In merito, Giulio Romagnoli, Amministratore Delegato della Romagnoli F.lli Spa di Bologna ha commentato: “Stiamo registrando un incremento di oltre il 30% delle richieste di patate da parte dei nostri clienti della Distribuzione Organizzata e della Gd. Per soddisfare la crescente domanda, ci siamo organizzati con doppi turni, garantendo comunque, al nostro personale, massimi livelli di sicurezza ed un premio di produzione quale riconoscimento per l’impegno e la dedizione mostrata ogni giorno”

Ad ulteriore rassicurazione del mercato, Romagnoli conferma l’avvio della raccolta delle patate novelle di Siracusa, che permetterà di garantire continuità di fornitura di prodotto Italiano nelle settimane a venire “L’aumento dei consumi di patate sul mercato italiano, ha anticipato un trend che si sta via via riscontrando in altri Paesi europei – sottolinea Romagnoli. Cambiamenti legati agli effetti connessi al Coronavirus avranno impatti considerevoli anche per le aziende attive nel settore sementiero e, di conseguenza, sull’intera filiera pataticola in cui la nostra azienda ricopre un ruolo di riferimento. Una sfida epocale che siamo pronti ad affrontare con impegno e responsabilità”.

                                                                                                

Vendite in Gdo: +16,4%. Pesa l’effetto Covid-19

Le vendite della Grande Distribuzione Organizzata continuano la crescita: +16,4% a valore a parità di negozi. E’ la terza settimana con trend positivo a doppia cifra, rispetto allo stesso periodo del 2019.

Come nella settimana precedente è il Sud Italia a registrare gli incrementi più alti su base tendenziale: +28,4%. Nord Est (+18,6 %), Seguono Centro (16,8%), Nord Ovest (+10,1%).Queste alcune delle evidenze sottolineate da Nielsen.

“È trascorso un mese dall’inizio dell’emergenza sanitaria ed è ovvio che le vendite della GDO rispecchino la trasformazione della vita degli italiani in abitudini sempre più ‘domestiche’ – dichiara Romolo de Camillis, Retailer Service Director di Nielsen Connect in Italia – Sottolineiamo però che i trend di crescita durante l’ultima settimana hanno iniziato a dare forti segnali di cambiamento, in particolare a livello di formati. L’ascesa dell’eCommerce e dei negozi di vicinato rispecchiano l’esigenza di evitare lunghi tragitti casa-negozio, nonché di evitare code e assembramenti, così come il calo degli specialisti drug ha come causa principale la necessità dei consumatori di concentrare gli acquisti in un solo negozio.”

A livello di format distributivi, il trend maggiore si registra nei Liberi Servizi (+46,3%), nei Supemercati (+30,4%) e nei Discount (+22,5%). Iniziano a calare invece le vendite di Specialisti Drug (-18,9%) e Ipermercati (-3,7%).

Per quanto riguarda l’eCommerce, il trend delle vendite di prodotti di largo consumo online da lunedì 9 a domenica 17 marzo è stato del +97,2%, in rialzo di 15pp rispetto al trend della settimana precedente.

La crescita di queste settimane risponde anche alla nuova esigenza di consumare pasti esclusivamente in casa, date le restrizioni governative. Si accentua il calo dei format Cash & Carry, con un trend negativo del -44,7%, che sono il principale canale di approvvigionamento per gli operatori HoReCa (ospitalità/ristorazione). Questo canale potrà vedere una ripresa alla fine della quarantena, con la riapertura dei servizi di bar e ristorazione al pubblico.

La cronaca della settimana

Il weekend della quarta settimana dall’inizio dell’emergenza sanitaria (9-15 marzo) ha visto un calo nelle vendite della GDO, mentre i restanti giorni della settimana hanno tutti mantenuto trend positivi rispetto alle stesse giornate del 2019. In particolare, il picco si è registrato martedì 10 (+45,7%). Mentre sabato e domenica il calo (omogeneo in tutte le aree geografiche) è stato rispettivamente di -19,9% e -36,2%.

Il dettaglio: le categorie

Le categorie di prodotti maggiormente impattate durante la settimana 11 del 2020 (9 – 15 marzo) sono sempre legate ai tre “effetti” identificati da Nielsen:

  1. effetto “stock”, in ordine di grandezza rispetto al fatturato generato: latte UHT (+62,2%, 14,1 milioni in più settimana su settimana), pasta (+65,3), conserve animali (+56,0%), farina (+185,3%), uova di gallina (+59,6%), surgelati (+48,0%), caffè macinato (+26,2%), burro (+71,9%), acqua in bottiglia (+20,1%) e all’interno del comparto bevande diventa il segmento trainante, riso (+71,2%) e conserve rosse (+82,2%);
  2. effetto “prevenzione e salute”, in ordine di grandezza rispetto al fatturato generato: guanti +362,5% per un totale di 7,4 milioni, detergenti superifici (+49,7%), carta igienica (+43,3%), carta casa (+52,4%), sapone per le mani, liquido e solido (+100,3%), candeggina (+99,9%), salviettine umidificate (+196%), alcol denaturato (+169,2%), termometri (+115,9%) e fazzolettini di carta (+43,1%);
  3. effetto “resto a casa”, da un lato crescono categorie che potrebbero essere considerate adatte a un aperitivo casereccio, affettati (+32,4%), mozzarelle (+43,4%), patatine (+31,3%), birre alcoliche (+13,8%), ma cresce anche quello che possiamo considerare “comfort food”, spalmabili dolci (+57,7%), pizza surgelata (+54,3%) e tavolette e barrette di cioccolato (+21,9%). In calo anche molti segmenti del comparto make-up (-60%) e profumeria (-61,9%).

 

Coronavirus: i nuovi consumi e la risposta dei brand. L’analisi di GfK

Meno spostamenti, più consumi di contenuti mediali. E tanta preoccupazione. Specialmente da parte delle donne. Ecco le evidenze che emergono dal tracking settimanale di GfK, attivato nelle scorse settimane e che il prossimo 26 marzo approfondirà le varie tematiche in un webinar dedicato agli effetti del Coronavirus sulle abitudini di consumo e sui mercati.

Dall’analisi emerge essenzialmente che è in crescita l’attenzione per la cura personale e l’alimentazione intesa come strumento di benessere. Gli esperti sono i nuovi guru. Mentre i brand, nella percezione dei più, latitano.

Le donne, come anticipato, sono più preoccupate degli uomini: se in generale gli italiani sembrano ancora preoccuparsi soprattutto per la situazione economica, il 47% delle donne intervistate dichiara di essere molto preoccupata per il diffondersi di nuove malattie (il 17% in più rispetto agli uomini). Le donne sembrano essersi rese conto per prime della gravità della situazione, tanto da aver modificato le proprie abitudini di consumo prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive alla circolazione: già la scorsa settimana, infatti, oltre il 50% delle donne dichiarava di aver ridotto o smesso di frequentare centri commerciali, insegne e negozi.

Nelle prossime settimane possiamo aspettarci una maggiore presenza maschile all’interno dei punti vendita, un fattore di cui la Distribuzione dovrà tenere conto nella propria pianificazione.

Vediamo adesso i nuovi trend, per categoria

· Mobilità privata: i dati GfK mostrano, a fronte di una riduzione generale della mobilità da parte degli italiani, un incremento dell’utilizzo dell’auto privata. L’abitudine a preferire i mezzi di trasporto privati potrebbe essere difficile da abbandonare anche al termine dell’emergenza: è possibile che ciò abbia delle conseguenze di medio periodo significative anche sulle logiche e le sensibilità di sostenibilità ambientale, un tema centrale nelle strategie di consumo degli italiani fino a poche settimane fa.

· Voglia di contenuti mediali: negli ultimi giorni gli italiani dichiarano di aver incrementato significativamente la fruizione di contenuti Media & Entertainment, in particolare quelli legati alla ricerca di notizie. Per le prossime settimane, circa 1 italiano su 10 dichiara di voler sottoscrivere un abbonamento a servizi di contenuti, piattaforme e App a pagamento.

· Salute e benessere, anche in cucina: in questo periodo gli italiani stanno di più in casa e dedicano più tempo del solito all’igiene personale e alla pulizia/sanificazione della casa e dei vestiti. Cresce anche l’attenzione all’alimentazione, intesa come strumento per stare bene, in salute – e non tanto come una concessione o una compensazione.

· La voglia di vacanze resiste: gli italiani continuano a guardare alle vacanze estive come possibile “risarcimento” per l’attuale momento di difficoltà. Una prospettiva importante, anche dal punto di vista psicologico. Il dato andrà monitorato nelle prossime settimane, ma sembra indicare che – qualora la situazione dovesse migliorare – gli italiani sono pronti a rimettersi in movimento. In crescita anche l’interesse per le assicurazioni legate agli imprevisti di viaggio.

· Brand e comunicazione ai tempi del coronavirus: in questo momento di incertezza, anche la comunicazione si trova ad affrontare nuove e inedite sfide. I Brand sono chiamati a fare la loro parte, adeguando i messaggi e le strategie comunicative al sentiment degli italiani. Anche perché, in questo momento, vengono percepiti dai consumatori come poco attivi, silenziosi. Dovendo valutare l’operato di questi giorni, gli italiani esprimono invece un giudizio molto positivo sul sistema sanitario, ma anche la Protezione civile e il Governo ne escono bene. La fiducia degli italiani è riposta soprattutto nel personale sanitario e in generale negli esperti, mentre i media risultano poco credibili.

 

Parmigiano Reggiano: in azione i pensionati per salvaguardare le filiera

In un momento di grave emergenza sanitaria il Consorzio del Parmigiano Reggiano vuole rassicurare i consumatori sulla salubrità della DOP e sul fatto che, come ribadito dall’Autority Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), attualmente non ci sono prove che il cibo sia fonte o via di trasmissione probabile del virus.

Il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli, ha dichiarato al riguardo: “È inaccettabile che paesi dell’Unione Europea, come anche paesi fuori dall’Unione, utilizzino questa crisi sanitaria per arrogarsi il vantaggio competitivo. È un fatto aberrante dal punto di vista etico e dal punto di vista legale è concorrenza sleale”.

A garanzia della produzione richiamati gli ex addetti

“Il Parmigiano Reggiano è prodotto oggi come mille anni fa – ha affermato Bertinelli – solo con latte, sale e caglio e senza l’uso di additivi e conservanti. La produzione è regolata da un rigido disciplinare che non consente ai produttori di pastorizzare, centrifugare o refrigerare il latte. Per questi motivi il Parmigiano Reggiano deve essere prodotto ogni singolo giorno dell’anno. Fermare la produzione avrebbe conseguenze disastrose per la nostra filiera”.

“Allo stesso tempo – ha sottolineato il presidente del Conosrzio – la quasi totalità dei nostri 330 caseifici si trova in province fortemente colpite da Covid-19 come Reggio Emilia, Parma, Modena, Mantova e quindi è impensabile sperare di restare immuni”.

Per far fronte alla potenziale carenza di organico dovuta ai contagi, il Consorzio ha creato una rete di coordinamento per mettere a disposizione delle aziende una banca dati di casari in pensione ed ex addetti alla produzione che possono essere richiamati dai caseifici in difficoltà.

“Dal punto vista operativo – ha aggiunto Bertinelli – non abbiamo problemi perché il trasporto del latte dalle stalle ai caseifici è consentito così come la produzione del formaggio che è considerata ‘comprovata necessità lavorativa’ dal Dpcm del 9 marzo”.

Una potenziale criticità riguarderebbe però la disponibilità di organico, motivo per cui Bertinelli si appella al Governo italiano e all’Unione Europea: “Chiediamo al Ministero delle politiche agricole e all’UE una deroga al disciplinare, come previsto da legge 1151/2012 che regola le DOP in caso di emergenze sanitarie, per consentire maggiore flessibilità ai tempi e vincoli di lavorazione al fine di evitare la chiusura di caseifici e allevamenti”.

“Il Parmigiano Reggiano è la prima DOP per valore alla produzione con 1,4 miliardi di euro. Ci sono oltre 50 mila persone impegnate nella filiera e ovviamente la loro salute è la nostra priorità assoluta. Tutti i caseifici hanno adottato le misure del Governo per limitare il contagio, a partire dalla distanza di sicurezza di un metro tra una persona e l’altra”, ha concluso Bertinelli.

 

La spesa raccontata (e fatta) dalle donne. L’indagine di Tiendeo.it

Presso gli antichi Greci esisteva la figura della Tamia, la dispensiera, colei che si occupava degli approgigionamenti domestici e della gestione dei pasti familiari. A distanza di qualche millennio, le cose sono cambite meno del previsto: le donne infatti continuano a svolgere una funzione di primaria importanza in tutto ciò che riguarda le scelte d’acquisto per la spesa, dai prodotti alimentari a quelli per la pulizia. Non a caso ben il 97% delle intervistate afferma di occuparsi personalmente della spesa di casa. Partendo da questo presupposto, Tiendeo.it ha svolto un’indagine per capire quali siano le abitudini delle donne italiane rispetto ai consumi, e come cambino a seconda che gli acquisti siano per sé o per i figli.

Il 44% delle donne sceglie prodotti ecologici

Non ci sono dubbi. I prodotti ecologici occupano una parte sempre più importante nel carrello della spesa delle italiane che prediligono prodotti a km 0, privi di conservanti e additivi, di filiera tracciabile e che siano coltivati secondo parametri che garantiscano la qualità dell’intero processo produttivo. Il 44% delle intervistate dichiara infatti di fare in modo che la maggior parte di ciò che acquista sia ecologico. Per il 20% è fondamentale che ciò che si mangia sia eco, mentre per il 16% l’ecologico è riservato agli acquisti per i figli. Solo il 18% dichiara di non essere minimamente interessato o attratto dalla presenza dell’etichetta ecologico su un prodotto.

Promo e fedeltà alla marca

In generale, quando si tratta di spesa alimentare, il 35% delle donne è fedele alle marche e il 56% acquista in base a sconti e promo. È interessante notare come i prodotti delle marche dei supermercati (private label) riescano a ritagliarsi un proprio spazio di fedeltà, conquistando in modo esclusivo il 7%, sempre più apprezzate per la relazione qualità-prezzo. Si considera importante la fedeltà alla marca per prodotti freschi (57%), dolci e prima colazione (29%) e latticini (29%). Completano la top 5 cibi in scatola e conserve (22%) e bibite (8%). Sorprendono invece i numeri della fedeltà alla marca dei prodotti pulizia (47%) e igiene personale e bellezza (56%). Anche in questo caso le private label conquistano il proprio spazio: 8% per i prodotti di pulizia e 5% per cura personale e bellezza.

Tutto cambia quando si tratta dei figli

La fedeltà alla marca aumenta in modo esponenziale quando gli acquisti sono per la prole. Infatti, se prendiamo in esame la spesa alimentare, si passa da un 35% a un 51%, e i numeri aumentano quando si parla di igiene personale, dal 56% al 64%. Riguardo ai prodotti di puericultura il 55% delle donne italiane dichiara fedeltà alla marca. Anche rispetto ai prodotti per i figli le private label guadagnano terreno: il 13% si dichiara fedele per la spesa alimentare, l’8% per l’igiene personale e il 9% per tutti i prodotti relativi a puericultura.

 

Birra senza frontiere e… senza stagioni

Birra senza più stagioni: a fotografare l’evoluzione dei consumi è l’ultima edizione di AssoBirra Monitor, il report sull’andamento delle vendite nel Paese delle imprese aderenti ad AssoBirra

L’indagine AssoBirra registra un +2,2% negli ultimi sei mesi del 2019 rispetto al secondo semestre 2018. Gli aumenti hanno riguardato sia i mesi più caldi, con un aumento del 7% a luglio, tradizionalmente il mese con il maggior consumo di birra in Italia; sia quelli più freddi, con una crescita dell’1,5% a dicembre.

 “Questi risultati – commenta Michele Cason, Presidente AssoBirrasi devono ad un settore che si è caratterizzato negli anni per la presenza, da un lato, di una moderna filiera agricola e, dall’altro, di un tessuto imprenditoriale e produttivo che ha investito nel Paese e in un’innovazione sempre più sostenibile. In questa favorevole congiuntura – aggiunge Cason – il nostro comparto, virtuoso nell’utilizzo di imballi riciclabili e riutilizzabili, deve sopportare i costi legati alla ridotta capacità operativa del sistema di riciclo. Oggi la differenziazione dei rifiuti del vetro ha raggiunto valori significativi; questo non è coinciso, però, con il pari adeguamento degli impianti di trattamento e ha comportato un gravoso e insostenibile innalzamento dei contributi, cresciuti del 108% in un anno per il vetro, senza contare gli annunciati incrementi anche del contributo per gli imballaggi in carta”.

La riduzione dei contributi ambientali auspicata da AssoBirra si iscrive in un contesto fiscale che vede la birra essere l’unica bevanda da pasto in Italia a pagare le accise. Oggi più del 50% delle imposte sugli alcolici è versato dal comparto birrario, anche a fronte di aumenti delle accise del 30% nel triennio 2013-2015, a cui sono seguite diminuzioni di circa l’1,7% nel triennio 2017-2019.

Filiera Valore Bennet, un brand a tutela del consumatore

Dall’attenzione per la tracciabilità dei propri prodotti, nasce il progetto Filiera Valore Bennet, il quale diventa un brand che si pone l’obiettivo di definire il percorso del prodotto e rafforzarne i valori insiti nei diversi passaggi sino al consumatore finale.
Dagli allevamenti, alle coltivazioni, passando per i centri di sezionamento e di distribuzione, Bennet si impegna a rendere le informazioni chiare e alla portata del consumatore, grazie all’utilizzo di etichette caratterizzate da pittogrammi dedicati. Attualmente la catena della GDO italiana si è focalizzata sul comparto macelleria e ittico ed estenderà il progetto anche ad altri reparti nei prossimi mesi.
Per il comparto macelleria i pittogrammi si concentrano su tematiche fondamentali come quella del benessere animale e dell’assenza di trattamenti antibiotici, applicando rigorose procedure di verifica. All’interno degli allevamenti di filiera gli animali vengono nutriti con mangimi selezionati e adeguatamente controllati.

i prodotti del reparto macelleria sono connotati dall’etichetta rossa, mentre quelli del reparto pescheria dall’etichetta azzurra

Per quanto riguarda invece il comparto ittico, gli allevamenti ittici sono certificati “Friend of the Sea”: si tratta del programma internazionale che promuove e tutela le pratiche di acquacoltura sostenibili, un dettaglio ben riconoscibile in etichetta.

Millennials vs Generazione Z: consumi a confronto. L’analisi HYPE

Photo by Leah Kelley from Pexels

Le generazioni non sono tutte uguali, specialmente nel modo di gestire il proprio denaro o di vivere i propri consumi. Ed anche tra due generazioni apparentemente simili – come la Generazione Y e la Generazione Zeta – qualche differenza c’è.

Un’analisi in merito, che parte dai numeri e offre un interessante spaccato di tipo sociologico, è stata effettuata dall’Ufficio Studi di HYPE, la soluzione di banking digitale che funziona attraverso un’app mobile.

Gestione del denaro digitale

Primo dato significativo è la frequenza giornaliera di accesso all’app: 0,68 volte al giorno per i giovanissimi della Generazione Z e 0,57 volte per i Millennial: una differenza che pare infinitesimale, ma che in realtà rappresenta un chiaro indicatore di come i giovanissimi ricorrano con maggiore naturalezza alla propria mobile bank. Si tratta di un gesto sempre più frequente, anche se non ancora meccanico come, per esempio, il consultare Whatsapp, ma l’incremento nell’abitudine di utilizzo è netto.

I numeri evidenziano come HYPE sia ormai uno strumento utilizzato abitualmente per la gestione delle entrate tanto dalla Generazione Y, che lo utilizza anche per l’accredito dello stipendio (+214% il numero dei Clienti che ha accreditato il proprio stipendio su HYPE nel 2019 rispetto all’anno precedente), che dalla Generazione Z, i quali pur non avendo un’entrata fissa, presumibilmente ricorrono all’app per ricevere la «paghetta» dai propri genitori. Il 70% degli under 18 utilizza l’app per ricevere abitualmente denaro (l’8% delle transazioni totali di P2P ricevente di HYPE riguardano gli under 18).

Le principali voci di utilizzo di HYPE mostrano come entrambe le generazioni abbiano comportamenti simili (con una spiccata propensione all’utilizzo della soluzione come abituale strumento di pagamento) ma non identici. 

Gli acquisti

A far la parte del leone sono gli acquisti presso i negozi al dettaglio. Spicca l’importante peso specifico degli acquisti relativi ad abbigliamento ed accessori, che caratterizza maggiormente il cluster della Generazione Z (11,8% della spesa, rispetto a un più limitato 5,78% dei Millennials). Al secondo posto si posizionano gli acquisti relativi al food, che evidenziano una significativa differenza di comportamento tra generazioni: mentre i giovanissimi della Generazione Z mostrano una maggiore  propensione al consumo di cibo fuori casa (spendono l’8,71% in ristoranti, il 3,78% in fast food), la Generazione Y sceglie sì in maniera significativa la ristorazione (7,39% ristoranti), ma bilanciata da un 6% di spesa per alimentari presso la grande distribuzione (la Generazione Z si ferma a 3,43%), segno della propensione al consumo di pasti preparati in casa. 

Vedi alla voce risparmio

Una delle funzioni più utilizzate di HYPE, la cui analisi avvalora ancora di più le tendenze già evidenziate, è quella degli Obiettivi, il “salvadanaio virtuale” che consente l’accantonamento progressivo di cifre destinate ad una finalità preimpostata. 

Emergono come diametralmente opposte, tra i due target, le finalità legate agli accantonamenti a medio termine: per la Generazione Z, il principale obiettivo di risparmio riguarda l’acquisto di prodotti elettronici o software, quindi un investimento sul patrimonio tecnologico personale, mentre i Millennial sono più orientati verso il consumo “analogico”, presentando come principale voce di risparmio la categoria “Veicoli e trasporti”, con un peso relativamente significativo anche della voce “Viaggi e Vacanze”.

«Le giovanissime generazioni confermano – anche per quanto riguardo le scelte di utilizzo del denaro – quella tendenza ormai acquisita all’online», conferma Antonio Valitutti, General Manager di HYPE «ovvero al comprendere nella sfera del digitale anche le proprie passioni e relazioni quotidiane».  

Metodologia

L’analisi ha comparato i dati relativi all’utilizzo di HYPE nella gestione del denaro e negli acquisti di beni e servizi relativamente ai due cluster di clienti appartenenti all’oltre milione di clienti attivi: gli oltre 70mila clienti under 18 (HYPE dà infatti la possibilità di aprire un conto a partire dai 12 anni), e gli oltre 500mila appartenenti alla Generazione Y (o Millennial, i nati tra il 1981 e il 1996).

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