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Dal 2009 a oggi -25% per le bevande analcoliche, consumi a 7,43 miliardi di euro

Bevande analcoliche, i volumi negli ultimi dieci anni sono calati vertiginosamente: -25% dal 2009 secondo un’indagine Trade Lab commisionata da ASSOBIBE, l’associazione di CONFINDUSTRIA delle imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia, che misura il valore complessivo generato dall’industria dei soft drink. L’Italia si colloca al penultimo posto in Europa per consumi pro-capite di bibite gassate. Nonostante ciò, il settore occupa 80mila persone e ogni posto di lavoro diretto nelle aziende di produzione ha generato 14 posti di lavoro indiretti: 3 nella filiera a monte e 11 in quella a valle.

“La produzione e vendita di bevande analcoliche in Italia genera un valore complessivo, diretto e indiretto, di 4,9 miliardi di euro, pari allo 0,29% del PIL nazionale e contribuisce alle casse dello Stato per 2,3 miliardi di euro di entrate fiscali e contributive – afferma David Dabiankov, direttore generale di ASSOBIBE –. Nonostante una forte contrazione dei consumi, le aziende hanno comunque continuato a fare investimenti in innovazione, rafforzando l’impatto economico e sociale di attività importanti tanto per l’economia locale che nazionale.”

Dei 4,9 miliardi di euro di valore aggiunto, 800 milioni sono generati dalle imprese di produzione, 1,1 miliardi dalle imprese che forniscono materie prime al settore e 3 miliardi provengono dalle fasi di commercializzazioni di prodotti finiti. Per ogni euro di valore aggiunto generato dalle imprese di produzione, si genera un equivalente di 5,4 euro lungo la filiera, per un valore complessivo di 2,94 miliardi di euro. Il valore dei consumi ammontano a 7,43 miliardi di euro.

Il settore conta 80 aziende con 100 stabilimenti distribuiti in tutta la penisola che producono e commercializzano bibite gassate, apertivi analcolici, energy e sport drinks, tè pronto: una produzione presente sul territorio, con una maggiore concentrazione al Nord Ovest (42%), seguito dal Nord Est (28%), Sud e Isole (16%) e Centro (11%).

Le imposte sul reddito da lavoro (a monte, diretto e a valle della filiera) e da impresa ammontano a 1,2 miliardi di euro (53,6%), mentre l’IVA totalizza circa 1,1 miliardi di euro (46,4%). Le sole imprese produttrici contribuiscono all’entrate dello Stato con 182 milioni di euro, che derivano da imposte e contributi sul reddito da lavoro e da impresa.
LO studio ecidenxia anche come in Italia i consumatori pagano un’aliquota IVA tra le più elevate in Europa (22% rispetto ad una media del 10%), diversamente da altri alimenti che godono di aliquote al 4% o 10%.

Foto: rawpixel on Unsplash

Retail sportivo: il 2017 è stato l’anno delle grandi catene con più di 10 negozi

La gara si gioca tra pochi. Ovvero, tra quelli che possono contare su almeno 10 punti di vendita. Agli altri, il 90% degli operatori, la media matematica lascia le briciole o poco più. E’ la grande distribuzione a conquistare la maggioranza dei consumatori al momento dell’acquisto di attrezzi e abbigliamento dedicati all’attività fisica. A testimoniarlo, i dati pubblicati nello studio “La distribuzione degli articoli sportivi in Italia nel 2017”, condotto dalla società di ricerche di mercato Dimark. La survey non lascia dubbi: il settore è caratterizzato da una forte polarizzazione. Un club ristretto di 12 catene, che peraltro gestiscono solo l’11% dei pdv attivi nel settore, sviluppa ben il 48% del totale degli acquisti.

Come dire, insomma, che le grandi insegne recitano oggi la parte del leone. E questo grazie a una politica espansiva che si è focalizzata sui centri urbani di maggiori dimensioni e su assortimenti a minore tasso di specializzazione tecnica. E che ha visto una decisa e robusta accelerazione durante lo scorso anno. Anche in questo caso la conferma viene dai numeri: sempre secondo l’analisi fornita da Dimark, nel 2017 il saldo tra aperture e chiusure di negozi appartenenti alle catene risulta nettamente positivo rispetto al 2016, trainato da 49 inaugurazioni, cui si contrappongono soltanto 9 cessazioni di attività. Il che corrisponde a un’implementazione importante: negli anni più duri della crisi, dal 2013 al 2016, infatti, le insegne avevano mantenuto un atteggiamento prudenziale, non spingendosi mai oltre le 17 nuove aperture all’anno, a fronte peraltro di valori ben più alti corrispondenti alla voce “chiusure” (nel 2015 si toccò il punto più critico con 45 interruzioni).

Sport fashion e shopping experience

Ora, evidentemente, qualcosa è cambiato. Individuare che cosa, però, può non essere immediato. «Le ragioni alla base di questa ritrovata vitalità sono molteplici – spiega Manuela Viel, direttore generale di Assosport, l’associazione nazionale che, a monte della filiera, riunisce 140 aziende produttrici della sports industry, il cui fatturato aggregato raggiunge i 4,5 miliardi di euro -. Innanzitutto, si deve considerare il migliorato scenario economico complessivo. In secondo luogo, va tenuta in considerazione la sempre maggiore attenzione che a livello sociale viene riservata al wellness. Infine, occorre non dimenticare l’evoluzione del concetto di sport fashion, che ha comportato l’allargamento delle occasioni di utilizzo di capi un tempo specificamente destinati ad essere indossati durante le attività sportive. A tutto questo si deve poi aggiungere anche la capacità delle catene di creare all’interno dei punti di vendita percorsi evoluti di shopping experience, capaci di travalicare il puro acquisto per sconfinare nella sperimentazione sul campo delle referenze proposte, secondo un ricco carnet di iniziative e attività».

Solo teoria? Pare proprio di no, almeno a giudicare dalle indicazioni rilasciate dalle stesse insegne. Che, dati alla mano, confermano la crescita, come pure le motivazioni che ne sono alla base.

La strategia di Decathlon…

Così vale, ad esempio, per Decathlon. La catene francese ha visto nel 2017 il proprio fatturato italiano superare quota 1,6 miliardi di euro, grazie a un incremento del 7,2% rispetto all’esercizio precedente. Una progressione che ha trovato sostanziale riscontro anche nell’andamento quantitativo degli acquisti: gli scontrini omnicanali erogati – pari a 43.524.138 milioni – hanno infatti messo a segno una progressione del 7,4% rispetto al 2016.

La unit italiana del gruppo è così arrivata a contribuire per il 14% sul fatturato realizzato a livello globale. Un obiettivo raggiunto facendo leva principalmente su due direttrici di sviluppo. Da un lato, quella che rimanda alla rete fisica dei negozi sulla quale la catena ha continuato a scommettere e investire inaugurando nel solo 2017 6 nuovi punti di vendita, tutti nell’area del centro-nord del Paese. E su questa strada si continuerà a muovere anche nel 2018. Nei prossimi mesi – fa sapere l’azienda – saranno inaugurati altri 5 nuovi negozi che si aggiungeranno quindi ai 118 esistenti sul territorio nazionale. E che grazie a format diversi – si adotteranno perfino “taglie” piccole, da 125 mq – potranno presidiare anche i centri cittadini. La presenza sul territorio è infatti considerata dall’insegna imprescindibile, perché consente di stringere con il cliente una relazione capace di andare ben oltre la semplice, seppur basilare, transazione economica. “Nella nostra filosofia – spiegano da Decathlon – i punti di vendita sono diventati luogo di esperienza sportiva dove proporre non solo l’offerta più adatta alla pratica e il test dei prodotti prima dell’acquisto, ma anche la possibilità di praticare sport, attraverso l’organizzazione di eventi gratuiti o l’opportunità di seguire corsi. O ancora di convertire i punti della propria fidelity card in esperienze sportive in circa 1.500 strutture convenzionate per un totale di 9.500 attività prenotabili”. In una parola, i negozi diventano il canale in cui fare confluire un “mondo” di esperienze costruite intorno al brand.

Mondo che trova poi un fondamentale completamento nell’offerta digitale, ovvero nell’altro asset di crescita dell’insegna, capace di regalare anche nel nostro Paese non poche soddisfazioni a Decathlon: grazie ai 26,4 milioni di utenti unici registrati dal sito, la cifra d’affari digitale ha infatti raggiunto il 3,5% del fatturato generato dalla catena in Italia, in buona crescita rispetto al 3,25% registrato nel 2016.

… e quella di Cisalfa

A correre sul doppio binario rappresentato da negozi e web è anche la strategia adottata da Cisalfa Sport, catena specializzata presente in Italia con 143 punti di vendita, che ha archiviato il 2017 con un giro d’affari di 460 milioni di euro, di cui 380 fatturati da Cisalfa e 80 dal gruppo d’acquisto internazionale Intersport. Un risultato frutto di una crescita del 12% rispetto al 2016, che apre le porte alla possibilità della quotazione in Borsa.

«Sul fronte del retail – anticipa il direttore vendite di Cisalfa Sport, Boris Zanoletti – pensiamo, tra nuove aperture e chiusure, di arrivare a fine 2018 con un saldo attivo di 2 o 3 negozi. La nostra attenzione non è infatti focalizzata tanto sul mero sviluppo quantitativo, quanto sulla capacità di dare qualità alla nostra crescita».

E proprio in questa logica si colloca l’introduzione del nuovo format 3.0, al momento utilizzato per i negozi di grande metratura, che rappresentano circa il 10% della rete. «Si tratta di un layout basato sull’utilizzo di materiali ecologici e illuminazione led a basso consumo, che permette di fare dello shopping un’esperienza emozionale, ma al contempo virtuosa sotto il profilo dei prezzi – spiega Zanoletti -. Intendiamo così intercettare un pubblico diversificato, non più composto dal solo nucleo familiare, ma ormai allargato anche al target dei giovani, che trovano nella forza numerica e qualitativa delle nostre referenze un valido spunto d’acquisto».

Nuove mosse sono poi attese anche nell’ambito del presidio della Rete. L’azienda ha infatti messo sul piatto 5 milioni di euro per potenziare lo sviluppo del canale e-commerce che già oggi conta 5 milioni di visitatori l’anno capaci di generare una spesa media di 100 euro, e che proprio entro il 2018, è destinato a diventare un asset molto importante. «Gli investimenti digitali – afferma Zanoletti – ci stanno aprendo nuovi orizzonti, complicati e affascinanti al tempo stesso». Orizzonti che si inseriscono in un solco ben definito: offrire servizi declinabili sia nel virtuale sia nel negozio fisico. «Il cliente può acquistare online con consegna a domicilio, oppure scegliere il ritiro, senza spese di spedizione, in qualsiasi negozio sul territorio. E in caso di restituzione, si ha a disposizione l’opzione di reso gratuito online – un servizio non sempre usuale -, oppure la possibilità di rivolgersi direttamente in store», precisa Zanoletti.

Il vantaggio del web

Le indicazioni raccolte sul campo sembrano insomma andare nella stessa direzione: il web rappresenta oggi un canale più che significativo per il settore, destinato peraltro a mettere a segno ulteriori crescite. A patto però di saperne sfruttare appieno le caratteristiche. La seppure recente storia del canale digitale insegna, infatti, che il giusto approccio al mezzo e la capacità di recepirne con anticipo gli sviluppo futuri possono fare la differenza. Lo dimostra il caso di Maxi Sport, network lombardo che conta 3 punti di vendita nell’hinterland milanese e che in tempi non sospetti ha creduto nell’ecommerce facendone uno dei propri principali cavalli di battaglia. «Abbiamo inaugurato il nostro presidio di vendita online nel lontanissimo 2002 – ricorda Emanuele Sala, titolare e responsabile commerciale dell’insegna -, in largo anticipo quindi rispetto alla maggior parte dei player del settore. Un’intuizione che ha impresso un importante impulso al nostro giro d’affari: il web ci ha consentito infatti di ampliare il bacino di utenza all’intero territorio nazionale, con riflessi importanti sul fatturato, tanto che oggi le vendite digitali rappresentano il 30% dei 40 milioni di euro registrati nel 2017. Ma non è tutto. Sono proprio gli scontrini digitali ad apportare il principale contributo al tasso di crescita dell’azienda, che sempre nello scorso anno si è assestato in media al 20%».

Attenzione però a non cadere in facili entusiasmi: la rete è – e sarà – uno strumento irrinunciabile, ma altrettanto saranno i negozi fisici. Lo confermano le prossime mosse della stessa Maxi Sport «Abbiamo in programma nuove aperture di punti di vendita sempre nell’hinterland milanese – anticipa Sala -, che si affiancheranno a quelli già attivi in Lombardia, più precisamente a Lissone, Merate e Sesto San Giovanni».

Come dire, insomma, che la strada per la crescita passerà dalla capacità di trovare il giusto equilibrio tra le due anime: brick and mortar e digital.

 

 

 

 

di Chiara Bandini

In che tipo di negozio si passa più tempo? Risponde un’indagine Tiendeo

Quarantadue minuti in profumeria o in un negozio di beauty, possibilmente il martedì: è il top della permanenza di negozio e il giorno della settimana in cui più ci si attarda secondo Tiendeo Geotracking, che ha regstrato il comportamento degli utenti registrati in Italia dal 1 maggio 2018 al 31 luglio 2018.

Il portale leader per i cataloghi online e le offerte geolocalizzate ha realizzato uno studio con l’obiettivo di conoscere la gestione del tempo degli italiani nei diversi tipi di negozi fisici. Per realizzare lo studio, Tiendeo.it ha tenuto conto dei dati ottenuti attraverso il suo strumento TiendeoGeotracking che, grazie alle tecnologie di geolocalizzazione, permette di misurare in tempo reale il comportamento degli utenti durante il processo di acquisto, dal momento in cui sfogliano un catalogo online fino all’approccio al negozio fisico e per quanto tempo vi rimangono.

 

Specchio specchio… e intanto il empo passa!

Per quanto riguarda il tipo di negozio in cui trascorrono più tempo, troviamo al primo posto le profumerie e i negozi che vendono articoli di bellezza con una media di 42 minuti dedicati a questo tipo di acquisti. Seguono i negozi della categoria “giochi e neonati” (39 minuti) e i negozi dedicati a casa e arredamento (37,5 minuti).

Vanno meglio dei discount (28 minuti) i negozi di giardinaggio e fai-da-te (30 minuti). In effetti, il tipo di acquisti associati a questi punti vendita vengono effettuati giornalmente, e i consumatori solitamente hanno già definito i prodotti da acquistare prima di andare in negozio, quindi hanno bisogno di un minore tempo di permanenza.

 

Il 33% degli acquisti settimanali si concentra tra venerdì e sabato

Il sabato è il grande giorno dello shopping, come confermato dai dati ottenuti attraverso TiendeoGeotracking. Secondo lo strumento di Tiendeo.it, questo giorno è quello che registra il maggior numero di visite, accumulando oltre il 18% di tutte le visite settimanali. Tuttavia, il tempo di permanenza è più breve.

Su questo terreno è invece il martedì il giorno in cui gli italiani trascorrono più tempo nei punti vendita, anche se registrano solo il 13% delle visite totali. Questa cifra sembra indicare che gli acquirenti si sentano più a loro agio nei negozi quando c’è meno affollamento, prolungando la loro permanenza e facendo i loro acquisti con maggiore tranquillità.

 

In discount e ipermercati oltre la metà degli acquisti

E la Gdo? Niente paura, perché il 65% delle visite settimanali ai negozi viene effettuato in negozi discount e ipermercati, seguiti da negozi di computer e di elettronica e da negozi di casa e arredamento.

Se i consumatori desiderano fare i loro acquisti quotidiani con la massima tranquillità, farennero però bene a recarsi al supermercato il lunedì o il martedì, poiché questi sono i giorni in cui è presente il minor numero di persone. 

Mi Tienda: il business dell’enclave, dedicato esclusivamente al pubblico ispanico

I flussi migratori e la mobilità umana caratterizzano la nostra epoca e creano  specifiche opportunità imprenditoriali che, nel campo del retail, richiedono creatività e una particolare propensione al rischio. Il commercio è (da sempre) una relazione sociale fondata sull’empatia tra chi desidera possedere qualcosa e chi auspica di cederla con profitto. Parimenti, la diffidenza e il pregiudizio sono i maggiori nemici del commercio. È immediato comprendere, allora, che le ampie differenze culturali che esistono da tempo tra la robusta componente ispanica (40% della popolazione) e quella anglosassone del Texas (o Tejas nell’antica lingua Caddo) sono una complicazione ulteriore per una  catena che voglia operare nel grocery.

La storia

I supermercati per i latinos sono, negli USA, sempre più numerosi e molto dinamici. La loro clientela è più giovane della media, esprime bisogni non ancora saturati ed è dotata di una propria specifica cultura di consumo. Queste sono alcune delle ragioni per le quali la decisione della H.E. Butt Grocery, di aprire formati di vendita totalmente dedicati al pubblico ispanico è oltremodo interessante. Nel 2006, H-E-B completò la ristrutturazione  di un proprio superstore di 6000 m2 nei pressi di Pasadena, la cittadina a sud di Houston, dedicandolo totalmente alla comunità messicana ivi residente, che contava per circa il 70% della popolazione totale e battezzandolo Mi Tienda. A tale scopo vennero assunti 350 dipendenti tutti bilingue, incaricati di gestire acquisti e vendite autonomamente rispetto alla casa madre, la quale gestiva ormai 300 degli attuali 350 punti di vendita di vario formato. Il successo fu superiore alle attese e dunque l’esperimento divenne parte della strategia di lungo termine del gruppo, tenuto conto che il mercato è già presidiato da insegne grandi e piccole come El Rancho, El Rio Grande, Fiesta, Mi Pueblo, El Ahorro … Dunque nel 2011 venne aperto uno store gemello a Nord di Houston e nel 2012 un modello ibrido ispirato a questa tendenza, ad Austin. Nei prossimi anni i Mi Tienda dovrebbero divenire 4.

L’approccio giusto

Agli occhi dei latinos texani, va detto, l’intrusione in questo settore di H-E-B, una catena di “gringos” attiva sin dal 1905 e ora leader indiscusso del comparto grocery in Texas (con propaggini in Messico) e oltre 100.000 dipendenti per un fatturato di circa 22 miliardi di dollari, avrebbe potuto risultare inautentica. Al contrario, ed è questo l’aspetto affascinante dell’impresa, il management del gruppo ha saputo calarsi in quell’ambiente culturale delegando la gestione autonoma del nuovo formato a personale di quelle comunità.

Il proprio modello alimentare, com’è noto, è l’identificativo più forte e motivo di orgoglio di ogni minoranza e di ogni enclave etnica. Pertanto, la cura del dettaglio in ogni aspetto è fondamentale per immettere veridicità nella proposta a lei destinata.  Ebbene, pur non potendomi calare nell’habitus mentale di un latino, l’esperienza d’acquisto dentro Mi Tienda, mi è parsa del tutto paragonabile ad altre insegne più “veraci”, ma con una pulizia e un servizio al cliente meno curati. Ciò che colpisce è l’atmosfera calda, rumorosa di un vero mercato di quartiere seppur dentro una “big box”, con i suoi colori pieni, violenti e vibranti  e un sottofondo continuo e coinvolgente di musiche mariachi, norteña, ranchera. Il personale, che indossa le tradizionali guayabera, ovvero le camicie con ricami, interagisce con il pubblico ad alta voce, scherzando, consigliando e promuovendo i prodotti serviti al banco della macelleria, della pescheria, del forno e della gastronomia.

L’assortimento

Questa offerta, in particolare, appare espansa  rispetto ai supermercati più generalisti, in quanto l’acquisto di prodotti freschi si avvicina al 70% del totale grocery, dato che le famiglie hispaniche nutrono ancora diffidenza per il prodotto industriale confezionato. I loro nuclei familiari allargati (il 20% è costituito da 4 persone e il 23% da più di 5 persone) praticano ancora diffusamente la cucina in casa “from scratch”, preferendo ingredienti carnei e vegetali di base. Ne consegue che il reparto ortofrutta esibisce una ordinata massificazione, funzionale ad una rotazione del prodotto notevolmente più celere di quella degli altri classici supermercati con le loro eleganti esposizioni a piramide. Cambia ovviamente l’assortimento, in base al forte consumo della clientela di frutta fresca che annovera, naturalmente anche varietà esotiche come Feijoas, Mamey, Tamarillos, Atemoya, Tejocotes, Jicama, Breadfruit, Jackfruit, Guava e tanti tipi di Mango: Calypso, Ataulfo, Australian, Jumbo … Egualmente profonda è l’offerta di peperoni e chili quali Pods, Ghost, Pasilla, Shisito, Ancho, Habanero, Red Bell, Anhaim, Chilaca, Manzano, Guajillo, Poblano, Serrano, … oltre a tipicità (per noi) come i Nopales (pale di cactus) nettati dalle spine e vari tipi di mais Bianco, Giallo, Rosso, Blu, Nero, Viola.

Un’altra peculiarità si coglie nel lungo banco della macelleria che allinea, ordinatamente, oltre alle tante varianti di chorizo e di salsicce di produzione propria, 60 tagli con le varie porzionature delle carni avicole, suine e bovine. Nella cucina messicana ed in quella sudamericana non sprecano nulla. Troviamo dunque un’ amplissima selezione che, partendo dalle parti nobili del pollo, marinate, insaporite in vario modo e pronte da cuocere, arriva alle frattaglie, alla testa e alle zampe, così come accade per il suino. Impressionante è anche il corner del ‘pollo asado’ (a complemento della gastronomia) in grado di arrostire simultaneamente sulla graticola oltre 100 capi.

Elogio della panadeira

Altri indubbi punti di forza  sono costituiti dalla pasticceria e dalla panaderia con le sue 80 varietà di pane dolce, oltre ai più i classici Pan de elote, Buñuelos, Conchas, Pupusas e soprattutto tantissime tortillas fresche (di mais bianco e blu, alla fragola, all’ananas e al peperoncino) prodotte in loco, sebbene HEB sia dotata di un impianto in Corpus Christi che ne sforna 72.000 all’ora.

Altrettanto ricco è il reparto della gastronomia, collegato come in quasi tutti i supermercati americani alla Cocina, l’area della ristorazione in cui consumare tacos, torte, carnitas, tamales, chimichangas, menudos (stufati), tingas e poi le creme e le salse, tra le quali il celeberrimo mole,  dall’ampio menu di una cucina cubana e messicana sempre più apprezzate negli USA. Complementare ad essa è l’immancabile chiosco delle “aguas frescas”, un juice bar dove il cliente può dissetarsi con almeno una decina di bevande alla frutta fresca, ovviamente prodotte in-store, e altri succhi.

Il fascino del pdv fisico

Ovviamente pur nell’enfasi della tradizione non poteva mancare la partnership con Instacart e Shipt per la consegna degli acquisti a domicilio, anche se il pubblico latino preferisce ancora acquistare direttamente nel punto di vendita il quale, frequentemente, diventa teatro di eventi in occasioni di celebrazioni e di festività cattoliche.  In questo senso, Mi Tienda assolve a quel ruolo di aggregatore di una componente etnica che (più di quella afroamericana e anche di quella asiatica) contribuisce, per parte sua, al consistente mutamento linguistico, culturale e consumistico del mainstream degli USA.

 

 

 

di Daniele Tirelli

Tutti pazzi per il vintage: il design second hand in Italia vale 2,6 miliardi di euro

Sono cucina, armadio e divano i pezzi d’arredamento più ricercati in un comparto, quello dell’arredamento di seonda mano (o vintage che fa più fino) che sta letteralmente spopolando in Italia: secondo l’Osservatorio Second Hand condotto da DOXA per Subito, cresce del 164% il volume d’affari dell’arredamento usato nel 2017 ha registrato un volume di affari del valore di 2,6 miliardi di euro, una crescita del 164% rispetto al 2017.

La voglia degli italiani di ricercare pezzi unici con cui personalizzare la propria casa se una volta portava a razziare i mercatini dell’antiquariato, con l’avvento delle nuove tecnologie si è spostata sul web, con la compravendita dell’usato online a fare da traino alla tendenza. Secondo la quarta edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy condotto da DOXA per Subito, piattaforma n. 1 in Italia per comprare e vendere con oltre 8 milioni di utenti unici mensili, solo l’online ha infatti un peso di 9,3 miliardi di euro sull’economia dell’usato, con il settore dell’arredamento che registra un volume di affari del valore di 2,6 miliardi.

 

Compravendita di usato per un italiano su due

La riscoperta del fai-da-te, la fusione tra vintage e moderno, l’espressione della propria identità attraverso gli oggetti che ci appartengono e circondano ogni giorno, sono i trend che stanno prendendo piede non solo nel campo della moda, ma anche e soprattutto nel design. Una volontà che va di pari passo con una maggiore attenzione al mercato dell’usato. Nel 2017 un italiano su due ha comprato o venduto oggetti usati, non solo per la possibilità di acquistare facendo un buon affare in termini economici (è la motivazione per il 70%), ma anche per trovare pezzi esclusivi, d’antiquariato o non più in commercio (35%) che permettono di rendere unico il quotidiano.

In questo scenario, si inserisce a pieno titolo il design e il ritrovato interesse per tutto quello che è in grado di donare un tocco di originalità all’ambiente domestico. Che si tratti di una cucina dallo stile rustico, un’applique anni 50 o un divano dal design contemporaneo, è innegabile che sempre più italiani si affidano all’usato per dare libero sfogo alla propria personalità e creatività.

 

L’identikit dell’appassionato

Oltre ai Millenials, che nel panorama della Second Hand Economy rappresentano il 59% degli utilizzatori di oggetti usati, quando si parla di arredamento, tra i protagonisti più attivi troviamo:

  • L’ingegnoso: uomo over 45, residente in prevalenza nel Centro Sud, a cui piace sentirsi un po’ artigiano, valorizzando pezzi unici grazie a un restauro accurato. Amante di prodotti che raccontino una storia, la Second Hand Economy rappresenta per lui un modo per potersi mettersi in contatto con persone che condividono le stesse passioni e l’online risulta essere il mezzo ideale per scovare pezzi di arredamento e articoli per la casa rari o difficili da trovare;
  • La giovane metropolitana: donna under 30, residente soprattutto nelle città del Nord, impiegata o libera professionista. Pienamente consapevole del valore sociale e ambientale della Second Hand Economy, sceglie l’usato soprattutto per la possibilità di cambiare spesso ed è soddisfatta quando riesce a trovare qualcosa di unico, moderno o vintage che sia, per sé o per la sua casa;
  • La smart chic: donna over 45, residente nel Centro Nord, vede l’usato come il modo perfetto per vendere, e reinvestire il ricavato al fine di finanziare il rinnovamento della casa, magari con l’acquisto di articoli di arredamento e mobili vintage unici e inimitabili.

 

80 milioni di ricerche

Nel 2017, nella categoria Arredamento e Casalinghi di Subito sono state effettuate oltre 80 milioni di ricerche. Ma cosa cercano gli italiani, quando si tratta di design second hand? Pezzi indispensabili, ma anche complementi in grado di dare carattere e personalità agli ambienti.

Nella Top Ten dei prodotti maggiormente ricercati, gli ambienti domestici che più vengono interessati dalla ricerca sono senza dubbio la cucina, il salotto e la camera da letto, i luoghi che si desidera rendere più personali, magari con un pezzo di antiquariato o vintage che spicchi e dia alla stanza un tocco più originale e autentico.

Tra le ricerche effettuate su Subito a livello nazionale al primo posto emergono le cucine, per le quali oggi è richiesto sempre di più un connubio tra antico e moderno che renda lo spazio meno freddo e più accogliente. Al secondo posto gli armadi, che in uno spazio personale come la camera da letto rappresentano uno degli articoli di arredamento a cui si presta maggiormente attenzione. Al terzo posto il divano, simbolo per eccellenza del relax davanti alla tv ma anche pezzo forte in grado di rivoluzionare il look del salotto. Seguono poi tavoli e sedie, che insieme alla cucina rappresentano la convivialità e devono sapere regalare una sensazione di familiarità, divani letto, oggi sempre più ricercati per chi ama avere ospiti, ma anche da chi vive in un monolocale e vuole coniugare funzionalità e stile. Chiudono la top ten credenze, librerie e scrivanie, camerette.

Nel 2017, sono stati 4,2 milioni gli annunci pubblicati nella categoria Arredamento e Casalinghi di Subito. Le regioni più attive per numero di annunci vedono al primo posto la Campania con il 16,8% di annunci, al secondo la Lombardia con il 15,8%, seguite da Veneto (10,7%), Lazio (10,6%) e Piemonte (7,8%).

Foto: Csongor Schmutc on Unsplash

IV gamma, ottime performance anche nel 2018: +5,2% a volume, +4,5% a valore

IV gamma in crescita anche nei primi sei mesi del 2018. Dopo un 2017 all’insegna del segno più anche ques’anno si rivela infatti profittevole per la categoria. Secondo rilevazioni Nielsen*, infatti, rispetto a giugno 2017 la crescita nelle vendite di ortofrutticoli di IV gamma è stata pari al +5,2% in volume e al +4,5% a valore. Il mese di giugno 2018 ha addirittura segnato +7,6% a valore e +11% a volume rispetto a giugno 2017.

Il successo si deve in primo luogo dalla crescita del parco acquirenti. Secondo i dati aggiornati al 17 giugno 2018, infatti, il numero di famiglie che acquistano prodotti di IV gamma risulta aumentato di circa 300.000 unità, toccando quota 19,6 milioni.

Il costante incremento del numero di famiglie che acquistano i prodotti di IV gamma è un segnale molto importante per tutto il settore” – commenta Gianfranco D’Amico, Presidente di AIIPA IV Gamma. “I dati attestano un atteggiamento di apprezzamento e fiducia da parte del consumatore nei confronti dei prodotti di IV gamma, reso ancora più significativo dall’aumento della frequenza d’acquisto”.

Del resto i numerosi vantaggi offerti da questi prodotti non si discutono: freschi e pronti per il consumo, non necessitano di ulteriori lavaggi domestici e, dal punto di vista nutrizionale, sono del tutto equiparabili agli ortaggi di prima gamma. Come ha dimostrato la recente ricerca “Il posizionamento dei prodotti vegetali freschi e pronti all’uso nella distribuzione moderna”, curata dalla Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Piacenza, è confermata l’esistenza di un nesso tra l’aumento nella quota di famiglie che acquista stabilmente i prodotti di IV Gamma e la maturazione di un atteggiamento “time for money” nei consumatori. Questi ultimi non solo privilegiano le proposte a maggior contenuto di servizio, ma riconoscono anche che l’offerta in assortimento sta migliorando, rendendo disponibili sullo scaffale prodotti che alla varietà e “completezza” del contenuto uniscono formati e packaging comodi e pratici.

 

* Fonte Nielsen: Market *Track – Iper + Super + Lis + HD – Dati aggiornati alla settimana terminante il 17/06/2018

Free from, rich in e biologico: gli italiani scelgono sano, fin dalla colazione

Free from, rich-in e biologici: sono queste le tendenze prevalenti degli italiani. Fin dalla colazione. A dirlo è la terza edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, che ha analizzato le informazioni presenti sulle etichette di 54.300 prodotti alimentari di largo consumo posizionati nell’area della prima colazione e le ha incrociate con i dati delle vendite realizzate in supermercati e ipermercati di tutta Italia.

Il dettaglio

Gli alimenti “free from”, hanno raggiunto il 42,1% delle vendite nell’area della prima colazione: un’incidenza doppia rispetto alla media nazionale del food. Stessa situazione anche per gli alimenti biologici con il logo europeo in etichetta, che a colazione registrano un’incidenza due volte superiore rispetto alla media del settore alimentare e una crescita dell’8,3% nel 2017.

Ancora poco presenti, invece, i prodotti destinati a persone con intolleranze alimentari. Complessivamente nel 2017 hanno raggiunto il 12,2% di incidenza sulle vendite, con una crescita annua del 3,9%, ma hanno ancora una presenza inferiore alla media generale del food: la quota dei prodotti “senza glutine” è metà di quella che detiene nell’intero largo consumo alimentare.

Allocazione del budget

Ma come si suddivide la spesa che gli italiani destinano all’acquisto dei prodotti da consumare al mattino? Le quote maggiori di budget (Figura 1) sono destinate agli alimenti “free from” (42,1% di quota, in crescita del +3,8% rispetto al 2016). Seguono, con una quota del 16,1% ciascuno, i prodotti “rich-in” e quelli che sottolineano in etichetta la loro italianità (in crescita, rispettivamente, del 3% e del 1,1%). A completare il basket di spesa, i prodotti con bollini e certificazioni relativi a origine o sostenibilità (15,9% di quota, +2% di trend), quelli che richiamano in etichetta claim legati al mondo dei lifestyle (12,8% di quota, +5% sul 2016) e, infine, quelli destinati a persone con intolleranze alimentari (12,2% di quota, in crescita del 3,9%).

 

Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, ed. 3, 2018

I claim più diffusi

L’analisi dei claim più diffusi presenti sulle confezioni dei prodotti per il breakfast (Figura 2) vede al primo posto “senza olio di palma”, che ha raggiunto una quota a valore del 27,1% sulle vendite, seguito da “con fibre” (7,4% di quota, +4,6% annuo) e “integrale” (7,2% di quota, +4,3% di crescita annua).

Nel corso del 2017 a crescere nelle vendite sono stati soprattutto gli alimenti con zucchero di canna (+17,2%), “senza olio di palma” (+13,1%), “senza zuccheri aggiunti” (+10,6%), con farina di riso (+9,8%), quelli “con pochi grassi” (+8,3%) e i biologici (+8,3%).

Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, ed. 3, 2018

 

L’altra novità nel mondo della prima colazione degli italiani è costituita dall’arrivo nel menù del mattino di alcuni “superfood: sull’onda delle mode alimentari, della curiosità e della propensione a sperimentare nuovi alimenti dal vissuto salutistico, l’anno scorso è cresciuta la spesa destinata all’acquisto di prodotti contenenti avena, semi di lino e semi di chia, ma anche quinoa, zenzero, farina di mais e cannella.

Amazon è sempre più il supermercato degli americani: il 18% delle spese passa da lì

Sembra inarrestabile l’ascesa di Amazon come supermercato degli americani: il 18% della spesa nel 2017 è passato da lì secondo un’indagine di One Click Retail che ha analizzato anche le vendite del secondo trimestre 2018. Ma cosa acquistano gli americani sul colosso online per riempire dispensa e frigorifero?

 

Vince il beverage: sul podio caffè, acqua e bevande

A farla da padrone sono le bevande, che continuano a dominare le vendite di Amazon. Fin dai primi tempi del resto il caffè, l’acqua in bottiglia e le bevande energetiche hanno costituito la maggior parte del mercato della sezione grocery della società, e questa tendenza non sembra destinata a cambiare.

Nel 2017 Amazon ha però conquistato il 18% delle vendite di generi alimentari online negli Stati Uniti, il doppio della quota del concorrente più vicino. Con Whole Foods, Prime Pantry, Amazon Fresh, Solimo (marchio MDD)e una copertura in rapida crescita della consegna nello stesso giorno e il giorno successivo, il ruolo centrale di Amazon nel futuro della spesa è innegabile

Fin dall’inizio, il caffè è stato in cima alla catena alimentare di Amazon. Non solo vende molto più di qualsiasi altro singolo tipo di prodotto nel gruppo Grocery, ma continua a crescere del 40% all’anno. Nel secondo trimestre del 2018, il caffè valeva circa 135 milioni di dollari di vendite ed è stato responsabile di 7 dei 10 articoli più venduti come best seller. Al primo posto, The Original Donut Shop.

Ognuno delle sette prime categorie che si classificano tra i primi 10 prodotti della Grocery provengono da marche diverse, quindi la concorrenza è agguerrita.

Questo fatto suggerisce anche come la maggior parte dei consumatori non sia particolarmente fedele a una marca di caffè, preferendo invece avere una varietà di opzioni a loro disposizione.Purchè sua in cialda. Il fatto che ogni singolo articolo di caffè classificato come bestseller nel secondo trimestre del 2018 sia sotto forma di cialde di caffè è rappresentativo delle tendenze del consumatore verso la velocità e la convenienza. E, come se le cialde non fossero abbastanza comode, One Click Retail ha rivelato una tendenza emergente verso le bevande di caffè pronte da bere. Una sottocategoria molto più piccola delle cialde di caffè, ma cresciuta dell’80% nel primo trimestre e che continua a essere uno dei segmenti a più rapida crescita nella categoria Caffè.

Anche la categoria delle bevande fredde è guidata dalla praticità. L’acqua in bottiglia, che è sempre stata una parte importante di questa categoria, è cresciuta del 65% nell’ultimo trimestre, superando ora le bevande energetiche come la più grande sottocategoria.

 

Avanti le MDD

All’inizio del secondo trimestre, Amazon ha introdotto una nuova linea di prodotti per le loro offerte di private label: cialde di caffè. Considerando il modo in cui questo prodotto domina costantemente la categoria di prodotti alimentari di Amazon, questa espansione del marchio non sorprende: la sorpresa più grande è che Amazon abbia aspettato così tanto tempo per farlo.

La società si lamenti, poiché sta avendo così tanto successo con il marchio 365 Everyday Value di Whole Foods. Sebbene sia ancora disponibile solo online tramite Prime Pantry, 365 Everyday Value è ora la più grande etichetta privata di Amazon e sta dando più carburante al modello di abbonamento di Amazon.
Con la crescente lista di caratteristiche “solo membri”, Amazon sta investendo in quello che è probabilmente il più grande programma di fidelizzazione dei clienti del Paese.

 

In Italia Fire, pastiglie per lavastoviglie e rasoi per hipster svettano al Prime Day

Una comparazione con il mercato itaiano viene dai prodotti più acquistati durante il Prime Day. l’evento dedicato agli acquisti esclusivi per i clienti Prime. lo scorso 16 luglio. Gli articoli più veduti su Amazon.it sono stati il dispositivo Amazon Fire TV Stick seguito da Finish Pastiglie Lavastoviglie All in 1 Max; Braun MultiGrooming Kit Rifinitore di Precisione Regolabarba 9 in 1 per lo Styling della barba e Hoover Scopa Ricaricabile 2 in 1 Freedom.

A Milano i prodotti più venduti su Prime Now sono stati: hamburger di Scottona – Chianina IGP di Antico Podere; il Cornetto – Classico di Algida e il Carpaccio di Fettine Sottili di Scottona Chianina IGP di Antico Podere.

Le categorie più acquistate per temi di interesse sono state: Elettronica, Casa e Giardino e Bellezza e cura della persona.

Quante alle capsule di caffè, durante le prime 12 ore di Prime Day i clienti in Italia ne hanno acquistato tante da poterne offrire almeno uno a tutti gli abitanti di Milano e Venezia (circa 1,6 milioni).

Tv e food delivery accoppiata vincente: per Deliveroo +20% durante i Mondiali

Cibo pronto, divano, partita alla tv e – direbbe l’inossidabile Fantozzi – rutto libero: è un trend degli ultimi anni ma in ascesa quello che vede un grande evento come i Mondiali di Calcio appena conclusosi accoppiarsi con il food delivery, le consegne di pasti a domicilio. Una conferma viene da Deliveroo, che ha monitorato gli ordini delle cucine appartenenti ai Paesi che hanno partecipato ai Campionati del Mondo in Russia e i piatti che hanno avuto più successo da giugno ad oggi.
Durante l’ultimo mese gli ordini su Deliveroo sono cresciuti di circa il 20%, con picchi del 24% a Roma.

Analizzando i dati relativi alle cucine rappresentative dei Paesi coinvolti nella competizione, la sfida a tavola ha visto rivaleggiare tra di loro in modo particolare tre Paesi su tutti: il Brasile, il Giappone e il Messico, le tre cucine best seller tra i Paesi partecipanti al Mondiale.

Una sfida all’ultimo colpo a suon di sushi, burrito e roll che ha visto predominare le specialità brasiliane, in modo particolare a Roma, quelle made in Japan a Milano, Roma e Firenze e quelle messicane a Torino.

A livello di preferenze assolute, sempre secondo i dati registrati da Deliveroo durante il periodo dei Mondiali, dominano i menù McDonald’s, che ha da poco siglato in diverse città italiane un accordo con Deliveroo per il servizio McDelivery.

Tra i più gettonati, oltre alle classiche e tanto amate patatine, i Chicken McNuggets (i bocconcini di pollo impanati), il classico hamburger e il Crispy McBacon, l’hamburger con bacon croccante e formaggio filante.

A seguire, la classica pizza Margherita, che si conferma come una delle compagne preferite a tavola in occasione di eventi tv, e i più innovativi poke, ciotole a base di pesce crudo tipiche della cucina hawaiana, vero e proprio fenomeno del momento, amati in modo particolare nelle versioni al salmone, avocado ed edamame.

E proprio i poke sono stati i protagonisti dell’ordine più consistente registratosi durante il corso della manifestazione dal Ristorante Pokèria by NIMA di Milano, con uno scontrino da 290 euro.

 

Fuga dal ristorante, ma la consegna tampona l’emorragia

Secondo un sondaggio interno svolto da Deliveroo gli oltre 3mila ristoranti partner nelle 20 città italiane dove il servizio è attivo hanno registrato durante i Mondiali di Calcio Russia 2018 un aumento degli ordini online (nel 55% dei casi) a fronte di un calo fisiologico delle presenze fisiche nei locali (segnalato dal 60% dei partner).

Acquisti estivi, secondo DoveConviene gli italiani puntano alla moda, ma con oculatezza

Sarà un’estate al mare, per lo più italiano, con un occhio attento al portafogli anche nelle spese che guardano alla moda, ma rifuggono l’acquisto di impulso: è quanto emerge dall’indagine sui comportamenti dei connazionali nella bella stagione effettuata da DoveConviene, piattaforma di drive to store e shopper marketing, che guida nel percorso di acquisto fisico 30 milioni di shopper nel mondo.

 

Rifarsi il guardaroba

Tra gli acquisti estivi preferiti dagli italiani ci sono l’abbigliamento, i costumi, le scarpe e gli accessori (50%). Sul podio degli imperdibili anche i weekend fuori porta per spezzare l’estate e la prenotazione di viaggi o break per l’autunno (13%) così come l’interesse verso aperitivi e cene fuori casa (11%). In classifica anche le creme solari e la cosmetica in generale (7%) o l’elettronica per essere sul pezzo anche in spiaggia (4%). Dalla ricerca emerge inoltre che sette Italiani su dieci preferiscono consultare le offerte prima di acquistare (69%). Mentre un 29% dichiara di consultarle ma che ciò dipende dalla tipologia degli articoli. Tra i mezzi per consultare le offerte siti e app (72%) o social media (10%). Solo l’11% si affida ai vecchi cataloghi. E solo il 2% invece asserisce di acquistare d’impulso.
 

Budget blindato

Le vacanze degli italiani quest’anno saranno di media durata: si concederà almeno una settimana il 34% degli italiani, tra i sette e i dieci giorni il 22%. Il 23% prevede invece una vacanza breve con meno di cinque giorni. Ma ci sono anche i più fortunati che potranno permettersi circa due settimane (13%) o anche più (8%). Il budget previsto continua a essere però contenuto, come nel 2017: il 39% prevede una spesa tra i 500 e i 1.000 euro, il 36% prevede di spendere anche meno di 500 euro. Un 20% invece stima di avere a disposizione un budget tra i 1.000 e i 2.500 euro. Solo il 5% è disposto a vacanze di extra lusso con un budget di oltre 2.500 euro.
 
 
Mare italiano meta prediletta

Se si pensa all’estate la prima associazione che viene in mente agli italiani è quella con il mare (34%). Al secondo posto si posiziona l’associazione con le tanto desiderate ferie e con la pausa dal lavoro (20%) così come la necessità di relax (16%). Qualche pensiero va verso le serate all’aria aperta (13%) da trascorrere con gli amici e verso il maggiore tempo disponibile da poter condividere con la famiglia (10%). Quello che è certo è che non si rinuncerebbe mai a un po’ di riposo (56%) così come all’abbronzatura (18%).

Se nel 2017 il 50% degli italiani aveva dichiarato di andare sicuramente in vacanza, quest’estate la percentuale cala leggermente al 45%. Ma a calare è anche la percentuale di chi resterà a casa (19%) contro il 23% del 2017. Aumentano invece gli indecisi (36%). Noti per le prenotazioni dell’ultimo minuto, gli italiani per il 2018 sembrano però spaccarsi: se il 51% deciderà all’ultimo rischiando di spendere molto di più, il 49% preferisce invece pianificare. Tra qeuesti ultimi c’è chi lo ha già fatto da diversi mesi (33%) o chi lo sta facendo in questo momento per poi poter prenotare il viaggio (16%).

Nella classifica delle destinazioni i posti di mare in Italia si guadagnano il primo posto assoluto (70%). Seguono con grande distacco le mete balneari all’estero (10%) e le città europee (9%). In ultima posizione invece tutti i luoghi esotici dall’altra parte del mondo (4%), dato in linea con i trend del 2017.

Le vacanze saranno trascorse principalmente con la propria famiglia (60%) o in coppia (26%). Le passerà con gli amici solo il 9% degli italiani, mentre un 5% andrà in ferie da solo.

Metodologia: Alla survey hanno partecipato oltre 2.000 maggiorenni, distribuiti in tutta Italia: Nord (40%), Sud (40%) e Centro (20%).Il campione è rappresentato in prevalenza da utenti donne (75%) rispetto agli uomini (25%) e ha coinvolto principalmente le fasce 41-60 (38%) e 36-40 (22%) seguite dalla fascia 31-35 (18%) e dalla fascia 26-30 (13%).

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