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Tempo libero, quanto mi manchi… gli italiani lo passano tra relax, fitness e fai da te

Tempo libero: tutti lo vogliono, pochi ne hanno a sufficienza: ma come impiegano gli italiani questi preziosi scampoli di tempo rubati al laboro e alle incombenze quotidiane? Un’analisi viene dall’ultimo Osservatorio mensile Findomestic, realizzato in collaborazione con Doxa. dal quale si scopre come questo tempo libero posa anche essere “monetizzato”: infatti più della metà degli italiani (quasi 6 italiani su 10, il 57%) non spende più di 100 euro al mese per i propri hobby, il 14% ne spende fino a 150 e il 10% anche oltre. E cosa comprano gli italiani per “coccolarsi” con attività dedicate a se stessi? Secondo Findomestic c’è una maggiore propensione all’acquisto di attrezzature e abbigliamento per lo sport 28,8% (+ 4,3% rispetto ad un anno fa) e per le attrezzature per il fai-da-te: 31% (+ 1,8% nell’ultimo anno).

Fermo restando che il tempo libero è troppo poco, o comunque così la pensano quasi 6 italiani su 10, soprattutto donne (le più a coro di work-life balance, com’è noto), quel poco viene  prevalentemente alla famiglia (46%). Il ritratto è quello di un Paese che fatica a concedersi svago e relax.

Per il 65% degli intervistati da Findomestic il tempo libero rappresenta principalmente un’occasione per rilassarsi e riposarsi. Dopo la famiglia, nella lista delle attività preferite figurano nell’ordine fare sport (29,1%), guardare la TV (28,8%), leggere (27,6%), navigare su internet o usare i social media (24,7%), stare con gli amici (24,7%), dedicarsi a attività manuali o lavori creativi (17,9%). Tra gli sportivi, il 24,6% va in palestra, il 18,5% ama camminare, il 14,6% si dedica alla corsa e il 12,3% alla bicicletta. Tra gli appassionati del fai-da-te, il 30,6% pratica il giardinaggio, il 21,9% lavora il legno e realizza piccoli interventi di muratura e il 19,6% si interessa al cucito e al lavoro a maglia.

 

Ancora questione di genere

Donne penalizzate come non mai: il 26,8% riesce a ritagliarsi non più di due ore a settimana di tempo libero e il 7,3% non trova alcun momento per sé. Tra gli uomini, invece, solo il 3,3% afferma di non avere tempo libero a disposizione. Il sondaggio di Findomestic dimostra che le differenze di genere sono anche qualitative. Ad esempio la lettura è prettamente femminile: le lettrici abituali sono il 36,9%, mentre gli uomini si fermano al 20,8%. Appannaggio delle donne è anche lo shopping (18,2% contro l’11,1% degli uomini), mentre sono targati al maschile lo sport (33% uomini e 23,8% donne) e il video-gaming (7,1% uomini e 0,9% donne).

 

Pre-millennials in sofferenza

Secondo il sondaggio della società di credito al consumo del Gruppo BNP Paribas una persona su quattro riesce a dedicarsi ai suoi hobby solo nel weekend. I più insoddisfatti sono i 35-44enni: ben il 62% dichiara di avere troppo poco tempo libero o di non averne affatto; nella fascia tra i 18-24 anni il 58% afferma invece di averne abbastanza o perfino molto.

Se l’età è un fattore che non sembra influire in misura significativa sulla scelta degli hobby, sorprendere un dato: sono soprattutto i 55-64enni a passare il proprio tempo libero su Internet e sui social network, ben il 31,6%, contro il 21,1% dei 25-34enni.

 

Al Nord più lettori, al Sud più social, bricoleur nelle isole

Analizzando gli hobby più diffusi, l’Osservatorio Findomestic rileva differenze – in alcuni casi profonde – tra le varie aree d’Italia. Il record di lettori spetta al Nord-Ovest con il 33,5%, mentre al Sud gli habitué della lettura sono quasi la metà (19,5%). Al Sud si registra il picco dei ‘maniaci’ dei social network per svago (il 31,9% contro il 21,8% del Nord-Est), nelle isole vincono le attività manuali-creative (25,4% contro il 13% del Sud), mentre le visite a mostre e musei sono più frequenti nel Nord-Ovest (12,5% a fronte del 7% nel Sud).

FruttAmaMi, dedicato ai frutti della Natura e a chi li ama, pronto al debutto

È pronto sul nastro di partenza FruttAmaMi, il primo Festival dei Frutti della Natura… e di chi li ama,  evento ideato per parlare di medicina naturale, benessere, sostenibilità, ecologia, cultura locale del cibo, tendenze alimentari come veganismo, fruttarismo, igienismo naturale, crudismo.

L’appuntamento è per il 14 e il 15 aprile 2018 a Milano presso Novotel Milano Nord Cà Granda – viale Suzzani 13 (MM5 Ca’ Granda). 

Sbirciamo il programma…

Alcuni ospiti e relatori:

Domenico Battaglia, Mauro Bertamè, Arianna Bianchi, Piermario Biava, Gigliola Braga, Antonio Canino, Debora Cantarutti, Giovanni Castellani, Antonella Chiurco, Massimo Citro, Giuseppe Cocca, Silvia Criscione, Giusi De Francesco, Giorgio Della Monica, Paola Di Giambattista, Margherita Enrico, Silvia Franzini, Antonino Frustaglia, Marcello Ghiselli, Ferdinando A. Giannone, Elisabetta Iannello, Michele Manca, Marco Missaglia, Stefano Momentè, Silvia Pietta, Leonardo Pinelli, Manuela Ravaglioli, Michele Riefoli, Gianbattista Rossi, Carmelo Scaffidi, Luca Scarantino, Piergiorgio Spaggiari, Luca Speranza, Claudio Viacava, Gianluigi Zaffaroni…
Si ringraziano per la collaborazione:
Supervisione Comunicazione e Responsabile Rapporti Istituzionali Annamaria Barbato Ricci
Responsabile PR e Comunicazione Paola Piovesana
Responsabile Ecologia Fiorello Cortiana
Alcuni testimonial e guest:
•Chef Pietro Leemann, Ambassador dell’Evento
•Thomas Torelli, produttore e regista
•Dottor Colin Campbell, in diretta streaming
•VeganFest di Lucca, in diretta streaming con Lorenzo Ferrante, Marilù Mengoni e Vasco Merciadri
•Associazione Le Donne dell’Ortofrutta
•Incantautrice Marquica, in concerto

Alcuni eventi:

•Showcooking – Nutrizionisti e Chef a confronto con Pietro Leemann del Ristorante Joia, Shifu ShiHengDing del Ristorante Shaolin State of Harmony – Raw Vegan, Andrea Lopopolo, Marzia Riva, Dario Beluffi, Legù
•Mini-trattamenti Shiatsu gratuiti e Cerimonia di Ōryōki a cura del Monastero Zen «Il Cerchio»
•Mini-trattamenti gratuiti di Riflessologia del piede e della mano a cura del Prof. Marcello Ghiselli
•Lezione di Nordic Walking a cura di Luigi Bellaria
•Astrologia e BenEssere – Il Cibo delle Stelle a cura di Janani Pedrazzini
•Meditazione Chan e Shaolin Qi-gong a cura di Shifu ShiHengChan
•Lezione di Qi-gong Wudang Taoista; dimostrazione di Tai chi, ventaglio e spada del Tai chi a cura del Prof. Marcello Ghiselli

Voglia di saltare la fila?

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Risparmio e italiani: uomini e donne lo fanno in maniera diversa. L’indagine Facile.it

Risparmio sì, risparmio no: l’Italia risparmia?

Dipende: non tutti i nostri connazionali sono propensi a farlo e – soprattutto- non nello stesso modo. Ce lo raccanto la recente indagine commissionata da Facile.it (in occasione dell’apertura del Facile.it Store di Roma) a mUp Research.

Il primo dato interessante è che all’interno delle famiglie, l’attenzione al risparmio nelle attività domestiche è  principalmente appannaggio delle donne (58%) e dei 35-54enni (43%). Non basta, relativamente alle modalità di risparmio fiocccano le liti domestiche: pare siano ben 5,8 le discussioni medie che, ogni mese, una famiglia italiana intesse attorno alle spese di casa.

E la motivazione è semplice: 17,2 milioni di italiani rispondono “perché uno di noi è veramente sprecone” e 14,5 milioni, di contro, affermano che la causa è l’eccessiva parsimonia di qualcuno dei componenti della famiglia.

Se poi si prova ad individuare chi sia il più sprecono e chi il più taccagno, ecco la sorpesa: l’uomo si aggiudica entrambi i primati, indicato come sprecone dal 58% dei rispondenti e come taccagno dal 55%.

 

Questi i risultati al netto del bebè: dopo il lieto evento, infatti può accadere che il papà diventi ancor più parsimonioso (da 55% a 66%), la mamma, invece, più propensa a “sprecare” (da 42% a 50%).

Le azioni più risparmiose

Oltre a quelle consapevoli e virtuose come usare lavatrice e lavastoviglie solo se a pieno carico (70,7% dei rispondenti lo fa) e chiudere sempre i rubinetti quando ci si lava i denti (69,6%), ci sono anche atteggiamenti un po’ sopra le righe…

Ecco alcuni dei più sorprendenti: 

6,1 milioni di italiani ammettono di riutilizzare più volte alluminio o pellicola trasparente per alimenti;

5,3 milioni di automobilisti, quando si trovano a percorrere strade in discesa, mettono l’auto in folle per risparmiare carburante;

2,6 milioni di italiane ammettono di aprire a metà i dischetti struccanti così da poterli usare più volte;

5,5 milioni dividono in due i tovagliolini di carta

Se poi ci spostiamo all’interno dei luoghi di consumo vediamo che 11,5 milioni di persone dichiarano di cambiare continuamente supermercato per inseguire le offerte mentre sono 3 milioni i cittadini che, per risparmiare, comprano solo alimenti prossimi alla scadenza e quindi in sconto

Eppure, nonostante gli sforzi messi in campo, sembra che il risparmio conseguito in questo modo dagli italiani sia basso; secondo quanto dichiarato dai rispondenti, in media il vantaggio economico ottenuto in un anno grazie a questi espedienti è di 239 euro e, per il 39%, addirittura inferiore a 100 euro.

Le voci più dispendiose

Assicurazione auto, luce e gas sono le voci che pesano di più, ma se per l’RC auto sono 16,9 milioni gli italiani che nel 2017 sono già riusciti ad abbattere i costi, le tariffe luce e gas sono quelle su cui si vorrebbe risparmiare di più nel 2018.

La crescente consapevolezza dei consumatori verso il tema del risparmio emerge anche dal fatto che, sempre più spesso, si cerca di risparmiare anche su altri prodotti; sono 7,5 milioni gli italiani che vorrebbero ridurre i costi del conto corrente e, 4,5 milioni, quelli che vorrebbero farlo per la carta di credito.

Ma come ci si informa in merito? Dall’indagine è emerso che Internet è ormai la prima fonte di informazione; è sul web che 24,4 milioni di italiani cercano soluzioni per il risparmio e tra le diverse opzioni offerte dalla Rete il canale più utilizzato è rappresentato dai comparatori, usati da 11,8 milioni di utenti.

*L’indagine è stata condotta da mUp Researchcon l’ausilio di Norstat su un campione rappresentativo della popolazione nazionale.

Cosa viene in mente quando si dice papà? Pasta e cibo associazioni perfette

Papà fa rima con pasta: è infatti questa, a sorpresa (alzi la mano chi pensava, che so, al barbeque?), l’alimento che più si associa all’idea di papà.  A rivelarlo nel giorno della festa a lui dedicata è una ricerca realizzata da Doxa per Deliveroo, il servizio di food delivery, che ha indagato sulle associazioni in ambito cibo che gli italiani fanno quando si evoca la figura del papà e i regali preferiti.

Sarà per la il gusto rassicurante, la concreta soddisfazione e il senso di benessere che ci da quando la mangiamo o perché è semplicemente il piatto preferito da noi italiani, resta il fatto che la pasta spopola, con il 52% delle preferenze (segnalata in modo particolare dagli over 54) come alimento che evoca la figura del padre a tavola, seguita da carne, 48% (scelta specie dai più giovani, nei quali la percentuale di preferenze sale al 60%), da salumi e affettati per il 44% e formaggi per il 38%. Più staccati invece, chi sa perché, pesce e dolci, rispettivamente il 25% e 23% delle preferenze.

 

Il regalo ideale si mangia

È comunque il cibo, quanto al regalo ideale per il proprio genitore, in cima alla lista ai pensieri degli italiani: soprattutto dolci e salumi (e qua cadiamo in contraddizione).

Un intervistato su tre regalerebbe infatti al proprio padre un dolce o addirittura un prosciutto intero (34%) o in alternativa un barbecue per grigliare (33%). Solo al quarto posto delle preferenze la tradizionale cravatta (28%) seguita da un libro (26%), da una cena preparata dallo chef da lui preferito (22%) e da un biglietto per assistere allo stadio ad una partita della propria squadra del cuore (21%). Le donne se devono scegliere come festeggiare il papà favoriscono il dolce (38%). Il barbecue è la scelta preferita nella fascia d’età 35-44 anni mentre i più giovani, dai 18 ai 24 anni, amano particolarmente l’idea di regalare un prosciutto intero (36%) o un biglietto per lo stadio (30%). E se avessero ragione loro?

Consumi Under 35: più edonismo senza figli, più salute con, ma restano tutti green

Ecologia, benessere, salute. Sono i principali fattori che guidano e orientano i consumi degli “under 35”, la fascia di popolazione più sensibile ai valori emergenti della società e più consapevole nelle scelte di acquisto. Persone che guidano la svolta etica degli stili di vita, puntando al rispetto per l’ambiente e per gli animali, all’attenzione al tema delle intolleranze alimentari e talvolta all’alimentazione veggie. Il profilo di questi consumatori esigenti e informati è tracciato dalla seconda edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy. Due in particolare le tipologie di “under 35” individuate dalla ricerca, con consumi un po’ diversi tra di loro.

 

Senza figli: eco, animalisti, ricercano il benessere e il free from

Da un lato ci sono le cosiddette “pre-familiy”, ovvero single e coppie senza figli che perciò sono più liberi di intercettare e interpretare al meglio i nuovi valori e le tendenze emergenti nel largo consumo. Dall’osservatorio Immagino emerge che sono loro ad acquistare più prodotti “ecologici”: spendono più della media italiana in prodotti per la cura personale definiti “senza parabeni”, “vegan” e “cruelty free”. È quasi scontato che anche l’acquisto di prodotti alimentari sia guidata da esigenze di benessere e di forma fisica. Nel carrello della spesa degli “under 35” hanno un peso sopra la media i prodotti con poche calorie e a basso tenore di zuccheri, quelli “senza” (che siano il lattosio, gli allergeni, il glutammato, il glutine). Meno presenti nel carrello, invece, gli alimenti definiti in etichetta “biologici” o “senza OGM” e quelli caratterizzati da una delle indicazioni geografiche europee (come Dop, Doc e Igp), forse a causa del costo troppo elevato per la limitata disponibilità economica degli “under 35”.

 

Con figli: nel nome della salute e della sicurezza alimentare

Quando poi arriva un figlio cambia tutto. Nasce la “new family” under 35, con bisogni e conseguentemente consumi di altro genere. Le scelte più edonistiche o legate alla forma fisica sono sostituite da quelle dettate dal soddisfacimento dei bisogni dei figli. Nelle famiglie giovani con bimbi fino a sette anni crescono le spese per l’acquisto di prodotti privi dei nutrienti che vanno controllati nell’alimentazione dei bambini (come sale e zuccheri) e di quelli che, al contrario, hanno un alto tenore di nutrienti importanti nell’età della crescita (come ferro, calcio e vitamine). Anche qui vanno per la maggiore i prodotti “senza” ma in questo caso a essere sbianchettati sono gli additivi, i coloranti e i conservanti. Le new family sono attente alla giusta presenza in tavola di alimenti vegetali ma non eliminano gli alimenti di origine animale: dall’analisi dell’Osservatorio Immagino emerge che per questi consumatori il fenomeno “veggie” registra una minor diffusione sia rispetto alla media nazionale sia rispetto al cluster di famiglie più giovani.

Nessun passo indietro, invece, da parte dei giovani genitori sulla difesa dei valori di fondo della loro generazione improntati all’ecologia: anche nel budget di spesa delle nuove famiglie trovano ampio spazio i prodotti green, quelli biologici, i cruelty free, e i prodotti biodegradabili o confezionati in plastica riciclata.

 

Foto: Lou Liebau / Unsplash

Web Window by Kasanova+, per uno shopping h24

Web Window: il negozio si affaccia sulla strada per regalare ai potenziali clienti un’esperienza d’acquisto “a tempo pieno”. Ecco l’ultimo nuovo progetto firmato Kasanova+, che ha deciso di stare “dalla parte di chi compra”.

Ad offrire questo nuovo servizio è il punto vendita in questione Kasanova + di Varese in Piazza XX Settembre 6 Angolo Via Mazzini 14,  uno dei più hi-tech e all’avanguardia in Italia grazie a quei contenuti emozionali pensati per uno shopping tour suggestivo nei tre piani d’esposizione su una superficie di poco meno di mille metri quadrati.

Vetrine interattive

La proposta innovativa di Casanova+ si concretizza nelle vetrine  esterne dove ci sono due monitor da 42 pollici che invitano il cliente, con immagini in movimento, a interagire.  Al tocco del monitor da parte del cliente, si apre una schermata con tutti gli ambienti della casa e, con la funzionalità scroll si  scorrono i prodotti presenti in negozio, le loro caratteristiche e il prezzo. Una scritta “approfittane subito” avvisa che confermando l’ordine si potrà usufruire del 10 % di sconto alla cassa.

Ordine espresso

Una volta terminata la spesa l’ordine verrà inviato direttamente alla cassa del negozio dove il cliente potrà “riscattare” la sua promozione.

“Con la Web Window vogliamo uscire dal negozio per mostrare, a chi passeggia in prossimità dello store, ventiquattr’ore su ventiquattro, il work in progress delle idee d’acquisto che proponiamo e accoglierlo con un ‘benvenuto’ nella nostra grande famiglia” spiega Maurizio Ghidelli, Amministratore Delegato di Kasanova S.P.A.

Cresce l’export per l’Italia, toccando nel 2017 la quota record di 40 mld

Come si dice? Da cosa nasce cosa. E dalla crisi dei consumi che per un decennio ha imperversato nel nostro Paese, è nata (o meglio si è fortemente rafforzata) una diversa strategia commerciale basata sull’export.

Non è un caso, infatti che dal 2007 (anno d’esordio della crisi) al 2017 il valore delle esportazioni agroalimentari italiane è passato da 22 ad oltre 40 miliardi di euro, record storico, sebbene ancora lontano dall’ambizioso traguardo che il Paese si è dato dei 50 miliardi al 2020.

Ecco una delle evidenze principali della relazione di Nomisma presentata in occasione del convegno “L’agroalimentare italiano alla prova dell’internazionalizzazione”, evento organizzato presso il Savoia Hotel di Bologna dallo studio legale LS Lexjus Sinacta e che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Ioanna Stavropoulou (Granarolo spa), Giordano Emo Capodilista (Confagricoltura), Massimiliano Montalti (Assologistica), Andrea Villani (A.G.E.R.), Damiano Frosi (Politecnico di Milano).

Nonostante questo l’Italia non è ancora sul podio dei paesi esportaori, ma in Europa detiene il 5° posto dietro Olanda, Germania, Francia e Spagna. Evidentemente la reputazione da sola non è in grado di sancire il successo. Servono anche organizzazione, competenza e conoscenza, caratteristiche appannaggio delle imprese più strutturate.

Il nostro Paese, ancora, sconta un po’ il vezzo del piccolo è bello: basti pensare che in Italia solamente l’1,7% delle imprese alimentari ha più di 50 addetti – contro il 10,5% della Germania o il 4,1% della Spagna – ed è in grado di esportare circa il 30% della propria produzione.

Questa peculiarità spiega anche la nostra ridotta presenza sui mercati lontani:  i due terzi dell’export agroalimentare italiano, infatti, sono ancora destinati a mercati “di prossimità”, cioè Paesi dell’Unione Europea, mentre la restante quota si distribuisce tra America (13,5%), Asia (9%), altri Paesi Europei (7,6%), Africa (2,4%), sebbene – e da qui si comprendono le ulteriori potenzialità inespresse del food&beverage italiano – nell’ultimo decennio il nostro export agroalimentare sia cresciuto del 229% verso il Medio Oriente, del 197% in Asia centrale, del 163% in Asia Orientale e del 123% nei paesi del centro-sud America.

A proposito di queste criticità, Denis Pantini, Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma ha commentato: “Affinché l’export dei prodotti agroalimentari italiani aumenti, è indispensabile che si allarghi la base delle imprese esportatrici, in larga parte riconducibili ad aziende medio-grandi e rappresentanti una quota ancora ridotta del totale, meno del 20% del settore”.

Le criticità

Sul mercato internazionale, le opportunità di crescitanon mancano: nei prossimi 5 anni, infatti, ci si attende i corrispondenza a un incremento del reddito pro capite, una ulteriore crescita dei consumi alimentari in molti dei principali mercati mondiali: Stati Uniti (+24%), Cina (+44%), India (+85%), Russia (+45%), Corea del Sud (+22%), Canada (+35%).

Il problema dell’Italia è quello della concorrenza di altri paesi agguerriti, specializzati e con condizioni fiscali ben diverse. Non dimentichiamo, infatti, che tra le difficoltà che rendono la vita difficile alle PMI italiane in questa corsa all’export, figurano dazi e barriere non tariffarie che rappresentano spesso ostacoli insormontabili. Tra il 2012 e il 2016 il numero di misure sanitarie e fitosanitarie e barriere tecniche e commerciali è aumentato rispettivamente del 43% e 99%, per non parlare dei dazi medi all’import che in alcuni casi sono superiori al 30% ad valorem. In quest’ottica, gli accordi commerciali giocano certamente un ruolo di primo piano; ne è una dimostrazione quanto sta accadendo sul mercato del vino in Cina, dove Australia e Cile, grazie ad accordi bilaterali che hanno azzerato i dazi all’importazione, insieme hanno eroso più del 10% del mercato a Francia, Italia e Spagna (che all’opposto non godono di queste agevolazioni).

 

Fonte: Nomisma Agrifood Monitor

Molecola celebra il Made in Italy e guarda al mercato internazionale

Dalla prima lattina alla bottiglia in vetro, dalla grande distribuzione al mondo dell’Horeca: Molecola, la prima cola interamente italiana, compie un nuovo e significativo passo avanti. La presentazione ufficiale, dal titolo Molecola: dal sogno alla realizzazione di una cola italiana  ha avuto luogo a Bologna presso FICO Eataly World. Nel corso dell’evento sono stati presentati la nuova bottiglia in vetro “90.60.90” – ideata da Curve Creative Studio e realizzata da Verallia per il canale della ristorazione – e la nuova Molecola Bio & Fair Trade.

L’incontro, presentato da Gianluca e Nicola Vitello di Radio Deejay, ha visto tra i relatori Francesco Bianco, Fondatore e Partner Molecola, Marco Gallo, Fondatore e Direttore Creativo Curve Studio Torino, Laura Miotto, Responsabile Marketing e Clienti Internazionali Verallia Italia, Luigi Rivaroli, Ingegnere di processo e sviluppo prodotto Verallia Italia, Stefano Dozio, Direttore Generale Gruppo Co.Pro.B. Italia Zuccheri, Marco Masselli, Direttore Generale e Vicepresidente Italian Identity e Antonio Biella, Direttore Generale San Bernardo.

Il progetto Molecola
Ispirata ad un’antica ricetta piemontese di fine Ottocento riscoperta da Francesco Bianco e Graziano Scaglia, Molecola nasce all’inizio del 2013 per soddisfare l’esigenza del mercato italiano di avere un prodotto che fosse massima espressione del Made in Italy, realizzato con ingredienti nazionali e preparato con saperi codificati della nostra tradizione. Una motivazione forte che ha contribuito a costruire l’identità di Molecola, frutto della collaborazione con importanti attori del panorama italiano, permettendole di ottenere la certificazione Italcheck da Italian Identity come prodotto 100% Made in Italy con l’Audit Partner Agroqualità.

Tra i protagonisti del progetto Molecola, Italia Zuccheri, cooperativa bolognese capace di garantire all’Italia una riserva strategica di zucchero grazie ai suoi 5.700 bieticoltori associati che, coltivando barbabietole nei campi dell’Emilia Romagna e del Veneto, consentono un completo controllo della filiera dal campo al cliente. Italia Zuccheri è così in grado di fornire uno zucchero totalmente italiano per la realizzazione della bevanda.

Tutto italiano anche l’imbottigliamento di Molecola: a Fidenza (Parma) prendono vita le lattine, primo confezionamento della bevanda, mentre a Ormea (Cuneo) vengono riempite le bottiglie in PET, destinate alla grande distribuzione. Recente è, invece, la collaborazione con Verallia Italia, tra i leader mondiali negli imballaggi in vetro per l’industria alimentare, con cui è stata realizzata la nuova bottiglia per il mondo Horeca nello stabilimento di Gazzo Veronese (Verona).

La nuova bottiglia per il canale Horeca
Concepita e realizzata dall’agenzia torinese Curve Creative Studio e realizzata da Verallia, la nuova bottiglia in vetro “90.60.90”, lavorata come la trama di un tessuto sartoriale, gioca con le linee sinuose ed accattivanti che ricordano la silhouette delle dive italiane degli anni Cinquanta, periodo d’oro del cinema italiano, in cui sono riconoscibili il vitino da vespa e i fianchi prosperosi delle attrici che hanno contribuito a creare in tutto il mondo il mito dell’italianità. Questa bottiglia esclusiva, che apre la distribuzione di Molecola ai canali dell’Horeca, è stata pensata per esaltare le particolarità del prodotto nel contesto della ristorazione e risulta anche vantaggiosa da un punto di vista della user experience, facilitandone la presa con una lavorazione ergonomica e antiscivolo che abbina estetica e funzione. Un’ulteriore attenzione all’usabilità è data dall’utilizzo, nella parte inferiore della bottiglia, del testo in braille che riporta il nome della bevanda e della bottiglia, garantendone un’elevata accessibilità.

La Nuova Molecola Bio & Fair Trade
Accanto alla nuova bottiglia in vetro, Molecola lancia inoltre sul mercato la versione Bio & Fair Trade: insieme al consorzio Altromercato, principale realtà di Commercio Equo e Solidale in Italia, è stato infatti creato un prodotto realizzato con ingredienti selezionati, provenienti esclusivamente da coltivazioni biologiche e produzioni fairtrade, come lo zucchero di canna, che va a sostituire lo zucchero bianco della barbabietola, ed il guaranà, che prende il posto della caffeina.

«La nostra forza è stata di riuscire ad aggregare intorno a questo progetto grandi realtà italiane, che condividessero con noi idee, esperienza e passione – dichiara Francesco Bianco, Fondatore e Partner Molecola. – La ricetta è nata a Torino, dove abbiamo sperimentato le prime produzioni, e da qui siamo partiti alla ricerca di partner in tutta Italia per rendere Molecola un prodotto unico “nel gusto e nel cuore”. Abbiamo cercato di unire le eccellenze del nostro Paese, piccole e grandi molecole, che insieme hanno dato vita a una bevanda in grado di rappresentare il Made in Italy in tutto il mondo. Grazie al supporto di Eataly, siamo riusciti a portare Molecola a New York, a Chicago, in Russia, in Brasile e a Stoccolma. Oggi ci ritroviamo con una gamma completa di prodotti e siamo pronti ad affrontare il mercato italiano e quello internazionale».

La parola a Verallia

La vera missione affidata a Verallia nell’ambito del progetto Molecola 90-60-90 è stata quella di tradurre e applicare al vetro un progetto di stile che puntava a creare una nuova icona dell’italianità, esaltando l’eleganza della bottiglia, sia attraverso la sinuosità delle forme, modellate secondo le proporzioni delle dive del cinema italiano del dopoguerra (che danno il nome al formato: Molecola 90-60-90), sia mediante una particolare trama su vetro, concepita per sottolineare la natura “sartoriale” del prodotto, quasi che la bottiglia fosse un corpo femminile fasciato da un elegante abito tagliato su misura.

Inizialmente abbiamo affrontato il progetto in modo tradizionale, adeguando forme e dettagli dell’agenzia grafica alle esigenze produttive” – ricorda Luigi Rivaroli, Ingegnere di processo e sviluppo Verallia Italia. “L’ostacolo più grande da superare è stato realizzare la trama su vetro. La soluzione ha comportato ore di lavoro, prove, confronti, lavorazioni molto particolari che hanno richiesto tutta l’abilità di stampisti specializzati. Nonostante l’estrema complessità realizzativa, questa trama è diventata uno dei principali elementi distintivi della bottiglia.

Siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo a un progetto italiano coraggioso e innovativo come Molecola” – afferma Laura Miotto, Responsabile marketing e clienti internazionali Verallia Italia. “Da diversi anni facciamo dell’innovazione tecnologica e di design la strada per diffondere il vetro come il materiale più bello, sano e sostenibile per il packaging di alimenti e bevande, favorendo la creazione di nuove professionalità con iniziative come il Verallia Design Award, un concorso internazionale dedicato si giovani aspiranti designer chiamati ad esprimere il loro talento, ideando e progettando nuovi contenitori in vetro”. 

L’omnicanalità non passa per i beni di lusso, ma il futuro è tra pop up e mobile app

Sembra paradossale ma la digitalizzazione dei processi di acquisto procede molto a rilento per i prodotti e i beni di lusso, malgrado una clientela che risulta tecnologizzata e connessa come, se non più, rispetto alla media. E allora qual è il problema? Fondamentalmente uno: le case produttrici diffidano dai processi di acquisto digitale perché temono che essi possano essere percepiti dal cliente come deludenti rispetto all’esperienza sartoriale che si vive nei negozi che vendono prodotti di alta gamma. La paura di perdere il controllo sull’immagine del marchio e la difficoltà a gestire contemporaneamente i circuiti online e fisici spiegano la riluttanza di alcuni marchi di lusso a offrire percorsi in parallelo alla clientela.

 

Digitale raddoppierà in cinque anni

Esiste quindi una questione aperta. Il cambiamento dell’approccio e dei comportamenti della clientela è inarrestabile, l’omnichannel sta diventando un fattore essenziale di crescita e presenza sul mercato, e anche le aziende del lusso devono adeguarsi, scendendo dalla torre d’avorio di una fruizione tradizionale, affascinante ma limitata. Quindi i marchi del lusso e i loro rivenditori devono ripensare il loro approccio al digitale, studiando e adottando nuove soluzioni tecnologiche. Anche perché si calcola che nel 2025 il commercio elettronico varrà 70 miliardi di Euro nel settore del lusso, pari al 18% delle vendite totali, il triplo del 2015. Secondo il rapporto The New Luxury World of 2020 redatto da ContactLab e Exane BNP Paribas, le vendite generate dal digitale raddoppieranno entro 5 anni e i clienti online saranno in grado di generare fino alla metà delle vendite di un’azienda. Il successo di un brand dipenderà quindi sempre più dalla sua capacità di tenere conto dei profili digitali dei clienti e di sviluppare iniziative per ogni canale di vendita. I clienti con identità digitale rappresenteranno circa il 90% della base di contatti tra potenziali clienti (45%) e clienti contattabili sia tramite e-mail che tramite notifica push (41%).

 

Pop up e app di pagamento tra le soluzioni

E quindi come soddisfare questa clientela sempre più esigente e tecnologica? Una soluzione certamente non esaustiva ma interessante è data dai cosiddetti pop-up store, che consentono ai brand di estendere al punto vendita fisico l’offerta disponibile su Internet e di lanciare con successo un prodotto attraverso una comunicazione efficace sui social network, trasformandolo in evento. In questo modo i brand possono testare un mercato specifico, soddisfare la voglia del pubblico di sentirsi parte di qualcosa di speciale e catturare un maggior numero di consumatori, fidelizzandoli come fossero parte di un club esclusivo.

Un’altra modalità innovativa ci viene offerta dall’esperienza cinese. Secondo una ricerca di Bain&Company l’80% dei consumatori cinesi acquista prodotti di lusso all’estero, e questo ha incoraggiato i brand del lusso a sviluppare una strategia omnicanale in grado di offrire un’esperienza di acquisto confortevole, sicura e veloce. La più diffusa modalità di pagamento dei consumatori cinesi si chiama Alipay, che conta su 520 milioni di utenti attivi e 175 milioni di transazioni giornaliere, e che è stata adottata anche dai negozi Printemps in Francia e dai punti vendita Lacoste negli Stati Uniti d’America. Altri brand di lusso dei gruppi LVMH, Richmond e Kering stanno lavorando a questo progetto. Interessante anche il caso di WeChat Pay, sistema di pagamento dell’App di messaggistica WeChat che conta ben 900 milioni di utenti. Diversi brand del lusso hanno già realizzato alcune campagne di vendita ad hoc per questo supporto. Tra i primi Christian Dior, che con una campagna di personalizzazione online per la sua borsa Lady Dior, ha permesso ai clienti di scegliere il colore, il design e gli accessori ed acquistarli direttamente tramite l’applicazione WeChat e ha venduto in 24 ore tutte le borse a un prezzo di 3500 euro l’una. Particolarmente interessanti per questo sviluppo dell’eCommerce del lusso sono i millennial cinesi, sempre molto informati sulle tendenze e le mode e influenzati dai social network WeChat e Weibo e dai cosiddetti Kol (key opinion leader).

E l’Italia? La multicanalità da noi sta crescendo grazie al supporto di innovative soluzioni di mobile payment. Per sfruttare i molteplici canali di vendita, l’azienda dovrà lasciare la scelta del canale al cliente e personalizzare l’esperienza in base a ciascun tipo di consumatore.

 

 

Le donne cambiano la spesa, tra tech e salute: l’indagine Eurispes

Riprendono i consumi dopo la grande crisi ma la spesa è cambiata profondamente, e al centro dei nuovi stili di vita e di acquisti ci sono, sorpresa sorpresa, le donne: così Eurispes in occasione del fatidico 8 marzo ha voluto realizzare un’indagine declinata al femminile. Che ci mostra una donna motore dell’economia e della speranza, moderna, tecnologica, connessa alla Rete e appassionata di social, attenta al proprio aspetto fisico tanto da ricorrere al bisturi.

La nuova spesa rosa

Secondo l’indagine Eurispes, rispetto agli anni passati è il carrello della spesa del supermercato a pesare di più sul bilancio familiare. I prodotti alimentari sono al primo posto nella classifica degli articoli per il cui acquisto si è registrato il maggiore incremento: il 45%; ad aver speso di più sono le cittadine del Nord-Ovest e delle Isole. Non solo: il cibo di qualità è in vetta alla classifica dei prodotti e servizi di cui le donne non sono disposte a fare a meno: la salute in tavola rappresenta quindi un fatto di primaria importanza.


Un’altra voce rilevante riguarda le spese mediche: in controtendenza rispetto ai dati degli ultimi anni, oltre il 38% delle donne ha dedicato alle cure per la salute maggiori risorse, con una percentuale più alta, e non sorprende, tra le over 65 e le 45-64enni.
Donne al volante: più di tre su dieci hanno dichiarato di aver usato maggiormente l’automobile, sebbene gli spostamenti in auto o in moto risultino all’ultimo posto tra le spese a cui non si vuole rinunciare.
Più tempo per sé di qualità: il 27,8% delle donne nell’ultimo anno ha assaporato più spesso del buon cibo fuori casa, il 25,7% ha dedicato più risorse finanziarie al tempo libero, il 22,3% si è concessa più viaggi e vacanze. A trainare questo tipo di spesa sono soprattutto le fasce giovani tra i 18 e i 24 anni e tra i 25 e i 34 anni.
Oltre un quarto delle italiane ha poi confessato di aver investito di più nella bellezza e nella cura, tra estetista, parrucchiere, profumeria. Uno sguardo nelle tasche (o nelle borse) rivela una interessante correlazione tra cura di sé ed entrate economiche: solo il 16% delle donne che lavorano con partita Iva si è concesso questo tipo di investimento, rispetto al 35,3% di chi ha un contratto a tempo determinato e al 34,3% delle donne che hanno un contratto di lavoro atipico.
Rimane la passione per i vestiti: una donna su quattro ha speso di più per l’outfit rispetto agli scorsi anni; la classe delle 18-24enni è quella che più delle altre ha incrementato il budget da destinare a questo tipo di shopping.
Gli amici a quattro zampe sono considerati sempre di più parte integrante della famiglia: una donna su cinque ha incrementato la spesa per il proprio pet.
C’è poi il capitolo dedicato ai figli: oltre tre donne su dieci hanno scelto di spendere di più per l’istruzione privata scolastica e universitaria dei figli, mentre solo il 15% ha aumentato il budget per le baby sitter. Salta agli occhi il dato che riguarda le donne che lavorano con partita Iva: il 100% di loro non ha speso neanche un euro in più per affidare le cure dei figli ad altri.
È invece molto alta la percentuale di chi ha dovuto sostenere maggiori costi per la badante (30%), segno anche questo di una popolazione che invecchia.

 

Tecnologia grande passione
La ricerca Eurispes sfata un vecchio mito polveroso ma duro a morire: non esiste alcun gap tra maschi e femmine in tema di tecnologia legata alle abitudini quotidiane.
L’88,7% delle donne italiane possiede un cellulare, la percentuale raggiunge la quasi totalità nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 44 anni. Oltre sette donne su dieci cambiano apparecchio solo quando quello vecchio non funziona più, il 12,6% quando il modello e le funzionalità sono superati, solo una su dieci lo sostituisce quando ne esce uno che le piace di più e il 6,9% appena ne ha la possibilità. I numeri cambiano se si considera solo la fascia delle giovanissime: in questo caso, sono il 15% confessa di cambiarlo appena può, e il 19% a dichiarare di acquistarne uno nuovo quando adocchiano un modello più bello.
Il telefono è ormai un onnipresente compagno di vita: il 64,6% delle donne lo consulta mentre guarda la televisione, il 63,4% lo controlla prima di andare a dormire e appena apre gli occhi, il 55% parla e scrive mentre cammina, poco meno della metà non ne fa a meno nemmeno quando va in bagno (44,7%). Più di una donna su cinque lo tiene sott’occhio persino mentre sta guidando.
I risultati variano verso l’alto se si prendono in considerazione le giovanissime tra i 18 e i 24 anni: per il 92,5% di loro il cellulare diventa un oggetto indispensabile prima di addormentarsi e appena sveglie, e per oltre nove su dieci un strumento da consultare davanti alla tv; inoltre il 75,5% non ci rinuncia quando è in bagno.
Fondamentale il rapporto con i social: il 78,5% crede che siano un aiuto per restare in contatto con i propri amici, il 71,8% che consentano di essere informate sull’attualità; per il 63,4% aiutano a fare nuove conoscenze mentre per il 62,5% sono un strumento utile di lavoro. La grande maggioranza è comunque cosciente anche degli aspetti negativi: il 64,8% ritiene che attraverso l’anonimato i Social favoriscano comportamenti aggressivi e offensivi, il 63,9% che siano pericolosi perché mettono a rischio la privacy.  A far valere i pareri più positivi sono le donne laureate e, in generale, le maggiori sostenitrici sono anche quelle più consapevoli dei rischi.
L’indagine Eurispes ha indagato anche sulle abitudini di utilizzo prevalenti fra le donne che frequentano i Social Network: l’attività più comune è quella di guardare le attività e le foto degli amici (88,3%), l’86,2% usa le chat, il 78,8% ascolta e guarda video, il 77,7% li usa per tenersi informate. Scrive che cosa fa e pensa il 58,5% delle intervistate, scrive commenti il 68,2%, si iscrive a pagine su argomenti e personaggi il 55% e il 56,2% usa i Social per conoscere persone nuove. Secondo l’analisi sono le donne conviventi quelle che sfruttano maggiormente le attività offerte, seguite dalle nubili e dalle vedove. Le sposate e le separate/divorziate sono invece più riservate.
 
Lo studio integrale è scaricabile a questo link.

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