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A Las Vegas apre il primo locale con bartender robot

Se tra i maggiori temi di discussione contemporanei troviamo la robotica e il suo futuro apporto al lavoro umano – argomento scelto quest’anno anche per le tracce dell’esame di maturità delle scuole superiori italiane – Las Vegas non si risparmia tra innovazioni e interessanti opzioni di intrattenimento legate sempre più al mondo dell’automazione.

Las Vegas rimane infatti la patria indiscussa della tecnologia e dell’innovazione, in primo luogo grazie al CES, la fiera più grande del mondo che la destinazione ospita annualmente a gennaio.
Ogni edizione accoglie oltre 170.000 appassionati e professionisti provenienti da tutto il mondo e circa 400.000 aziende e start up espositrici.

Proprio nella città californiana tra pochi giorni aprirà Tipsy Robot, il primo bar robotico al mondo (su terra ferma), all’interno dello shopping mall Miracle Mile Shops.
I clienti potranno scegliere tra una vasta selezione di drink attraverso un’app dedicata. Saranno poi i robot gemelli al bancone a miscelare, shakerare e versare i cocktail con tanto di entusiasmanti coreografie che promettono una nuovissima tipologia di intrattenimento.

Questa innovativa esperienza di bartending sarà inserita all’interno di un ambiente altamente digitale e high-tech: attraverso un photo booth dedicato dagli sfondi colorati e divertenti, i clienti potranno condividere in pochi istanti la propria esperienza sui social.

La città prosegue poi sull’onda dell’incessante innovazione con il nuovo sistema di prenotazione via Facebook Messenger. Dopo l’introduzione del mobile check in, una modalità già consolidata nei principali resort della Strip, The Venetian sarà infatti il primo resort indipendente a lanciare la prenotazione delle sue stanze tramite un’app social.

Infine, Las Vegas Convention and Visitors Authority (LVCVA), continua ad invitare turisti e futuri visitatori a scaricare la sua app gratuita di Virtual Reality, Vegas VR, per vivere alcune delle esperienze più amate di Las Vegas in maniera ancora più coinvolgente. É possibile scaricare la app, disponibile per iPhone e Android, visitando il sito internet http://www.vrtv.vegas.

Business ibrido: il retail tradizionale vira verso l’online, a partire dall’USA

Business sempre più ibrido? Pare proprio di sì. Stando infatti a un recente studio BDO (BDO’s 2017 Retail Compass Survey of CFOs) , risulta chiara la svolta decisiva verso il digitale dei retailer negli USA.
Secondo l’approfondimento BDO-PitchBook, già nel 2016, infatti, le fusioni e acquisizioni dei Retail tradizionali statunitensi si sono attestate intorno ai 17 miliardi di dollari (il valore più alto registrato negli ultimi cinque anni pari al +60% rispetto al 2015 ) e hanno interessato 105 operazioni.

Ottima pure la crescita degli investimenti di private equity (PE) nel settore che hanno raggiunto,  l’anno scorso, $6,1 miliardi di buy-out completati, contro i 2,2 miliardi registrati nel 2015 e 300 milioni di dollari rilevati nel 2014.

Notizie altrettanto buone per il mero segmento Internet Retail, che fa registare 155 operazioni portate a segno nel 2016 per un controvalore di oltre 13 miliardi di dollari e un +22% di crescita dei volumi rispetto al 2015. È ormai palese che il consumatore preferisca sempre più muoversi online e il modello di business al dettaglio si sta modificando di conseguenza.

Una  conferma di questa più che rapida evoluzione verso il digitale arriva da La National Retail Federation statunitense che prevede in crescita le vendite retail online per l’anno in corso con una quota compresa tra 8 e 12%, e un tasso di crescita tre volte più veloce che nel settore retail in generale.

Le previsioni della NRF per gli store tradizionali fisici attestano invece la quota di crescita a circa il 3%, mostrando così quanto sia rilevante un’offerta multicanale osservando quanto l’ecommerce sia sempre più alla guida della crescita del settore Retail. 

Il caso WalMart

La sfida è stata colta da WalMart, la più grande catena di megastore americana, che, con l’acquisizione della piattaforma di commercio online Jet.com per 3 miliardi di dollari l’anno scorso, ha lanciato la sfida ad Amazon sulle vendite online. Il colosso USA della grande distribuzione ha portato a termine una delle più grandi acquisizioni nell’e-commerce, in particolare per una startup che è partita ufficialmente nel 2015.

“Jet.com è stata acquisita l’estate scorsa con offerta ’premium’ di $3,3 miliardi rispetto alla sua effettiva valutazione di $1,35 miliardi, ma WalMart ha visto giusto, al punto che, alla fine dell’anno scorso, le vendite a livello globale nell’e-commerce sono incrementate a doppia cifra, con +15% rispetto il 2015, e quelle autoctone U.S.A. sono salite di ben il 36%” ha commentato Simone Del Bianco, managing partner di BDO Italia.

Il retail tradizionale: la scommessa di Macy’s e Target

I rivenditori tradizionali stanno facendo grandi investimenti in tecnologia, sia negli store fisici sia nell’e-commerce non solo per offrire un’esperienza multi-canale, ma anche per consentire al consumatore un approccio più olistico al brand. Macy’s e Target, per esempio, hanno stretto una partnership con la startup e-retail ThredUp, consentendo ai consumatori di donare abbigliamento usato alla piattaforma ThredUp in cambio di credito presso i propri store fisici. Alcuni retailer dell’abbigliamento, come Urban Outfitters, stanno collaborando con startup tecnologiche per utilizzare la tecnologia dei beacon in-store raccogliendo informazioni in tempo reale sulle preferenze di acquisto e sul flusso dei propri clienti.

E l’e-commerce puro?

Allo stesso tempo, gli e-retailer puri si stanno espandendo in controtendenza nel mondo fisico. Nel 2017, la Unicorno Warby Parker – startup di eyewear design che prima di aprire il suo store nel cuore di SoHo, ha iniziato online il proprio business vendendo occhialeria originale e di qualità a prezzi estremamente competitivi rispetto alla media – prevede di portare a 70 i propri punti vendita nel mondo. Quanto ad Amazon, la storia è nota…

E’ interessante notare – è il commento di Simone Del Bianco – come i grandi retailer USA, la cui presenza nei mercati europei è sempre più significativa, stiano valutando di portare l’esperienza in-store al livello successivo. Secondo le analisi BDO, 1 retailer su 2 prevede di investire nella riqualificazione e/o nel rimodellamento dei propri store. Allo stesso tempo, la maggioranza, il 70%, si sta concentrando sull’online, investendo più capitale nel commercio elettronico e nei canali mobile. Per aiutare questi canali a comunicare tra di loro e migliorare l’efficienza operativa, il 74% dei dettaglianti USA investirà nell’innovazione tecnologica dei sistemi IT. Anche in Europa e in particolare in Italia la ricerca di nuovi modelli di business, l’innovazione tecnologica e la spinta al digitale sono sfide che le imprese devono e dovranno necessariamente affrontare per raggiungere e/o mantenere una posizione competitiva di mercato e aspirare ad adeguati livelli di margine”.

Falsi e contraffazioni: i principali produttori e le rotte di transito

Quello dei falsi e della contraffazione di prodotto è un mercato vivace che, per il suo funzionamento,  si avvale di produttori ma anche di paesi tramite e di rotte di transito “rodate”.

La nuova relazione dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale elaborata dall’EUIPO e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE), ha evidenziato alcuni aspetti salienti di questo commercio.

I dieci i settori esaminati- che costituiscono oltre la metà del commercio complessivo di prodotti contraffatti nel mondo, ossia più di 208 miliardi di EUR nel 2013 – sono: alimenti, prodotti farmaceutici, profumeria e cosmetici, pelletteria e valigeria, abbigliamento e tessuti, calzature, gioielleria, apparecchiature elettroniche ed elettriche, dispositivi ottici, fotografici e medici, giocattoli, giochi e attrezzature per lo sport.

I principali produttori

Indubbiamente, per 9 dei 10 settori esaminati, il principale produttore si conferma la Cina, anche se diverse economie asiatiche quali India, Thailandia, Turchia, Malaysia, Pakistan e Vietnam, giocano un ruolo non secondario. Infine, anche la Turchia rappresenta un importante produttore di articoli falsi in alcuni settori — come pelletteria, alimenti e cosmetici — che vengono poi spediti nell’UE.

Lo scambio

I principali centri di scambio a livello mondiale dei trafficanti di prodotti contraffatti – dice la relazione – sono Hong Kong, gli Emirati arabi uniti e Singapore, dove vengono importate grandi quantità di prodotti falsi a mezzo container che verranno successivamente spedite per posta o corriere.

Il transito

Dalla relazione emerge che diversi paesi del Medio Oriente, fra cui gli Emirati arabi uniti, l’Arabia Saudita e lo Yemen, costituiscono i principali punti di transito per le spedizioni di prodotti falsi diretti in Africa. Albania, Egitto, Marocco e Ucraina sono i quattro punti di transito usati per inviare falsi destinati all’UE, mentre Panama è un importante punto di transito per i falsi in rotta verso gli Stati Uniti.

Quanto alle vie di trasporto privilegiate, risulta che circa tre quarti dei prodotti contraffatti sono trasportati via mare, mentre la spedizione mediante corriere o per posta ordinaria emerge come modalità consueta per la distribuzione di articoli contraffatti di più piccole dimensioni. Le spedizioni con meno di dieci articoli hanno rappresentato il 43 % del totale nel 2013.

I prodotti contraffatti sono distribuiti sempre più sui mercati online. I prodotti venduti su Internet sono generalmente distribuiti in piccoli colli spediti per posta ordinaria e mediante servizi di consegna espressa, spesso direttamente al cliente. È stato osservato anche un ruolo crescente delle tecnologie nell’ambito dei reati contro i DPI.

Lo stato dell’arte della contraffazione

La relazione è stata presentata in occasione del vertice sulla tutela della PI (proprietà intellettuale), organizzato congiuntamente dal ministero federale tedesco della Giustizia e della tutela dei consumatori, dalla Commissione europea e dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). Al vertice è stata illustrata anche la seconda relazione sullo stato attuale della contraffazione in Europa redatta dall’EUIPO e dall’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol).

Nella quale viene appurato che gruppi della criminalità organizzata sono coinvolti nei reati contro i DPI (Diritti della proprietà intellettuale). Dalla relazione si evince anche che le organizzazioni criminali nell’UE coinvolte nella distribuzione dei prodotti contraffatti ricorrono principalmente a fabbricanti esteri, per poi organizzare all’interno dell’Unione l’importazione, il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione di tali prodotti. La maggior parte dei prodotti contraffatti proviene dalla Cina: lo sviluppo della «via della seta» e il corrispondente aumento dell’uso del trasporto ferroviario e marittimo tra la Cina e l’UE favoriscono anche l’emergere di nuove minacce nel panorama dei reati perpetrati ai danni dei DPI.

Alcuni contraffattori, tuttavia, fabbricano direttamente all’interno dei confini dell’UE usando etichette e imballaggi falsi importati da paesi terzi.

 

Pringles, l’ingrediente dell’aperitivo perfetto

Tutto il mondo dice che gli italiani siano un popolo molto ospitale. La tendenza parla di tanti italiani che aprono le porte di casa per ‘ospitare’ aperitivi in versione casalinga. Ma è effettivamente così?

Quest’inclinazione è confermata da una recente ricerca commissionata da Pringles a GfK, dalla quale emerge che il 71% degli italiani sono disponibili ad aprire le porte di casa propria senza fatica. Una particolare predisposizione verso l’ospitalità si riscontra al Sud, dove questa percentuale sale all’83%. Questo riguarda non solo le occasioni di ritrovo formali (pranzi/cene) ma anche i momenti di relax, come il dopo cena e il sempre più celebrato rito dell’aperitivo in versione casalinga. Per questi momenti più informali, gli italiani si dichiarano “sempre pronti” grazie anche a preziosi alleati in dispensa.

I momenti leggeri di convivialità rappresentano un’ampia fetta delle occasioni di invito: al 30% degli intervistati capita di terminare una serata trascorsa fuori con gli amici invitandoli a casa, mentre un italiano su quattro ama prendere l’aperitivo direttamente tra le mura domestiche (23%). L’aperitivo non è solo un momento a sé stante: anche nel caso di un più classico invito a cenagli italiani sono soliti far arrivare i propri ospiti in anticipo, in modo da poter servire loro anche l’aperitivo (57%).

Secondo gli italiani, invitare a casa amici e parenti per trascorrere insieme dei momenti piacevoli di svago ha una lunga serie di vantaggi. L’ambiente domestico fa sì che si possa creare il clima più adatto ad ogni occasione, che si tratti di un’atmosfera intima e rilassata, gradita dal 42% degli intervistati, oppure movimentata e frizzante, preferita dal 30%. Tra gli altri aspetti positivi,gli intervistati indicano la possibilità di prolungare il divertimento ad oltranza, data l’assenza di limiti di orario (22%), la gratificazione proveniente dal riconoscimento degli invitati (22%) e il piacere di preparare la festa insieme (19%).

Gli italiani ritengono di cavarsela bene in queste occasioni, anche quando tutto è improvvisato (80%), anche se molti (79%), potendo scegliere, vorrebbero almeno un giorno di preavviso. Un aperitivo o una serata tra amici in casa non devono necessariamente essere programmati con largo anticipo per avere successo. Le due condizioni fondamentali per la buona riuscita dell’aperitivo sono un’abitazione sufficientemente spaziosa ed accogliente (60%) e scorte di bevande e cibo da offrire alla compagnia (54%).

E si scopre così quali sono i cibi che, per gli italiani più festaioli, non devono mai mancare in casa per accogliere nel migliore dei modi, anche all’ultimo momento, amici e parenti. In primis il pane (73%), elemento che si presta ai più vari abbinamenti, e subito dopo le amatissime patatine e gli snack salati confezionati, indispensabili per un perfetto aperitivo per il 71% degli intervistati. Tra le bevande, invece, troviamo birra, vino e bevande alcoliche (69%), bibite gassate (61%) e l’immancabile caffè (51%).

Non solo cibi e bevande classici però. La metà degli intervistati sfrutta l’occasione di avere ospiti a casa per provare nuove ricette e sapori (50%) e oltre un terzo degli italiani sono pronti a cercare novità sfiziose da proporre agli ospiti (60%). Per soddisfare la voglia dei consumatori di sperimentare e trovare nuovi gusti e permettere loro di essere sempre pronti per un perfetto aperitivo a casa propria, Pringles lancia le nuove Pringles Tortilla, uno snack salato a base di mais. Le Pringles Tortilla, riconoscibili grazie all’iconico tubo del brand, sono disponibili in tre gusti: Original, per gli amanti della ricetta originale delle tortilla, Nacho Cheese, al gusto di formaggio, e Spicy Chilli, al gusto di peperoncino piccante.

Italiani sotto l’ombrellone, i trend dell’estate 2017 secondo Quantcast

Arriva l’estate: quali saranno i caratteri distintivi del 2017? Quantcast, leader mondiale nell’applicazione della forza delle audience analizzate in tempo reale al digital e mobile advertising, ha analizzato i dati in suo possesso relativi ai comportamenti degli utenti online scoprendo i brand, i trend, gli eventi e le mete turistiche più ricercate in Italia per questa calda estate 2017.

Vediamo, dunque, cosa si ricerca in rete, partendo da un evergreen: l’occhiale da sole. 

Le linee e i modelli di MiuMiu sono quelli più gettonati dalle donne tra i 30 e i 40 anni, mentre gli uomini confermano il proprio interesse per Persol (i più adulti) e Oakley (i più sportivi).

Se poi si indagano gli eventi che creano aggregazione, i luoghi cult, sede ideale dei festival, ecco il responso: gli I-Days e il Postepay Rock di Roma spopolano tra i giovani, mentre l’Umbria Jazz e il Lucca Summer Festival sembrano essere quelli più seguiti dal pubblico adulto.

Quanto all’immancabile tromentane musicale, colonna sonora di ogni estate che si rispetti, oltre a J-Ax e Fedez, Ghali e Ed Sheraan, è senza dubbio Despacito il motivo più ricercato in rete.

E sul fronte dell’aperitivo? In questo caso la differenza tra uomini e donne risulta più marcata: birra per gli uni, preferibilemente prosecco per le altre.

Anche se sull’Aperol Spritz si trova concordia perfetta…

 

Santàl presenta il formato monodose in collaborazione con Disney

Santàl, leader nel mercato delle bevande alla frutta, presenta il formato monodose da 160 ml realizzato in collaborazione con Disney.

Il nuovo prodotto, nelle versioni pera, pesca e albicocca, nasce per offrire uno spuntino dal corretto contributo calorico, evitando gli sprechi legati alle merende spesso non consumate per intero. Per questo si presenta in un formato unico sul mercato con 8 confezioni da 160 ml ideali per un consumo settimanale sempre più smart con una nuova ricetta e con meno zuccheri, calorie e frutta 100% di origine naturale.

Per celebrare al meglio il lancio di questo nuovo formato, Santàl ha ancora al suo fianco un partner d’eccezione come Disney (su ogni brik sarà infatti possibile trovare  Topolino e i suoi amici) con cui condivide la vicinanza al mondo dei più piccoli.

La collaborazione, giunta ormai al secondo anno, si inserisce coerentemente all’interno del progetto Disney Divertiamoci a Stare Bene”, che, facendo leva sui suoi personaggi, vuole ispirare le famiglie a seguire uno stile di vita sano ed equilibrato, a partire da una buona alimentazione fin da piccoli e dal movimento quotidiano.

“Siamo felici di presentare oggi questo nuovo prodotto studiato per rispondere alla necessità di tante mamme di dare al proprio bambino una merenda bilanciata dal punto di vista nutrizionale con un occhio di riguardo verso gli sprechi – commentano da Santàl. Avere al nostro fianco un grande esperto del mondo kids come Disney e collaborare con il loro progetto “Divertiamoci a Stare Bene” a favore del benessere delle famiglie, ci permette non solo di parlare alle mamme ma anche di coinvolgere i bambini, veri protagonisti nella scelta della merenda, offrendo un alimento buono, bilanciato e divertente”.

Lidl lancia My Best Veggie, una gamma di oltre 20 prodotti vegani

Lidl Italia ha sviluppato una nuova linea a sfondo healthy, contrassegnata dal marchio My Best Veggie. Una gamma di oltre 20 prodotti vegetariani e vegani, che andrà in vendita a partire da luglio nei quasi 600 store dell’Azienda, diffusi su tutto il territorio nazionale.

Con My Best Veggie Lidl amplia la propria offerta dedicata al segmento salutistico, che conta già oltre 60 referenze tra i prodotti di origine biologica a marchio “Bio Organic” e gli articoli senza glutine o lattosio del brand “Free From”. Due private label Lidl lanciate a settembre 2016 proprio per rispondere ad una domanda in continua ascesa e che includono bevande, formaggi, salse, prodotti già pronti e molto altro ancora.

In linea con la filosofia aziendale di Lidl, la gamma My Best Veggie coniuga alta qualità e convenienza rendendo quindi i prodotti vegan e veggie accessibili a tutti. Dai burger di soia alla pasta fresca, dalle cotolette vegetali ai gelati, fino ad arrivare alla pasta fresca e alle lasagne, il brand comprende articoli freschi e surgelati. Le referenze sono tutte certificate V-LABEL®, il marchio internazionale per prodotti vegetariani e vegani rilasciato dall’Associazione Vegetariana Italiana (AVI), sinonimo di affidabilità e bontà dei prodotti.

La linea inoltre verrà esposta in un’area dedicata del punto vendita, al fine di rendere My Best Veggie immediatamente riconoscibile dalla clientela e favorire così un’esperienza d’acquisto semplice e intuitiva.

 

 

 

Biologico oltre la nicchia, sette famiglie italiane su dieci l’hanno acquistato

Cresce vorticosamente il biologico in Italia, in controtendenza con la stagnazione del comparto agroalimentare italiano. Il cibo bio infatti ha realizzato nel 2016 un +20% di vendite nella Gdo e un +15% di vendite nei negozi specializzati. Il numero di famiglie che ha acquistato almeno una volta in un anno è in forte aumento, dal 55% del 2013 al 74% del 2016, con un incremento di 1,2 milioni di famiglie utilizzatrici di questa categoria di prodotti. Numeri che, elaborati da Nomisma su dati Nielsen, sono stati presentati nel corso di Bioeuropa 2017, un convegno promosso dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari nell’antico monastero di Montebello a Isola del Piano, nelle Marche, per fare il punto su un settore che ormai non è più di nicchia.

 

Balzo in avanti della Gdo nel bio, al 39%

I prodotti biologici generano un ricavo complessivo di più di 3 miliardi di euro sul mercato interno: la grande distribuzione organizzata registra la quota nettamente maggioritaria (1.191 milioni di euro, 39% del totale, con un balzo del 20,1% rispetto al 2015). Il secondo canale di distribuzione in termini di ricavi è costituito dai negozi specializzati bio, seguono poi i food services e i negozi tradizionali. Negli ultimi quattro anni sono aumentati anche i punti vendita e i siti internet destinati alla distribuzione di prodotti biologici: il numero dei siti per l’e-commerce bio è aumentato del 71,3%, i ristoranti del 68,5%, significativo anche l’aumento delle mense (+12%).

«In un contesto così caratterizzato – spiega Francesco Torriani, presidente del consorzio Marche Biologiche – è molto importante il ruolo svolto dalla cooperazione impegnata nel comparto dell’agricoltura biologica, poiché essa rappresenta un modello produttivo rivolto alla produzione di beni alimentari legati al territorio, in grado di generare salute, ambiente, socialità, cultura, in altre parole benessere, in un confronto costante tra la sostenibilità economica propria di un’impresa e la sostenibilità ambientale e sociale».

 

Aspettando la legge

Secondo Andrea Bertoldi, coordinatore del settore Biologico dell’Alleanza Cooperative, è “urgente fare un salto di qualità nell’organizzazione delle filiere, capaci davvero di tenere insieme la produzione con la trasformazione e la commercializzazione (dove si intercetta il valore aggiunto) e di erogare i servizi necessari alle aziende agricole che si convertono al biologico. In tal senso il testo di legge della riforma del settore attualmente in discussione al Senato contiene molti elementi che rafforzano l’organizzazione in filiera del comparto”.

Il futuro del settore dipende molto da un adeguamento legislativo reso ormai indifferibile. «In particolare il disegno di legge sull’agricoltura biologica – spiega il vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati Massimo Fiorio – costituisce un importante passo avanti per la modernizzazione del sistema biologico italiano e auspichiamo che diventi al più presto legge dello Stato».

Spuntì Tonno e Zenzero, il nuovo gusto stuzzicante di Spuntì

Spuntì di Simmenthal, la crema spalmabile ormai celebre nelle case degli italiani, si arricchisce di una nuova variante: Spuntì Tonno e Zenzero. Il gusto del tonno incontra la freschezza dello zenzero che evoca paesi lontani e crea una combinazione perfetta per creare sfiziosissime ricette.

 

Valori nutrizionali per 100 gr

Valore energetico (kcal-kj)                  287 – 1189

Proteine (g)                                                 13

Carboidrati (g)                                             2.5

Di cui zuccheri                                             0.5

Grassi (g)                                                      25

Di cui saturi (g)                                             6.0

Sale (g)                                                          1.1

 

Le altre referenze

Spuntì al Tonno, a base di tonno, ingrediente versatile e pratico, adatto a tutte le occasioni di consumo, ideale per aperitivi e stuzzicchini.

Spuntì al Pollo & Paprika Dolce che unisce la leggerezza del pollo al delicato sapore della paprika dolce

Spuntì al Prosciutto Cotto, dal gusto affumicato, pratico e versatile, ha un sapore semplice, adatto ai gusti dei grandi e dei piccoli

Non siamo un Paese di veggie, il 95% consuma carne purché sia poca, buona e italiana

Carnivori alla riscossa in Italia.: malgrado le fake news, le campagne diffamatorie, gli allarmismi e l’affermarsi di stili di vita che escludono il consumo di carne, gli Italiani non rinunciano alle proteine animali fondamentali nella nostra dieta. Il 95% continua a consumarle, ma lo fa rispettando tre regole di massima: sì alla carne purché poca, buona e italiana.

 

Consumi ai minimi europei

Lo rivela un’indagine Ixè commissionata da Coldiretti, secondo cui il 18% degli italiani porta in tavola meno di 100 grammi di carne alla settimana, il 45% dai 100 ai 200 grammi e il 24% tra i 200 ed i 400 grammi. Insomma molto meno del limite di 500 grammi alla settimana consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come ideale. Il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è di 79 chilogrammi pro-capite, inferiore a quello dei danesi (109,8 kg), dei portoghesi (101), degli spagnoli (99,5), dei tedeschi (86) e dei francesi (85,8). Addirittura, gli statunitensi mangiano il 60% di carne in più rispetto a noi. E i consumi nel nostro Paese continuano a calare: nel primo trimestre del 2017 sono calati del 3,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dati Ismea elaborati da Coldiretti). Frutto certamente anche della diffidenza che gli allarmismi vari alimentano, malgrado nessuno studio scientifico metta in correlazione il consumo di carne in ragionevoli quantità a danni per la salute. Anzi, la comunità scientifica è concorde nel tessere le lodi di una dieta completa che includa anche le proteine animali.

 

Per le razze storiche italiane + 52%

Quella che non sembra soffrire delle campagne di diffamazione è la carne di qualità, ad esempio quella da razze storiche italiane, che anzi stanno vivendo un vero e proprio boom. Sono 415mila i capi da cui arrivano le bistecche top, con un aumento del 52% negli ultimi anni. La più diffusa è la razza piemontese che conta su 276mila capi, oltre 51mila quelli di razza marchigiana, quasi 45mila di chianina, 12mila di romagnola, 10mila di maremmana e 32mila di podolica.

La conoscenza delle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di carne è diventato un valore aggiunto che arricchisce l’offerta enogastronomica nei ristoranti, nelle hamburgerie ma anche nelle case. Il 45% degli italiani afferma di preferire la carne proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine. «Una domanda di trasparenza – dice il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo – che occorre estendere dagli scaffali dei supermercato, dove vige l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per la carne bovina, alle tavole della diverse forme della ristorazione fuori casa dove ormai si concentra oltre 1/3 dei consumi alimentari. Viene dall’estero infatti il 40% della carne bovina consumata senza il valore aggiunto di sicurezza e sostenibilità garantita dall’italianità».

Le carni nazionali sono generalmente più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute spesso nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali. Ultima arrivata tra le carni tutelate quella dello storico Vitellone Piemontese della Coscia a Indicazione Geografica Protetta (Igp).

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