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Tomato revolution, la linea biologica e trasparente di Altromercato

Nasce “Tomato Revolution” di Altromercato: la linea che punta a rafforzare una filiera biologica, legale e trasparente del pomodoro.
 
Obiettivo del progetto è valorizzare i prodotti nati in Italia, su terreni liberi dalle mafie o a rischio di spopolamento e sfruttamento, lavorati da realtà impegnate nella lotta al caporalato e nella responsabilità sociale. Quattro varietà di pomodoro, per altrettante nuove referenze, coltivate con metodo biologico secondo ricette tradizionali italiane.
 
Ad oggi, l’impatto di Tomato Revolution si traduce nel coinvolgimento di 5 cooperative e 30 piccoli produttori, attivi in territori ad alto rischio di sfruttamento della manodopera, che hanno lavorato, nel 2017, 100 quintali di pomodoro e confezionato 100.000 vasetti di specialità enogastronomiche. Piccoli numeri testimoni di un crescente interesse per una economia più giusta anche nel nostro paese.

La gamma

Ciascuna referenza si differenzia per sapore, consistenza e utilizzo principale, per dare una risposta alle diverse esigenze.
 
Passata di Puglia bio, ottenuta da pomodori varietà Roma, maturati al sole e selezionati a mano, sono lavorati subito per mantenere un sapore intenso e armonioso.
 
Pomodori Pelati in salsa bio: dal cuore del Parco nazionale del Gargano, riprendono la tipica tradizione pugliese: vengono selezionati e raccolti solo quando sono arrivati alla perfetta maturazione e lavorati freschi per preservare la consistenza della polpa del pomodoro varietà San Marzano.
 
Salsa pronta Siccagno e Finocchietto: il profumo fresco e aromatico del finocchietto si unisce al sapore delicato e dolce del pomodoro Siccagno, tipico della valle del Belice (Sicilia), che cresce senza irrigazione grazie alle particolari condizioni microclimatiche.
 
Spaccatelle di pomodoro bio varietà San Marzano: alla base di tante ricette regionali pugliesi, seguono una lavorazione artigianale che mantiene ed esalta il gusto del pomodoro biologico.
 
I pomodori delle quattro conserve di Tomato Revolution vengono coltivati dalle cooperative Pietra di Scarto (FO) e Semi di Vita (BA) utilizzando beni confiscati alle mafie, Rinascita (PA), Prima Bio (FO) con programmi di agricoltura di impatto sociale in zone a forte rischio di sfruttamento della manodopera. Una rivoluzione dal sapore autentico.
 

E-commerce: i trend logistici che fanno decollare il comparto

L’e-commerce non può prescindere dalla logistica. Specialmente se vuole sfruttare al massimo le proprie potenzalità e fidelizzare i clienti. È questo l’assunto che ha fornito lo spunto al workshop “Innovazione e customer experience al centro della logistica dell’e-commerce” che si è tenuto alla XII edizione del Netcomm Forum.

Secondo Lorenza Zanardi, Direttore Generale di Rajapack Italia e tra i protagonisti dell’incontro, bisogna puntare su alcuni requisiti specifici: design minimal, ecosostenibilità, personalizzazione e riutilizzo per il reso o in generale.

  1. Minimizzare gli eccessi di cartone e plastica per ridurre i costi di trasporto ma anche mettere i clienti nella condizione di aprire facilmente e velocemente i pacchi, senza gravarli di uno smaltimento impegnativo dell’imballo. Grandi colossi dell’e-commerce sono già stati attaccati sui social media per avere irritato i propri clienti con imballaggi complicati o non necessari.
  2.  Puntare su un packaging eco sostenibile. L’imperativo sono le 3R: RIDURRE, RIUTILIZZARE, RICICLARE. Un recente studio Nielsen afferma che il 52% delle decisioni di acquisto sono influenzate dall’impatto ambientale dell’imballo. Una realtà di cui hanno preso coscienza le aziende che utilizzano l’e-commerce e grandi marchi come Zara. Il famoso marchio di abbigliamento infatti comunica sulle proprie scatole e-commerce che sono fatte al 100% di materiale riciclato (boxes with a past) ed inoltre propone tantissimi tutorial per riciclare gli imballaggi dopo il loro utilizzo (boxes with a future).
  3. Personalizzare, ricorrendo a una brandizzazione significativa che riguarda sia il lato esterno che quello interno per influenzare il cosiddetto effetto WOW nel consumatore online. Un trend che, negli ultimi tre anni, in casa Rajapack è addirittura triplicato, toccando il 13% del fatturato 2016, con percentuali più elevate in settori come il lusso e l’elettronica di consumo.
  4. Riutilizzare: gli e-shoppers danno per scontato di poter rendere i prodotti acquistati nel medesimo imballo che hanno ricevuto. Ecco perché diventa importante nella personalizzazione pensare a soluzioni che permettano al cliente di richiudere e riutilizzare facilmente la propria scatola o la propria busta per la restituzione e al contempo far trovare etichette di reso già pronte all’uso.

Nasce Osservatorio Immagino di GS1 Italy e Nielsen: i consumi visti dalle etichette

Raccontare i consumi degli italiani e i loro mutamenti incrociando le informazioni presenti sulle etichette dei prodotti registrate da Immagino con i dati Nielsen su vendite, consumo e fruizione dei media: è questa l’idea che sta alla base di Osservatorio Immagino, il nuovo progetto nato dalla collaborazione tra GS1 Italy e Nielsen. Obiettivo: scandagliare più a fondo le tendenze di consumo.

Un vero progetto di Big data insomma che integra due immensi patrimoni informativi: le oltre 100 variabili presenti sulle etichette degli 80 mila prodotti di largo consumo digitalizzati da Immagino messe a disposizione da GS1 Italy con i dati scanner raccolti in 10 mila punti vendita della distribuzione moderna, con quelli relativi ai consumi di 9 mila famiglie e alle loro abitudini di consumo  e alla di fruizione dei contenuti televisivi e online di Nielsen.

 

Integrale, free from, Dop, bio i trend

La prima edizione dell’Osservatorio Immagino è basata sui dati dell’anno 2016 relativi a 58 mila prodotti di largo consumo, che hanno sviluppato circa 31 miliardi di euro di vendite, pari al 74% di quanto venduto nel totale del largo consumo in Italia da ipermercati e supermercati. L’obiettivo di GS1 Italy e Nielsen è di estendere progressivamente l’insieme di prodotti.

Dall’Osservatorio emergono stili di consumo e scelte di acquisto rivolte al consumo di prodotti free from (ad esempio “senza glutine” o “senza olio di palma”) e di quelli arricchiti, con una crescita dell’universo veg e delle intolleranze alimentari, e dei consumatori interessati all’italianità dei prodotti e ai prodotti biologici.

«Attraverso le tabelle nutrizionali abbiamo tracciato l’identikit di un “metaprodotto”, ossia i valori nutrizionali del prodotto “medio” acquistato dai consumatori: si tratta di un prodotto equilibrato, che conferma il buon rapporto degli italiani con l’alimentazione – spiega Romolo de Camillis, retailer director di Nielsen -. Analizzando gli ingredienti dei prodotti abbiamo misurato come la loro presenza possa influenzare l’acquisto. Abbiamo anche osservato come cambia il consumo di un ingrediente al variare del reddito, dell’età e del ciclo di vita della famiglia: ad esempio, le fasce di popolazione con reddito e istruzione più elevata consumano prodotti con minore contenuto di zucchero».

Più (fibre) meno (zucchero, sale, olio di palma)

Ad esempio l’Osservatorio indaga due trend apparentemente contrapposti, ma che vanno verso una stessa direzione salutistica: quello del free from e quello dei prodotti arriccchiti.

Al mondo alimentare si aggiunge il mondo della cura persona con l’analisi su 9.700 prodotti che ne ha messo in luce le caratteristiche focali e i trend del momento, come il cruelty free, la valorizzazione del made in Italy e la diffusione di alcuni ingredienti di origine vegetale (come noce di cocco, calendula, soia e avena).

L’Osservatorio Immagino verrà aggiornato due volte l’anno, in formato cartaceo e digitale, arricchendosi a ogni edizione di nuovi approfondimenti.

Il 2017 parte bene, Gdo trainata dall’alimentare, +3,4% per food, beverage e pet nel 1Q

È l’alimentare a trainare la crescita della Gdo italiana secondo gli ultimi dati Nielsen. Food, beverage e pet hanno fatto registrare nel periodo gennaio-aprile 2017 un aumento delle vendite in valore del 3,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre i prodotti non alimentari hanno subito un decremento del 2,5%. Gli incrementi maggiori riguardano frutta e verdura (+9,6%), freddo (+5,8%), pane, pasticceria e pasta (+5,7%), pet food (+3,8%), bevande (+2,5%) e cibo confezionato (+2,4%). Performance negative invece per la cura della persona (-1,3%), la cura della casa (-1,7%), bazar e tessile (-2,5%).

I dati sono stati resi noti nel corso della conferenza stampa di apertura di Linkontro, la convention annuale di Nielsen. Un evento, giunto all’edizione numero 33 che vede la partecipazione dei player del settore e ne mette a fuoco i trend. Il tema dell’anno è “Get Agile! Il nuovo imperativo nell’era della discontinuità”.

I primi quattro mesi del 2017 hanno confermato gli andamenti positivi a volume degli anni precedenti (2015 e 2016). Nel 2017 tornano a crescere in maniera interessante anche i valori: con un tasso di incremento del 2,2%, che è il miglior risultato degli ultimi cinque anni anche grazie a un 2016 che ha visto crescere gli investimenti pubblicitari del +3,6%.

 

Quasi metà della crescita da Benessere e naturale

I segmenti benessere e naturale (compresa l’ortofrutta) partecipano per il 41% alla crescita complessiva del largo consumo. Le altre componenti che spiegano la crescita sono: affettati in busta 10%, piatti pronti freschi 9%, prodotti gourmet 5% e pet care 4%. Non si rinuncia a prodotti che offrono esperienze di gusto superiori, o un elevato contenuto di servizio come zuppe pronte fresche (+33%), sushi (+25%), caffè in capsule (+20%). Colpisce che mercati fino a ieri considerati nicchie siano oggi così importanti per la crescita. Il biologico, ad esempio, ha raggiunto un giro d’affari di 1,292 miliardi di euro (+19,8%), con 5,2 milioni di famiglie che lo acquistano tutte le settimane. Il boom dei prodotti integrali ha generato vendite per 435 milioni (+11,3%). Anche i free-from (i prodotto “senza”) hanno andamenti sempre più positivi: il senza glutine raggiunge 170 milioni (+26,3%), il senza lattosio 376 milioni (+6,3%) e le bevande vegetali 198 milioni (+7,4%).

 

L’E-commerce cresce e cambia le priorità

Importante l’apporto dell’e-commerce. Dei 30,7 milioni di internauti (26,2 milioni dei quali sono connessi grazie al cellulare) 14,4 milioni visitano i siti dei retailer (9,4 milioni, +9%), degli aggregatori di promozioni (7 milioni, +2%), dei brand (6,6 milioni, +20%). Cresce anche il fatturato proveniente degli acquisti effettuati online, che generano 622 milioni di euro nel 2016 (+45% rispetto al 2015), con un’incidenza pari all’1,1% del fatturato complessivo del largo consumo. Il personal care si conferma la categoria con la percentuale più alta di acquirenti (11,8%), in crescita di 3,8 punti percentuali rispetto al 2015.

Tra i criteri che più influenzano i comportamenti d’acquisto crescono la comodità di acquisto, la semplicità, la shopping experience e la disponibilità dei prodotti mentre perdono importanza la promozione e gli sconti. Le vendite promozionate sono in leggero calo e la pressione promozionale scende di 0,8 punti, arrestando la spirale di incremento degli acquisti in promozione. Tornano a crescere, pur se di poco, i prezzi che contribuiscono alla crescita dei fatturati. Crescono gli assortimenti (+3,8% rispetto al 2016) grazie a nuove referenze che seguono le tendenze della domanda. Stabile invece l’incidenza delle vendite di prodotti delle marche del distributore (18,7% delle vendite complessive) che vede crescere i segmenti premium e crollare i primi prezzi. Quanto alla dimensione delle imprese, quelle medie e piccole sembrano più dinamiche (rispettivamente +2% e +3,6%), ma anche i grandi player crescono rispetto alle performance del 2016 (-1,1%). Crescono soprattutto discount (+3,5%), supermercati (+3%) e specialisti drug (+2,3%). A livello geografico buona performance dei mercati distribuitivi nel Centro-Sud: l’area 3, che comprende Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Sardegna, cresce del 2,3% a valore, l’area 4 (tutto il Sud e la Sicilia) del 2,7% a valore nei primi quattro mesi dell’anno.

«La velocità del cambiamento – dichiara l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia – è la principale caratteristica degli attuali mercati. Lo studio evidenzia uno scenario mutevole e frenetico, che impone alle imprese di adattarsi alla nuova domanda del consumatore. La crescita dei prodotti ad alto contenuto di servizio, il continuo sviluppo dei consumi salutistici, una sempre maggiore propensione alla digitalizzazione del customer journey, l’uscita dei prezzi dal terreno deflattivo dello scorso anno, la vivacità degli assortimenti proposti ai clienti e ai consumatori sono le principali evidenze del momento. L’obiettivo della kermesse di Nielsen è quindi quello di offrire spunti di riflessione e nuove prospettive ai manager delle aziende per intercettare i trend del momento. Occorre cogliere le opportunità con agilità, come conditio sine qua non per continuare a crescere».

Ferrero domina i social: ad aprile Fb e Instagram “parlano” piemontese

Ferrero spopola sia su Facebook che su Instagram: questa la principale evidenza emersa da Top Brands, l’osservatorio di Blogmeter, che nel mese di aprile ha indagato l’andamento dei marchi food sul mercato italiano.

In linea generale si può comunque dire che, a ridosso delle festività pasquali, l’andamento positivo ha riguardato un po’ tutte le aziende affrenti al comparto del cioccolato.

La top 5 di Facebook
Su Facebook è la pagina corporate di Kinder,  che  grazie alle  137.153 mila interazioni, conquista la medaglia d’oro sia per engagement che per nuovi fan (quasi 35 mila). In particolare, a generare la maggior parte delle interazioni è il prodotto #KinderGranSorpresa, che risulta il più coinvolgente tra tutti i prodotti che il brand promuove sulla propria pagina. In seconda posizione, ma per una manciata di voti (137.035), si colloca la pagina Galbani, Ricette di Casa Mia. Sul terzo gradino del podio, infine  (con 122 mila tra reactions, commenti e share) torna di nuovo Ferrero con la pagina Facebook di Mon Chéri che punta su una comunicazione emozionale ed ispirazionale, mediante anche l’uso di hashtag dedicati come #lasciatistupire. Ferrero conferma la sua presenza anche in quarta posizione, con  Kinder Bueno (circa 118 mila interazioni) che coinvolge con post molto interattivi e divertenti, in cui le confezioni Kinder Bueno vengono posizionate nei posti più improbabili. Infine chiude la Top 5 Facebook relativa al total engagement, Parmalat con post dedicati alla Pasqua e alla Festa della Liberazione. Tra le pagine che incrementano maggiormente la propria fan-base ad aprile, spicca al secondo posto subito dopo Kinder, la pagina di Ferrero Rocher (20 mila nuovi fan) seguita da Pringles (17 mila) la cui partnership con Casa Surace per il lancio delle #nuovepringlestortilla sta generando grandi consensi sui social. In quarta posizione Lindt con i suoi Gold Bunny (16 mila nuovi fan) e infine la già citata Kinder Bueno (14 mila). 

La classifica su Instagram

Qui a spopolare è Nutella che risulta il migliore sia per engagement che per nuovi follower. Nonostante ad aprile abbia pubblicato solo 10 post, conquista ben 52 mila interazioni, merito soprattutto di una content strategy basata sulla condivisione di foto di dolci deliziosi ed invitanti a base di Nutella. Conquista la medaglia d’argento (sia per engagement che per follower) il profilo di Kinder Italia (12 mila interazioni e più di 5 mila nuovi seguaci) che su Instagram condivide le foto di utenti che ritraggono i suoi prodotti, in particolare le uova Kinder Gran Sorpresa. Nelle successive posizioni per entrambe le metriche, troviamo due profili del gruppo Barilla: il brand Mulino Bianco, la cui campagna #unmondobuono riscuote un gran successo (8,5 mila interazioni) e il prodotto Pan di Stelle che riposta le foto degli utenti con le #ricettedistelle, ottenendo quasi 8 mila interazioni. Ottime performance ancora per Parmigiano Reggiano che ad aprile spopola con l’inziativa “Caseifici aperti” (più di 6 mila interazioni) e Kinder Bueno che guadagna 1,8 mila followers durante il mese.

Asiago, positivo il bilancio 2016 approvato dai soci del Consorzio

Bilancio 2016 positivo quello approvato dai soci del Consorzio di Tutela Formaggio Asiago.

I punti clou:  grazie al piano di crescita programmata, le produzioni sono state ridotte del 3,35% rispetto all’anno precedente, mentre i consumi hanno registrato una crescita  sia presso le famiglie (+ 2,1%, dati GFK-Eurisko) sia nella Grande Distribuzione (+2,3%, dati Iri-Infoscan). Risultati in netta controtendenza rispetto al comparto dei formaggi semiduri che, nello stesso anno, ha segnato un doppio calo dei volumi del 1,3% e del valore del 1,7% (dati GFK-Eurisko).

Un segnale positivo arriva anche dal calo, a fine 2016, dello stock aggregato di prodotto, rispetto a fine 2015; aspetto che ha consentito di iniziare il 2017 con premesse migliori rispetto allo scorso anno.

La produzione

Nel 2016, sono state prodotte 1.365.597 forme di Asiago Fresco e 221.772 di Asiago Stagionato, per un totale di 1.587.369 forme; produzioni che, nel contesto del piano di regolazione 2017-2019, continueranno a garantire un equilibrio tra domanda ed offerta, proseguendo nella valorizzazione della denominazione e puntando a rafforzare l’orientamento al mercato a fianco dei produttori impegnati ad esportare Asiago DOP nel mondo.

L’export

Il 2016 è stato anche l’anno nel quale si è proseguito nel rafforzamento del mercato estero con un +6,5% di export rispetto al 2014 ed una performance pari a +66% negli ultimi sei anni. Le esportazioni di formaggio Asiago hanno superato per la prima volta le 1700 tonnellate, raggiungendo il massimo volume storico. Tra i principali acquirenti della specialità veneto-trentina, Svizzera (+12%) e Australia (+16%) risultano in testa, entrambi in aumento per il terzo anno consecutivo. L’Australia, in particolare, si impone per la prima volta come terzo mercato di destinazione delle esportazioni, dopo USA e Svizzera, superando la Germania, che, nel 2016, ha realizzato un positivo +4% di crescita. A riprova dell’impegno profuso, il Consorzio di Tutela, nel 2016, ha rafforzato l’attività di promozione avviando due progetti cofinanziati dall’Unione Europea, per un valore complessivo pari a 5,5 milioni di euro: il primo negli Stati Uniti e in Canada, in partnership con i consorzi del Pecorino Romano e dello speck Alto-Adige; il secondo “Cheese It’s Europe”, insieme ai Consorzi di Tutela Parmigiano Reggiano e Gorgonzola, mirato al rafforzamento e al consolidamento delle esportazioni in Austria, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia

Mind the Step: appuntamento il 7 giugno con la terza edizione

Mind the Step, l’evento b2b indirizzato a chi decide le strategie digitali dei Brand del Retail e aiuta le aziende a non “inciampare” negli ostacoli che si trovano lungo il cammino della  trasformazione  digitale, torna a Milano il prossimo 7 giugno.

Organizzato da Theoria con il supporto di Epson, Mapp Digital, MobileBridge e SAP Hybris,  l’evento intende individuare i segnali di futuro nel Customer Journey.

I 100 rappresentanti di grandi brand attesi all’evento,  insieme agli esperti e alle aziende di punta del tech & digital, tracceranno la mappa per i prossimi 2 anni del Digitale in Italia.

L’evento è volutamente ristretto, per favorire  la discussione libera tra decisori, esperti e rappresentanti delle aziende tech/digital. La partecipazione – gratuita – è rigorosamente riservata a rappresentanti di aziende utenti finali, previa accettazione della registrazione da parte degli organizzatori.

I temi
I segnali di futuro che verranno esplorati a Mind  the Step includono:
– Robot:  la nuova frontiera dell’interazione tra azienda e consumatore
– Intelligenza Artificiale  applicata alla produzione e vendita nel Fashion & Luxury
– Nuovi modelli organizzativi  richiesti dalla trasformazione digitale

 

Per informazioni: www.mindthestep.eu

Freschi, salutari, premium e “sperimentali”: il nuovo profilo dei consumi alimentari

Freschi, salutari, premium e “sperimentali”: quattro gli attributi chiave utilizzati per descrivere le nuove tendenze nell’ambito del food, il comparto oggi più dinamico nell’ambito del largo consumo confezionato.

Ce li ha “raccontati” Marco Limonta, Business Insights Director di IRI, nel corso del convegno organizzato in occasione della Fiera Tutto Food. L’incontro, moderato da Ivo Ferrario di Centromarca, ha visto la partecipazione di Antonio Carstulovich – Direttore Generale Commerciale, Ferrarelle Spa, Mario Gasbarrino – Amministratore Delegato Unes, Giorgio Santambrogio – Amministratore Delegato, Gruppo VéGé e Presidente ADM, Associazione Distribuzione Moderna, Mario Zani – Direttore Generale Eurocompany S.r.l., oltre naturalmente a quella di Angelo Massaro, Amministratore Delegato di IRI.

Quattro “qualità” che il nuovo consumatore cerca con sempre maggiore frequenza, in linea con la sua nuova identità.

A caratterizzarlo, oggi, sono infatti una maggiore apertura verso prodotti che innovino in modo soddisfacente (il 66% è disposto per essi a spendere di più) e che consentano di sperimentare (+50%); una più spiccata attenzione verso la pianificazione degli acquisti (+77%) e verso le informazioni sui prodotti, al punto che anche il tempo trascorso davanti allo scaffale in cerca di informazioni si allunga (+ 74”).

Parliamo di un consumatore evoluto, dunque, che – se insoddisfatto- si sente però più libero di cambiare punto vendita (+37%).

I cibi che trainano il mercato

Lo studio di Iri parte dall’assunto che, in uno scenario poco spumeggiante, è l’alimentare a guadagnarsi spazio, probabilmente in virtù di un maggior appeal nei confronti del consumatore, di cui riesce ad intercettare con più abilità le aspirazioni.

Il fresco confezionato si conferma – a oggi – il motore principale (con +2,9% nell’andamento a volume e +1,6 a valore), ma è comunque interessante vedere come a giocare un ruolo di primo piano siano pure le nuove categorie, vere trend setter del mercato, che oggi – intercettando quasi 4,5 punti di quota – rappresentano il 17% del carrello (nel 2013 erano ancora a quota 12,8%).

Le nuove categorie

Ad ogni modo, oltre ai singoli segmenti merceologici, a beneficiare dei cambiamenti degli stili di consumo degli italiani è anche una serie di categorie trasversali, che accomunano tipologie di prodotti quanto mai diverse.

A cominciare dalle referenze free from, che nel 2016 hanno sviluppato vendite per oltre 2 miliardi di euro, (crescendo del +4,2% rispetto al 2015), per arrivare ai prodotti biologici, che con 1,3 miliardi di euro (+20,4% sull’anno precedente) confermano il passaggio evolutivo da nicchia a segmento trend setter dedicato ad un target di salutisti e ambientalisti.

La crescita dei prodotti salutistici rappresenta uno dei segnali più evidenti del processo evolutivo dei consumatori e trova ulteriori conferme nell’avanzata delle vendite di cereali (844 milioni di euro, +5,7% sul 2015), di alimenti integrali (471 milioni di euro, +21,2%) e di prodotti a base soia/vegetale (436 milioni di euro, +8,4%). Per il medesimo motivo ispiratore si assiste pure, nell’ambito del proteico, a un decremento della carne a vantaggio del pesce e dei prodotti a base di proteine vegetali.

Le “nicchie” confermano il trend

La voglia di sperimentare, direttamente tra le pareti domestiche, si rispecchia nella crescita interessante di una nicchia come quella delle spezie(+16,4% a valore). Praticità e funzionalità invece sono i driver di crescita di un segmento ora in auge, come quello della frutta secca, (+11,6%): qui infatti le aziende hanno saputo rinnovare l’offerta e l’immagine dei prodotti puntando in modo intelligente sul concetto di snack/ spezza fame e di funzionalità assicurando nuove occasioni di consumo.

Spunti di dibattito

Il quadro tratteggiato da Marco Limonta, ha innescato un interessante dibattito tra i relatori: 3 i temi caldi posti sul tappeto da Ivo Ferrario e “palleggiati” tra gli astanti: ripensamento dello store, infedeltà del consumatore al punto vendita, fake news sul cibo con relative ripercussioni sui comportamenti di acquisto.

È emerso come sia prioritario differenziare e caratterizzare in maniera univoca l’offerta e quindi i pdv, in modo che possano diventare dei veri e proprio punti di riferimento per target specifici di consumatori. No al melting pot di offerta, dunque, massificante e banalizzante.

E poi attenzione all’eccesso di promo, specchietto delle allodole, in larga parte responsabile della “migrazione infedele” dei clienti.

Ultimo alert da non sottovalutare: il potere denigratorio che le bufale mediatiche esercitano sulle aziende siano esse produttrici che distributrici. Imprescindibile dunque fare chiarezza e ristabilire la verità.

Marzo Istat stabile ma il commercio premia solo i discount

Discount +1,2% Gdo -1,2%: lo dice l’Istat, che rileva come le vendite al dettaglio sono state stabili a marzo rispetto al mese precedente, con invariate sia la componente alimentare sia la non alimentare (rispettivamente -0,1% e +0,0%). La situazione è negativa però su marzo 2016, con una diminuzione dello 0,4% in valore e dell’1,4% in volume. Per i prodotti alimentari si rileva una diminuzione dell’1,8% in valore e addirittura del 4,5% in volume. Le vendite di prodotti non alimentari sono in aumento dello 0,3% in valore e dello 0,6% in volume. Negativa la situazione della Gdo, che rispetto a marzo 2016 perde l’1,1% mentre restano sostanzialmente stabili le imprese di piccola superficie.

 

Discount ancora premiati

Il quadro non è roseo, si va dal pesante -3,2% degli ipermercati al -1,2% dei supermercati. Positivi solo i Discount (+1,2%).

Arretrano dell’1,4% gli esercizi non specializzati e aumentano dello 0,4% quelli specializzati. Tra i primi, diminuisce il valore delle vendite degli esercizi a prevalenza alimentare (-1,6%) mentre aumenta lievemente quello degli esercizi a prevalenza non alimentare (+0,1%). 

Accanto ad una situazione di difficoltà economica va segnalata – commenta i dati la Coldiretti – “la tendenza alla ricerca di canali di acquisto alternativi al dettaglio tradizionale con la crescita dell’online, degli acquisti a domicilio e della vendita diretta”. 

Delusione anche dal Codacons che parla di “situazione di grave stallo”.

«Gli analisti avevano previsto una ripresa delle vendite nei primi mesi del 2017, ma il commercio a marzo non solo risulta fermo rispetto al mese precedente, ma addirittura registra un calo delle vendite su base annua – dice il presidente Carlo Rienzi –La corsa dell’inflazione registrata in Italia negli ultimi mesi è assolutamente “falsata”, perché non attribuibile ad un incremento della spesa delle famiglie ma solo a fenomeni esterni come il caro-benzina e l’incremento delle tariffe energetiche».

«Difficile commentare i dati di marzo – ha detto Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – perché l’effetto calendario della Pasqua ( il 27 marzo nel 2016 e il 17 aprile nel 2017) ha giocato un ruolo fondamentale nel dato negativo dei prodotti alimentari. Resta comunque il fatto che siamo di fronte a un quadro di consumi deboli. Questa dinamica delle vendite rende difficile prevedere quella ripresa dei consumi che avrebbe potuto sostenere la crescita del Paese».

 

 

Vent’anni fa, la spesa era diversa: Fipe fotografa il nuovo rapporto degli italiani col cibo

Com’è cambiata la spesa degli italiani negli ultimi vent’anni, e i consumi alimentari in genere? Ce lo dice Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, attraverso l’indagine Gli italiani e il cibo presentata a Tuttofood. I cambiamenti sono tanti e sostanziali, con l’aumento dell’interesse verso la colazione e la perdita di centralità del pranzo, l’aumento netto dei consumi fuoricasa: oggi il 35% della spesa alimentare è indirizzata su bar e ristoranti. Nel carrello si riducono pane e cerali (-7,5% nel periodo 2000 – 2015) e la carne (-8,1%), ma anche i consumi di pasta e dessert scendono in casa, mentre resistono al ristorante. Un cambio di stili, di vita e di alimentazione, che ha come motore una maggiore attenzione alla salute e al benessere, che passa appunto per le scelte alimentari.

 

Vince solo la verdura: meno frutta, carne e carboidrati

Ma che mangiano oggi gli italiani? La risposta non è univoca perché esistono due grandi tendenze: una parte minoritaria di italiani che vive il rapporto con il cibo all’insegna del salutismo, e un’altra maggioritaria mangia con sempre minore attenzione al concetto tradizionale di cibo come fonte di benessere. Sul piano pratico esistono però tendenze chiare, con il calo della quota di popolazione che consuma quotidianamente carboidrati (dal 91,5% del 1995 all’80,9% del 2015) e proteine, e l’aumento di coloro che prediligono ortaggi (dal 41,8% del 1995 al 45,5% del 2015) e di chi presta attenzione al consumo di sale. Dall’altro lato cala la quota di popolazione che consuma la frutta almeno una volta al giorno (dall’82,2% del 1995 al 75,4% del 2015) e quella di chi utilizza olio di oliva e grassi vegetali per la cottura e soprattutto per il condimento a crudo.

Comportamenti opposti che Fipe rintraccia da una parte nella riduzione della spesa per pane e cereali (-7,5% a prezzi costanti nel periodo 2000 – 2015), per la carne, principalmente rossa (-8,1%), per vegetali (-11%) e frutta (-11,4%) e dall’altra nell’aumento del tasso di popolazione in sovrappeso o addirittura in condizioni di obesità, arrivate a 5 milioni di persone.

 

Colazione alla riscossa

Il diverso valore nella quantità di cibo acquistato e consumato riflette un mutamento negli stili alimentari: se nel 1995 il 76,6% della popolazione considerava il pranzo il pasto principale della giornata, nel 2015 la percentuale è del 67,2%. In diminuzione anche la percentuale di italiani che pranza a casa (dall’82,8% del 1995 al 73,4% del 2015). Di conseguenza cresce il valore della cena: il 23,2% del campione lo considera, incurante delle sirene dei nutrizionisti, il pasto principale della giornata, contro il 18,5% del 1995. Un fenomeno che purtroppo non interessa solo le fasce adulte della popolazione ma anche i bambini che assumono i modelli alimentari dei genitori. In questi ultimi vent’anni si registra anche qualche fenomeno positivo come l’aumento della popolazione che inizia la giornata con una colazione ben più sostanziosa di quanto si facesse in passato (dal 71,6% del 1995 all’81,2% del 2015). Fortemente ridimensionata è l’era del “caffè in piedi”: ora insieme a caffè e cappuccino si mangia anche qualcosa.

 

Nel mangiar fuori secondi solo alla Spagna

Una delle tendenze più nette però che evidenzia un netto mutamento degli stili di vita, di lavoro e di comportamento sociale è l’aumento dei consumi fuoricasa, e il conseguente calo dei consumi domestici. Anche se la forte “vocazione” alimentare dell’Italia non si discute: resiste il cosiddetto “modello mediterraneo”, con un peso percentuale dei consumi alimentari sul totale dei consumi che si attesta sul 14%. Per quanto riguarda il peso percentuale della ristorazione sul totale dei consumi, l’Italia con il 7,6% si pone sopra il valore dell’Eurozona (7,1%) al secondo posto dopo la Spagna (14,6%), battendo Francia, Germania e Regno Unito.

 

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