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Rajapack Italia nel racconto del suo direttore generale Lorenza Zanardi

Giovane e donna in un’azienda che ha il suo core nell’imballaggio, Lorenza Zanardi, Direttore Generale di Rajapack Italia ha oggi al suo attivo uno sviluppo aziendale decisamente interessante. Con lei abbiamo voluto comprendere cosa abbia significato (e quanto complesso sia stato) farsi strada in un settore che – a torto o ragione – nell’immaginario collettivo è visto come prettamente maschile. “Internamente al Gruppo RAJA – premette Zanardi – l’es-sere donna non è stato sicuramente un ostacolo. Grazie alla caratterizzazione peculiare dell’azienda. RAJA, in-fatti, è l’acronimo di Rachel e Janine, le due fondatrici del Gruppo e tutt’oggi la nostra presidente è una figura femminile carismatica, Danièle Kapel-Marcovici”. Per quanto riguarda invece il mercato italiano degli im-ballaggi, Lorenza Zanardi ha una visione un po’ meno rosea: “ Inizialmente – precisa infatti – ho incontrato diffidenze da parte di alcuni fornitori e clienti ma sono riuscita a farmi rispettare. Certo non nascondo che per una donna i tempi per ottenere stima e fiducia si allungano.Ogni giorno lavoro per migliorare la nostra offerta e il nostro servizio. Vivo in un contesto economico molto veloce per questo l’aggiornamento e la documentazione continua sono per me imprescindibili. Capita alle volte, purtroppo, di sentire ancora qualche battuta a sfondo ses-sista, ma passo oltre e lascio parlare i risultati per me”.

Rajapack Italia oggi ha al suo attivo un fatturato di 15,8 mio euro. Quali i principali driver di crescita?

Il nostro è un settore che taglia trasversalmente il mercato. La forza di Rajapack risiede nella capacità di trovare soluzioni di imballaggio sia per il piccolo artigiano che, non avendo la possibilità di fare stock, deve acquistare solo pochi pezzi ma ne richiede la consegna il giorno dopo, sia per il grande gruppo multinazionale che ha l’esigenza di avere macchinari di imballaggio su misura, packaging personalizzato, consegne multi-sito, accordi quadro sui prezzi e servizi di e-procurement on-line.

Il boom dell’e-commerce ha costituito una risorsa importante per l’azienda sotto un duplice profilo. È possibile una stima di quanto nell’ultimo triennio (che coincide con il vero exploit del commercio elettronico e quindi con una maggior richiesta di imballaggi) sia aumentata la domanda e – quindi – la vostra offerta?

Fornisco alcuni dati perché credo che siano rilevanti. La percentuale dei nuovi clienti che arrivano attraverso il canale web nel 2007, alla nascita di Rajapack.it, si fermava al 24%. Dal 2013 al 2016 è passata dal 70% al 79% e a gennaio 2017 ha raggiunto l’83%. Sempre nel 2016 il 68% della base attiva di tutti i clienti ha ordinato on-line. Anche per quanto concerne la percentuale di fatturato generata dal web vi è stato un notevole incremento. Se nel 2007 si fermava al 12%, oggi si attesta a quota 34%, con una crescita costante durante gli ultimi tre anni. È innegabile che il canale e-commerce abbia un ruolo rilevante, soprattutto nella fase di acquisizione di nuovi clienti. Parallelamente questo ci spinge a investire per rendere l’offerta on-line più ricca. Nel 2007 i prodotti su Rajapack.it erano solo 1.400, oggi sono 4.500 (l’incremento negli ultimi 3 anni è stato di oltre 500 unità). Segnalo che anche la tipologia di imballaggio proposta si evolve, per esempio negli ultimi anni offriamo scatole e sacchetti idonei anche per i resi, molto richiesti dal settore e-commerce. Parallelamente lavoriamo quotidianamente per rendere il customer journey on-line sempre più piacevole, facile e veloce.

La sua azienda ha conquistato il riconoscimento Netcomm per l’e-commerce: come ha fatto un’azien-da come la vostra a tagliare questo traguardo in un agone così fortemente presidiato da colossi del calibro di Amazon?

Premesso che Amazon è sempre stato per noi una fonte d’ispirazione e uno stimolo a fare sempre di più, voglio anticiparle che il nostro team web sta lavorando a un up-grade della piattaforma che permetterà una velocità di navigazione anche superiore a quella del colosso di Seattle… Quello che ci ha permesso di vincere il premio come miglior e-commerce B2B è stato comprendere che l’utente B2B è prima ancora un utente B2C, anzi H2H (human to human). L’esperienza sul web deve essere veloce, immediata, empatica, a misura d’uomo e, perché no, ironica (non è un caso, in-fatti, se realizziamo video tutorial capaci di informare ma anche di intrattenere). Da qui alcune nostre soluzioni come gli strumenti BOX e BAGSELECTOR che – tra migliaia di misure – permettono l’individuazione in pochi click del pro-prio formato di scatola o di sacchetto; oppure come il tool RAJAPRINT che fornisce subito un’anteprima on-line degli imballaggi personalizzati o il ser-vizio di e-procurement che mostra i prezzi concordati negli accordi quadro direttamente su Rajapack.it, consenten-do di collegare i sistemi gestionali dei responsabili acquisti direttamente al sito di imballaggi, evitando così un eccessivo inserimenti dati.

Le innovazioni principali?

Quelle finalizzate a rendere più efficiente l’organizzazione aziendale. Negli anni abbiamo implementato un sistema WMS a magazzino, un software di inventory- management per garantire che tutti i prodotti siano sempre a disposizione, abbiamo continuato ad avere up-grade del sito web e ad avvalerci di tutti i sistemi disponibili per la conversione degli ordi-ni on-line: conversion booster intelligente (propone in tempo reale agli utenti sconti personalizzati, tarati sul loro comportamento di navigazione), e-mail per recuperare il carrello abban-donato, strumenti di cross-selling on-line.Ora stiamo implementando un nuovo CRM e velocizzando la gestione logistica degli ordini.

Rajapack, dopo il potenziamento e il successo sul fron-te e-commerce si fregia di un’offerta multicanale. Non c’è il rischio che il settore del commercio elettronico prenda sempre più spazio fino a eclissare gli altri?

Sicuramente l’e-commerce acquisirà uno spazio crescente, ma non temo l’eclissi totale del mondo fisico…Il nostro è un organismo complesso, sempre più basato sulla multicanalità, che è quindi la nostra forza e una garanzia ulteriore per i clienti: la presenza fisica percepita dietro a quella virtuale rassicura e fidelizza anche l’utente on-line.Certo negli ultimi anni abbiamo diminuito la spesa per la stampa di cataloghi cartacei e incrementato gli investi-menti web nel SEO e SEM. Ma questo si è tradotto in una riduzione del costo di acquisizione dei nuovi clienti del 22%. La consapevolezza che in futuro stamperemo sempre meno cataloghi non è per noi un dato negativo, anzi, al di là dell’aspetto economico questa riduzione è molto importante a livello ecologico. Quanto agli altri canali, poi, c’è una sola certezza: non scompariranno e non ver-ranno cannibalizzati. Il contact-center è complementare all’e-commerce: l’ordine, infatti, non si esaurisce con la sua con-ferma on-line. Per qualsiasi esigenza il cliente ha a disposizione un servizio di customer-care pronto ad intervenire e risolvere qualsiasi problema. Inoltre alle grandi aziende che lo chiedono offriamo la possibilità di avere un esperto in loco, che studi con loro le migliori soluzioni personalizzate per le loro postazioni di imballaggio.

Innovazione e velocità contraddistin-guono la sua guida: può “raccontarci” alcune delle sue decisioni che “hanno fatto la differenza” imprimendo dinamismo competitivo alla macchina aziendale?

Senza dubbio aver investito nel web sin da subito. La digital transformation si è dimostrata un’intuizione vincente che ci ha permesso di moltiplicare il fatturato in pochi anni. Un’ottima decisione che è stata confermata anche dal fatto che siamo stata una delle prime realtà aziendali ad ottenere il Sigillo Gold di Netcomm. Se guardo invece al passato più recente tra le migliori decisioni mai prese primeggiano la scelta di investire tempo ed energia nell’acquisizione di grandi Gruppi inter-nazionali come clienti e senza dubbio l’avere saputo creare un team di lavoro competente e affiatato.

Cibo über alles. Ma non ci sono più gli italiani di una volta, parola del Censis

Prudenti e risparmiosi, gli italiani hanno affrontato la precarietà economica di questi anni da vere formichine, tanto da avere accumulato ben 133 miliardi di euro di cash cautelativo dall’inizio della crisi a oggi.

E i consumi ne hanno fatto le spese. Anche quelli alimentari (sebbene in misura minore).

Oggi la macchina sembra essersi rimessa in moto e la spesa alimentare oggi ha raggiunto il 14,3% sul totale dei consumi delle famiglie. Ecco quanto è emerso da “Il futuro dell’alimentazione: tra stili di vita contemporanei e nuovi modelli di fruizione”, la nuova ricerca Censis per Nestlé Italiana1 presentata dal direttore generale dell’Istituto, Massimiliano Valerii.

Ovviamente però il consumatore che sta rimettendo mano al borsellino ha assunto un profilo ben diverso da un tempo.

Sceglie in maniera sempre più soggettiva e si rivela pragmatico nelle scelte. A spingerlo alcuni specifici driver: funzionalità, qualità, sicurezza, eticità e italianità.

L’esito di questo mix è la scelta di prodotti diversi: dal cibo pronto e semipronto (utilizzato da oltre 31 milioni di italiani) ai cibi salutisti che siano “free from” o “plus” (26 milioni), dal take-away acquistato on line (19,4 milioni), al cibo dei distributori automatici (25,3 milioni).

E in ogni scelta non si muove a casaccio, ma si informa prima. Sul web soprattutto (con una media del 57%, che sale al 74,2% nel caso dei Millennial).

In rete si cercano e si verificano i requisiti ritenuti veramente validi e in questo la mallevadoria della marca gioca un ruolo ancora molto importante: “Gli italiani – spiega infatti Valerii – compresi i Millennial, sono disposti a pagare di più per il prodotto di marca, soprattutto quando comprano alimenti salutistici (71,1%), cibi pronti o semipronti (69,6%), prodotti nei distributori automatici 71,3%)”.

Perché la Marca è strettamente collegata al concetto di reputazione, e la reputazione è un concetto molto importante al punto che per il 35% degli italiani vale più del prezzo.

L’italianità all’estero

Se il made in Italy è importante per noi italiani, anche all’estero ha ormai assunto un ruolo interessante. Dalla ricerca Censis, emerge infatti che l’esportazione di prodotti (food e beverage) italiani nel 2016 ha toccato quota 31,3 miliardi, crescendo dal 2010 al 2016 del 41,5% e solo in un anno (dal 2015 al 2016) del 3,5%.

E non sono solo i Paesi “storici” (estimatori assodati delle nostre produzioni) ad apprezzare i nostri prodotti: è infatti sorprendente la crescente attenzione che molti paesi asiatici rivolgono ormai al made in Italy.

E questa logica conseguenza della globalizzazione, non è certo a senso unico, ma si riverbera anche nel nostro paese. E ben lo dimostra l’andamento del carrello etnico che anche in Italia è sempre più ricco (cresce infatti dell’8% nel primo semestre del 2016). Un esempio per tutti ce lo fornisce il sushi che nei primi sei mesi del 2016 in GDO ha sviluppato un giro d’affari di 31,3 milioni di euro.

Mareblu coinvolge i consumatori nel suo crowfunding

Mareblu lancia Dalla parte del blu, originale campagna di crowdfunding che da oggi chiama i consumatori a scegliere online come saranno ripartiti i 50.000 euro che l’Azienda conserviera mette a disposizione di Legambiente per sostenere quattro importanti progetti a difesa del mare:

la pulizia dei litorali e dei fondali marini della campagna Spiagge e Fondali Puliti,

le attività del Centro Recupero Tartarughe di Manfredonia (FG) per la cura e la riabilitazione di esemplari feriti,

la ricerca SOS Marine Litter sull’inquinamento dei mari italiani,

le iniziative didattiche del MuSea – Museo Vivo del Mare e della dieta mediterranea di Pollica (SA).
L’iniziativa: come funziona
Con Dalla parte del blu, la seconda azienda italiana nel mercato delle conserve ittiche si rivolge ai consumatori, facendone i protagonisti assoluti di un’innovativa campagna di sensibilizzazione ambientale capace di coinvolgere il grande pubblico e sviluppata in collaborazione con Legambiente e la piattaforma di CSR 1ClickDonation di CrowdM (https://www.1clickdonation.com/).
Collegandosi al sito www.dallapartedelblu.it, infatti, gli utenti hanno la possibilità di informarsi sui quattro progetti di Legambiente a salvaguardia dell’ecosistema marino e scegliere quello a cui “donare un click”. Questo gesto di preferenza semplice e gratuito, inoltre, potrà essere condiviso dagli utenti sui principali social network. A conclusione della campagna, che proseguirà fino al 22 maggio, Mareblu regalerà a Legambiente 50.000 euro: 25.000 euro saranno distribuiti in parti uguali fra i quattro progetti, mentre i restanti 25.000 saranno suddivisi in base al numero di click ricevuti da ciascuna iniziativa.

Una partnership per la sostenibilità
Dalla parte del blu rappresenta una significativa evoluzione e integrazione nella partnership che Mareblu ha stretto dal 2012 con Legambiente nell’ambito del suo percorso di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Mareblu, infatti, ha individuato e condiviso con la più importante associazione ambientalista italiana iniziative e progetti finalizzati al consumo responsabile, alla riduzione dell’impatto ambientale dei prodotti nel loro ciclo di vita e alla difesa dell’ambiente.
Thai Union, la multinazionale thailandese di cui fa parte Mareblu, si è infatti impegnata per far sì che tutto il suo tonno branded sia sostenibile e che entro il 2020 almeno il 75% del tonno branded sia certificato dal Marine Stewardship Council (MSC).

“Mareblu collabora con Legambiente già da qualche anno – ha dichiarato Matteo Scarpis, Direttore Generale Mareblu – “Questa collaborazione in Italia si inserisce in un più ampio e ambizioso piano strategico di sostenibilità del gruppo Thai Union, di cui Mareblu fa parte, chiamato SeaChange. Questo programma è articolato in 4 aree principali: l’Approvvigionamento Responsabile, i Processi di produzione sostenibile, la Legalità e sicurezza sul lavoro e l’attenzione per le Persone e le Comunità in cui Thai Union opera.”

Stefano Ciafani, Direttore Generale di Legambiente, ha commentato: “La partnership con Mareblu prosegue su un percorso di confronto e collaborazione fecondo per noi e per l’azienda, che in questi anni ha sviluppato un approccio alla sostenibilità sempre più proattivo, concreto e virtuoso anche per il suo business. Il lavoro messo in campo per migliorare le prestazioni ambientali della filiera produttiva di Mareblu è il risultato concreto e tangibile di questo lavoro comune.”

Big data e realtà aumentata: le nuove frontiere dello store

Big data, realtà aumentata  e tecnologia indossabile: l’esperienza d’acquisto si fa sempre più personalizzata sia online sia in negozio. Morale? Ci sono tutti i presupposti perché il futuro della vendita al dettaglio venga rivoluzionato.

Ecco quanto emerge da un nuovo studio europeo condotto da Epson (il principale produttore di POS in Europa) al quale hanno preso parte 17 esperti di settore provenienti da tutto il mondo e oltre 7.000 dipendenti full-time europei. Il 72% degli europei (il 77% degli italiani) attualmente impiegati nel settore retail & hospitality intervistati ritiene che le vendite diventeranno sempre più personalizzate e che il personale contribuirà a migliorare l’esperienza di acquisto, confermando il ruolo dei negozi fisici nel ciclo d’acquisto.
Vediamo più nel dettaglio quanto emerge della ricerca.

Big Data
Se da un lato circa la metà degli intervistati (49% europei; il 52% degli italiani) è dell’idea che i big data avranno un impatto positivo sull’intero settore, il 42% degli europei (il 36% degli italiani) teme che i clienti non rinunceranno alla protezione dei loro dati a favore di un’esperienza di acquisto più personalizzata (percentuale che raggiunge il 64% tra gli over 50 e si attesta invece sul 50% per i Millennial). Ciò solleva importanti questioni circa la relazione tra rivenditori e clienti.
 
Questo aspetto è molto importante e deve essere valutato attentamente affinché i punti vendita possano sfruttare appieno le opportunità offerte dalla tecnologia. Dallo studio è emerso che il 73% (e ben il 79% degli italiani) dei dipendenti nel settore in oggetto ritiene che mediante l’uso dei dispositivi personali sarà possibile intensificare la relazione tra clienti e rivenditori.

Brick and mortar store

I negozi fisici continueranno ad avere un ruolo prioritario: secondo le stime, in media il 56% (il 57% italiani) delle decisioni di acquisto continuerà, almeno per i prossimi anni, ad essere presa in negozio.
 
Tuttavia, subiranno probabilmente profondi cambiamenti. Verranno introdotte nuove iniziative, ad esempio il riconoscimento automatico dei clienti, per fornire un’esperienza di acquisto ultra-personalizzata, come previsto dal 72% degli intervistati (e ben il 77% degli italiani). Secondo il 46% (il 50% degli italiani), inoltre, i negozi non terranno più merci a magazzino e sfrutteranno la realtà aumentata per fornire ai clienti suggerimenti e servizi personalizzati (63% vs il 66% degli italiani), creando on-demand prodotti su misura all’interno del punto vendita.

Gli ostacoli non mancheranno e tra questi i i costi associati all’implementazione delle nuove tecnologie (considerati una problematica dal 63% degli intervistati, il 62% degli italiani) e la formazione dei dipendenti (necessaria secondo il 40%; il 32% degli italiani).
 
Le principali tendenze
Ecco le principali tendenze emerse dallo studio:
Nascita degli Augmented Shopper:  il 69% (77% degli italiani) sostiene che, attraverso la simulazione in qualsiasi ambiente (a casa, al lavoro o in negozio), i clienti potranno immaginare l’utilizzo di un determinato prodotto. Di conseguenza, la realtà aumentata fornirà loro un’esperienza sensoriale unica. Nello stesso tempo, il 57% (67% per gli italiani) ritiene che la realtà aumentata offrirà un’esperienza di acquisto sociale e divertente, creando un senso di comunità attorno al marchio. Inoltre, con l’evoluzione del POS, i tempi di attesa nei negozi verranno eliminati. Questo è ciò che afferma il 45% degli intervistati europei (il 42% degli italiani). Il riconoscimento automatico dei clienti nei punti vendita consentirà un’esperienza ultra-personalizzata con un servizio velocissimo: il 53% (60% degli italiani) ritiene, infatti, che le transazioni verranno effettuate automaticamente grazie ad appositi sensori.
 
Maggiore afflusso di clienti grazie alle driverless car: quasi la metà degli intervistati (46% e il 55% degli italiani) ritiene che l’utilizzo delle auto senza conducente potrebbe essere un fattore determinante, in quanto comporterebbe la riduzione del traffico nelle principali aree commerciali.
 
Consulenti di fiducia all’interno dei punti vendita: il 60% degli intervistati europei (58% degli italiani) ritiene che in futuro non ci saranno più responsabilità a livello di transazioni e di cassa, mentre il 74% (e ben l’81% dei rispondenti italiani) sostiene che i dipendenti diventeranno veri e propri esperti e “consulenti di fiducia” nel loro settore, capaci di fornire immediatamente informazioni aggiornate ai clienti per soddisfare le loro esigenze. Affinché il personale possa fornire valore aggiunto dove la tecnologia non arriva, è necessario acquisire nuove conoscenze seguendo più corsi di formazione.
 “Gli ambienti di lavoro e gli spazi in cui viviamo diventeranno sempre più interconnessi – ha commentato  Minoru Usui, Presidente di Epson -. La tecnologia, inoltre, sta trasformando negozi, fabbriche, uffici, case, ospedali e scuole, ovvero i luoghi che determinano il corso della nostra vita. Come azienda, Epson promuove il cambiamento tecnologico sviluppando soluzioni in grado di aumentare l’efficienza e la produttività di collaboratori e dipendenti. Le tecnologie Epson, tra cui i dispositivi indossabili, i robot, le stampanti e le soluzioni di visual imaging, sono progettate per offrire nuove opportunità nel settore retail secondo una prospettiva futura”.

Smartphone batte pc 1 a 0. E il ROPO ci mette lo zampino

Smartphone, grande passione degli italiani. Anche e soprattutto nello shopping. A dirlo L’Osservatorio Tikato che ne ha misurato le performances su Piucodicisconto,  piattaforma leader in Italia nel settore della scontistica online.

L’esito dell’indagine? I numeri parlano chiaro: nel 2016 si è avuto il punto di svolta si è avuto. Se durante il 2015, infatti, gli accessi al sito erano ancora dominati dal personal computer (il 57,24% delle sessioni erano provenienti da desktop, solo il 33,75% da mobile e una quota del 9,01% da tablet), lo scorso anno le cose sono radicalmente cambiae.

In cima al podio, infatti, troviamo nel 2016 i dispositivi mobile, attraverso i quali viene effettuato il 46,55% delle sessioni; la visione via desktop è invece misurata nel 46,37% delle sessioni annuali; infine la quota tablet viene ancora più compressa, e totalizza solo il 7,08% delle sessioni.

«Il sorpasso dei dispositivi mobili è ormai un dato appurato – afferma Alberto Reghelin dell’Osservatorio Tikato, che analizza le tendenze degli acquisti sul web –. Dal punto di vista dei comportamenti diffusi, si può spiegare con il cosiddetto ROPO, acronimo inglese che sta per “Research offline, purchase online”. Il consumatore frequenta ancora il negozio fisico, vuole toccare con mano prodotti di elettronica e capi di abbigliamento, elementi spesso imprescindibili per la scelta. Ma poi, al momento di fare il passo successivo, l’acquisto, tende a rivolgersi al mercato online, dove va alla caccia dei prezzi più convenienti. Complice di questo comportamento è ovviamente lo smartphone, che consente di effettuare ricerche “in diretta”: mentre si osserva l’oggetto dal vivo del negozio, con gli occhi sul piccolo schermo digitale si scandaglia il web alla ricerca dell’offerta imperdibile».

Milano la città più “mobile” fin dal 2015

L’analisi degli accessi svela un dato interessante: Milano era una città “mobile” già nel 2015. Nella metropoli lombarda infatti le sessioni da smartphone superano in quell’anno quelle da desktop (l’8,86% degli accessi totali al sito contro il 6,92%), contrariamente a quanto accade a Roma (accessi desktop al 7,80% del totale, accessi da mobile al 6,93%) e a Napoli (2,85% da desktop, 1,87% da mobile). Il 2016 vede invece gli acquisti da smartphone affermarsi in tutte le tre città sul podio dello shopping online: Milano (mobile 9,32%, desktop 5,09%), Roma (mobile 9,15%, desktop 6,31%) e Napoli (mobile 2,50%, desktop 2,04%).

 

Vino e Millennial: scelte d’acquisto e modelli di consumo

Vino e Millennials: si profilano nuove scelte d’acquisto e modelli di consumo.

È quanto emerge dalla ricerca di PwC “Il settore del vino in Italia e la generazione Y”, condotta tra 450 consumatori online italiani tra i 18 e i 34 anni.
 
“Per le aziende del settore – precisa Erika Andreetta, Retail Consulting Leader di PwC –  è oggi fondamentale capire chi sono i Millennial, come si muovono nelle diverse fasi del processo di acquisto, online e offline, come influenzarli e ingaggiarli utilizzando i loro codici comunicativi per proporre l’esperienza del vino in nuove forme e cosi fidelizzarli al brand”.
 
I numeri dei Millennial
In Italia il 32% delle clienti donna che consuma vino è della generazione Millennial, il 25% tra i consumatori uomini.  Il dato di consumo 2016 registra, rispetto al 2014, una crescita del +12% tra le Millennial donna e del +13% tra gli uomini.
 
In generale, i Millennial si rivelano poco fedeli ad un solo brand o uno specifico gusto; a guidarli nella scelta è  – in primis – il prezzo –  seguito da caratteristiche del prodotto come uvaggio (3°), annata (4°) e provenienza (5°), e fattori più “sociali” come l’occasione (2°) di consumo ed il packaging (6°).
 
Il canale e-commerce
La vendita di vino online registra su scala globale una forte crescita, sia in mercati già più avanzati nell’e-commerce come USA e Cina, sia in paesi meno maturi sotto tale profilo come l’Area Euro. I Millennial rappresentano il vero motore di questo trend: da un lato perché i loro consumi di vino sono maggiori rispetto alla Generazione X, dall’altro perché si avvalgono con più facilità dell’offerta online.
 
Sono significativi i dati della generazione Millennial in Cina, fortemente “wine-lover”. Il 26% dei Millennial cinesi comprano vino da consumare a casa attraverso il canale online e WeChat è la piattaforma più utilizzata del settore. Inoltre il 40% preferiscono scoprire le caratteristiche del prodotto consultando siti e blog.
 
A livello di scelte, il vino italiano è al 5°posto tra i paesi fornitori, con il 5% di quota di mercato contro il 44% della Francia. Il dato è tuttavia in crescita, confermato dal +32% a valore (+15% a volume) registrato nel 2016 dall’export di vini italiani in Cina rispetto al 2015. A questo contribuiscono i Millennial cinesi, che gradiscono il vino italiano, con il 14% dei consumi dietro soltanto ai francesi (30%). Inoltre, l’89% dei winelover cinesi frequenterebbe un corso per conoscere meglio i vini italiani.
 

Bayernland inaugura un completo restyling del packaging

Bayernland, realtà tedesca, leader nel comparto del lattiero-caseario, inaugura il completo restyling del packaging, nell’ottica di consolidare il posizionamento nel mercato italiano.
L’azienda ha infatti coinvolto il team di grafici creativi dell’agenzia White Red & Green di Verona, per realizzare una soluzione del tutto nuova, essenziale e chiara nell’esplicitare le componenti del prodotto.
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Più di 80 prodotti coinvolti, e distribuiti dall’Alto Adige alla Sicilia: dai formaggi stagionati ai freschi, al latte, ai formaggi a fette, ai dessert, con una coerenza che conferisce unicità e forza al prodotto stesso. L’immagine che ne deriva è una grande dinamicità nello sviluppo della qualità, a garanzia del gusto e della salute del consumatore.
La prevalenza del bianco, come simbolo di purezza e trasparenza e igiene, trasferirà al cliente la freschezza e l’alta qualità del latte bavarese con cui la gamma dei prodotti deriva. L’immagine del prodotto ben visibile sul pack anticipa la freschezza del contenuto. Ad arricchire le nuove confezioni, le foto dei verdi prati bavaresi, garanzia di affidabilità dell’origine del latte. Ben visibile la mucca “coccolata” sul sofà, protagonista delle campagne di marketing e di spot televisivi.
La pratiche confezioni sono tutte richiudibili per mantenere inalterato il prodotto dopo l’apertura.
Ad accomunare il packaging di tutte le referenze, messaggi studiati per creare una comunicazione diretta con il consumatore, quali “il gusto della campagna, “squisito, fresco e cremoso”, “gusto delicato e tradizionale”, che si aggiungono a claim dirette come “senza conservanti”.
L’identificazione del prodotto a scaffale sarà in questo modo semplice e immediata e per il consumatore  sarà facile reperire con facilità le informazioni che cerca.

TUTTOFOOD 2017, un evento di sistema per condividere conoscenze

TUTTOFOOD 2017 non sarà solo una vetrina per gli operatori del settore, ma un evento di sistema.

È questa la definizione che Roberto Rettani, presidente di Fiera Milano dà della manifestazione che, in programma a Rho dall’8 all’11 maggio, si ripropone di coinvolgre gli operatori della filiera per condividere conoscenze.

Una sorta di “barometro delle tendenze”, spiega il presidente.

In linea con questa impostazione si inquadrano due iniziative che coinvolgono professionisti del comparto alimentare e consumatori: la ricerca curata da IPSOS e Spazio Nutrizione, l’evento leader in Italia nel dibattito scientifico sulla nutrizione e che quest’anno, per la prima volta si terrà all’interno di TUTTOFOOD.

Spazio e Nutrizione

Michele Carruba, Conferenza stampa Tuttofood Photo: © Andrea Pisapia/Spazio Orti 14
Michele Carruba, Conferenza stampa Tuttofood
Photo: © Andrea Pisapia/Spazio Orti 14

“Quest’anno Spazio Nutrizione- spiega Michele Carruba, direttore del centro di studio e ricerca sull’obesità dell’Università di Milano e memro del Comitato scientifico di questo evento – toccherà vari aspetti relativi alla nutrizione e sarà declinato in vari workshop attineti alla nutrizione adulta, pediatrica, sportiva e femminile. Il fil rouge sarà quello del pieno rispetto della tradizione”.

Il programma dei 4 giorni

Lunedì 8 maggio: sicurezza alimentare, obesità, dimagrimento e controllo del peso, utilizzo di probiotici.

Martedì 9 maggio: nutrizione funzionale nel primo anno di vita, salute della donne, disturbi alimentari, ristorazione collettiva, integrazione e salute

Mercoledì 10 maggio: dieta mediterranea a stili di vita corretti

Giovedì 11 maggio: nutrizione e cancro, nutrizione e fertilità nella coppia, nutrizione nei primi tre anni di vita.

La ricerca Ipsos

Consumatori e aziende: c’è finalità di intenti? Ovvero: la domanda coincide con l’offerta?

Il quesito è legittimo perché solo andando nella stessa direzione si possono ottimizzare i risultati. Nasce da qui la ricerca Ipsos che si ripropone, appunto, di verificare se c’è corrispondenza tra le due parti.

Per i consumatori, salute,benessere, prezzo e servizio sono dei must.schermata-2017-03-03-a-11-35-22

A conferma di questi trend emerge infatti l’importante tasso di crescita del biologico (+20% a valore), l’attenzione per i prodotti free from, l’mportanza dela sostenibilità della filiera e l’andamento positivo di: surgelati pronti al consumo, surgelati pronti da cuocere, piatti/ sughi pronti.

Chiaro segno della crescente importanza attibuita al contenuto di servizio, al benessere fisico e alla sostenibilità.

schermata-2017-03-03-a-11-36-24Ed eccocci all’altro lato della medaglia, i prodotti  visti in calo dai consumatori: oli e grassi vegetali, alcol, carni rosse, energy, latticini e derivati del latte: in questo caso l’effetto salute (evidentemente) fa sentire il suo peso in senso opposto….

Questo il mood della domanda. E gli operatori?

La ricerca Ipsos sottolinea come le evidenze appena illustrate siano condivise anche  da loro, ma è pur vero sul versante dell’offerta viene dato un maggior peso ad altri aspetti: nuovi formati e prodotti maggiormente orientati al servizio.

Nei prossimi 5 anni

Prezzo, qualità (strettamente legata alla regionalità e alla qualità delle materie prime) sostenibilità e etichettatura dettagliata sono i driver ritenuti vinecenti nei prossimi 5 anni.schermata-2017-03-03-a-11-37-05

Tra le criticità maggiormente temute emerge il tema dell’Italian sounding ritenuto grave dal 61% dl campione e da un 10% valutato passibile di complicazioni nel futuro.

 

I numeri di TUTTOFOOD

Il nuovo layout è occupato al 92%

Oltre 2.200 glu hosted buyer profilati

110 i paesi da cui si attendono visitatori

 

 

 

 

 

Mozzarella Bistrot apre a Milano nel Mondadori Megastore di via Marghera

Mozzarella Bistrot di Fattorie Garofalo debutta nel Mondadori Megastore di via Marghera a Milano.

Bianco latte, color legno e tonalità di verde le nuances che caratterizzano il format.

Cucina a vista, in nome della trasparenza, e specialità a base di bufala la cifra gastronomica peculiare.

Lo store dispone anche di un’area convegni che integra l’offerta culinaria e quella culturale e proietta il locale in una dimensione più ampia e globale.

In occasione di questa apertura la celebre chef campana Rosanna Marziale propone una ricetta ad hoc: Mozzarella Marghera.

 

 

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Pesce d’allevamento, il grande assente alla ricca mensa del biologico

Problema: il biologico avanza ovunque da anni (con un +21% nel 2016), ma fatica a decollare per quanto riguarda il pesce. Altro problema, ben più grave: la pesca intensiva ha impoverito i nostri mari a tal punto da mettere a serio rischio la stessa esistenza della gran parte di specie marine. Eppure la soluzione è proprio lì, nel pesce d’allevamento biologico. Spigole e orate da allevamenti biologici stentano purtroppo ad affermarsi sia sul fronte dell’interesse dei produttori sia su quello del gradimento dei consumatori.

Ha cercato di porre rimedio a questo stato di cose e cambiare il polso del mercato il CREAConsiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria con il suo Centro di Zootecnia e Acquacoltura, con il progetto chiamato con il nome del mitico pescatore a cartoni, Sampei II, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile del CNR.

Il progetto, durato 36 mesi e finanziato dal Mipaaf,  ha inteso favorire l’adozione di modelli produttivi sostenibili in acquacoltura, a cominciare da quello biologico, nonché incentivare i consumi nella ristorazione collettiva pubblica. 

Più nutriente rispetto all’intensivo

Sul versante della produzione, SANPEI 2 ha affrontato e studiato per la prima volta una possibile futura fonte sostenibile di giovanili per avviare le produzioni biologiche locali, mediante la creazione di parchi riproduttori provenienti dalle numerosissime aree lagunari presenti sul territorio italiano. Infatti, sono stati prelevati dai laghi costieri del Parco Nazionale del Circeo giovanili selvatici di specie marine di interesse commerciale per creare un parco riproduttori biologico e poi sono stati verificati gli effetti sulla qualità del prodotto, dopo un periodo di allevamento sperimentale in regime biologico. Le analisi svolte hanno evidenziato come i giovanili selvatici di orata, provenienti da ambienti lagunari di alto valore ecologico, rispetto a quelli provenienti dagli allevamenti intensivi, presentino una qualità nutrizionale migliore in termini di valori più elevati di acidi grassi omega-3 come nel rapporto omega-3/omega-6 oltre che di alcuni macro e micro-elementi (sodio e magnesio, rame e ferro).

Inoltre, in collaborazione con le associazioni di categoria del settore, è stato messo a punto e distribuito un questionario destinato alle imprese associate, volto ad inquadrare le problematiche che impediscono lo sviluppo dell’acquacoltura biologica in Italia, come ad esempio i costi di produzione e di certificazione, i mangimi poco performanti e la ancora scarsa domanda del mercato.

Per quanto riguarda il consumo, invece, SANPEI II ha effettuato un’analisi della filiera, dai produttori alle mense scolastiche e universitarie, in comuni metropolitani e costieri, sia valutando i costi di approvvigionamento, distribuzione e preparazione, sia verificando la fattibilità tecnica, logistica e organizzativa. I risultati mostrano che è fattibile e conveniente introdurre pesce fresco di allevamento invece di prodotto surgelato della pesca di specie intensamente sfruttate.

Infine, un’indagine effettuata su 1.176 studenti, fruitori delle mense universitarie della Sapienza di Roma e del Politecnico di Torino, ha rivelato che il 20% del campione non prende mai pesce in mensa perché lo reputa di cattiva qualità, ma il 60% (il 27% tra quelli che non lo prendono mai) sarebbe disponibile a pagare di più per avere pesce di maggiore qualità. Un dato interessante, anche perché parliamo di studenti con mediamente disponibilità finanziarie si suppone non altissime. Sul campione, inoltre, è stato sperimentato con un buon gradimento il pesce intero al cartoccio (spigola a Roma e trota a Torino), una preparazione che permette di risparmiare i costi della lavorazione in filetti, per reinvestire sulla qualità del prodotto scelto. Sul fronte dei consumatori più piccoli, gli studi svolti hanno rilevato che, senza interventi educativi specifici, anche l’introduzione di nuove ricette a base di pesce non ne aumenta il consumo.

Secondo il Crea,  il pesce sarebbe tra gli alimenti più “difficili” per i bambini e un’educazione alimentare efficace va ripensata concentrandosi non tanto sul singolo alimento, ma su

Per promuovere il consumo di pesce sostenibile nelle mense scolastiche e anche un approccio “etico” all’alimentazione, dove la qualità delle relazioni intorno al cibo (con se stessi, gli altri e l’ambiente) conta più della qualità degli alimenti, il Crea ha prodotto nell’ambito del progetto uno spettacolo teatrale “A tavola! Relazioni biologiche” da mostrare agli studenti.

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