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Doxa-Aidepi: prima colazione dolce o salata? Così la fanno gli italiani

Dolce o salata? È questo il tema al centro dell’indagine svolta dall’Osservatorio Doxa-Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta) sulla prima colazione degli italiani.

Secondo l’indagine Io comincio bene, chi salta la colazione passa in soli 2 anni dal 14% al 9%. Una tendenza molto netta (parliamo di una riduzione del-35%) che riguarda, per fortuna, soprattutto i giovani: oramai fa colazione il 98% dei ragazzi (15-24 anni), mentre nel 2013 erano l’84%.

I risultati confermano che il 65% degli italiani la fa abitualmente all’insegna del dolce, cosi come da tradizione mediterranea e italiana. Mentre 2 su 10 (19%) alternano la colazione dolce e quella salata e solo il 7% la fa esclusivamente salata.

Anche il caffè, a colazione, è per la grande maggioranza degli italiani solo e sempre dolce: il 68% dei nostri connazionali lo completa con l’aggiunta di zucchero, miele, o dolcificante, mentre 1 su 4 lo prende amaro (25%). Una modalità, quest’ultima, che è particolarmente apprezzata dai giovani under 35.

La minoranza che sceglie di aprire la giornata all’insegna del “salato” lo fa soprattutto per una ragione di gusto: in primis perché il salato, piace di più rispetto al dolce (49%), e in secondo luogo perché il dolce non piace molto in generale (21%). Alcuni confessano però che si svegliano affamati e il salato li sazia di più (16%). Solo una piccola parte (16%) considera invece la colazione salata “più salutare di quella dolce”.

Re della colazione salata è il pane che tra pane del panificio (44%) e versione confezionata (28%) raccoglie il 72% delle preferenze.

Al contrario il modello di breakfast anglosassone sembra non attecchire proprio.

Molto bene il toast (34%) che è un vero e proprio “must” nella colazione dei più giovani tanto da raggiungere il 70% delle preferenze di chi fa colazione salata. Crakers, salumi, uova e focaccia si attestano nella fascia 24-27%, mentre più indietro troviamo i grissini (14%) e la pizza (10%).

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Ma com’è composta la colazione dolce?

Tra i prodotti preferiti dagli italiani a colazione al primo posto troviamo infatti i biscotti, scelti da 6 italiani su 10 (58%), seguiti da fette biscottate, con o senza marmellata, miele e creme spalmabili alla nocciola o al cacao (19%).

A seguire, più o meno a pari merito (tra il 7% e il 9% dei consensi), 3 gruppi di alimenti: cereali/muesli; merendine/brioches/cornetti confezionati e yogurt.

La colazione dolce è particolarmente amata dalle donne che la preferiscono agli uomini (71% contro 59%) ed è anche la tipologia preferita dai più giovani (70% contro media del 65%).

Inoltre c’è una schiera di aficionados del dolce a colazione (43% degli italiani) che lo consumano solo in questa occasione e per niente nel resto della giornata.

«La colazione dolce – spiega la nutrizionista Valeria Del Balzo – a base di latte o yogurt e accompagnata da biscotti o cereali da colazione o fette biscottate con marmellata o crema spalmabile alla nocciola e un frutto, presenta un contenuto calorico che si colloca in un range di 290-315 kcal, più basso di circa 100-150 kcal rispetto a quella salata, ma è senz’altro un’ottima scelta dal punti di vista nutrizionale grazie al giusto mix di carboidrati, in particolare zuccheri, che sono fondamentali al mattino per migliorare la performance cognitiva, proteine, vitamine e una bassa quantità di lipidi».

I motivi per i quali la grande maggioranza degli italiani preferisce la colazione dolce sono quattro: al mattino il dolce aiuta ad attivarci prima (48%, con punte del 69% per i giovani); in generale il dolce piace più del salato (46%); la colazione è il momento del dolce (28%) e infine perché una colazione a base di dolce è più leggera (23%).

Infine 1 italiano 2 pensa (indipendentemente dal fatto che personalmente scelga un modello o l’altro di colazione) che la colazione dolce sia più adatta a bambini e adolescenti rispetto a quella salata (56%) o al massimo un mix delle due (41%).

Confcommercio compie 70 anni: come sono cambiati i consumi degli italiani

Un reparto ortofrutta di oggi (Unes) e Venditori ambulanti di cavolfiori espongono la merce su carretti, foto di Federico Patellani (Museo di Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo)

Il 29 aprile ci sarà la manifestazione ufficiale per i 70 anni di Confcommercio.  Fondata nel 1945, su iniziativa di alcune libere Associazioni dei Commercianti provinciali del Centro-Sud e di categoria, la Confederazione del commercio e del turismo ha seguito l’evoluzione della società italiana in questi settant’anni. Ed è interessante la ricostruzione che fa del cambiamento dei consumi delle famiglie in questo arco di tempo, prendendo come punto di riferimento il 1938, due anni prima dell’entrata in guerra.

Alla fine della seconda guerra mondiale, in un contesto di sopravvivenza, i consumi delle famiglie italiane erano rivolti per circa l’80% a generi alimentari e bevande (negli anni prebellici erano intorno al 54%). Mediamente il prezzo del pane, calcolato con i valori attuali in euro, era pari a poco più di un euro al chilo, un litro di latte costava 1,03 euro, un chilo di pasta circa 2 euro, un chilo di carne bovina 13 euro.Schermata 2015-04-27 alle 10.42.35

Già nel 1955 i consumi si erano diversificati e la quota di consumo dei beni e servizi aveva raggiunto il 39%, mentre i generi alimentari scendevano al 50%. Questa tendenza negli ultimi 60 anni si è progressivamente accentuata.

Oggi, in una società post-industriale e fortemente terziarizzata, il consumo di beni e servizi non alimentari supera il 75%, mentre la spesa per i prodotti alimentari rappresenta meno del 20%.

Fermo restando la diversificazione nella qualità e nella varietà dei prodotti in commercio, attualmente un chilo di pane costa in media 2,80 euro, la pasta 1,60 euro al chilo, un litro di latte 1,55 euro, la carne bovina poco più di 16 euro. Per pasta, uova ed olio i prezzi sono in media più bassi che negli anni ’50.

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Anche il sistema distributivo è radicalmente cambiato. Nell’immediato dopoguerra gli esercizi commerciali totali al dettaglio non raggiungevano le 800mila unità, di cui circa 250 mila erano operatori in forma ambulante.

Migliorando nel corso degli anni ‘60 e ‘70 le condizioni di vita e di reddito dei cittadini, la rete degli esercizi si è ampliata sul territorio superando nel 1971 complessivamente 1 milione di unità. Oggi la rete si è assestata al di sotto dei 950 mila unità di cui otre 188mila ambulanti.

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Nel 1945 l’Italia era povera e, pur uscendo da un lungo e doloroso conflitto bellico, evidenziava un debito per abitante inferiore rispetto al reddito prodotto. Negli anni ’60 si registrava il “periodo d’oro”, con un Pil per abitante, calcolato con i valori attuali, che, sulla spinta del boom economico, superava i 9mila euro e un debito pubblico che per ogni italiano era di soli 2.300 euro: il Pil prodotto era 4 volte circa superiore al debito accumulato. A partire dagli anni ‘70 il divario tra Pil e debito pubblico si è iniziato ad assottigliare per invertirsi completamente dagli anni ‘90. Oggi a fronte di un Pil per abitante pari a circa 27 mila euro, ci sono oltre 35mila euro di debito per ogni italiano.

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Istat: vendite a febbraio positive, crescono discount e supermercati

Una crescita dei consumi ancora fragile e incerta è quella registrata ieri dall’Istat relativamente al mese di febbraio: per il terzo mese consecutivo le vendite al dettaglio registrano un segno positivo. La gdo cresce, in particolare i discount.

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Rispetto a un anno fa, scrive l’Istat, l’indice grezzo delle vendite segna un aumento dello 0,1%. L’indice del valore delle vendite di prodotti alimentari aumenta dello 0,5%, quello dei prodotti non alimentari, invece, diminuisce dello 0,3%. Restano invece negative le vendite rispetto a gennaio 2015: -0,2% quelle dei prodotti alimentari e -0,1% i non alimentari.

Nel confronto con il mese di febbraio 2014 si registra una variazione positiva dello 0,8% per le vendite delle imprese della grande distribuzione e una diminuzione dello 0,5% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici.

Nella grande distribuzione le vendite aumentano, in termini tendenziali, dell’1% per i prodotti alimentari e dello 0,5% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici le vendite segnano variazioni negative dell’1% per i prodotti alimentari e dello 0,5% per quelli non alimentari.

Schermata 2015-04-23 alle 10.06.10Con riferimento alla tipologia di esercizio della grande distribuzione invece a febbraio 2015 si registrano aumenti dello 0,4% per le vendite degli esercizi non specializzati e del 3,5% per quelle degli esercizi specializzati. Tra i primi, aumentano dello 0,2% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e del 2,8% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare.

In particolare, per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, aumentano le vendite di discount e supermercati (rispettivamente +3,6% e +0,2%) mentre diminuiscono quelle degli ipermercati (-1,5%).

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Di fronte a questi dati, il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli ha commentato positivamente il fatto che “si registri una leggera crescita delle vendite di prodotti alimentari, un fattore che può contribuire a dare stabilità all’ancora debole percorso di ripresa della domanda interna”, ma ha rilevato che il -0,3% dei non alimentari sia un “segno che non si è ancora consolidato nei consumatori un atteggiamento di fiducia sul futuro che li possa portare ad affrontare con più regolarità e intensità anche acquisti più impegnativi”.

Ricordando poi che il recente Documento di Economia e Finanza emesso dal Governo va nella direzione giusta, escludendo per il 2016 l’applicazione delle clausole di salvaguardia inserite nelle ultime Leggi di Stabilità che, tra l’altro, avrebbero previsto l’innalzamento delle aliquote Iva dal prossimo anno, ha aggiunto: “Riteniamo però che sia importante fare di più: le imprese distributive per programmare i propri investimenti hanno bisogno di scenari certi, e la spada di Damocle di un possibile aumento dell’Iva dal 2017, con i suoi effetti su prezzi e consumi, frena i progetti di sviluppo. È necessario quindi rafforzare spending review, vendita del patrimonio dello Stato e lotta all’evasione per recuperare le risorse necessarie a scongiurare l’aumento delle imposte indirette. Per la GDO permane inoltre un ulteriore punto di preoccupazione: la reverse charge, un dispositivo che, se attuato, comporterebbe per il settore gravi problemi finanziari ed economici, oltre a significativi costi organizzativi”.

Dolce Buongiorno Findus al debutto nella prima colazione

Continua la strategia di Findus (Compagnia Surgelati italiani) di innovazione e di presidio di nuove occasioni di consumo con i prodotti surgelati. Questa volta è la prima colazione. Dolce Buongiorno si chiama infatti la linea di prodotti per accompagnare il risveglio degli italiani e per fare della prima colazione anche qualcosa di diverso: oltre ai croissant alla confettura di albicocche e cacao e cioccolato, che ci si poteva aspettare, vi sono waffles in due varianti classici o al cioccolato, crêpes al cioccolato o alla crema pasticcera.

Tutti i prodotti della linea Dolce Buongiorno Findus sono già pronti ed è sufficiente farli rinvenire in forno o al microonde per qualche minuto (le crêpes anche in padella e i waffles anche nel tostapane).

A sostenere il lancio dei nuovi prodotti una campagna televisiva, on air dal 19 aprile

Con Kiki Lab una preview del prossimo World Retail Congress

La trasformazione del retail oggi, domani e oltre è il tema scelto per la prossima edizione del World Retail Congress, in programma a Roma dall’8 al 10 settembre. È la prima volta che il Congresso, che attira ogni anno un migliaio di retailer provenienti da tutto il mondo, si svolge in Italia (al Waldorf Astoria Rome Cavalieri) e costituisce un’occasione importante per misurarsi con le realtà più avanzate del retail a livello mondiale.

Tra i key note speaker hanno già dato la loro adesione Andy Clarke, Ceo di Asda Walmart, Kip Tindell, Ceo di The Container Store e Oscar Farinetti, fondatore e Ceo di Eataly (che per due volte si è aggiudicato il World Retail Award, che anche quest’anno verrà assegnato ai migliori esempi su scala internazionale.

Nei tre giorni di convegno, intervallati da seminari e dal networking nel maketplace, saranno affrontati i diversi aspetti che stanno trasformando il retail, a partire dalle sfide per arrivare alle risposte e alle strategie messe in atto, alle riflessioni sul futuro.

Per offrire una preview del World Retail Congress, Kiki Lab (membro di Ebeltoft Group), nel ruolo di Advisory partner ufficiale del Congresso organizza un incontro mercoledì 13 maggio con la partecipazione di Ian McGarrigle, direttore del Wrc, e Annie Smith, responsabile dei contenuti del Wrc che presenteranno il congresso, Fabrizio Valente che illustrerà gli highlits del Wrc 2014 e le testimonianze di Oscar Farsetti, e di alcuni speaker italiani al prossimo congresso. Qui il programma.

Per richiedere l’iscrizione all’incontro: kiki@kikilab.it – 030 22 16 81

In sette anni raddoppiati i consumatori di pasta tra gli immigrati

Sempre più immigrati apprezzano la pasta: negli ultimi sette anni sono raddoppiati i consumatori del piatto nazionale, passando a 4 milioni e mezzo.

Lo afferma a V edizione dell’Osservatorio Immigrati realizzato da Doxa per Etnocomche attribuisce proprio all’apprezzamento di una fetta della popolazione pari al 10% del totale la tenuta dei consumi pro capite di pasta, che negli ultimi venti anni registra una curva di consumo costante (all’interno di un range compreso tra 25,5 e 28[ii] kg pro capite annuo).

“Scoprire che la pasta è riuscita a conquistare così tante persone, provenienti anche da Paesi con culture alimentari diverse e distanti dalla nostra – spiega Riccardo Felicetti, Presidente della Sezione pasta di AIDEPI (Associazione Industriali del Dolce e della Pasta Italiani) – è una ulteriore conferma della effettiva e naturale natura globale di questo prodotto. La crescita dell’export  – arrivato a quota 2 miliardi di euro nel 2013, registrando un +25% negli ultimi 10 anni – è la faccia più nota della medaglia. Adesso, grazie ai dati messi a disposizione da Etnocom, scopriamo che la pasta italiana sta conquistando il mondo interro anche all’interno dei suoi confini nazionali. Il segreto di questo successo riscosso dalla pasta presso gli immigrati? Ha un gusto che conquista, fa bene ed è alleata del benessere , è un alimento completo e saziante, essendo anche apportatore di proteine. E, soprattutto, è accessibile a tutti”.

La pasta si conferma dunque saldamente al primo posto tra i generi alimentari più consumati: prima del riso e, new entry, delle verdure e dei legumi surgelati. In termini di frequenza la pasta – con le sue 14,5 porzioni al mese – batte decisamente il riso (9,5) ma anche il cous cous (6,6). Viene acquistata – 8 volte su 10 – al supermercato, scegliendo, nel 70% dei casi, prodotti di marca.

Il 45% degli immigrati mangia la pasta 4 o più volte a settimana.  Il 51% da 1 a 3 volte e solo il 5% meno di 1 volta la settimana. Uno su 5 la mangia addirittura tutti i giorni.

Le etnie più amanti della pasta sono, oggi, quelle che provengono dall’Est Europa (passate, in termini di peso sul totale immigrati, dal 40% del 2010 al 54% di oggi), dove i consumatori della pasta arrivano all’89%.

Segue l’America Latina (86% di gradimento e circa 7% del totale), l’Africa, (80% di consumatori e 22% totale immigrati) e l’Asia (20% totale immigrati), che con il 69% di gradimento nei confronti della pasta mette oggi a segno un bel salto in avanti rispetto al 58% del 2007.

Oltre alla pasta secca gli immigrati dimostrano di apprezzare anche la pasta fresca ripiena (consumata dal 38% del campione, con punte del 45-49% per le provenienze dall’Est Europa e dall’America Latina, in media 1 volta la settimana) e, novità di questi ultimi tempi, i sughi pronti, scelti dal 31% dei nuovi italiani (40% per chi arriva dall’America Latina)Infografica-Pasta_Nuovi-Italiani

 

Ref Ricerche: l’Italia alla prova della deflazione buona

Nell’articolo pubblicato sull’ultimo numero di inStore, Fulvio Bersanetti , economista di Ref. Ricerche scrive: “Le prime settimane del 2015 hanno certificato il passaggio dell’inflazione in campo negativo, in una misura compresa tra il -0,6% rilevato a gennaio ed il -0,2% di febbraio (v. grafico). L’Italia è dunque tornata in deflazione, come nello scorso mese di settembre: ciò significa che i prezzi al consumo dei beni e dei servizi acquistati dalle famiglie risultano più convenienti se messi a confronto con quelli praticati a gennaio e febbraio 2014.

Si è a lungo dibattuto sugli effetti nocivi che una discesa prolungata dei prezzi finirebbe per produrre sul sistema economico, come insegna l’esperienza giapponese a partire dalla metà degli anni Novanta: in prima battuta un trend deflattivo spinge i consumatori a rimandare gli acquisti, in quanto ad ogni rinvio corrisponde un risparmio crescente. Nel medio termine questi comportamenti contribuiscono a deprimere i consumi delle famiglie ed a ridurre i margini delle imprese produttive, innescando una spirale deflazione-recessione economica dalla quale è assai difficile risollevarsi”.

Proseguendo nell’articolo, Bersanetti afferma che in realtà si tratta di una deflazione ‘buona’ per le implicazioni sul potere d’acquisto delle famiglie, “riconducibile in larga parte a uno shock esterno quale la caduta delle quotazioni petrolifere”  con possibili effetti sulla ripresa anche alla luce dell’avvio, qualche settimana fa, del Quantitative Easing della Bce.

Potetee leggere l’articolo integrale, dal titolo Whatever it takes: l’Italia alla prova deflazione,  nella versione sfogliabile di inStore

Prodotti per l’infanzia: Gdo in difficoltà, gli specialisti crescono

Nel corso della conferenza di presentazione della nascita di G.I.P.I, il nuovo gruppo distributivo specializzato nei prodotti per l’infanzia, Alessandro Negrello, responsabile del panel Baby Care di Gfk ha tracciato un quadro dell’andamento di questo mercato nel corso del 2014.

Lo scorso anno il mondo Baby Care ha sviluppato un giro di affari di 264,5 mio euro, in contrazione del 3,5%, e un controvalore a pezzi in lieve crescita (+1,5%) pari a 6,9 mio.

La dinamica a valore è certamente condizionata da alcuni fattori esogeni, come il calo delle nascite (5.000 nati in meno nel 2014, per la prima volta il calo ha coinvolto anche le mamme straniere -19% nascite totali-, 94.000 giovani emigrati all’estero negli ultimi 5 anni) e il difficile contesto economico, che ha pervaso anche questo settore e contribuito allo sviluppo di abitudini alternative tra i consumatori, come l’accesso al canale dell’usato, la crescita del fenomeno del riuso/prestito, una maggiore sensibilità al prezzo.

Per capire meglio le dinamiche in atto nel comparto  Negrello ha evidenziato il ruolo dei diversi canali – Gdo e specializzati – e fare alcuni cenni alle famiglie di prodotto.

Andamento contrastante
Nel 2014 il canale generalista e quello specializzato hanno evidenziato trend contrastanti.

Il canale specialista vale oggi circa il 67% dei volumi totali generati dal comparto ed evidenzia un trend positivo del 4% rispetto al 2013, in controtendenza la GDO, in contrazione del 4%.

Come spiegare questo fenomeno? Lo specialista ha colto le potenzialità offerte dal complesso e variegato mondo del feeding, che necessita di un format capace di rappresentarlo in modo compiuto; dall’altro ha il potere di accrescere la pedonabilità sul punto vendita, accreditandolo come riferimento chiave anche per gli acquisti del quotidiano (dai ricambi delle tettarelle, all’acquisto delle pappe, del pannolino…) e mettendolo in diretta competizione con la GDO, che sta soffrendo.

Specializzati verso la modernizzazione
In questa logica, la distribuzione specializzata appare oggi interessata da un processo di modernizzazione, che la porta, sia pure con un certo ritardo rispetto ad altri settori e in modo circoscritto alle realtà più aperte al cambiamento, a far proprie le logiche della grande distribuzione, quindi a puntare su una politica sempre più aggressiva, che ripone molta enfasi non solo sulla comunicazione (anche attraverso i volantini) ma anche sulla competenza, sottolineando una nuova competitività.

D’altro canto, lo specializzato, che vale ben l’89% a valore del mercato Baby Care, ha visto nel 2014 il proprio giro di affari contrarsi del -5%; questo risultato è riconducibile al diminuito apporto della puericultura pesante, più colpita dalla contrazione dei consumi e interessata da una forte pressione sul prezzo e sui margini.

Nel 2014 il segmento trasporto e seduta -“cassaforte” del negozio specializzato- è calato del -6% a valore e del -3% a volume; all’interno di questo mix il prodotto che ha evidenziato le maggiori difficoltà è stato il seggiolone e, a seguire, i passeggini, con il trio in sofferenza. Qualche difficoltà anche per il seggiolino auto, che ha evidenziato una tenuta sostanziale a quantità (+1% vs 2013), ma anche una flessione del 4% a valore. A sostenere la crescita sono stati soprattutto i gruppi 1/2/3 e 2-3. E questo evidenzia un tentativo del consumatore di razionalizzare l’acquisto privilegiando una soluzione che non lo costringa a ripetere l’acquisto nel giro di poco tempo.

Il panel Baby Care rappresenta oggi 10 categorie merceologiche, che si estendono dal mondo feeding (succhietti, biberon, etc.), passando per gli articoli elettronici (sterilizzatori, baby monitors, etc.) fino al mondo transportation & seat (ruote, seggiolini auto, seggioloni).

GfK ha attivato un panel retail che, a partire dal 2013, rappresenta il multimarca specializzato in puericultura, nelle sue varie declinazioni: non solo indipendenti ma anche catene e gruppi d’acquisto. Il panel GfK al tempo stesso è attivo sulla distribuzione “generalista” e veicola informazioni sul mondo degli ipermercati, supermercati e, non per ultimo, il canale online generalista, oggi in forte espansione.

 

 

Dall’Osservatorio Economico GS1 Italy aspettative di crescita e focus sulla filiera agroalimentare

La XX edizione dell’Osservatorio economico di GS1 Italy | Indicod-Ecr, che ogni sei mesi dal 2005 rileva il sentiment delle imprese del largo consumo associate, registra un significativo orientamento positivo nelle aspettative sul futuro, che vale per tutti i principali indici economici:ž dalla situazione economica generale del paese, che da 49 passa a 88, all’occupazione, che da 61 arriva a 85, agli investimenti, 87 contro 65 della scorsa edizione.

Questo orientamento ottimistico al futuro spinge verso l’alto il clima di fiducia generale, il cui indicatore da 64 arriva a 74. Anche le percezioni e le attese del giro d’affari nel proprio settore registrano un aumento:da 46 a 71 le percezioni  e da 73 a 90 le attese.

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A commento delle percezioni sull’andamento economico, Marco Cuppini, direttore del Centro Studi di GS1 Italy | Indicod-Ecr, rileva che «le aziende del largo consumo manifestano primi, deboli segnali positivi, e si rivelano più caute sulla percezione del presente, ma maggiormente ottimiste rispetto alle aspettative: la fiducia prosegue nel suo andamento altalenante».

Nel dettaglio delle percezioni relative al secondo semestre del 2014, le imprese del largo consumo sono maggiormente ottimiste rispetto alla situazione economica generale del paese (che da 39 passa a 55) e un po’ più caute su occupazione (da 50 a 51) e investimenti (da 65 a 61).

La filiera alimentare: un bene da valorizzare
In questa edizione l’Osservatorio ha dedicato un focus speciale al tema della “filiera agroalimentare”: per il 71,6% delle aziende rispondenti (che arriva all’81,8% nella GDO) l’Italia ha una forte vocazione al “mangiar bene” riconosciuta anche oltre confine, che si collega al principio secondo cui “mangiar bene vuol dire vivere meglio”, condiviso dal 68,8% delle imprese manifatturiere rispondenti.

«Di fronte a fattori di eccellenza come la filiera agroalimentare» spiega Marco Cuppini «le aziende sono pronte a riconoscerne il valore e auspicano interventi mirati a rilanciare opportunità di crescita sia in Italia sia all’estero».

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Sarebbe utile per il 60% delle imprese manifatturiere e GDO valorizzare un “modello italiano” basato su tradizione-cultura-modernizzazione che possa essere riconosciuto anche all’estero, oltre a predisporre interventi mirati ad attrarre investimenti, a sostenere l’export (62% dei rispondenti) e a consolidare la collaborazione tra gli operatori della filiera, come sottolinea il 73% circa della GDO rispondente.

La sintesi e tutti i risultati dell’Osservatorio Economico suddivisi per Tipologia di impreseMisure e Indicatori possono essere consultati qui

Migliorgatto Sterilized eletto Prodotto dell’Anno 2015 nella sua categoria

Migliorgatto Sterlized – la prima gamma di prodotti umidi monoporzione completa e bilanciata per gatti sterilizzati che non rinunciano al gusto – è stato eletto prodotto dell’Anno 2015. A decretare la vittoria una giuria di oltre 12.000 consumatori. Gusti raffinati, textures appetitose e ricette formulate secondo le specifiche esigenze nutrizionali conseguenti la sterilizzazione sono le caratteristiche che hanno portato alla conquista del premio.

I gatti sterilizzati oggi sono veramente tanti. Euromonitor stima infatti che il 70% della popolazione felina in Italia lo sia. Il gatto sterilizzato necessita di una dieta equilibrata e specifica per prevenire il rischio di obesità e di problematiche alle basse vie urinarie. La sua è una condizione permanente e, non per questo, deve rinunciare a godere pienamente di un cibo gustoso e vario. Proprio per soddisfare questa esigenza è nato Migliorgatto Sterilized: cinque vaschette monoporzione da 100g, tre al gusto di carne e due al pesce, formulate con il corretto apporto calorico ed un PH bilanciato che riduce la probabilità di formazione di calcoli.

I prodotti Migliorgatto Sterilized racchiudono in se tutti i valori di Morando S.p.A.: sono prodotti in Italia con ingredienti selezionati, non contengono coloranti e conservanti, vengono studiati da veterinari e non sono sperimentati su animali.

 

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